Sportello alunni nomadi e stranieri

 Progetto "Alfabetizzazione" 

Modalità e orientamenti

Pensare un Progetto di Pedagogia Interculturale ... perché?

La pedagogia interculturale non può essere tradotta in una disciplina, non può essere affidata all’insegnante specialista, né può essere subordinata alla presenza di bambini stranieri a scuola.

Si tratta piuttosto di una prospettiva che acquista significato quanto più è condivisa e diffusa, che attraversa e trascende tutte le discipline e anzi diventa spunto e stimolo per una interdisciplinarità nuova, che investe il piano dei contenuti e, ancor più, quello delle relazioni.

È quindi importante saper richiamare immagini di percorsi aperti e di relazioni possibili in cui bambini ed adulti si sentano coinvolti nelle dimensioni cognitiva, emotiva e relazionale.

L’invito è di stimolare la voglia e il gusto di costruire facendo ricorso, nel lavoro quotidiano, oltre che alla competenza degli insegnanti anche alla creatività di ciascuno.

L’augurio è che ogni insegnante si ponga, e ogni alunno divenga, nella realtà di ogni giorno come:

il viaggiatore che ...

... è curioso

... sa affrontare situazioni nuove

... cerca l’incontro con l’altro

... si mette nei panni dell’altro

... parte ogni volta da dove è arrivato ...

l’inventore che ...

... sente il piacere di fare

... cerca soluzioni provando e riprovando

... utilizza i contributi degli altri

... "partecipa" agli altri le sue scoperte

... considera le sue conoscenze relative e provvisorie ...

l’artista che ...

... esprime le sue emozioni

... interpreta la realtà in modo originale

... comunica attraverso linguaggi non convenzionali

... rigenera le sue "strategie" espressive

... rinnova il suo stupore ...

Dall’accoglienza all’inserimento dei bambini immigrati nella scuola: indicazioni e suggerimenti

L’accoglienza: definizione e tempi

L’accoglienza rappresenta il contatto iniziale del bambino straniero e della sua famiglia con l’ambiente scolastico e con le persone in esso presenti. È il momento in cui diventano indispensabili l’osservazione del bambino per raccogliere i dati e le informazioni relative alle sue abilità e la rilevazione della sua biografia quale fonte di ulteriori notizie.

Questo lavoro iniziale è utile per individuare la classe in cui il bambino sarà iscritto, ma soprattutto per progettare una programmazione personalizzata.

La prima fase dell’accoglienza può considerarsi conclusa quando, sulla base delle informazioni rilevate e delle attività emergenziali attuate, - biografia, socializzazione iniziale, acquisizione di una minima strumentalità linguistica - sia possibile definire un intervento didattico adeguato ai bisogni che l’alunno straniero evidenzia e tale da favorire la sua graduale integrazione nel gruppo classe.

Aspetto relazionale

La relazione al momento dell’accoglienza

Il bambino di recente immigrazione, italofono e non, va inserito di norma nella classe corrispondente all’età cronologica; se l’inserimento avviene nel primo ciclo si predispone un progetto personalizzato a maglie larghe in quanto il bambino può avvalersi della programmazione di classe per l’alfabetizzazione in lingua italiana.

Nel secondo ciclo la decisione di far perdere un anno, spesso utilizzata come prassi d’inserimento, deve essere motivata da reali esigenze legate alla storia personale dell’alunno e quindi va attentamente valutata.

La scelta di inserire ragazzi preadolescenti in classi elementari inferiori alla loro età cronologica è ritenuta molto rischiosa oltre che demotivante, per la disparità di interessi, esperienze e comportamenti che, in genere influiscono negativamente sull’instaurarsi di relazioni all’interno del gruppo classe.

Il bambino straniero da "problema" a "risorsa"

Il periodo iniziale è sicuramente ansiogeno per il bambino, per gli insegnanti e per la classe.

L’insegnante prova un senso di ansia e talvolta di impotenza di fronte ad un bambino con cui è difficile comunicare e fare in modo che si relazioni con i compagni. L’ansia spesso si manifesta come fretta di valutare, di far parlare, di conoscere i risultati raggiunti dal bambino, di sapere immediatamente cosa fare. È invece indispensabile mettersi in un atteggiamento di ascolto, di osservazione e di disponibilità. È necessario che l’insegnante sappia accettare la situazione come transitoria, in evoluzione, destinata a modificarsi.

Il bambino straniero vive un senso di spaesamento, di isolamento, non riesce a comunicare bloccato dalla lingua e dalle paure nell’affrontare questo "mondo nuovo" in cui si è trovato catapultato, suo malgrado.

La classe si trova di fronte al bambino "diverso" con la curiosità di conoscerlo e la difficoltà di capirlo.

In questa fase della relazione il lavoro degli insegnanti è fondamentale per veicolare un corretto atteggiamento nei confronti del nuovo arrivato che deve essere visto come portatore di valori diversi, nonché come un bambino che vive una fase molto delicata di conoscenza, di inserimento e di adattamento. Ogni insegnante deve farsi carico delle difficoltà del bambino straniero e valorizzarne le potenzialità. L’atteggiamento "positivo" facilita, attraverso la comunicazione, la relazione affettiva predisponendo nel contempo la disponibilità ad apprendere.

Cosa fare?

Si devono prevedere modalità organizzative, attività strutturate e ludiche, che facilitino il superamento del disagio e che veicolino la conoscenza reciproca.

Il patrimonio linguistico

La biografia e il patrimonio linguistico rappresentano utili informazioni per la conoscenza del bambino straniero.

Riguardo a questi aspetti si tratta di individuare

  • la lingua famigliare

  • la lingua eventualmente appresa nel paese d’origine in un contesto scolastico
  • altre lingue eventualmente parlate o scritte
  • I rapporti con la famiglia

    I rapporti con la famiglia possono essere difficoltosi per almeno tre fattori:

    • fattori linguistici

  • fattori culturali (in molti Paesi il rapporto con gli insegnanti e con l’ambiente socio culturale in generale è di tipo gerarchico e la non partecipazione alla vita scolastica è intesa come segno di rispetto)
  • diversi modelli educativo - scolastici (il linguaggio settoriale della scuola risulta non comprensibile e necessita di semplificazioni).
  • Date le premesse è indispensabile usare un linguaggio accessibile e, dove è possibile, fare ricorso a mediatori culturali e/o linguistici, sia negli incontri con i genitori del bambino straniero, che per raccogliere dati e informazioni biografiche.

    Eventualmente possono esser utili anche persone che riscuotono la fiducia dei famigliari per operare la mediazione e favorire un clima di fiducia.

    Se è legittima l’esigenza di raccogliere dati e informazioni relative alle abilità del bambino, non è pensabile poterle misurare e valutare estensivamente nella fase iniziale. Ciò a causa e delle difficoltà linguistiche e alle sue diverse esperienze personali e socio - culturali, ai peculiari parametri e finalità didattico educative della scuola italiana rispetto a quelli di altri Paesi.

    Per queste ragioni si torna a porre l'accento sulla necessità di assumere un atteggiamento di ascolto e disponibilità nei confronti del bambino straniero e della sua famiglia.

    È importante inoltre che gli insegnanti raccolgano notizie relative al gruppo etnico, alla cultura, al sistema scolastico di appartenenza dell’alunno.

    La relazione in classe

    L’acquisizione della lingua è lo strumento fondamentale del processo di comunicazione e di integrazione; deve quindi procedere di pari passo con l’apprendimento delle altre discipline nel contesto di vita della classe.

    Per un inserimento nel I° ciclo l’apprendimento della lingua deve avvenire prevalentemente attraverso la partecipazione all’attività di classe. Nel II° ciclo devono essere favorite modalità organizzative e di gestione della classe che permettano il lavoro a coppie, a piccoli gruppi mobili, a gruppi variabili per favorire l’arricchimento lessicale e l’acquisizione di alcune strutture linguistiche. Per gli alunni di età superiore agli 8 anni sono utili specifici e quotidiani momenti di intervento individualizzato, utilizzando risorse professionali (compresenze di team e/o di Plesso, ins. di L2) e strumentali (audiocassette, registratore, audiovisivi e altro) debitamente motivate da un progetto comune.

    Aspetto linguistico

    La lingua al momento dell’accoglienza

    Si possono individuare due aspetti che veicolano la necessità di apprendere la lingua del Paese di accoglienza

      la necessità di comunicare

      lo strumento per apprendere

    La necessità di comunicare favorisce l’apprendimento strumentale della lingua che generalmente viene appresa in un periodo che può variare da 6 mesi ad un anno, con difficoltà maggiori da parte dei bambini che arrivano in Italia dai 10 anni in su (per motivi fisiologici: cristallizzazione della struttura fonica; per motivi psicologici: difficoltà relazionali, possibile rifiuto della nuova situazione e anche della lingua).

    L’acquisizione della lingua come strumento per apprendere i contenuti delle varie discipline e dei loro lessici specifici richiede 4 -5 anni, con evidenti maggiori difficoltà nell’espressione piuttosto che nella comprensione.

    Nella fase dell’emergenza ( Ia fase dell’inserimento è necessario fornire al bambino gli strumenti minimi della comunicazione con la classe, per permettergli di partecipare alle attività ludiche, manipolative, pittoriche e per poter favorire la socializzazione (conoscenza del lessico scolastico: nomi di persone, oggetti, ambienti; istruzioni e relazioni con insegnanti e compagni).

    Fasi di apprendimento della lingua

    Nella relazione con il bambino e nella programmazione vanno tenute presenti le seguenti fasi che caratterizzano l’apprendimento di tutte le lingue straniere:

     I fase - FASE DEL SILENZIO E DELL’IMITAZIONE

    I bambini che stanno imparando l’italiano hanno in genere una fase più o meno lunga di "’silenzio" (assimilazione), che non va forzata.

    In questa prima fase il bambino è in grado di riprodurre frasi per "imitazione" (frasi di routine)

     II fase - FASE LESSICALE

    In questa fase i bambini denominano oggetti, azioni, persone ... senza regole morfologiche (es. fame, sonno, finito, fatto, capito, maestra ...)

    III fase - FASE DEL LINGUAGGIO INFORMALE

    È una fase più strutturata, in cui compare la capacità di chiedere e di rispondere: compare la frase del QUI ed ORA in cui i bambini usano prima i verbi all’infinito, poi al participio passato e in talune persone: il TU, che viene dato dall’insegnante come input continuo, il NOI e l’ IO.

    Di norma VOI, LORO, EGLI (LUI, LEI) vengono appresi dopo.

    Successivamente compare l’uso del presente e del passato prossimo. Compare prima l’imperfetto, poi il futuro, solo in seguito il condizionale e il congiuntivo.

    La morfologia (flessione maschile - femminile e le persone del verbo) viene appresa molto dopo.

    VI fase - FASE DELLA RIFLESSIONE

    Quando appare la frase tipo "Io andato cinema" si può cominciare una riflessione d’uso: la grammatica. La riflessione sulle strutture linguistiche deve essere contestuale e sistematica appena compare una strutturazione, anche minima del linguaggio.

    L’insegnamento dell’italiano ai bambini stranieri nella scuola elementare

    Il problema dell’insegnamento/ apprendimento dell’italiano come L2 viene ritenuto centrale nella fase di inserimento scolastico dei bambini stranieri.

    In coerenza con i principi della pedagogia interculturale la didattica dell’italiano deve essere caratterizzata, nella prassi quotidiana, da

    Un metodo pluralistico

     molteplicità di approcci metodologici (metodo diretto, naturale, comunicativo) per favorire l’acquisizione spontanea della L2

      eclettismo e flessibilità

      percorsi interdisciplinari

      modalità organizzative flessibili e diversificate

      utilizzo del duplice input di apprendimento (scolastico ed extrascolastico) guidato e autonomo

    Un metodo contestualizzato

     creazione di contesti riconducibili a situazioni reali di comunicazione

      attenzione ai bisogni reali del bambino

    Un metodo biografico

     centralità del bambino come protagonista del proprio processo di apprendimento

      ascolto della storia di vita del bambino come testimone di culture diverse

    Il duplice input di apprendimento

    Per i bambini stranieri che vivono in Italia l’italiano non è una lingua straniera in senso stretto, appresa cioè solamente in contesto scolastico; la nuova lingua viene acquisita infatti anche fuori dalla scuola, giocando, guardando la tv, camminando per strada, ascoltando i compagni e gli amici.

    Gli alunni neo - arrivati pertanto si trovano in una situazione di apprendimento mista, con duplice input

      da una parte apprendono l’italiano in maniera esplicita e consapevole nei momenti dedicati a scuola all’alfabetizzazione linguistica;

      dall’altra l’italiano viene acquisito spontaneamente, attraverso un processo implicito e inconscio di appropriazione di input che vengono proposti dalla strada, dai media, dal gruppo dei pari.

    Il processo di apprendimento e quindi anche l’insegnamento della L2 deve tener conto di queste due fonti e della necessità di stabilire un continuo transfer tra i due momenti nella fase di progettazione del percorso didattico.

    Quindi poiché full immersion a cui il bambino è sottoposto non gli consente autonomamente di diventare italofono rapidamente, è necessario progettare momenti complementari di apprendimento sistematico e strutturato durante i quali si rafforza, si arricchisce e si sistematizza ciò che è stato acquisito spontaneamente dal bambino.

    È stato ormai ampiamente accertato che la padronanza linguistica rappresenta la condizione necessaria al successo scolastico dei bambini stranieri; un inserimento positivo sarà quindi strettamente correlato ad un apprendimento rapido ed efficace della L2.

    La letteratura in materia riconosce l’importanza e la proficuità dell’apprendimento precoce di una lingua straniera; tra i 6 e i 11 anni il bambino ha un’età definita "ideale" perché:

    ha un naturale interesse/curiosità per tutto ciò che è nuovo

    ha migliore "orecchio" e migliore capacità di imitazione

    ha minore consapevolezza linguistica e perciò minore paura dell’errore e dell’insuccesso

    comincia a rendersi conto del "fenomeno linguaggio"

    supera con facilità le differenze socio - ambientali e le disparità del background socio - culturale

    Errori comuni

    L’insegnante che cura l’alfabetizzazione dovrebbe evitare di commettere i seguenti errori (spesso riscontrati)

     proporre un’astratta riflessione grammaticale sulla lingua per evitare che l’attività divenga astratta e oscura; risulta assolutamente inutile chiedere ad un bambino tra i 6 e gli 11 anni di capire categorie grammaticali astratte (nome, verbo, articolo, ecc.) che ancora non possiede e a cui non può pervenire se non attraverso l’esperienza concreta e in modo induttivo. La fase dell’età evolutiva che Piaget chiama delle "operazioni formali" maturerà solo in seguito.

      proporre un bricolage o un pot-pourri linguistico casuale, legato all’emergenza comunicativa (gli serve questo: - oggi glielo insegno -) senza che vi sia un’attenzione puntuale e costante al percorso graduale di appropriazione delle strutture linguistiche (l’interlingua) che il bambino straniero costruisce giorno per giorno.

    Non bisogna dimenticare che il bagaglio linguistico del bambino straniero si costruisce giorno per giorno attingendo al duplice input scolastico ed extrascolastico in cui è immerso dentro e fuori la scuola.

    Concordare con il team e/o consiglio di classe un momento quotidiano di conversazione e discussione con la classe su problemi e proposte individuali e/o di gruppo. Sarebbe auspicabile che ogni insegnante destinasse a questa attività una parte del proprio "tempo scuola" settimanale.

    Favorire una situazione comunicativa tale che:

    • la disposizione degli alunni e degli insegnanti sia funzionale alla circolarità della comunicazione

  • ognuno dica quello che pensa
  • tutti siano invogliati ad intervenire
  • si ascolti e si venga ascoltati
  • il docente non inibisca e non censuri, ma regoli la pertinenza degli interventi favorendo la presa di coscienza dei diversi punti di vista
  • Valorizzare le esperienze e le opinioni degli alunni utilizzandole per costruire nuove conoscenze:

    • usarle come punto di partenza

  • raccoglierle per visualizzarle e rivederle
  • trasformarle in ipotesi di lavoro
  • verificarle attraverso la discussione, l’approfondimento e la ricerca
  • favorirne la verifica
  • Utilizzare l’errore come:

    • indicatore dei processi cognitivi degli alunni

  • segnale della "logica" che li sostiene
  • presupposto per successivi interventi didattici
  • Utilizzare l’errore per:

    • relativizzare le opinioni e le conoscenze proprie e altrui

  • prendere e far prendere coscienza dell’evolversi continuo delle conoscenze e delle abilità
  • Usare il conflitto cognitivo per:

    • provocare il bisogno di approfondimenti e confronti

  • stimolare la discussione argomentata e lo scambio di idee
  • favorire la crescita e la revisione delle conoscenze già acquisite
  • promuovere lo sviluppo dei processi cognitivi
  • Fornire suggestioni, indicazioni, stimoli, materiali adatti a

    • stimolare curiosità cognitiva

  • facilitare percorsi di autoapprendimento
  • rendere consapevoli della possibilità di ciascuno di crescere e di cambiare
  • Considerare il lavoro di gruppo come modalità organizzativa che

    • favorisce precise capacità cognitive

  • sviluppa abilità sociali superiori
  • costituisce il punto di arrivo di un percorso che si può costruire a partire dal lavoro in coppia
  • Ascoltare

    Nella prima fase dell’accoglienza si deve prestare grande attenzione alla pratica della lingua orale, proponendo esercizi di ascolto, comprensione e di discriminazione uditiva ( le abilità orali hanno infatti una decisa priorità cronologica sulle abilità scritte nell’apprendimento/acquisizione di qualsiasi lingua).

    Il bambino sarà in grado di riprodurre ciò che ha ascoltato per imitazione, con maggiori o minori difficoltà fonologiche secondo l'età e della lingua d’origine.

    L’attenzione allo sviluppo della competenza fonologica e alla corretta pronuncia dei fonemi cosiddetti ‘problematici’ (l’opposizione p/b, f/v, e/i, o/u, per gli arabi, l’opposizione tra fonemi duri e dolci per gli slavi, la pronuncia di r/l per i cinesi ecc.) dovrà accompagnare l’intero percorso di apprendimento.

    L’attività di scrittura dovrà essere dapprima una forma di rinforzo/fissazione di quanto appreso oralmente, solo in seguito, ci si potrà avvalere, con opportuna gradualità, del codice scritto in senso stretto.

    Contemporaneamente può essere utile attivare la consapevolezza della diversità tra codice orale e scritto.

    Parlare

    I bambini che imparano la seconda lingua, hanno bisogno di un periodo più o meno lungo di silenzio, che va rispettato dagli insegnanti; in questa fase il bambino va costruendo, attraverso l’ascolto e la comprensione, la sua competenza nella nuova lingua. Immagazzina dati ed elementi che utilizzerà nel momento in cui si sentirà pronto a comunicare.

    Leggere

    L’apprendimento della lettura deve avvenire, nella fase iniziale, all’interno della pratica della lingua: è essenziale che il bambino non legga nulla che non abbia precedentemente pronunciato (es: in un testo proposto l’80% delle parole è noto, il 20% sono parole nuove).

    Solo in un secondo momento, quando il bambino padroneggerà meglio la lingua, il percorso di sviluppo delle capacità di lettura e di comprensione dei testi potrà diventare simile a quello proposto al resto della classe.

    Scrivere

    Una volta appresa la tecnica della scrittura, l’insegnante dovrà preoccuparsi di non proporre mai al bambino esercizi/testi slegati dalle situazioni comunicative proprie della sua età e avulsi dalla sua realtà di vita.

    È indispensabile strutturare l’intervento linguistico prevedendo solo uno spazio ridotto allo scrivere sotto dettatura o al ricopiare un testo, mentre più proficuo è il mettere il bambino in condizione di esercitarsi a scrivere prevedendo un destinatario, uno scopo, una situazione comunicativa autentica (es. biglietti, elenchi, lettere, diari, ecc.).

    Quali metodi risultano più funzionali per facilitare l’apprendimento linguistico di un bambino straniero?

    Nell’ambito delle attività relative alla I e alla II fase di apprendimento della L2 si suggerisce di utilizzare il metodo globale legato alla PAROLA come unità minima di significato.

    Il metodo globale classico della frase è sconsigliabile, perché i bambini stranieri non comprendono il messaggio completo della frase. Anche il metodo fonosillabico non è consigliabile, in quanto genera fenomeni di ipercorrettismo (es. ciane per cane, tireno per treno, ecc.).

    Il metodo globale legato alla PAROLA va strettamente legato al metodo FONOLOGICO. La commistione dei due metodi trova la sua ragion d’essere nel presupposto che "una persona non può diventare lettore e scrivere in italiano se prima non sa discriminare i fonemi e pronunciarli in maniera corretta" (M.L. Altieri, Didattica dell’italiano, ed. Mondadori).

    Poiché il metodo FONOLOGICO rischia di diventare troppo astratto ed arido, si ritiene necessario mantenere sempre il collegamento tra i SUONI e la PAROLA come unità minima di significato.

    La progressione a spirale

    Le diverse funzioni linguistiche e i diversi esponenti linguistici che le realizzano (es. funzione ® chiedere e dire la provenienza; esponenti ® "di dove sei?" "Sono di ..." ) verranno ripresi ciclicamente, ampliati, approfonditi, consolidati: in questa progressione cosiddetta ‘a spirale’ il bambino in un primo momento ascolta e comprende il messaggio ( COMPETENZA PASSSIVA ) e in un secondo tempo cerca di riprodurlo, manipolandone gli elementi costitutivi ( COMPETENZA ATTIVA ).

    Infine il bambino scopre e conquista costanti linguistiche basilari ( RIFLESSIONE SULLA LINGUA ) che gli consentono di scoprire l’organizzazione della L2 senza il ricorso alla terminologia grammaticale tradizionale.

    La grammatica su misura

    In genere i libri di italiano per bambini stranieri presentano nell’indice un elenco dei contenuti grammaticali delle varie unità. Tuttavia per essere efficace qualsiasi programma grammaticale:

     non deve pretendere di essere esaustivo, di voler presentare cioè in maniera completa regole ed eccezioni. Ciò che serve al b/no sono alcune semplici conoscenze (es. presente, passato prossimo e futuro dei verbi) che lo possono mettere in grado di costruire la sua interlingua partendo da alcune certezze di base e di esprimere i suoi vissuti in maniera soddisfacente);

      deve essere di tipo induttivo, deve cioè consentire al b/no di scoprire da solo, partendo dagli esempi e attraverso il metodo della ricerca, regole e fenomeni linguistici;

      deve tenere conto dell’interlingua dell’alunno (che presenta delle costanti nelle sequenze di apprendimento) conoscerla e ripercorrere le tappe di costruzione ora per approfondire alcuni aspetti, ora per correggerne gli errori più frequenti ed evitarne la fossilizzazione.

    Un programma di sviluppo grammaticale impostato dall’esterno ( come quello codificato nei libri di testo) che non tenga conto o pretenda di modificare radicalmente il programma interno (l’interlingua) che il b/no ha costruito spontaneamente contestualmente al suo inserimento scolastico è destinato a fallire, perché non sostiene quel processo di transfer e di interazione continua tra:

     quanto viene appreso in situazione guidata

      quanto viene acquisito fuori dalla scuola

    Va costantemente tenuto presente che la didattica dell’italiano al b/no straniero non può mai prescindere da una buona dose di eclettismo, sperimentazione e flessibilità; il b/no straniero è una rissa inesauribile di variabili ed inesauribile deve essere la disponibilità dell’insegnante a mettersi in discussione nei suoi metodi e contenuti, in coerenza con i più autentici principi della pedagogia interculturale.

    Per suscitare la partecipazione e la motivazione dei b/ni si farà uso frequente del gioco linguistico e della drammatizzazione; per quanto possibile ogni attività dovrebbe essere presentata in forma "ludica" per consentire al b/no di realizzare affettivamente ed emotivamente i suoi apprendimenti. L’attività ludica è una grande risorsa perché permette all’alunno di interiorizzare più profondamente i suoi apprendimenti e all’insegnante di riutilizzare vocaboli e strutture. Alcuni testi in circolazione offrono un’ampia gamma di proposte di gioco linguistico finalizzato e costituiscono un’ottima risorsa a cui attingere.

    La drammatizzazione permette invece al b/no di partecipare, in forma dialogica, a scambi di natura comunicativa che implicano l’assunzione di un ruolo preciso (role play) in un contesto ben definito e con modalità di coinvolgimento emotivo ed affettivo assimilabili a quelle del gioco.

    Uso didattico di filastrocche, poesie e canzoni in L2

    Un altro modo efficace di rinforzare alcune espressioni particolari e farle ripetere in maniera piacevole è l’ uso di filastrocche, poesie e canzoni in lingua italiana.

    L’introduzione di filastrocche e canzoni può rivelarsi un’ottima variazione alle normali attività didattiche, poiché permette all’insegnante di :

    • rinforzare strutture e vocaboli già presentati in classe

  • introdurre nuove strutture e nuovi vocaboli
  • introdurre elementi tipici della cultura italiana per confrontarli con quelli della cultura del b\no straniero
  • La scelta delle canzoni e delle poesie da presentare dovrebbe essere subordinata, per quanto possibile, ai contenuti e agli scopi delle varie unità didattiche.

    Si dovranno comunque evitare quelle canzoni che introducono vocaboli arcaici o poco usati, perchè il loro apprendimento rappresenterebbe un inutile appesantimento per i b\ni, che ben difficilmente li userebbe in altri contesti.

    La fiaba

    Le fiabe presentano un mondo magico che coinvolge e affascina tutti i bambini di qualsiasi provenienza.

    Proprio per questo si rivelano uno strumento che motiva il b\no a leggere, soprattutto se corredate da immagini ricche di particolari, di elementi descrittivi e multicolori.

    Per un primo approccio alla lettura, momento in cui il testo deve presentarsi breve e ricco di vocaboli conosciuti, è possibile reperire in commercio coloratissimi cartonati di fiabe classiche il cui testo va però rivisto (anche per i b\ni italiani) in quanto riportano spesso vocaboli ed espressioni poco usate e quindi di difficile comprensione.

    L’ uso delle fiabe, oltre a sollecitare la strumentalità della lettura, stimola l’ immaginario e il ricordo di fiabe simili ascoltate o lette in lingua madre.

    E un’ ottima occasione per l’ insegnante di ricercare e approfondire la conoscenza delle fiabe usate nel Paese d’ origine dell’ alunno, di scoprire insieme a tutti i bambini le affinità (l’eroe e la magia) e le differenze (ambiente, personaggi) che rivelano mondi simili o molto diversi dal nostro.

    La lettura i fiabe, favole e racconti fatta in classe dagli insegnanti, può essere un’ altra importante occasione che ha riscontri positivi sia sul piano del clima della comunicazione, che è molto particolare e fortemente coinvolgente, sia sul piano didattico dove le capacità di ascolto e di comprensione dei termini e di discriminazione uditiva vengono sviluppate in un contesto motivato.

    Una possibile proposta di lavoro può essere la costruzione di libri di favole, storie e leggende di vari Paesi.

    Tenuto conto che il testo costituisce un supporto al percorso didattico e che l’ immagine riveste notevole importanza nel processo di apprendimento della L2, è consigliabile selezionare un testo valido non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello dell’ efficacia e varietà delle immagini.

    Foto, disegni e illustrazioni in genere aiuteranno l’ insegnante a rendere concreta e comprensibile la nuova lingua al bambino straniero e faciliteranno il suo processo di apprendimento , fornendo un supporto visivo alla memoria.

    Al momento dell’ adozione del libro di testo, sarà importante tenere in particolare considerazione quei libri che sono correlati da materiali didattici di vario genere:

     quaderni operativi

      audiocassette

      video

      schede operative

    Tali materiali didattici non devono limitare gli insegnanti nel processo di sperimentazione didattica quotidiana, caratterizzata da quelle doti di eclettismo e flessibilità più volte ribadite.

    Per questo è importante conoscere e farsi coinvolgere dalle immagine della realtà (giornali, riviste, fumetti, manifesti, programmi televisivi, ecc.) che permeano la vita di ciascuno e che anche il bambino straniero deve imparare a riconoscere e ad interpretare.

    Indicatori per valutare libri e materiali didattici.

    Controllare la data di pubblicazione

    • eurocentrismo
  • immagine della donna
  • immagine delle minoranze
  • immagine dei Paesi in via di sviluppo
  • schema cognitivo
  • Controllare le illustrazioni

    • ruoli e attività
  • stili di vita di minoranze e stranieri
  • modi di vestire , mangiare, abitare
  • Controllare il linguaggio

    • uso di termini e vocaboli riferiti a persone e/o Paesi
  • slogan, filastrocche
  • uso degli aggettivi qualificativi (ex. un nero ben vestito, una donna intelligente)
  • Controllare le opere narrative

    • non preminenza di valori attribuibili a un popolo
  • senso di giustizia
  • uguaglianza
  • Controllare l’autenticità

    • accuratezza storica
  • non banalizzazione di popoli e Paesi
  • motivazioni storiche di migrazioni ed insediamenti
  • Controllare la caratterizzazione

    • rappresentazione di uomini e unità abitative in rapporto all’ambiente

    Controllare la sensibilità nei confronti dei destinatari

    • presenza di messaggi occulti
  • rappresentazione dell’immagine di sé
  • da EDUCAZIONE MULTICULTURALE IN UNA SOCIETÀ GLOBALE

    di J. Linch, Armando Editore, 1989; (cap. V pag. 148 e segg.)

     Il ruolo della lingua materna

    La lingua materna continua ad essere per il b/no straniero la lingua degli affetti, dei sentimenti, dei ricordi, della casa. E opportuno, in tempi non immediati, prevedere all’ interno del percorso didattico, momenti di valorizzazione del bagaglio linguistico e culturale del b/no, che consentano alla classe di scoprire ed apprezzare anche il "suo" mondo.

    Questi momenti permetteranno di mantenere il filo del radicamento alle proprie origini e consentiranno, se ben condotti, anche ai b/ni italiani di scoprire la diversità come parte integrante anche del sé, migliorando la qualità dei rapporti e facilitando la cooperazione.

    A questo scopo è indispensabile progettare, all'interno del team, percorsi interdisciplinari che evitino rischi folcloristici e che valorizzino le storie di vita di ciascuno.

    Note a margine

    Le indicazioni metodologiche qui fornite possono essere valide anche nel caso dell'inserimento dei b/ni stranieri nella scuola media.

    Per i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni, la prassi didattica:

     terrà nel debito conto la componente cognitiva (riflessione grammaticale);

      utilizzerà testi scolastici prestando particolare attenzione a contenuti, funzioni, strutture, lessico, argomenti ecc. secondo i bisogni educativi propri degli adolescenti;

      proporrà attività didattiche adatte all’ età;

      approfondirà il discorso multiculturale (aspetti storici, geografici, sociali) sensibilizzando i ragazzi alla discussione e alla ricerca critica di comunanze e differenze e alla valorizzazione del proprio retroterra culturale.

    In nessuno dei libri di testo presi in esame esiste attenzione alla pedagogia interculturale, nelle letture o nelle attività didattiche proposte, per questo sarà compito dei docenti impostare il lavoro superando le lacune presenti nei libri di testo disponibili nel nostro Paese.

     Indicazioni bibliografiche

    Il presente documento è stato ripreso, adattato ed integrato da una precedente relazione della Commissione Intercultura della D. D. di Calcio

    Edizione 1997