DODICESIMA LEZIONE: Traiettorie e Fogs


FRANK OWEN GEHRY

Nasce nel 1929 a Toronto, in Canada, da una famiglia ebrea. La figura del nonno con il suo negozio di ferramenta sono i suoi punti di riferimento nella conoscenza dei materiali. A 27 anni si trasferisce con la famiglia a Los Angeles. Si laurea in architettura all’Università della California del Sud; studia Organizzazione del territorio alla Havard University’s Graduate School of Design.
Dal 1954 al 1962 collabora in tre studi professionali: Hideo Sasaki, Pereira & Luckman, Victor Gruen.
Nel 1962 inizia la sua attività indipendente.
Nel 1964-65 con la Casa Studio Danzinger Gehry sviluppa il tema del semplice cubo intonacato che egli inizia a scomporre in diversi piani e volumi.
Negli anni ’70 l’architetto sperimenta un diverso uso dei materiali e una più ricca articolazione degli spazi culminante nell’ampliamento della sua Casa a Santa Monica 1978-1988 (inizio decostruttivismo).
Successivamente sviluppa il tema della “casa in forma di città” con i diversi elementi fortemente individualizzati e connessi tra di loro (Loyola Law School).
All’inizio degli anni ’90 la sua fama a livello internazionale gli consente di intervenire anche in Europa e in Giappone.


Le cinque parole chiave per capire Gehry:

1. assemblare
2. spaziare
3. separare
4. fondere
5. liquefare

1 ASSEMBLARE
Con la ristrutturazione della sua casa a Santa Monica l’architetto cinquantenne si lancia in una nuova forma di architettura che chiamerà cheapscape. Il paesaggio povero e abbandonato delle periferie di tutto il mondo offre una grande vitalità. I materiali poveri (asfalto, reti metalliche, cartone) entrano a far parte delle nuove opere dell’artista.


Casa Studio Danziger, Hollywood 1964-1965
La pianta è risolta in due fasce parallele che contengono le diverse funzioni del programma; i volumi echeggiano il Minimalismo (che da Louis Kahn si è travasato nelle sculture di Morris, Judd, LeWitt); la strategia di chiusura difensiva rispetto alla città, negli anni a seguire sarà ribaltata.

Casa Studio Davis, Malibu 1968-1972
Accanto al realismo professionale di numerosi e vincolanti progetti, il quarantenne Gehry sperimenta nuove forme nelle case di amici artisti. Qui cerca deformazioni trapezoidali dello spazio: il Minimalismo esterno si stira diagonalmente, gli interni moltiplicano, alla Piranesi, le fughe prospettiche.

Casa Gehry, Santa Monica 1978-1988
Con quest’opera Gehry emerge nello scenario internazionale dell’architettura.
Gehry avvolge la vecchia casa con un fabbricato a forma di “U”. Un lato rimane intatto (è occupato sui due piani da camere da letto sui fronti opposti con bagno al centro), ma sugli altri tre scatta la novità. Nasce un sentire informale, disadorno, povero, planare. Lo chiamerà cheapscape. Gli interni sono continui, drammatici, teatrali; i materiali, grezzi e industriali, si insinuano dai fronti agli spazi interni: addirittura l’asfalto stradale diventa il pavimento della cucina.
Nuovo e vecchio si uniscono e acquistano qualità linguistica attraverso il loro assemblaggio. La camera padronale è uno spazio compatto e lineare, gli altri spazi vengono aggiunti per dargli tensione. L’ampliamento è caratterizzato dalle combinazioni di diversi materiali, dalla trasparenza tra gli spazi interni, e dalla scomposizione dell’edificio in diverse parti.

Casa Wagner, Malibu 1978
Il nuovo Gehry ricomincia a progettare sviluppando quanto trovato nella propria casa. Nella Wagner quadrilateri deformati ospitano funzioni distinte. Le tensione al movimento non è più contenuta in un volume unitario e i corpi appoggiati su pali sembrano voler slittare lungo il pendio.

Casa Familian, Los Angeles 1978
Nella Familian un blocco a rettangolo allungato per la zona notte e uno quadrato per la zona giorno vengono accostati con una rotazione di 15 gradi.

Casa Spiller, Venice 1978-1979
Il programma è diviso in due parti: una casa più grande per il proprietario e una più piccola per un inquilino. Tra le due, la separazione-unione del sistema di distribuzione lungo il patio. Ciascuna apertura (la finestra a nastro, l’asola verticale che rigira sulla copertura, lo skylight) gode di autonomia, come una nota o un suono a se stante. Della poetica dell’elenco fanno parte tutto un mondo di passerelle, ponti, recinzioni, finestre, pannelli solari, tettoie che attaccano in un vortice di informalità la scabra scatola di base.
Tema: ”casa in forma di città” con i diversi elementi fortemente individualizzati e connessi tra loro.


2 SPAZIARE
Lo spazio intercluso tra gli elementi architettonici è il centro di ogni intervento costruttivo.

Casa per un Film Maker, Los Angeles 1981
Pezzi isolati e riconoscibili (la torretta della camera, il padiglione-ospiti con appeso lo schermo, la serra del soggiorno) danno forma, come in un villaggio, agli spazi all’aperto.

Studi d’arte Indiana Avenue, Venice 1979-1981
Tre studi d’arte in un degradato quartiere cittadino sono risolti in volumi autonomi, raccordati in basso da un muro-basamento.

Complesso residenziale Wosk, Beverly Hills 1981-1984


Padiglione ospiti, Residenza Winton, Wayzata (Minnesota) 1983-1987
Opera emblematica dalla metà degli anni ottanta. Vi si condensa un uso “narrativo” della composizione per volumi, una ricerca tattile sui contrasti dei materiali, uno svolgersi dinamico della pianta e delle forme che affonda nel sentire a-prospettico del Romanico. Il programma è minimo: due camere da letto complete, una zona soggiorno, dei locali tecnici che possono anche funzionare da piccola cucina, da deposito o da garage. L’architettura invita a scoprire visuali sempre nuove e tentare di interpretare la natura geometrica dei singoli volumi (che all’interno dettano inedite spazialità). Nell’insieme una risposta difensiva, ma validissima, allo storicismo allora imperante.

Piano ed edifici per la Loyola Law School, Los Angeles 1978-1991
Chiamato a redigere il piano di sviluppo del piccolo campus, Gehry disarticola il programma in edifici distinti. E’ una convincente strategia pratica, ma soprattutto il motore della soluzione architettonica. Non conta tanto la singolarità dell’edificio quanto lo spazio pubblico che esso crea e la socialità che promuove . La strada interna viene deformata in piazzette oblique con una logica di creazione “sommatoria”, analitica. Nel disegno degli edifici si attua una tecnica di “trasfigurazione” che, partendo da icone note (il tempio, la galleria, la chiesa), le pone in crisi nei materiali, nei colori, nei contrasti volumetrici.
Qui spaziare è anche un modo di studiare soluzioni e fasi di costruzione per rendere attivo il dialogo con le forze esterne allo studio, innanzitutto i committenti.


3 SEPARARE
Suddivide i volumi per far nascere nuovi esiti plastici e per creare scene animate che accompagnano, invitano, suggeriscono i movimenti dei fruitori.

Centro commerciale, uffici e museo Edgemar, Santa Monica 1984-1988
L’idea che risolve uno stimolante programma (negozi, uffici, un ristorante, un piccolo museo) è lo scavo del blocco edilizio, come fa una forra in una massa tufacea. Dalla strada si dipartono due rigagnoli che si congiungono in una piazzetta interna dove arriva la rampa del parcheggio e si aprono altri invasi, piazzette e vicoli dalla riabilitazione di alcuni fabbricati esistenti. All’incunearsi del percorso verso l’interno, Gehry associa una scoppiettante eruzione di eventi. I materiali (intonaco, pannelli galvanizzati in metallo o in rame), i volumi (lucernari o terrazze e scale racchiuse dalle reti) e forme libere che incorniciano il cielo fungono da richiami e creano una avvolgente creazione tridimensionale modellata dal movimento dei fruitori.

Casa Norton, Venice 1982-1984
Un’evoluzione del cheapscape particolarmente briosa e felice, sintonizzata sulle residenze spontanee delle coste californiane e sull’allegro caos di Venice. La torretta di meditazione con le persiane appese, è segno di tanti: bambini, poeti, artisti, persone.

Istituto e clinica psichiatrica Yale, New Haven 1985-1989
Alla base una intuizione spaziale: un’irregolare “C” formata dai tre corpi principali (al centro, spinti nell’invaso, le aree di terapia, a sinistra uffici, a destra le camere). Intonaco bianco e ocra di mattone e rame creano contrasti meno dirompenti di altre occasioni ma vivi e riusciti. Anche nelle scale si legge la volontà di esaltare le separazioni. Mentre un corpo arriva compatto a terra, di un altro si lasciano libere le prime due rampe che sospendono un volume che, letteralmente, parla.

Museo California Aerospace, Los Angeles 1982-1984
Due intuizioni alla base del progetto. Da una parte dividere lo stretto edificio (che si addossa al fabbricato esistente che ospita il resto dell’esposizione) in tre parti. All’interno la distribuzione crea passerelle che si protendono nei due grandi invasi a tripla altezza, all’esterno un edificio in stadi, come un missile sdraiato suddiviso nelle sue diverse camere di combustibile. Seconda intuizione è il ruolo della scultura quale segnale, simbolo, evento. Memore del cavaliere di Scarpa, Gehry incastra un aereo all’esterno del museo.

Uffici Chiat /Day/Mojo, Venice 1975 e 1986-1991
Qui la costruzione in stadi è anche cronologica. Al margine opposto rispetto al bianco edificio preesistente, vi è una foresta di pilastri e travi inclinate rivestite in rame, al centro, un macroscopico binocolo (ideato da Oldenburg) che contiene due sale di riunioni. Un edificio manifesto, per una agenzia di pubblicità: la stessa idea di un ristorante che si organizza attorno alla scultura di un pesce. Un’adesione troppo disinvolta alle ragioni commerciali della società di massa?

Ristorante Fishdance, Kobe, Giappone 1986-1987

Centro Commerciale e Piazza, Villaggio Olimpico-Barcellona 1989-1992
Convincente è l’evoluzione a Barcellona dove la metafora marina si fa astratta grazie alla costruzione in listelli e rimanda ad altre suggestioni: una voliera per i gabbiani, le reti dei pescatori, gli intrecci delle corde di un veliero, una caravella che lega nuovo e vecchio mondo.

Biblioteca Francis Goldwyn, sede di Hollywood 1983-1986
Nel bloccato palcoscenico dell’area, si organizza uno schema con una grande navata centrale e le ali di lettura ai lati. All’interno vince la luce e la relazione tra gli spazi di altezza diversa, all’esterno una composizione pacata che usa la figura della serie aperta. E’ una pausa alle sue danze di architettura. Come il silenzio dentro la musica di Cage, sembra imporre una riflessione: il ruolo di riscatto di studio e lettura nel dilapidato circondario.

Casa Sirmai-Peterson, Thousand Oaks 1983-1988
A blocco allungato si attaccano a quote diverse due corpi autonomi a pianta quadrata: un impianto simile alla Casa Familian. La composizione, cubica nelle componenti e piramidale nell’insieme, è giocata sul rapporto semplice tra il grigio dei mattoni leca (e della finitura a cemento) e l’intonaco chiaro. L’immagine raddoppia, sulla superficie dell’acqua, i movimenti.

Casa Schnabel, Brentwood 1986-1989
Attorno a una “T” si dipingono una serie di padiglioni. Le forme sono le più varie (cubi, ampolle, tettoie, pagode) e altrettanti ricchi e contrastanti sono i materiali di finitura. In questa opera celebrata, le fratture tra i volumi, il loro assemblaggio, le figure fantasiose, l’aprirsi allo spazio conformato dagli edifici raggiungono l’apice. Un altro passo e vi sarebbe caduta: il gioco di forme diventare bizzarria, i materiali sfoggio, il talento virtuosismo.


4 FONDERE

Le direttrici protese nello spazio sono rettilinee, ma nella tensione a fendere l’aria si deformano. La retta diventa arco, parabola, appunto traiettoria.

Allestimento della retrospettiva The Architecture of Frank Owen Gehry, Curatore Mildred Friedman, Walzer art center, Minneapolis 1986
La mostra monografica, che lancia Gehry all’attenzione internazionale, (un onore raro e una manifestazione controcorrente) crea la sensazione di essere dentro una delle sue architetture. L’entrata è attraverso un’ogiva rivestita di scaglie e illuminata da lampade in formica, la scultura di un pesce volge la testa verso un lucernario, i mobili in cartoncino realizzati dal 1969 sono inseriti in una stanza fatta dello stesso materiale, le scale sono accompagnate dalle sue foreste pietrificate.

Museo e fabbrica della Vitra, Weil am Rhein, Germania 1987-1989
Opera di apertura di un nuovo ciclo. Le traiettorie nello spazio, la capacità di sagomare masse sinuose e dinamiche che rimbombano nell’aria e deformano l’atmosfera, le linee forze e le collisioni ricordano la plastica futurista. E’ architettura o scultura? Domande irrilevanti per Gehry, cui aveva già risposto Boccioni. “Nessuna paura è più stupida di quella che ci fa temere di uscire dall’arte che esercitiamo. Non v’è pittura, né scultura, né poesia, non v’è che creazione” Come dimostrano qui gli smaglianti interni.

Edificio dell’American center, Parigi 1988-1993
“Capolavoro dell’architettura moderna” merita una trattazione a sé, anche per capire gli aspetti dell’ideazione e della costruzione e le vicende dell’abbandono del committente. In ogni caso, sull’angolo verso il parco, si è di fronte a una delle sue più incandescenti creazioni. Volumi ora circolari, ora prismatici, ora rettilinei, ora inclinati sbattono uno sull’altro. Prevale la pietra, ma l’innesto della pensilina in ferro e vetro lancia l’opera nell’atmosfera. Nell’atrio riscopriamo la capacità dell’antico Gehry di circondare con oggetti plastici lo spazio pubblico, questa volta, naturalmente, introiettato.

Sede degli uffici nazionali olandesi, Praga 1992-1997
Progetto complesso, sostenuto dal presidente Havel, e oggetto di sondaggi pubblici. Il programma prevede funzioni commerciali ai primi piani, uffici ai superiori, un ristorante in cima. Le caratteristiche del lotto d’angolo implicano il tema della transizione tra le due vie e la creazione di un punto focale percepibile anche dalla sponda opposta del fiume. Gehry, neanche nella vecchia Europa, accetta compromessi. Studia le torri e l’architettura della magica città, lo skyline, il fiume, le viste e approda a un edificio caratterizzato da una conturbante deformazione dell’angolo. Il barocco praghese è spremuto, alle soglie del Duemila, a cercarne l’essenza.


Fabbrica Herman Miller Inc., Rocklin 1987-1989
I corpi si dipartono da un asimmetrico slargo centrale, popolato da edifici e strutture scultoree, per allungarsi e adagiarsi sul paesaggio. La mensa è di S: Tigerman, le sistemazioni esterne affidate a P. Walzer e M. Schwartz echeggiano, soprattutto nei grandi massi lungo il perimetro, i motivi della Land Art.

Centro di arti visive, University of Toledo, Ohio 1990-1992
Il nuovo centro si conforma su una “L” aperta verso il museo già esistente nel campus. Si determina così una corte di meditazione su cui affaccia un percorso galleria che organizza i flussi dell’edificio. Semplici rapporti cromatici e spaziali si instaurano tra il neoclassico edificio esistente, il vetro verde della galleria, i pannelli color piombo del rivestimento. Nella nuova piazza interna, i volumi vetrati richiamano i fenomeni di cristallizzazione dei minerali, mentre il perimetro esterno è la scorza di una splendente montagna artificiale.

Museo dei bambini, Boston 1991
Un luogo ex magazzino che ospita il museo funziona da fondale per un addizione scultorea che si articola come un percorso che, attraverso una serie di giocosi eventi; arriva prima alla banchina e poi a una piattaforma galleggiante sul canale.

Pista di pattinaggio Disney, Anaheim 1993-1995
Due progetti opposti che rivelano la duttilità del suo progettare. La pista di pattinaggio è una montagna di ghiaccio ondulata, tagliata sui fronti come un igloo. Esterno minimalista in lamiera bianca. Nel Museo Frederick Weisman, Gehry crea una massa contorta e dilaniata che assume valore dalle rive del Mississipi come segnale o, di nuovo, manifesto. Gran parte del museo è contenuto in una grande e amorfa scatola: una strategia pratica e funzionale che, in questo caso, non porta a un esito d’insieme convincente.

5 LIQUEFARE
Interno ed esterno, spazi e volumi, atmosfera e materia sono concepiti con un movimento fluido, continuo.

Centro EMR, Bad Oeynhausen Geramania 1992-1995
Il programma riguarda la produzione, lo studio e la diffusione di energie alternative e altrettanto stimolante è il sito con un fronte urbano e l’altro verso un cuneo di verde semi-agricolo. Il progetto presenta il ribaltamento di una precedente impostazione: nell’Edgemar i percorsi erano un liquido che scavava la massa, qui sono i fabbricati che si spandono fluidamente all’intorno. Gli uffici, le sale riunioni, la piccola centrale di energia, l’atrio creano una figura che può essere letta alternativamente come pieno o vuoto. E’ la presenza dell’architettura nel paesaggio la chiave o una sua interpretazione “idrogeologica”.

Casa Lewis, Cleveland, Ohio 1989-1995
Gehry e il novantenne Philip Johnson progettano la casa senza reti, per rigenerarsi. Il programma di 2200 mq. Prevede un misto di aree pubbliche e di aree private per la ricca famiglia e diversi per gruppi di ospiti. L’ultima di una serie numerosissima di versioni, ha quattro igloo (pranzo, soggiorno, camera da letto, studio) che si rifrangono su uno specchio d’acqua. Questi volumi fuoriescono da un meandrico drappeggio che termina su un lato con il garage (con sopra la casa del personale) e sul lato opposto con la vasca per il nuoto. Sull’altro lato un pezzo meccanico (una specie di casa eremo) si incastra nella hall-galleria, mentre isolata è la casa degli ospiti.

 

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