GIOVANI IN DISCOTECA
TRA ESPRESSIVITÀ
ED EVASIONE

Indagine esplorativa sulla vita di giovani frequentatori di discoteche

1. Un po’ di storia delle discoteche

Le discoteche sono balzate all’onore della cronaca soprattutto per le stragi del sabato sera e abuso di droga. Chi si occupa di giovani s’era accorto del fenomeno molto prima. Forse qualcuno ricorderà il film “La febbre del Sabato sera” con John Travolta, la canzone di Bee Gees “Saturday night fever” e le esibizioni di Donna Summer del ‘77, e sarà indotto a pensare che la discoteca abbia cominciato ad esistere da quel momento. In realtà la discoteca fa risalire le sue origini agli inizi degli anni ‘60, quando la disponibilità di impianti di riproduzione musicale offrirono la possibilità di ascoltare buona musica indipendentemente dalla presenza di un’orchestrina. La nascita della discoteche non è debitrice solo ad un evento tecnico, ma ancor di più ad un mutato quadro sociale. Esse infatti si affermarono nelle grandi città industriali dove un popolo di immigrati cercava dei punti di aggregazione. Essi colsero nelle discoteche il luogo dove potersi incontrare ed uscire dall’isolamento, utilizzando la musica ed il contesto urbano come strumenti di emancipazione da una situazione di secolare arretratezza culturale e di emarginazione attuale. Questo tipo di discoteche non va confuso con i “night-club”, come il “Piper” di Roma o la “Bussola” di Viareggio, che rappresentavano i locali alla moda per i figli dei borghesi e dove la musica veniva invece riprodotta dal vivo.

La contestazione del ‘68 spazzò via entrambi. Da una parte incanalò il disagio dei giovani immigrati sui temi della rivendicazione politica, dall’altra rivolse la sua furia iconoclasta contro i simboli della cultura borghese ed i “night-club” furono tra i primi ad essere presi di mira. Anche se la tradizione danzante non cessò del tutto, tuttavia essa subì una pesante flessione e costrinse i gestori dei locali da ballo a rivolgersi ad un altro pubblico. Gli inizi degli anni ‘70 videro l’esplosione del ballo “liscio”, rivolto a persone più mature, e la costruzione di “mega-balere”, particolarmente in Emilia-Romagna. Per i giovani, proiettati verso l’edificazione di una società diversa, il capitolo “ballo” sembrava definitivamente chiuso. Le aggregazioni di massa trovarono espressione nelle marce di protesta o in “mega-concerti”, che mobilitavano migliaia di giovani.

1.1. L’esplosione della discomania alla fine degli anni ‘70

Stati queste premesse è facile comprendere la sorpresa che colse l’opinione pubblica con l’esplosione della disco-music nella seconda metà degli anni ‘70. Questo fenomeno insieme con il generale ritiro dei giovani dalla partecipazione pubblica e concentrazione sulla ricerca di felicità privata fu genericamente etichettato con il nome di “riflusso”. Non si capì che il successo delle discoteche faceva parte di una rivoluzione forse più profonda di quella del ‘68 che portava a valorizzava l’espressività, la comunicazione, le gratificazioni immediate, come la rivolta del ‘77 ed il femminismo evidenzieranno anche sul piano ideologico. L’affermazione di una nuova e differente soggettività giovanile trovò anche nelle discoteche uno spazio di espressione ed aggregazione.

In forza dell’ondata disco nuovi locali sempre più attrezzati e sempre più grandi, cominciarono a sorgere a decine e poi a centinaia in tutta la penisola, particolarmente al nord e al centro, attirando un pubblico di giovani entusiasti sempre più numeroso[1]. Se escludiamo una certa flessione nei primi anni ‘80, l’attività della discoteca registrò una continua espansione. All’inizio degli anni ‘90 in Italia erano censite circa 6.000 discoteche: più degli Stati Uniti ed uguale a Francia e Germania messe assieme[2].

Dall’indagine IARD del 1988 risultava che nell’87 il 15,3% dei giovani frequentava la discoteca una o più volte alla settimana, il 20% una o più volte al mese, il 22,2% una o due volte in 3 mesi. Se confrontiamo questi dati con quelli dell’omonima ricerca precedente (IARD 1984)[3] si può ricavare una sensibile tendenza all’aumento (da 52,8% a 57,3 = +4,5 punti percentuali in 4 anni). Se controlliamo quelli dell’ultima indagine IARD (1993), troviamo che la frequenza complessiva è aumentata ancora nei cinque anni successivi, anche se con un indice leggermente minore (dal 57,5% al 59,4% =  + 1,9 punto percentuale). C’è stata anche una variazione sul tipo di frequenza. E’ aumentato il numero di coloro che ci vanno saltuariamente (1-2 volte in tre mesi), mentre sono diminuiti quelli che ci vanno settimanalmente (vedi tabella 1 e grafico 1). Ciò probabilmente significa che aumenta il numero di giovani che si accosta alla discoteca, ma che c’è anche una certa saturazione e diminuisce al frequenza degli appuntamenti in discoteca. Nel complesso se ne deduce che più della metà della popolazione giovanile (59,4%) tra i 15 ed i 25 anni è interessata a tale divertimento. Il che tradotto in cifre vuol dire che circa 5 milioni di giovani entrano, in qualche modo, in discoteca. Questa registra un incremento medio annuo di 50-60.000 giovani[4].

 

Tabella A - FREQUENZA DEI GIOVANI ALLA DISCOTECA, SECONDO LE INDAGINI IARD

anno

1 o più volte alla settimana

1 o più volte al mese

1-2 volte in 3 mesi

Totale in discoteca in 3 mesi

mai in tre mesi

1983

14,0

22,5

16,3

52,8

47,2

1987

15,3

20,0

22,2

57,5

42,5

1992

12,4

20,5

26,5

59,4

40,6

 

Grafico A - DISTRIBUZIONE DEI TIPI DI FREQUENZE IN DISCOTECA PER ANNI, SECONDO LE INDAGINI IARD

Di un fenomeno così imponente non si può trascurare l’aspetto economico. I biglietti d’ingresso sono mediamente sulle 20-30 mila lire, le consumazioni aggiuntive sulle 10 mila lire. Il popolo della discoteca spende mediamente sulle 60 mila lire a testa e mette pertanto in moto un giro di 3-4 miliardi per notte. La discoteca è l’industria dello spettacolo con il fatturato più alto, essa fa girare sui 2.000-2.500 miliardi l’anno: più del calcio o del cinema (Monti 1990). E’ una attività condotta da tanti ‘padroncini’, ricchi di iniziativa ed in eterno conflitto tra loro, che arriva con l’indotto a dare lavoro a circa 100 mila persone (De Michelis 1988).

1.2. Interrogativi e problemi degli anni ‘90

Negli anni ‘90 la discoteca ha acquistato una rilevanza di primo piano: 6 giovani su 10 ormai la frequentano abitualmente. Per molti è la vera novità del week-end, l’unica alternativa al bar, al gironzolare in moto per il quartiere, allo starsene seduti sui muretti. Sta diventando un passaggio obbligato dell’essere giovani: lì vi trovano amici, divertimento, novità musicali, avventure. Non si limitano a ballare: imparano a comunicare, ad affrontare la realtà che li circonda, ad adattare il proprio comportamento a realtà nuove ed impreviste. Secondo qualcuno, assolve per la socializzazione giovanile la stessa funzione che all’inizio del secolo aveva il servizio militare (De Michelis 1988).

Questo improvviso successo ha suscitato inquietanti interrogativi in coloro che nutrono intenti educativi nei riguardi dei giovani per l’eccessiva influenza che lo stile di vita della discoteca sembra avere sui suoi frequentatori. Questo ha provocato appelli allarmistici contro la discoteca particolarmente per alcuni fenomeni degenerativi cui dà luogo. Essi sono la diffusione delle droghe, il consumo di alcool, il prolungamento dell’orario di chiusura, i lunghi spostamenti per raggiungere le discoteche più alla moda o ancora aperte, la velocità sulle strade e gli inevitabili incidenti o “stragi del sabato sera”[5], i suicidi ed le risse.

Inoltre, anche in Italia, la discoteca appare sempre più minacciata dalla nuova tentazione degli anni novanta, il rave party[6]. Ed insieme con il rave e le warehouse parties[7] si diffonde l’uso dell’ecstasy[8], la nuova droga che rende capaci di prestazioni fisiche e sessuali fuori dal normale. I ritmi musicali, i “mixaggi” di suoni e luci, l’assunzione di stupefacenti e di alcool sarebbero tutti finalizzati al raggiungimento dello ‘sballo’, cioè di quella stato particolare in cui si perde il controllo di se stessi e ci si abbandona alle sensazioni più varie al di là del tempo e della monotonia del quotidiano. Si tratta di creare quell’atmosfera di eccitazione, di ipnosi in cui fluttuare liberi fino ad arrivare ad una vera e propria trance, il rave appunto, che viene raggiunta di solito all’alba, alla fine della festa. In questo stato di eccitazione è facile lanciarsi in corse folli all’uscita dalla discoteca, senza pensare alle possibili conseguenze. Come pretendere che un corpo ormai stanco, assonnato ed una mente allucinata riescano a controllare un mezzo così potente ed evitare incidenti?

Di solito l’opinione pubblica è scossa da questi fatti e si registrano mobilitazioni significative per anticipare gli orari di chiusura, ridurre il consumo di alcol, impedire l’assunzione di droghe, evitare il disturbo della quiete pubblica. Alcuni gestori di discoteche hanno provveduto dei pullman per ricondurre a casa gli adolescenti. Sono stati istituiti dei treni per collegare importanti realtà metropolitane con i centri più alla moda della riviera romagnola.

Non mancano perciò le soluzioni agli inconvenienti denunciati: Il fatto è che pur con tutti agli espedienti escogitati non si riesce ad impedire il ripetersi ed il proliferare dei disagi connessi con la discoteca. Sembra che i veri problemi non siano di ordine logistico, bensì motivazionale. C’è da domandarsi perché i giovani sentano il bisogno di scatenarsi in tale maniera, di inseguire così fortemente lo “sballo”. Come mai la discoteca ha avuto e mantiene un successo così elevato? Cosa significa per i giovani? Cosa cercano? Cosa vi trovano?

2. Una ricerca sui giovani frequentatori di discoteche

Il problema pertanto non è principalmente la discoteca, ma la realtà giovanile che la frequenta. E’ però sintomatico che il Italia fino agli inizi degli anni ‘90 non esistesse alcuna ricerca di rilievo sui giovani che frequentavano le discoteche. Così abbiamo voluto avviare un’indagine con intenti esplorativi tra frequentatori di discoteche compresi tra i 14 ed i 20 anni in tre grossi centri urbani dove il fenomeno era più diffuso. Abbiamo contattato nelle discoteche di Roma, Torino e Milano centinaia di giovani tra i quali abbiamo scelto le risposte di 157 soggetti intervistati secondo uno schema aperto per sondare le loro opinioni e rappresentazioni mentali sulla discoteca, sulla società e le istituzioni, su se stessi, i loro valori ed attività, sui rapporti in discoteca e fuori. L’obiettivo era quello di scoprire i motivi per cui si recavano in discoteca ed evidenziare i loro comportamenti, atteggiamenti, valori ed anche i rischi.

Le ipotesi che ci hanno guidato erano fondamentalmente di due tipi:

1. Che subissero una forte attrattiva per le attività espressive e comunicative, a cui si dimostravano particolarmente sensibili;

2. Che ci fosse un forte rischio di evasione sia dai compiti personali che sociali.

 

Ecco i principali risultati raggiunti.

2.1. Caratteristiche del campione

Il nostro campione risulta, così composto (v.Tabella B; Grafici 2-3): 87 maschi (55,4%), 70 femmine (44,6%). 61 della fascia 14-16 anni  (38,9%), 59 dei 17-18 anni (37,6%), 37 di 19-20 anni (23,6%). Tra le città primeggia Roma, in quanto è stata la città dove si è svolta la parte principale della ricerca (88 soggetti: 56,1%), seguita, praticamente alla pari, da Milano (35 casi: 22,3%) e Torino (34 casi: 21,7%). Tolto il fatto delle città, il campione è abbastanza ben rappresentato per sesso e classi. Ciò è particolarmente significativo perché questa composizione è stata ottenuta casualmente, senza usare alcun artificio particolare per bilanciare le categorie di intervistati.

La ‘moda’ della popolazione si colloca attorno ai 17-18 anni. Questa fascia raccoglie in proporzione la percentuale più alta (37,6%) dei frequentatori di discoteca. Le età precedenti sono in proporzione meno rappresentate[9], soprattutto i ragazzi maschi tra i 14-15 anni[10]. Nella prima fascia d'età sono presenti più le ragazze (52,5%) che i ragazzi (47,5%). Il flusso s'inverte fino ad arrivare, nella fascia 19-20 anni, al 62,2% per i maschi, mentre le femmine scendono al 37,8%. Inoltre la fascia tra i 19-20 anni è quella che ha fornito meno intervistati.

 

Tabella B - DIVISONE DEGLI INTERVISTATI PER SESSO, DISTRIBUITI PER ETA' e LOCALITÀ' in valori assoluti ed in %

 

TOTALE

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

 

14-16

 

17-18

 

17-18

 

RM

 

19-20

 

RM

TO

MI

 

 

 

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

v.a.

%

Maschi

87

55.4

29

47.5

35

59.3

23

62.2

51

58

17

50

19

54.3

Femmine

70

44.6

32

52.5

24

40.7

14

37.8

37

42

17

50

16

45.7

TOT.

157

100

61

38.9*

59

37.6*

37

23.6*

88

56.1*

34

21.7*

35

22.3*

* - Queste percentuali sono in rapporto al totale di riga (= campione) e non di colonna.

 

Grafico B - COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE PER SESSO

Grafico C - COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE PER ETA’ e SESSO

Il nostro campione risulta provenire in massima parte da famiglie stabili ed unite (52,9% dei casi su 61,1% che hanno risposto a questa domanda). I casi di famiglie divise sono minimi (3,8%) e allo stesso livello i casi in cui uno dei genitori è deceduto.

 

Tabella C - PROFESSIONE dei GENITORI in %

 

PADRE

MADRE

Dirigente, funzionario, alto ufficiale

10.2

-

Insegnante

2.5

5.1

Impiegato

16.6

14.0

Tecnico, operaio specializzato, caporeparto

4.4

0.6

Operaio semplice, addetto ai servizi

10.8

10.8

Imprenditore

3.2

0.6

Libero professionista

10.8

2.5

Artigiano, commerciante

20.4

9.6

Condizione non professionale

2.5

40.8

Non risposto

18.5

15.9

 

Tra le professioni dei genitori (v.Tabella C) prevale quella di ‘artigiano/commerciante’ per il padre (20,4%); ‘condizione non professionale’ (= casalinga) per la madre (40,8%). Seguono per il padre quella di ‘impiegato’ (16,6%), ‘operaio semplice’ e ‘libero professionista’ con la stessa percentuale (10,8%), ‘dirigente/funzionario’ (10,2%). Anche per le madri la condizione impiegatizia occupa il secondo posto (14%), al terzo sta quella di ‘operaia semplice’ con la stessa proporzione dei padri (10,8%), infine c'è quella di ‘artigiano/commerciante’ con il 9,6%. Va ancora osservato che la condizione operaia prevale nettamente nella città di Torino (26,5% dei padri, 29,4% delle madri), quella impiegatizia nella città di Roma (18,2% padri, 15,9% madri), quella commerciale a Milano (31,4% padri, 14,3% madri): a conferma che il campione rispecchia le caratteristiche occupazionali tipiche di ogni città.

Il campione sembra pertanto provenire essenzialmente da uno strato borghese medio-piccolo (artigiani, commercianti, impiegati), ed in particolare dallo strato sociale più presente in città.

L'occupazione principale dei nostri intervistati (v. Tabella 4; Grafico 4) è quella di ‘studente’ (65%), seguita da quella di ‘lavoratore’ (19,1%). Quella di ‘lavoratore-studente’ e ‘disoccupato’ raggiungono le stesse percentuali (6,4%) infine, c'è una minima percentuale di ragazzi ‘in servizio di leva’ (2,5%). Ovviamente gli studenti prevalgono nella fascia 14-16 anni (88,5%), mentre i lavoratori sono prevalentemente maschi (25,3%) e concentrati nelle fasce più alte d'età. La disoccupazione è leggermente più accentuata tra le femmine, a conferma che per loro è più difficile trovare lavoro.

 

Tabella D - OCCUPAZIONE INTERVISTATI in v.a. e %

 

 

TOT.

SESSO

CLASSI D'ETA'

CITTA’

 

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Studente

v.a. %

102

65.0

51

58.6

51

72.9

54

88.5

35

59.3

13

35.1

60

68.2

17

50.0

25

71.4

Lavoratore

v.a. %

30

19.1

22

25.3

8

11.4

5

8.2

14

23.7

11

29.7

15

17.0

10

29.4

5

14.3

Lavoratore-studente

v.a. %

10

6.4

5

5.7

5

7.1

1

1.6

7

11.9

2

5.4

4

4.5

4

11.8

2

5.7

Diso/inoccupato

v.a. %

10

6.4

4

4.6

6

8.6

1

1.6

2

3.4

7

18.9

5

5.7

2

5.9

3

8.6

Militare

v.a. %

4

2.5

4

4.6

-

-

-

4

10.8

3

3.4

1

2.9

-

Non risposto

v.a. %

1

0.6

1

1.1

-

-

1

1.7

-

1

1.1

-

-

 

            Grafico D - COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE PER OCCUPAZIONE

2.1.1. Rapporto con le istituzioni

Frequentando in maggioranza la scuola (soprattutto istituti tecnici), questa diventa l’istituzione con cui hanno maggiori contatti. I rapporti con la scuola sono improntati a collaborazione, ma ci sono difficoltà sia di riuscita scolastica che di intesa con gli insegnanti e con i compagni. Sembra che ci sia un progressivo logoramento della fiducia verso la scuola man mano che passano gli anni, in compenso verso il termine del ciclo scolastico migliorano i rapporti con gli insegnanti.

Le aspettative principali sono rivolte alla realizzazione professionale, dove però non sempre alle attese corrisponde la sicurezza (o almeno una buona probabilità) di trovare il lavoro per cui si stanno preparando. Questa è una delle fonti maggiori di insicurezza nella vita del nostro soggetto, che dà luogo sovente ad atteggiamenti di sfiducia verso la società ed il futuro, disinteresse per il lavoro e per l’impegno di preparazione. Soprattutto sembra che questa situazione incida negativamente nella capacità di organizzarsi e strutturare il proprio tempo in funzione di un progetto futuro. Ne nascono atteggiamenti di abulia e disinteresse con ripiegamento sul presente e sulle dimensioni più ludiche e disimpegnate della vita.

Non c’è nemmeno più un collegamento con l’istituzione ecclesiale tra questi giovani, per i quali la chiesa, ha perso gran parte della capacità aggregante e motivazionale e riscuote un livello bassissimo di stima e di consenso. Tuttavia nella maggioranza permane un riferimento religioso, che si nutre dei contenuti cristiani assorbiti nell’infanzia (e preadolescenza), rielaborato personalmente secondo le proprie esperienze e visioni attuali della vita. Ne consegue un forte soggettivismo con privatizzazione della dimensione religiosa.

Lo scollamento tra giovani e società si fa più evidente quando ci si riferisce all’intero sistema sociale ed alla politica in particolare, che di questo sistema appare ai loro occhi come l’unico riferimento visibile e centro di imputazione di ogni responsabilità delle disfunzioni sociali. I criteri della funzionalità e dell’efficienza sembrano gli unici con cui viene valutata l’azione politica: da essi vengono fatti derivare i giudizi di condanna indiscriminata al sistema politico. Questo costituisce una giustificazione adeguata, ai loro occhi, del proprio disimpegno politico e sociale, dell’estraniamento da ogni partecipazione e condivisione di ciò che riguarda il macro-sociale.

2.1.2. La scala di valori

Tra i valori emerge la scelta dei valori affettivo-comunicativi (amore, amicizia), più ancora che espressivi (anche se l’area di quelli espressivi, comprendendo anche quelli affettivi, è più ampia). Tuttavia non sembrano trascurabili ai loro occhi valori considerati più strumentali, come il lavoro, la salute, il denaro. Queste indicazioni rivelano nei nostri soggetti un carattere prevalentemente pragmatico, orientato a risolvere i problemi concreti della vita, che fa consistere la propria autorealizzazione in una composizione tra esigenze espressive e necessità strumentali.

Tra i valori affettivo-comunicativi prevalgono quelli dell’amicizia, del rapporto di coppia, ma non trascurano anche la conservazione di un buon clima familiare, ottenuto con sapienti dosaggi tra rivendicazioni di autonomia personale e concessioni alle esigenze dei genitori. I rapporti amicali sembrano quelli che riescono a dare più soddisfazione a quest’età e ad influire in modo determinante sulle loro scelte e sulla strutturazione della personalità. Sui rapporti di coppia ci sono grosse attese, ma sovente sono venate da atteggiamenti strumentali, oltreché da difficoltà comunicative.

2.1.3. Riflessioni conclusive

Il problema più grosso sembra quindi essere costituito, per questa popolazione, dal suo rapporto con la società: man mano che ci si allontana dai punti di riferimento familiari diventa più difficile il rapporto e prevalgono atteggiamenti di disinteresse e disimpegno. Questo però non per una presa di posizione aprioristica, di natura ideologica, bensì come risposta ad una situazione di scollamento tra istituzioni e mondo vitale, cui contrappongono il proprio atteggiamento di disinteresse come strategia difensiva. Prende così corpo l’ipotesi che la discoteca, come altre forme di occupazione del tempo libero, costituisca per questa generazione una forma di compensazione alla distanza del sistema sociale dai loro interessi ed una alternativa capace di dare un senso alla vita per mezzo dei valori espressivi e comunicativi e di creare consenso tra tutti coloro che condividono le stesse esperienze. La discoteca potrebbe presentarsi come una specie di contenitore di cultura (o sub-cultura, per essere più precisi) e di relazioni giovanili che si presentano globalmente alternativi al sistema vigente.

Tuttavia l’atteggiamento globale di questa popolazione non risulta caratterizzato da violente opposizioni al sistema sociale. La loro vita appare senza grosse difficoltà, né con problematiche insolubili. Riconoscono di trovarsi bene in questa società, anche se “fa schifo” e sanno approfittare abilmente di tutte le risorse che il sistema mette a loro disposizione. Appare così evidente una grossa capacità di adattamento al sistema attuale. Ad essi non si contrappongono frontalmente, né rivendicano degli spazi propri. Si insinuano negli spazi interstiziali del sistema per trarre tutti i benefici possibili, ma si ritraggono quando questo non risponde alle loro necessità.

Soprattutto non si fanno mai coinvolgere totalmente in esso. Si potrebbe dire che la loro è la condizione dei “nomadi”: approfittano delle risorse del territorio, ma non ne fanno parte.

2.2. Organizzazione ed uso del tempo libero

Scomparso il senso di appartenenza sociale e diminuito il rapporto con le istituzioni il tempo dell’autorealizzazione per questo soggetto non si identificherà più nei ruoli tradizionali ma tenderà a spostarsi sul tempo libero ed in aree sottratte al controllo sociale. Così il tempo libero, che sta acquistando un rilevo sempre maggiore nelle società occidentali, diventa per il giovane il vero tempo in cui abitare e realizzarsi. La nostra ricerca ha posto al centro della sua attenzione la discoteca, cioè un modo particolare di utilizzare il tempo libero, ma prima di entrare nel tema centrale abbiamo dato uno sguardo globale sul modo con cui esso viene vissuto dai nostri soggetti.

I giorni più utilizzati per le uscite sono il Sabato e la Domenica (v.

Tabella E). La metà circa di coloro che rispondono (27%) utilizza infatti i week-end per le uscite di casa. Solo poco più di un terzo esce tutti i giorni ed un numero ridotto qualche altro giorno alla settimana oltre ai week-end.

 

Tabella E - TEMPO DISPONIBILE PER LE USCITE in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Tutti i giorni

8.9

12.6

4.3

4.9

15.3

5.4

-

20.6

20.0

Solo i week-end

15.9

10.3

22.9

19.7

8.5

21.6

5.7

32.4

25.7

Qualche altro giorno

2.5

1.1

4.3

-

5.1

2.7

-

5.9

5.7

Non risposto

72.6

75.9

68.6

75.4

71.2

70.3

94.3

41.2

48.6

Le variabili età e sesso sembrano però avere un certa peso sulle maggiori o minori opportunità di uscire. Più penalizzati sembrano essere i più giovani e le femmine.

La stragrande maggioranza (63,7% che equivale al 90% dei rispondenti) esce con il gruppo di amici soliti (v. Tabella F). Questo vale soprattutto per le categorie che escono di più (maschi e 17-18enni). Il gruppo quindi è il vero ‘luogo’ del tempo libero. Senza di esso lo stesso tempo libero non significherebbe molto. Il gruppo con cui si esce è però il gruppo informale di amici. Questo tipo di popolazione non frequenta in genere gruppi strutturati, come associazioni, movimenti o comunque gruppi con finalità precise.

 

Tabella F - CON CHI SI ESCE in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Gruppo amici soliti

63.7

73.6

51.4

60.7

71.2

56.8

55.7

67.6

80.0

Gruppo mirato

1.9

-

4.3

1.6

3.4

-

3.4

-

-

Gente in genere

1.3

2.3

-

-

1.7

2.7

1.1

2.9

8.6

In coppia

3.8

2.3

5.7

-

3.4

10.8

2.3

2.9

8.6

1-2 amici/che

2.5

1.1

4.3

1.6

5.1

-

2.3

5.9

-

Da solo/a

0.6

-

1.4

1.6

-

-

-

2.9

-

Non risposto

29.9

24.1

37.1

36.1

22.0

32.4

39.8

23.5

11.4

* I totali possono superare 100% perché sono ammesse più risposte

 

Le attività di tempo libero più praticate dal nostro campione sono “passeggiare, andare il giro” (26,8%) per le femmine, divertirsi “in moto o in macchina” (19,1%) o ritrovarsi in “bar, pub, pizzerie” (17,2%) per i maschi (v. Tabella G).

 

Tabella G - ATTIVITÀ NEL TEMPO LIBERO in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Giro in moto, macchina

19.1

25.3

11.4

23.0

18.6

13.5

13.6

35.3

17.1

Bar, pub, pizzerie

17.2

20.7

12.9

11.5

30.3

21.6

11.4

35.3

14.3

Bigliardo

3.2

4.6

1.4

1.6

5.1

2.7

3.4

-

5.7

Bowling

2.5

4.6

-

-

5.1

2.7

2.3

-

5.7

Parlo, sto con amici

8.9

13.8

2.9

8.2

10.2

8.1

8.0

2.9

17.1

Cinema

10.2

9.2

11.4

8.2

13.6

8.1

3.4

14.7

22.9

Hobbies personali

1.9

3.4

-

1.6

3.4

-

2.3

-

2.9

Danza, pattinaggio, skateboard

7.6

3.4

12.9

13.1

3.4

5.4

5.7

5.9

14.3

Feste tra amici

5.1

3.4

7.1

3.3

5.1

8.1

5.7

8.8

-

Nuoto

2.5

1.1

4.3

3.3

1.7

2.7

2.3

2.9

2.9

Palestra, arti marziali

7.6

5.7

10.0

14.8

3.4

2.7

6.8

8.8

8.6

Passeggio, andare in giro

26.8

18.4

37.1

34.4

23.7

18.9

22.7

29.4

34.3

Sale, videogiochi

4.5

8.0

-

4.9

3.4

5.4

5.7

2.9

2.9

Shopping, vedere vetrine

4.5

1.1

8.6

9.8

1.7

-

5.7

5.9

-

Sport d’élite (tennis, sci...)

7.0

9.2

4.3

8.2

3.4

10.8

8.0

-

11.4

Sport popolari, collettivi (calcio)

14.6

20.7

7.1

18.0

15.3

8.1

14.8

14.7

14.3

Suonare, cantare

3.2

4.6

1.4

4.9

1.7

2.7

3.4

2.9

2.9

Teatro

2.5

1.1

4.3

3.3

-

5.4

2.3

2.9

2.9

Tifo sportivo, stadio

7.6

12.6

1.4

3.3

8.5

13.5

9.1

8.8

2.9

Lavori in casa

2.5

-

5.7

3.3

1.7

2.7

2.3

5.9

-

Guardare la TV

7.0

6.9

7.1

4.9

10.2

5.4

4.5

2.9

17.1

Andare in cerca di ragazze

5.1

9.2

-

8.2

3.4

2.7

5.7

8.8

-

Leggere

10.2

3.4

18.6

8.2

6.8

18.9

3.4

14.7

22.9

Turismo, viaggi, escursioni

1.9

2.3

1.4

-

-

8.1

2.3

-

1.9

Luna park, giostre

3.1

2.3

4.3

1.6

5.1

2.7

5.7

-

-

Zoo, contatto con la natura

1.9

-

4.3

1.6

1.7

2.7

5.7

-

-

Computer

0.6

1.1

-

1.6

-

-

-

2.9

-

Giochi di società

0.6

-

1.4

-

-

2.7

-

2.9

-

Non risposto

17.8

18.4

17.1

13.1

22.0

18.9

25.0

8.8

8.6

* I totali possono superare 100% perché sono ammesse più risposte

 

L’unica forma di attività organizzata che riscuote grande successo è lo sport che viene in qualche modo praticato da un 39,3%. Se usciamo dall’ambito dello sport, non emergono altre attività che raccolgano un numero altrettanto significativo di adesioni. Soprattutto se ci si riferisce all’aspetto culturale o alla capacità di iniziativa personale, è impressionante lo scarso numero di praticanti. La “lettura” occupa solo il 10% del nostro campione, quasi totalmente al femminile. Ed è il dato culturale più elevato. “Teatro”, “canto” ed altre attività culturali raggiungono livelli minimi. Gli “hobbies personali”, che richiedono una certa iniziativa ed inventiva, sono a livelli irrisori (1,9%).

Perciò il tempo libero della maggior parte della nostra popolazione, a parte il tempo che passano in attività sportive, è occupato, oltre che dalla discoteca, da attività di consumo o in attività che servono soprattutto per “ammazzare il tempo” (girare in motorino o tra le vetrine del centro, ritrovarsi in bar, in sale-giochi, andare in cerca di ragazze, oppure parlare con gli amici, ascoltare musica).

 

Se togliamo le attività sportive, che comunque sono strutturate da altri, sembra che il nostro soggetto sia incapace di strutturare da solo il tempo libero.

In effetti la maggioranza del nostro campione, soprattutto i più giovani, preferisce vivere alla giornata, non organizzarsi per nulla.

- Momentaneamente vivo alla giornata, anche perché so' giovane e me posso permette de farlo. (Valerio, 20 anni)

I motivi di una tale scelta sono abbastanza intuibili: la comodità, l’abitudine a trovare sempre tutto già pronto, il gusto di prendere la vita come viene, senza doversi preoccupare del domani. Inoltre evitare la frustrazione per il fallimento di una programmazione. Oppure il piacere di improvvisare, quasi che questo renda più belle le cose, renda tutta la vita una continua avventura.

Se organizzazione c’è, questa va fatta solo per cose che interessano immediatamente e non troppo tempo prima: la distanza tra la programmazione ed l’avvenimento dipende solo dall’importanza dell’avvenimento e dalla difficoltà a realizzarlo.

Questa è una generazione che sente come un peso la programmazione e l’organizzazione, trova tali cose innaturali, fatica sprecata. Il loro modello è una fruizione del tempo qualitativamente ricca, ma spontanea e immediata. Manca la consapevolezza dei tempi che si perdono nel decidere cose che, se pensate prima, si potrebbero realizzare meglio e più in fretta. Ma la fretta è bandita dal linguaggio di questi giovani. Il tempo, soprattutto quello libero, è una risorsa che non va calcolata, semplicemente vissuta istante per istante, nel rapporto con gli altri e con un atteggiamento di inventiva continua.

Perciò anche la concezione del tempo libero come momento di autorealizzazione non è molto avvertita da questa popolazione; prevale la dimensione del divertimento, della distensione, della ricerca di socialità soprattutto nei maschi. Al discorso del tempo libero come occasione per una certa autonomia dalla famiglia sembrano più interessate le femmine. Invece la creatività risulta di infimo interesse.

Tutto questo conferma che il tempo libero è tempo di dispersione e dissipazione più che di autorealizzazione e formazione. Il divertimento sembra essere il valore principale di questo tempo. Esso appare chiarissimo da questa testimonianza.

- Passo il tempo libero sempre divertendomi: vado nelle sale gioco a giocare a bi­liardo, in discoteca, al Luna Park, giro con gli amici in macchina, a piedi, col bus abbastanza frequente. Cioè svago sempre.                   (Salvatore, 20 anni)

Il divertimento è un valore che viene assunto acriticamente come criterio per selezionare le attività da fare. Ma siccome manca la capacità di organizzarsi o di inventare qualcosa di nuovo ecco allora che il divertimento conduce inevitabilmente al consumo. Le uniche cose che possono divertire sono quelle che son già organizzate, che si presentano attraenti, formalmente ineccepibili. I giovani non riescono a organizzare da soli, con una simile mentalità, attività del genere. Ecco allora la necessità di trovare qualcosa di già pronto. Strutture di tempo libero come la discoteca, i locali pubblici sono la meta obbligata di questi giovani. Non sempre perché danno delle risposte soddisfacenti, ma perché comunque offrono un prodotto migliore di quello che essi sono in grado di procurarsi da soli. Stare ore ed ore a chiacchierare o a girare per la città diventa monotono ed insulso. Bisogna trovare qualcosa per divertirsi. Questo qualcosa sovente diventa la discoteca.

2.3. Frequenza alla discoteca: motivi e comportamenti

La discoteca costituisce perciò il divertimento principale di questa popolazione. Essi si recano in discoteca mediamente una volta alla settimana, soprattutto al Sabato o alla Domenica (v. Tabella H). I maschi, soprattutto i 17-18enni, possono essere presenti anche due volte alla settimana. Gli studenti hanno una percentuale molto alta (83%) nella fascia di quelli che frequentano solo “alcune volte al mese”, i lavoratori nella fascia “quasi mai”, i lavoratori-studenti ed i disoccupati nella fascia “una o più volte alla settimana”. Pertanto questi ultimi risultano essere in proporzione i più assidui frequentatori di discoteche (v. Tabella I e Grafico E).

Inoltre risulta che il nostro campione frequenta in genere le discoteche da più di un anno.

 

Tabella H - GIORNI IN CUI SI VA IN DISCOTECA in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Domenica

46.5

42.5

51.4

44.3

55.9

35.1

30.7

67.6

65.7

Sabato

31.2

33.3

28.6

32.8

35.6

21.6

22.7

52.9

31.4

Venerdì

3.2

2.3

4.3

1.6

6.8

-

5.7

-

-

Altri giorni

0.6

1.1

-

-

-

2.7

1.1

-

-

Non risposto

43.9

47.1

40.0

47.5

33.9

54.1

62.5

17.6

22.9

* I totali possono superare 100% perché sono ammesse più risposte

 

Tabella I - FREQUENZA IN DISCOTECA in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Alcune volte all'anno

3,8

4,6

2,9

3,3

1,7

8,1

3,4

2,9

5,7

Alcune volte al mese (1-2)

19,1

17,2

21,4

21,3

16,9

18,9

12,5

20,6

34,3

Una volta alla settimana

24,2

17,2

32,9

26,2

23,7

21,6

17,0

38,2

28,6

Due volte alla settimana

20,4

26,4

12,9

13,1

28,8

18,9

17,0

35,3

14,3

Tre o più volte alla settimana

4,5

2,3

7,1

6,6

5,1

-

8,0

-

-

Non risposto

28,0

32,2

22,9

29,5

23,7

32,4

42,0

2,9

17,1

 

Grafico E - FREQUENZA IN DISCOTECA (% su totale rispondenti)

La domanda con cui si iniziava sovente l’intervista era “perché vieni in discoteca?”. Era una domanda di prammatica che consentiva di entrare in dialogo con i nostri interlocutori e si poneva come obiettivo di conoscere i motivi che spingono i giovani a frequentare le discoteche.

Tra le risposte appare al primo posto (v. Tabella J e Grafico F) il motivo del ‘ballo’ (42,7%), seguito dal motivo dell'aggregazione (‘compagnia d'amici’ 40,8%), poi da quello del ‘divertimento’ (38,9%) e da quello del ‘corteggiamento amoroso’ (35%).

 

Tabella J -  MOTIVI PER ANDARE IN DISCOTECA in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Compagnia di amici

40,8

36,8

45,7

45.9

40.7

32.4

44.3

23.5

48.6

Incontrare persone

28,0

25,3

31,4

27.9

25.4

32.4

23.9

29.4

37.1

Clima umano

9,6

8,0

11,4

8.2

8.5

13.5

8.0

23.5

-

Divertimento

38,9

37,9

40,0

37.7

35.6

45.9

37.5

44.1

37.1

Evasione

19,7

11,5

30,0

19.7

22.0

16.2

20.5

14.7

22.9

Ballo

42,7

31,0

57,1

44.3

35.6

51.4

44.3

32.4

48.6

Musica

33,1

32,2

34,3

23.0

28.8

56.8

27.3

52.9

28.6

Corteggiamento amoroso

35,0

46,0

21,4

52.5

23.7

24.3

34.1

50.0

22.9

Occupare il tempo

19,1

19,5

18,6

27.9

13.6

13.5

18.2

19.4

11.4

Servizio

8,9

12,6

4,3

6.6

13.6

5.4

8.0

8.8

11.4

Ingresso gratuito

4,5

3,4

5,7

4.9

1.7

8.1

2.3

11.8

2.9

Per un amico, conoscente

2,5

2,3

2,9

1.6

1.7

5.4

3.4

2.9

-

Non risposto

3,2

4,6

1,4

-

5.1

5.4

4.5

-

2.9

* I totali possono superare 100% perché sono ammesse più risposte

** Non sono stati riportati gli esiti delle seguenti risposte ("ambiente fisico”, “sicurezza" "libertà, anonimato", "autorealizzazione", "fa' moda") perché non raggiungevano il 2%.

 

Grafico F -  MOTIVI PER CUI CI SI RECA IN DISCOTECA

2.3.1. Il motivo dell’aggregazione

Se però mettiamo insieme le risposte che hanno attinenza con l’aggregazione (venire per la ‘compagnia di amici’, per ‘incontrare persone’, per il ‘clima umano’ e ‘per un amico, conoscente’), ci si accorge che il motivo dell’aggregazione raccoglie il numero più alto di consensi (80,9%). La discoteca viene quindi scelta innanzitutto perché è un luogo dove si incontrano molte persone in una situazione piacevole.

- Questa non la considero nemmeno più una discoteca, ma un luogo d'incontro.               (Giovanni, 15 anni).

Questo motivo è più sentito dalle ragazze che dai ragazzi (+19%), più a Milano che nelle altre località, leggermente meno nella fascia dei 17-18 anni che nelle altre.

2.3.1.1. Comunicazione “estesa”

La prevalenza del motivo dell’aggregazione sugli altri potrebbe sembrare strano perché la discoteca non si presenta come una realtà omogenea, compatta: la sua struttura corrisponde meglio al concetto di “aggregato” che di gruppo; i suoi frequentatori costituiscono più un ‘pubblico’ che degli amici. C’è allora da interrogarsi allora sul tipo di comunicazioni che si realizzano in discoteca.

Su questo ci sono pareri diversi. Alcuni avvallano l'ipotesi aggregato: “ognuno pensa ai fatti suoi”. Altri invece sostengono che in fondo ci si conosce tutti, per cui la discoteca diventa una grande famiglia.

- Uno già viene qua con degli amici, dopo dentro più o meno cono­sce tutti quanti con un po' di tempo. Dopo che uno conosce tutto quanto dentro balla, parla con degli amici con cui è venuto da casa, poi con altri che stanno qui e con cui uno si riunisce il sabato e la domenica quindi è tutta una comitiva. Dopo è chiaro, se ci sono altre ragazze nuove uno cerca di conoscerle.                                                              (Federico, 18 anni)

Probabilmente ciò può dipendere dalle dimensioni della discoteca: in quelle più piccole è più facile un rapporto con tutti e si respira una clima più familiare. In quelle più grandi ciò non è possibile e c’è maggior rischio di estraneità. Così, in base alle proprie esperienze, ci può essere chi dice di conoscere tutti, di essere amico di tutti; che sia facile fare amicizia in discoteca. E chi invece riconosce che non esiste molta possibilità di amicizia.

- Veri... non esistono più gli amici veri, però non è più come una volta: adesso ognuno si fa gli affari suoi.                                                                             (Danilo, 19 anni)

Probabilmente però la diversità di giudizio dipende anche dalle attese personali nei riguardi dell’amicizia e dalla propria sensibilità. E’ facile che chi afferma di essere contento delle amicizie in discoteca tenda piuttosto ad una comunicazione estesa che alla profondità. Infatti è difficile pensare che con il frastuono che c’è in discoteca sia possibile comunicare intensamente e profondamente. Probabilmente le amicizie che si instaurano in discoteca sono più di tipo cameratesco che intimo.

Se la comunicazione “intensa” che si realizza normalmente nei gruppi costituisce un’alternativa alla comunicazione “estesa” delle società complesse (Baraldi 1989), altrettanto non si può dire della discoteca. La comunicazione in quel luogo sembra rimanere ad un livello piuttosto superficiale.

2.3.1.2. Il gruppo: tendenze al conformismo ed alla violenza

Il gruppo costituisce un’esperienza molto diffusa tra gli adolescenti: quasi tutti i ragazzi in età adolescenziale hanno un gruppo di amici con cui si vedono regolarmente[11]. Esso rappresenta una soluzione funzionale al bisogno di socialità e di sostegno emotivo nel momento della transizione adolescenziale. Consente di soddisfare il “bisogno di autonomia, di protagonismo, di sperimentazione, la voglia di fare e rischiare in proprio” (Altieri 1987, 57). Costituisce una risposta alla frammentazione e alla complessificazione della vita contemporanea, un tentativo di ricreare quei rapporti di solidarietà e familiarità che sono impossibili nell’intricato mondo contemporaneo. Il senso di appartenenza viene spostato perciò dalla società intera al gruppo.

Anche per la discoteca il gruppo ha un ruolo molto importante: per quanto si venga in discoteca per conoscere altri e farsi anche delle amicizie, in realtà si parte da una base precostituita di amici. Infatti la discoteca, soprattutto all’inizio, rappresenta un’incognita: tante persone sconosciute, un ambiente non familiare. Il ragazzo che voglia entrarvi difficilmente si avventurerà da solo in questa realtà. Ha bisogno di un sostegno, di qualcuno con cui farsi coraggio ed affrontare le incognite della nuova avventura. Il gruppo rappresenta quasi sempre la sponda cui appoggiarsi per la nuova avventura. Infatti alla domanda “con chi vai in discoteca” il 60% risponde “con gli amici”. Questo gruppo è sovente lo stesso che frequentano nei momenti di tempo libero e che costituisce il loro referente naturale in molte delle attività di tempo libero. Poi eventualmente, una volta familiarizzato all’ambiente, il soggetto potrà aprirsi ad altri approcci.

Il gruppo, per questo suo ruolo di tutoraggio e di sostegno all’individuo, assume un ruolo di notevole rilievo nella vita dell’adolescente. Sovente esso si configura però come conformismo e gregarismo: gli individui consegnano al gruppo la propria libertà che hanno appena strappato ai genitori e finiscono per sottomettersi ai leaders ed ai dettami del gruppo. Ciò appare in maniera molto evidente in discoteca; ne sono segni l’abbigliamento, il gergo, i gusti, gli spostamenti, i comportamenti: tutti rigidamente uguali e sincronizzati.

Ma è soprattutto sul piano della violenza che questi fanno impressone. Un 10% denuncia, tra i disagi della discoteca, alcune forme di violenza come le risse od i gruppi violenti.

Ciò può dipendere da un senso eccessivo di solidarietà di gruppo e dall’intenzione di proteggere ad ogni costo gli individui del proprio gruppo. Inoltre alcuni gruppi tendono a fare di una determinata discoteca il loro punto di ritrovo abituale e la loro base. Questo può indurli a stabilire una specie di “protettorato” su quella discoteca, ad imporre delle regole e farle rispettare ad ogni costo. Succede così che chi arriva nuovo viene visto di malocchio, costretto a sottomettersi alle regole imposte dal gruppo dominante. Se non si sottomette subisce ogni tipo di vessazioni e di violenze. Ma se il nuovo arrivato è appartiene ad un altro gruppo che lo sostiene, scoppiano facilmente delle risse.

Non siamo riusciti a sapere quanto questo fenomeno sia diffuso nelle discoteche italiane: esso appare abbastanza ben distribuito in tutto il territorio nazionale, ma in genere si tende a ignorarlo, perciò sfugge la sua esatta consistenza. In compenso sono emersi con sufficiente chiarezza i meccanismi che portano allo scatenamento del comportamento violento: la massa, il fortissimo attaccamento di gruppo fino al fanatismo, la competizione per conquistare o difendere le ragazze, la suscettibilità che impedisce di scusare il minimo gesto non gradito. Questo sembra che stia diventando, almeno in certe discoteche, un fenomeno normale: si va già pronti a far rissa, magari portando qualche arma (coltelli in genere), forse anche cercando la provocazione.

 

Emerge quindi che la dimensione relazionale è l’aspetto fondamentale di questa popolazione. Il gruppo per il nostro campione, risponde assai bene ai bisogni di adattamento in una società complessa e difficile, da cui tenta di difendersi con il ricorso alla micro-socialità, alle relazioni faccia-a-faccia, ad un linguaggio che esclude gli altri. Ma non risponde ad un tentativo di costruzione di un modello alternativo di società. L'unica possibilità sarebbe costituita dal potenziamento consapevole della comunicazione intensa. Tuttavia le caratteristiche stesse della discoteca non favoriscono una comunicazione profonda ed intensa. Prevalgono il conformismo, i luoghi comuni, i rituali del gruppo fino alla violenza.

2.3.2. La musica ed il ballo

La musica ed il ballo costituiscono il nucleo fondamentale della passione per la discoteca. La cosa è talmente ovvia che la risposta risulta fin scontata (75,8%). Difficile invece dire che cosa provocano queste due esperienze in coloro che le sperimentano. Da studi fatti in questo campo risulta che questa musica colpisce direttamente i centri nervosi del “simpatico” con effetti sul sistema motorio e muscolare che diffondono sensazioni di benessere generale (Delli Ponti, Luban-Plozza 1984). Questi effetti fisici modificano lo stato psichico, la percezione di sé, le emozioni dell’individuo. Danno un senso di esaltazione e di onnipotenza. Analisi cliniche tendono ad accreditare l’opinione che favoriscano stati di regressione pre-edipica o addirittura prenatale. Che la musica e la danza, come sono vissute in discoteca, creino degli stati di “fusione” e momentanee rotture con la realtà (Frontori 1992). Inoltre che favoriscano fortemente la comunicazione ma quella di tipo “non-verbale” (Ferrante 1983). La musica rock (di cui la disco è una variante) ha poi un particolare significato di rottura con il mondo degli adulti e con le convenzioni sociali, soprattutto di tipo sessuale (Borgna 1983, Coriasco 1988). La musica disco si segnala invece per il particolare clima di disimpegno, di fatuità che riesce a creare (Frith 1983).

Nei soggetti da noi intervistati c’è la percezione che la musica ed il ballo costituiscano un’occasione di autorealizzazione, di espressione di sé, di sfogo e divertimento. Non sembra invece che essa acquisti qualche particolare significato culturale. Chi fa della musica un motivo di impegno si rivolge ad altri filoni musicali più attenti alla realtà sociale, come a cantautori o a gruppi musicali che si distinguono per il loro impegno civile e sociale. Non sembra invece che la musica disco possa costituire un fonte di riflessione o di impegno.

La maggior parte dei nostri soggetti ascolta musica da discoteca anche fuori della discoteca, per conto proprio. Pochi sono coloro che coltivano generi musicali non esclusivamente commerciali. Sono anche rarissimi coloro che suonano qualche strumento o hanno una certa cultura musicale.

Se ne deduce, che i frequentatori di discoteche non hanno sviluppato una cultura musicale pari all’interesse che manifestano per quest’arte. Finiscono per essere solo dei consumatori passivi di musica senza attenzioni critiche nei suoi riguardi né accorgimenti per immunizzarsi dalle seduzioni del mercato e della moda. Si limitano a consumare questa musica avendo come criterio di valutazione semplicemente il godimento che essa produce, senza alcuna riflessione ulteriore. Ciò non impedisce di fare ‘cultura’ nel senso del costume, ma non è la ‘cultura’ riflessa che dà alle pratiche di vita quotidiana un significato che va oltre il puro adattamento ambientale. Siamo quindi ad un livello di ‘cultura’ primaria, immediata, viscerale, istintiva. Manca invece la dimensione della riflessione, la rielaborazione culturale degli stimoli per farne oggetto di valutazione e di assunzione deliberata e consapevole. Si potrebbe dire che il tipo di musica consumato da questa popolazione costituisca una specie di paradigma della loro stessa vita. Come la musica disco non passa più attraverso la mediazione cerebrale, ma investe direttamente il sistema neurovegetativo, così la loro cultura non passa più attraverso la mediazione della riflessione mentale, ma è solo risposta immediata ad uno stimolo.

2.3.3. Il corteggiamento e l’attrazione sessuale

Un fattore assai importante per capire il successo della discoteca è quello che si può condensare nel tema del corteggiamento e dell’attrazione sessuale. Questo fattore viene segnalato dal 35% degli intervistati, ma forse il dato è sottostimato. Stando almeno alle rappresentazioni sociali più diffuse per molti sarebbe il motivo prevalente per ritrovarsi in discoteca. Questa non è solo l’opinione degli estranei alla discoteca, ma anche di alcuni degli intervistati.

- La maggior parte dei miei coetanei pensa che la discoteca sia un posto dove si può trovare la ragazza, e basta.                                                                                                                                      (Massimo, 19 anni)

L’analisi dei dati conferma questa indicazione: i maschi che indicano nell’incontro con persone dell’altro sesso il motivo per venire in discoteca sono il 46% contro il 21,6% delle femmine. I motivi per cui tale approccio acquista tanta importanza non vengono esplicitati nelle interviste. Tantomeno quello della differenza di attenzione (almeno nelle dichiarazioni) da parte dei due sessi. Cercheremo di interpretarlo più avanti. Ciò che comunque appare evidente è la tendenza a ritenere il proprio comportamento sessuale del tutto “normale” e a guardare con sospetto chi osa anche solamente discuterne.

2.3.3.1. Le modalità dell’approccio all’altro sesso

Uno dei comportamenti più interessanti da analizzare a questo riguardo è tutto quello che riguarda le modalità di approccio all’altro sesso. Dalle rare risposte che forniscono indicazioni su questo argomento risulta che il primo impatto è di tipo visivo-gestuale: si balla vicini, ci si nota, si ammicca, si allude, si attende la risposta dell’altro e ci si regola in base ad essa. E’ tutto un gioco di rappresentazione di sé e di interpretazione dell’immagine che l’altro rimanda. Attraverso questo si riesce ad inviare informazioni su se stessi, sulle proprie intenzioni ed ottenerne su quelle dell’altro. Si realizza ciò che afferma una famosa studiosa:

“gli etnometodologi ci hanno abituati all’idea che i nostri comportamenti quotidiani sono intessuti di complessi , ancorché poco coscienti, processi di interpretazione ed inferenza non dissimili da quelli operati dalla scienza” (Leccardi 1986, 221).

Il corpo, i gesti, il comportamento forniscono sempre una grande quantità di informazioni al solo impatto visivo. I giovani in discoteca, esprimono se stessi innanzitutto attraverso i gesti, il modo con cui “si atteggiano”. Questo rivela l’intenzione di violare quella ‘disattenzione civile’ che, secondo E. Goffman (1971), contraddistingue la nostra cultura. La discoteca è un momento in cui si presume che questa convenzione civile possa essere ignorata per tentare un rapporto più diretto, immediato. E’ uno spazio ed un momento in cui sono sospese le regole del vivere civile per stabilire un rapporto che ancora non esiste.

C’è una convinzione di fondo, talvolta anche espressa dagli intervistati, che in discoteca si venga tutti per lo stesso motivo: “sia ragazzi che ragazze cercano una sola cosa”, dicono loro.

Questa convinzione dà la forza per superare quella barriera di rispetto, timore, imbarazzo, cautela che contraddistingue i rapporti con persone che non si conoscono. Con questa convinzione si “approccia”, si tenta lì dove altrimenti non si potrebbe osare o si rischierebbe perché non sta bene dire ad una persona che si vede per la prima volta: “tu mi piaci”. In discoteca invece questo è possibile, perché c’è la convinzione che tutti si è lì per quel motivo. Perciò la cosa riesce più facilmente che in altri posti.

Ecco allora una delle classiche espressioni dei giovani: “le ragazze in discoteca sono più facili”. Essa probabilmente non vuol dire che le ragazze che vanno in discoteca siano più amorali delle altre, ma che in quel luogo cadono molte delle barriere che abitualmente ostacolano un rapporto nuovo. In tale contesto possono nascere delle relazioni nuove, delle situazioni inattese. In questo la discoteca è qualcosa che contribuisce a rinnovare la società. Come sostiene F. Alberoni, ogni rapporto amoroso è un movimento collettivo a due, quindi è la creazione di qualcosa di nuovo,.

In questo contesto acquistano tutto il loro significato le espressioni dei nostri intervistati che affermano di venire in discoteca “per conoscere gente nuova”. Quest’espressione non sarebbe solo un modo di mascherare un interesse sessuale che non si vuole confessare, ma anche la rivelazione di una legge antropologica fondamentale: la fuoriuscita dal clan, dal gruppo familiare per tentare nuovi rapporti. Questa pratica si pone sulla stessa linea culturale del divieto del matrimonio tra consanguinei: essa apre ad una società più ampia, ad una socialità potenzialmente universale.

Perciò la possibilità offerta dalla discoteca di iniziare nuovi rapporti permette di superare il limite imposto da molte prescrizioni della “buona educazione”, che, se positive per certi versi, rischiano però di rinchiudere le persone in ambiti sociali angusti. I giovani, che più percepiscono i limiti di tali prescrizioni sociali, che più aspirano ad allargare gli orizzonti delle loro conoscenze, ma che sovente provano imbarazzo a farlo, trovano nella discoteca l’ambiente dove realizzare tale aspirazione relativamente svincolati dalle prescrizioni sociali più comuni.

2.3.3.2. Il ruolo dell’abbigliamento

La comunicazione dei propri sentimenti si realizza in discoteca soprattutto attraverso un gioco di mimica facciale e gestuale. Ciò è reso più facile dalla cornice di un ambiente che fornisce il codice interpretativo delle comunicazioni. Tuttavia devono esistere dei segnali che indichino la disponibilità al gioco da parte delle persone presenti. Noi pensiamo che in questo passaggio ulteriore l’abbigliamento svolga un ruolo determinante. L’abbigliamento è un “medium comunicativo di grande efficacia simbolica” (Eco 1972). Esso comunica le intenzioni ed i sentimenti di chi lo esibisce a prescindere dalla volontà stessa del soggetto. I nostri giovani poi, segnati dalla civiltà dell’immagine, riescono ad esprimersi e capirsi più attraverso questi segni che attraverso le parole, cui danno forse meno importanza del passato. L’abbigliamento quindi fa sovente da interfaccia tra l’immaginario collettivo e l’approccio diretto alla persona da corteggiare.

Anzi, secondo qualcun altro, questo si trova al centro di un sistema di rappresentazione di sé che è fondamentale in discoteca.

- Motivi per cui la gente viene in discoteca  sono due principalmente: uno per mettere se stesso al centro dell'attenzione, perché è un luogo comune dove si trova tanta altra gente. [L'altro è la musica]... Purtroppo la discoteca sta diventando soltanto un punto dove incontrarsi ed esporsi.               (Alessandro, 20 anni)

Perciò rappresentare se stessi è uno dei motivi fondamentali per cui si viene in discoteca. Questo viene giocato sull'abbigliamento e sul modo di ballare.

Entrambe queste due forme esibizionistiche sono connesse con l'immagine di sé e la formazione dell'identità. Nel periodo adolescenziale questa immagine subisce un una notevole ristrutturazione per effetto dei mutamenti somatici e della conseguente rielaborazione dello schema corporeo. L'adolescente deve integrare i nuovi dati del suo corpo e della accresciuta energia pulsionale che ne deriva nell'immagine di sé. Per quest'impresa, tutt'altro che facile, esplora tutte le possibilità del proprio corpo e dell'abbigliamento per definire il suo nuovo sé. Quindi queste manifestazioni sono connesse con la ricerca d'identità ed hanno un profondo significato comunicativo. Ovviamente tali manifestazioni sono centrare sul corpo come strumento di comunicazione e di relazione sessuale. Ecco perché si ha bisogno di un palco come la pista da ballo per esibire se stessi. E' un imporre se stessi sulla scena sociale e nello stesso tempo è una ricerca di approvazione pubblica per essere confermati sull'immagine di sé che si sta rielaborando. La seduzione che viene esercitata da entrambi i sessi è la richiesta di accettazione e conferma della raggiunta capacità di accoppiamento e di riproduzione.

2.3.3.3. Artificialità dei sentimenti sessuali in discoteca

S. Frith (1983) aveva affermato che l’atmosfera della discoteca è fatta per celebrare “l’artificialità dei sentimenti sessuali” (p. 51), il provvisorio, il piacere fine a se stesso. Questo è anche quello che viene attribuito dalla mentalità comune ai frequentatori della discoteca. Nella nostra indagine abbiamo trovato sia conferme che smentite di ciò. In discoteca vengono un po’ tutti e si vede di tutto: sia il tipo disimpegnato che quello impegnato, il disimpegnato che se trova la persona giusta è disposto anche a sposarla e l’impegnato che però non disdegna la “scappatella”... Però l’atteggiamento disimpegnato nei rapporti interpersonali è prevalente e praticamente scontato in discoteca. C’è l’idea che ci si diverte se si fa del sesso, o almeno se si usa la provocazione, lo scherzo con persone dell’altro sesso. Il divertimento che comprende sempre anche il gioco sessuale.

Perciò in discoteca prevale il concetto della relazione tra i sessi senza impegno, solamente per la fruizione del piacere sessuale, per il divertimento di una serata. Questo non esclude che possa nascere anche un rapporto serio da un incontro in discoteca, ma è solo un’eventualità. Si conferma l’ipotesi che le relazioni tra i sessi che si stabiliscono in discoteca sono di genere frivolo, provvisorio, occasionale, non impegnato, non tendenti in linea di massima a prolungarsi nel futuro, ad un progetto di vita assieme.

 

Vista la grande libertà che i giovani tendono a prendersi nell’approccio sessuale in discoteca e le differenze di atteggiamenti e di intenzioni, ne conseguiranno equivoci e malintesi con conseguenti disagi nei rapporti eterosessuali e molestie avvertite soprattutto dalla parte femminile che sembra più esposta a tale tipo di disturbo. L’accusa infatti viene rivolta prevalentemente dalle ragazze ai ragazzi (5,7%); tuttavia è indicativo che per una certa percentuale (4,6%) siano gli stessi ragazzi ad ammettere la cosa (v. Tabella K). Probabilmente essi stessi si rendono conto dei limiti dei loro comportamenti.

 

In ogni caso questa denuncia è tutta concentrata nelle prime classi d'età (tra i 14 ed i 18 anni): segno di un fenomeno esclusivamente adolescenziale. Probabilmente i ragazzi ‘molestano’ sia per curiosità verso le persone dell'altro sesso, sia per vincere la barriera della timidezza: si passa così immediatamente all'atto, inteso come provocazione.

Tuttavia non mancano le provocazioni da parte delle ragazze, soprattutto per il modo di vestire o di atteggiarsi. E' probabile che i maschi interpretino un certo abbigliamento, un certo comportamento femminile come una provocazione. Non è detto che le ragazze non vogliano divertirsi anch’esse, ma gradirebbero un modo di esprimerlo meno brutale, meno volgare. Invece sembra che i ragazzi siano in genere piuttosto pesanti.

La cosa trova spiegazione nella diversità psicologica e culturale dei due sessi: sovente i ragazzi interpretano come disponibilità ad una avventura erotica ciò che invece per la ragazza è solo interesse per la persona. Infatti la ragazza cerca prima di tutto il rapporto con la ‘persona’, il dialogo, l’intesa globale. Inoltre i codici comunicativi sono diversi: per la ragazza il tutto si gioca a livello di immagine, di esibizione del proprio corpo sulla scena pubblica, mentre il ragazzo comunica prevalentemente attraverso l'atto, il contatto fisico. Di qui le difficoltà a capirsi, il disagio e fastidio percepito dalle ragazze per il comportamento dei maschi.

2.3.3.4. L’approccio sessuale in discoteca: un fatto carico di ambiguità

Pertanto l’approccio sessuale risulta tra i più importanti motivi per spiegare il successo della discoteca. Esso deriva la sua importanza dalla naturale attrazione tra maschio e femmina. Su questa inclinazione naturale si instaurano fattori specifici dettati dall’attuale momento storico-culturale e dalla fase evolutiva che sta attraversando l’adolescente.

Dal punto di vista storico-culturale esiste una cultura specifica che caratterizza quest’ultima seconda parte del secolo che esalta il corpo come sede del diritto alla felicità e vede nella liberazione dei costumi sessuali una forma di emancipazione sociale. Per questo la realizzazione della persona si pensa che passi innanzitutto attraverso la realizzazione sessuale.

A questa componente si aggiunge il particolare momento che sta vivendo l’adolescente, che si esperisce i mutamenti psico-sessuali come realtà nuova che lo stanno chiamando a diventare adulto e che scatenano una serie di pulsioni di difficile controllo. Tutto ciò comporta un riemergere di contenuti rimossi della prima infanzia, un bisogno di conoscenza e di sperimentazione delle proprie potenzialità, una ridefinizione della propria identità intimamente legata con la specificità del suo genere.

Mettendo insieme questi tre aspetti: bisogno di realizzarsi nel rapporto con la persona dell’altro sesso, bisogno di definirsi sessualmente, incitamento alla liberazione sessuale ne consegue una potente spinta a manifestare indiscriminatamente i propri desideri sessuali. L’autoepressione viene interpretata innanzitutto come libera espressione delle proprie pulsioni sessuali.

La discoteca risulta funzionale a tale proposito. Innanzitutto perché esiste una rappresentazione sociale della discoteca come luogo di facili approcci sessuali e di maggior libertà di espressione sessuale. In secondo luogo perché chi si reca in discoteca sa di trovarsi in un luogo dove questa rappresentazione mentale è predominante, quindi, o ne condivide le finalità, o, se non le condivide, sa che deve misurarsi con esse. Infine la discoteca si presenta come un luogo circoscritto dove è possibile realizzare dei desideri che altrimenti sono contrastati, proscritti da molte istituzioni sociali. Così essa funziona come un laboratorio dove è possibile condurre un esperimento in regime controllato, evitando che le conseguenze dei propri tentativi vadano oltre i limiti dell’esperimento.

2.3.4. Il motivo del divertimento e dell’evasione

Il tema del divertimento chiude questa rassegna di motivi per andare in discoteca. Ma questo è un motivo diverso dagli altri che abbiamo passato in rassegna finora: il divertimento, non è una cosa che si fa, ma una dimensione presente in tutte le cose che si fanno. Esso pertanto non si contrappone agli altri motivi ma li penetra e li unifica in un unico grande motivo: infatti se non ci si divertisse non si verrebbe in discoteca. Anche se, come vedremo, ci sarà chi viene in discoteca pur senza divertirsi molto. Perciò inseriremo in questo capitolo sia quanto riguarda il divertimento che il “non-divertimento” che può costituire a volte la discoteca. Infatti il motivo del divertimento-evasione ha come indicatori le risposte in cui dice di venire in discoteca “per divertirsi”, “per rilassarsi, scaricare le tensioni”, ma anche “per passare il tempo”. Mettendo insieme i vari items che compongono tale fattore si raggiunge un 77,7%.

2.3.4.1. Il significato del termine divertimento

Il termine divertimento è uno di quelli più usati dai nostri intervistati (38,9%), ma anche tra i più generici e semanticamente più ampi. B. Pascal (1966) vedeva nel divertissement una specie di distrazione dalle riflessioni e compiti fondamentali della vita. Più concretamente però ai giorni nostri il divertimento è inteso come una sospensione delle attività lavorative per dedicarsi a qualcosa che piace e rallegra lo spirito. Dumazedier(1962) indica nel divertissement una delle componenti fondamentali del tempo libero. Però non precisa nemmeno lui che cosa costituisca veramente il ‘divertimento’. E’ un concetto di carattere intuitivo, che ha innanzitutto il significato di liberarsi dalla noia facendo ciò che piace. Ma dicendo questo si lascia ampio spazio al soggettivo. Il significato di questo termine è dato da quello che i singoli individui vi attribuiscono. Le attività possono essere le più disparate: quello che importa è che ognuno possa sceglierle per ciò che esse rappresentano di gratificante per se stesso e non per un dovere, un obbligo, una necessità.

Questa vaghezza del termine e soggettività dei suoi contenuti appare anche dalle interviste ai nostri soggetti. Difficilmente si riesce a precisare cosa si intende per ‘divertimento’, in che cosa esso consista.

Le pischelle, poi ce stanno gli amici: se divertimo tutti insieme.          (Paolo, 17 anni)

Divertimento quindi può consistere nello stare con gli amici, nel cercare l’approccio con persone dell’altro sesso, nell’andare insieme a cercare il modo di passare il tempo, nel ballare ascoltare musica, nel ridere e scherzare, come afferma quest’altra testimonianza.

- Ascoltare musica, ballare, ridere, scherzare...            (Massimo, 19 anni)

Oppure lo stesso parlare assieme, in maniera distensiva, senza far nulla di particolare può costituire il divertimento.

- Per me divertirsi vuol dire pure stare bene con una persona senza fare niente di speciale... Parlarsi, star bene con qualcuno o qualcosa che ti piace: è il divertimento massimo...                                    (Alessia, 15 anni)

 

La componente sessuale (come abbiamo già visto) è una componente importante di questo divertimento. In essa su include tutto ciò che riguarda la liberazione delle tensioni sessuali, l’espressione giocosa della propria carica erotica, senza un coinvolgimento troppo impegnativo in tale dinamica. Questo evoluzione del  costume sembra dare ragione alle tesi di W. Reich e H. Marcuse che vedevano nella liberazione della ‘libido’ la chiave per una rivoluzione che desse origine ad una nuova civiltà. Tuttavia, anche dalle interviste, sembra che, nonostante il clima ‘permissivo’ odierno, rimangano ancora molte difficoltà per una espressione libera e serena di tale dimensione e per la comprensione reciproca tra i sessi.

Quello della provocazione sessuale non è certamente l’unico divertimento per i ragazzi: l’importante è ciò che si fa in gruppo, quella speciale complicità che si crea tra amici e che permette di fare cose che di solito non si fanno o che da soli non avrebbero quell’apprezzamento che le rende piacevoli.

Oltre alla dimensione di gruppo, c’è anche la trasgressione che rende piacevole le cose che si fanno. Il potere fare ciò che è proibito, inconsueto, fuori dal normale. E’ sempre un togliersi dalla routine quotidiana per sperimentare qualcosa di nuovo, di inedito. In questo il divertimento rientra in ciò che Dumazedier rivendicava come proprio del tempo libero: liberazione da tutti gli obblighi, dai doveri. Anche il rispetto di una morale, di convenzioni sociali rientra nel tipo degli obblighi sociali. Liberarsene, infrangerli può costituire una fonte di divertimento.

 

Quindi il divertimento è un concetto vago, che può essere generato da tanti tipi di attività: il vero contenuto del divertimento sembra però essere la dimensione della soddisfazione personale. Diverte ciò che uno fa spontaneamente, senza alcuna finalità, spinto solo dal desiderio di esprimere se stesso, le esigenze del proprio organismo. Senza una finalità precisa, senza mete o programmi, senza dover tenere presenti le conseguenze dei propri atti. E’ come un ritornare bambini, quando le cose di facevano spontaneamente senza preoccuparsi del futuro, delle conseguenze: ci si esprimeva seguendo gli impulsi del proprio organismo e nient’altro.

Il divertimento quindi si avvicina al concetto del gioco, dell’agire espressivo, spontaneo e immotivato. Il carattere edonistico e ludico risulta la componente fondamentale del divertimento. La ricerca di uno stato di soddisfazione è l’unica motivazione del divertimento. Quando una cosa non procura la gioia, il piacere atteso, non c’è più divertimento: diventa noia.

2.3.4.2. Il divertimento come distensione

Il concetto di divertimento viene a collimare con altro concetto affine e complementare, che è quello di ‘distensione’ o ‘relax’. Esso corrisponde a quello che Dumazedier chiamava délassement. Con questo termine intendeva sottolineare il riposo dalla fatica fisica e/o psichica. Un concetto analogo si ritrova nei nostri intervistati.

Per essi venire in discoteca vuol dire rilassarsi, liberarsi dalle fatiche della settimana, scatenarsi per recuperare le energie fisiche e psichiche compromesse dallo studio o dal lavoro, comunque da una tensione che logora.

- In discoteca mi rilasso dopo tutta la tensione della settimana... Vengo qua per sfogarmi. Diciamo... mi sfogo ballando.                                                                    (Rossana, 18 anni)

In discoteca ci si rilassa dallo stress, dalle fatiche, dal logorio della vita quotidiana. A sentire i nostri intervistati, devono essere molte le tensioni che li colpiscono se sentono un bisogno così impellente di liberarsene. Molte testimonianze parlano semplicemente di nervosismo, di stress, senza precisare da dove esso provenga, da cosa sia causato.

Qualcuno, a mo’ di esempio, fornisce qualche elemento per capire da che cosa abbia bisogno di sfogarsi, liberarsi. Emergono così gli aspetti della vita che più sono percepiti da loro come ‘pesanti’, opprimenti, fonte di tensione.

Tra questi un primo elemento è costituito dalla scuola, che è il ‘dovere’ che devono compiere ogni giorno, contro cui cozza il loro desiderio di libertà e di autorealizzazione inteso in senso soggettivo. Possono allora essere le delusioni scolastiche che esigono di essere lenite attraverso una gratificazione che solo la discoteca può dare.

- La discoteca mi sfoga di tutto! Per esempio del 5 che ho preso oggi in Italiano.              (Sara, 15 anni)

Oppure è la scuola stessa, con le sue esigenze di impegno e fatica, che richiede una sosta ed una emissione liberante di energia fisica che permetta di ristabilire l’equilibrio tra ‘psiche’ e ‘soma’.

- Mi diverto, riesco a sfogarmi. Una settimana tutta dura, passata a scuola; la domenica invece mi sfogo ballando                                                                              .               (Cristina, 14 anni)

Oppure è anche l’esperienza lavorativa che esige, a loro giudizio, una liberazione attraverso lo svago in discoteca.

- Tra il lavoro e tutto un po' di svago ci vuole.             (Raul, 16 anni)

Oppure possono essere i litigi le fonti di malessere e di tensione: litigi in genere con persone care, genitori, amici, fidanzato/a. O anche problemi più profondi.

La liberazione sarebbe ottenuta attraverso il ballo, che prende a tal punto da avvolgere totalmente nel suo movimento le persone che si lasciano andare, sciogliendole dal tormento del pensare. Probabilmente questo ‘pensare’ indica soprattutto qualcosa di psicologicamente penoso (litigi, studi...), non il pensare razionalmente inteso. Tuttavia è una ricerca quasi di ‘trance’, di distacco completo dalla realtà, come abbiamo rilevato dagli studi sugli effetti psicologici della musica e del ballo negli adolescenti. Quest’esperienza della ‘trance’, di distacco totale dal mondo della quotidianità e della realtà costituisce probabilmente uno dei fattori più importanti del successo della discoteca.

- Hai gli studi, stress, litigate con i genitori. Invece qui ti scateni, non pensi a niente non hai neanche in mente chi è tua madre? boh! Non lo so! Io non penso a niente quando ballo.                              (Arline, 16 anni)

Questa esperienza di distacco totale dalla realtà indubbiamente porta benefici effetti sullo stato psicofisico di chi la pratica e può essere una cosa a volte positiva, forse anche necessaria. Ma una assuefazione a questo meccanismo può dar luogo ad un bisogno continuo di evasione. Anche se i nostri intervistati non hanno accennato allo “sballo” e, come vedremo, il pericolo “droga” è assai remoto, si può pensare che questi fenomeni siano indotti anche da un bisogno interiorizzato ed incoercibile di evadere dalla realtà a tutti i costi e quindi la discoteca favorisca questi fenomeni attraverso l’assuefazione al divertimento e all’evasione.

2.3.4.3. La discoteca come occupazione del tempo e noia

La discoteca non sempre è solo fonte di divertimento, ma anche di noia e comunque diventa quasi un passaggio obbligato per i giovani nei giorni festivi o nei tempi liberi in cui non sanno cosa fare. Questo testimonia quanto il loro senso di inventiva e di creatività sia già stato mortificato o comunque come preferiscano la noia di un posto sicuro al rischio dell’esplorazione di qualcosa di diverso. Così si sente affermare che si viene in discoteca “perché non si sa che fare”, che il venire in discoteca rappresenta un ‘ripiego’.

Oppure si tratta di vincere la noia della domenica, in cui, non essendoci nulla di organizzato, si deve a tutti i costi trovare qualcosa da fare per occupare il tempo.

- Ci vengo...  la domenica spesso, perché è un giorno che non mi dice niente. O te ne vai a fare un giro da qualche parte, sennò ti rifugi in discoteca. O, sei hai la ragazza, esci con la ragazza. Però alla discoteca ci vengo spesso. Cioè, la do­menica quasi sempre e anche in mezzo alla settimana se c'è qualche festa organizzata da qualche amico. Ci troviamo fra di noi con i miei amici. Spesso.             (Gabriele, 20 anni)

 

Queste testimonianze fanno da pendant alle espressioni entusiastiche sulla discoteca che avevamo raccolto in altre interviste: la discoteca non suscita solo entusiasmo!

Questo va in parte addebitato alla incapacità di organizzarsi da parte dei giovani, ma anche alle abitudini che pure la discoteca ha contribuito a creare. C’è una certa assuefazione a trovare tutto pronto che canalizza tutti le iniziative nella ricerca della discoteca più “in”, del posto più adatto e mortifica le capacità di inventiva personale.

2.3.4.4. Il divertimento proposto dalla discoteca: un concetto angusto

Concludendo si può dire che la discoteca motivi la sua esistenza ed il suo successo per il fatto di essere un’industria del divertimento che riesce a intrattenere le persone in qualcosa di piacevole e gradito. Divertirsi è un’esigenza profonda dell’uomo, necessaria per il buon funzionamento dell’organismo.

Tuttavia tale dimensione rischia di costituire un investimento così totalizzante da produrre un distacco dalla realtà. Alcuni degli inconvenienti più grossi della discoteca, traggono la loro origine proprio da una concezione del divertimento sganciata da ogni altro riferimento alla realtà. Inoltre incombe un rischio di dicotomia tra tempo libero, “tempo del divertimento”, e tempo occupato, “tempo del dovere”.

Dumazedier (1962) aveva individuato tre caratteristiche fondamentali del tempo libero: délassement, divertissement, dévelopement. Le prime due costituiscono una liberazione dai vincoli che impediscono la giusta fruizione del tempo e la realizzazione della persona (“liberazione da”), la terza invece indica un cammino, una orientata al futuro (“liberazione per”). Ci sembra che quest’ultima manchi nella discoteca, o almeno non sia presente nella coscienza dei suoi frequentatori. C’è ricerca di liberazione, di realizzazione, di divertimento; non abbiamo colto segni di tensione allo sviluppo ed alla crescita della persona, tantomeno della società. Forse il divertimento che offre la discoteca rimane a livello di consumo, di soddisfazione di bisogni immediati, ma non si propone come obiettivo la crescita della persona e della società.

2.4. Trasgressioni e devianza in discoteca ed altre analisi

E’ convinzione diffusa che la discoteca abbia qualcosa in comune con la devianza: dalla droga alla delinquenza, dall'alcolismo alla prostituzione.

Le risposte ottenute nella nostra inchiesta tendono ad escludere l’ipotesi che la discoteca sia un luogo di perdizione, come certe denuncie potrebbero far pensare. Da ciò che affermano i nostri intervistati non risulta che ci siano forme particolarmente diffuse di devianza. Né ci è sembrato che le risposte ottenute, al di là di una comprensibile complicità con il locale, possano essere messe sostanzialmente in dubbio o smentite. Ci sono alcune forme di devianza, ma in misura contenuta, non diversamente da quella di altri posti. Anche i nostri soggetti non risultano affetti da forme particolarmente morbose o dannose.

Dai dati in nostro possesso (v. Tabella K) risulta che la trasgressione più diffusa, per ammissione degli stessi intervistati, è l'uso della droga leggera (14,7%), ammessa più dai maschi che dalle femmine, soprattutto nella città di Milano. Al secondo posto ci sono le liti, la violenza (8,9%) denunciata esclusivamente dai maschi e sempre di più nella città di Milano, al terzo l'ammissione che qualcuno usa anche droga pesante (6,3%), fatta anche questa prevalentemente dai maschi.

 

Tabella K - FORME DI DISAGIO IN DISCOTECA in %

 

TOTALE

SESSO

CLASSI D’ETA’

CITTA’

 

 

M

F

14-16

17-18

19-20

RM

TO

MI

Molestie sessuali

5.1

4.6

5.7

6.6

6.8

-

3.4

2.9

11.4

Violenze, risse

8.9

16.1

-

6.6

15.3

2.7

5.7

-

25.7

Spaccio di droga

1.9

2.3

1.4

4.9

-

-

1.1

-

5.7

Uso droga leggera

14.7

17.2

11.4

16.4

15.3

10.8

10.2

8.8

31.5

Uso droga pesante

6.3

9.1

2.8

4.9

6.8

8.1

7.4

2.9

5.7

Ubriacature

1.3

1.1

1.4

-

1.7

2.7

-

5.9

-

Bande, gruppi violenti

1.3

2.3

-

-

1.7

2.7

1.1

-

2.9

Non risposto

76.2

67.8

78.6

72.1

66.1

83.8

72.7

85.3

60.0

 

 

Si può sostenere che la percezione di trasgressioni e devianze è quasi tutto appannaggio dei maschi, tolto le molestie sessuali che sono leggermente più avvertite dalle femmine (5,7% contro i 4,6% dei maschi). Lo spaccio di droga all'interno della discoteca, come si vede, non è che minimamente percepito (1,9%), anzi, nella maggior parte delle risposte, viene escluso categoricamente. Si può perciò sostenere che la devianza in discoteca è cosa contenuta entro i limiti fisiologici di un qualsiasi locale pubblico, senza particolari manifestazioni.

Non appare dalle nostre interviste il minimo accenno ad un problema molto sentito dall'opinione pubblica: “le stragi del sabato sera”. La cosa può essere spiegata sia dal fatto che non son state fatte domande specifiche sull'argomento, sia perché il nostro campione è tratto, per la grandissima maggioranza, da una popolazione di giovanissimi frequentatori pomeridiani. Questo può far sì che essi non si sentano toccati dal problema perché non frequentano discoteche negli orari notturni, oppure non fanno uso di auto. Tuttavia sorge il sospetto che, rispetto a tale problema, ci sia una specie di rimozione, che non lo si voglia prendere in considerazione per non doverci pensare e prendere provvedimenti.

L’argomento della devianza meriterebbe però un’analisi più approfondita, che da solo potrebbe costituire motivo di un articolo. Perciò le nostre indicazioni si fermano a queste poche righe di informazione generale.

 

La ricerca ha inoltre evidenziato dei particolari legami tra variabili attraverso l’analisi fattoriale e della varianza. Anche di questo non si può dar conto in così poche pagine. Essa ha evidenziato per esempio che chi ha una buona integrazione sociale e culturale non è un assiduo frequentatore di discoteche, ma ci va 2-3 volte al mese. Ed invece chi ha un cattivo rapporto con la società (avversione per la scuola, mancanza di progetti, prossimità alla droga) mostra un’adesione molto alta alla discoteca. In compenso i più critici nei riguardi della discoteca non sono i più colti ma i 19-20enni disoccupati.

Altri risultati di queste analisi saranno utilizzati nella conclusione.

3.Conclusione: espressività, evasione, ma non solo...

L’analisi fin qui condotta (ed ancor più quella fattoriale) dimostrano che le ipotesi di partenza riescono a cogliere il nucleo dei motivi e degli atteggiamenti del giovane frequentatore di discoteche. L’espressività sembra segnare gran parte dei comportamenti del giovane in discoteca. La musica, la danza, le espressioni affettive e sessuali, l’allegria, la distensione, il divertimento costituiscono i motivi fondamentali per cui i giovani si recano in discoteca. Queste espressioni sono fonti di gioia e di gratificazione. Inoltre molte di queste aiutano l’adolescente ad affrontare la vita, la realtà, il mondo in maniera più tranquilla e distesa e ad elaborare una sua cultura, una sua visione della vita.

Tuttavia il concetto di “espressività” si è rivelato insufficiente a spiegare molti fatti della discoteca. E’ emerso che parecchi comportamenti, anche se apparentemente frutto dell’autoespressione, in realtà nascondevano atteggiamenti strumentali. Questo è apparso lampante soprattutto nei rapporti tra i sessi, oppure per quanto riguarda il divertimento ed i modi di passare il tempo libero.

E’ evidente perciò che la categoria dell’espressività non può da sola render ragione di tutti i comportamenti manifestati dai nostri soggetti. Abbiamo così ritenuto che molti di essi potessero ricadere sotto la categoria “evasione”.

 

L’evasione sembra esprimersi soprattutto in due direzioni:

- evasione dai compiti di sviluppo;

- evasione dai compiti sociali.

 

Nella classe dell’evasione dai compiti di sviluppo abbiamo individuato

- il divertimento ed il coinvolgimento nel clima della discoteca vissuti in maniera totalizzante fino ad arrivare alla perdita di contatto con la realtà.

- l’accentuazione del gusto per l’effimero, la concentrazione sul presente e su esperienze che danno gratificazione immediata. Ed in concomitanza l’aumento di incapacità di “differire la gratificazione”, di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e di impegnarsi per la realizzazione di progetti a lunga scadenza.

- il tentativo di prolungamento indefinito dello stato adolescenziale (“moratoria psicosociale” - Erikson 1974) per fruire di tutti i vantaggi che esso comporta e non assumere responsabilità verso se stessi e gli altri.

- la strumentalizzazione dei rapporti affettivi, la riduzione dell’altro a puro oggetto di divertimento, la subordinazione alle pressioni sociali e soprattutto di gruppo, la violenza.

- la dicotomia rilevata in vari soggetti tra tempo del lavoro (“tempo del dovere”) e tempo libero (“tempo di divertimento”).

 

Nella classe dell’evasione dai compiti sociali abbiamo individuato i seguenti fenomeni emergenti:

- disinteresse e disinvestimento affettivo per la società in generale e la politica in particolare.

- dissociazione e disimpegno crescente dalle istituzioni che solitamente hanno rapporti con i giovani (scuola, chiesa).

- interesse prevalente a quei problemi da cui sono minacciati più immediatamente (es. tossicodipendenza) e scarso rilievo per i problemi di giustizia e solidarietà sociale.

- mancanza di impegno sociale non solo nella dimensione più strettamente politica, ma anche nelle associazioni e nel volontariato.

 

Ci sembra perciò che l’ipotesi di evasione venga sostanzialmente confermata.

3.1. I limiti della categoria dell’espressività

Le nostre ipotesi non si esaurivano qui. Sulla scorta degli studi di Inglehart (1978) e di Dumazedier (1978) avevamo avanzato, in via preliminare, l’ipotesi che l’attenzione del frequentatore della discoteca per i valori espressivi potesse collocarsi sulla scia di quella “rivoluzione silenziosa” che Inglehart aveva ipotizzato per le società occidentali opulente. Per questo avevamo cercato di cogliere nei frequentatori di discoteca segni di una netta affermazione dei caratteri espressivi. L’analisi fattoriale aveva soprattutto lo scopo di evidenziare l’emergere di tali fattori. Ma è stata proprio l’analisi fattoriale a far emergere l’artificialità di questa divisione. Infatti, se espressività e strumentalità fossero categorie vissute dai soggetti, emergerebbero allo stato puro, non mescolate dall’analisi fattoriale. Invece la maggior parte delle volte le due dimensioni sono compresenti nello stesso fattore (e, di conseguenza, nella stessa struttura di significato nell’esperienza dei soggetti). Ne deriva che quelle due dimensioni sono “imposte dall’esterno” al fenomeno studiato.

In realtà, i concetti stessi di “espressività” e “strumentalità” appaiono molto generici e poco precisi. Nello stesso Maslow (che pure aveva cercato di definirli con una certa precisione) non sembrano avere un significato univoco, utilizzabile come strumento di rilevazione empirica. I primi che avevano trasferito questi concetti nel campo della ricerca sociologica, li avevano utilizzati in forma limitata e precisa come indicatori di atteggiamenti politico-culturali. Per questo li avevano trasformandoti anche dal punto di vista terminologico in “materialismo- postmaterialismo” (Inglehart), oppure “valori borghesi e post-borghesi” (Tullio-Altan). Noi abbiamo provato ad applicarli ad uno quadro semantico più ampio, ma non senza difficoltà. Usciti fuori dalla sfera in cui questi termini sono stati coniati, diventa difficile definirli ed utilizzarli con precisione. La definizione che ne dà Maslow (1970) è poco controllabile empiricamente, perché si rifà ad atteggiamenti interni, difficili di scoprire. Per esempio danzare è una delle attività che lo stesso Maslow descrive come tipiche dell’atteggiamento espressivo, per il fatto che uno si lasci andare, non badi più a niente, segua solo il ritmo, la musica ed il suo movimento sia un tutt’uno tra interno ed esterno. Tuttavia se uno fa la stessa cosa per esibizionismo, per moda, per non sfigurare davanti agli altri, perché non sa cos’altro fare in questo caso la danza non è più frutto di autoespressione. Ora noi però, raramente ci siamo imbattuti in frasi che dicano come veramente uno si sente mentre balla, sovente abbiamo solo dovuto registrare l’azione, non il sentimento e l’atteggiamento che le accompagnava. Allora abbiamo classificato la danza tra le azioni espressive, senza però sapere se chi danzava lo faceva con un atteggiamento espressivo o strumentale. E come la danza c’è un’infinità di azioni che possono essere sia espressive che strumentali.

Oltre a questo va osservato che la stessa persona, pur eseguendo la stessa azione, può essere un momento espressiva o ed un altro no, oppure essere espressiva in alcune azione e non in altre. Di qui si capisce la difficoltà di registrare in maniera esatta gli atteggiamenti e fare di questo una chiave esplicativa di un fenomeno sociale.

Inoltre rimane una certa ambiguità nel concetto stesso di espressività: se uno intraprende un’azione che corrisponde ad un suo sentire profondo (possiamo pensare ad una professione o vocazione) e struttura il suo tempo, i suoi impegni, le sue attività in funzione del conseguimento di quell’obiettivo, questo è ancora da considerarsi espressivo o strumentale? Di per sé questa strutturazione sembra più rispondente alla logica acquisitiva, e quindi essere strumentale, tuttavia lo stesso Maslow dice che il predisporre gli strumenti per realizzare un obiettivo espressivo può ancora far parte dell’espressività, purché permanga l’atteggiamento espressivo. Ma è difficile riconoscere se rimane ancora espressivo o se ha già acquisito un atteggiamento più strumentale. Questo è forse possibile riconoscerlo nell’autoanalisi e con molta difficoltà, non certo con uno strumento sociologico e così generico come il nostro.

Pertanto questo concetto si è rivelato di difficile utilizzo e di ridotta utilità in quanto molto generico e sovente non alternativo (nella stessa azione o valore sono compossibili atteggiamenti espressivi e strumentali). I nostri soggetti rivelano possedere entrambi le dimensioni che prevalgono a seconda degli ambienti, delle azioni e dei momenti. Perciò non è possibile ottenere una classificazione precisa in base a questi criteri e quindi farne un uso esplicativo del fenomeno discoteca, anche se intuitivamente non si può non essere d’accordo che gran parte del suo prestigio sia dovuto alle attività espressive che essa fornisce.

3.2. Un pragmatismo diffuso

L’elemento invece che emerge con prepotenza dall'analisi dei nostri soggetti è la caratterizzazione delle scelte in senso pragmatico. Ciò che a loro interessa in fondo è trovare un lavoro, farsi un famiglia, avere un tenore di vita tranquillo, stare bene. In funzione di questo strutturano la propria vita e i propri percorsi biografici.

Questo atteggiamento è specifico dei maschi lavoratori di basso livello socio-culturale e di famiglia unita.

Ma oltre a questi che hanno delle particolarità loro, va segnalato che questo atteggiamento si riflette in qualche maniera anche in chi non appartiene necessariamente a queste categorie. La tendenza al pragmatismo, a fare quelle scelte che siano in linea con le possibilità concrete, senza arroccarsi in difesa di questioni di principio, costituisce una costante diffusa tra i frequentatori di discoteca. Certamente le categorie menzionate sopra lo esprimono in maniera più decisa, ma sembra che quasi in tutti ci sia questa capacità di mediazione tra esigenze soggettive e vincoli strutturali.

Essi risultano perciò assai pragmatici, lontani dagli slanci ideali di qualche decennio fa, ma anche dagli estremi di una vita sregolata e dissipata come a volte le rappresentazioni sociali della discoteca ci rimandano. Essi dimostrano di saper abilmente conciliare esigenze espressive ed obblighi sociali, vita di gruppo e norme familiari, divertimento e dovere, spensieratezza ed attenzione al futuro. Il tutto per vivere in maniera serena il loro rapporto con quella fetta di società con cui si ritrovano a contatto giorno per giorno.

3.3. Ruolo non decisivo della discoteca

Queste sono le caratteristiche principali che abbiamo rilevato tra i nostri frequentatori di discoteca. Come si vede sono comuni a tanti giovani e non necessariamente legate alla discoteca. Quello che sembra specifico dei frequentatori della discoteca è l’accentuazione di alcune caratteristiche e la messa in ombra di altre. In particolare abbiamo visto che i frequentatori di discoteca accentuano la propensione al divertimento, l’importanza dei valori affettivi, l’ambiguità dei rapporti di coppia, anticipando il momento di allontanamento dalla famiglia, avendo genitori più permissivi; avvertono in maniera particolare le disfunzioni della società (scuola, lavoro, politica) e vi rispondono con il ritiro della fiducia e dell’interesse, oltre che dell’impegno. Sono particolarmente affetti da “presentismo”, gusto per l’effimero, rinuncia al sacrificio, fino a far intravedere segni di “destrutturazione temporale”, pur senza esserne del tutto affetti. Tendono a prolungare opportunisticamente la loro situazione di “moratoria sociale” e a godere il più a lungo dei vantaggi dell’adolescenza.

Quello che ha stupito in questa ricerca è stata l’impossibilità di trovare che la frequenza alla discoteca fosse discriminante in maniera decisiva su qualche tema. Invece anche il solo confronto tra alta e bassa frequenza e/o adesione alla discoteca non si è rivelata determinante in nessun atteggiamento particolare. Vi sono stati certo dei fattori influenzati di più da una o dall’altra variabile, ma quando si voleva raccogliere insieme un gruppo di fattori omogenei, risultava che in tutti entrava sia una modalità che l’altra di stare in discoteca, impedendo di trarre delle conclusioni definitive.

Le uniche caratteristiche che sembrano emergere con una certa evidenza è la maggior propensione per i valori comunicativi che rivelano i medi ed alti frequentatori e aderenti alla discoteca rispetto ai bassi. Ma anche qui senza una divisione netta. Perciò anche questa osservazione ha valore indicativo, non assoluto. La frequenza alla discoteca non costituisce una discriminante per nessun atteggiamento, al massimo può dimostarsi maggiormente in correlazione con uno e meno con un altro.

L’unica modalità di frequenza e adesione alla discoteca che sembra dare delle indicazioni più chiare (ma non esclusive) è quella media, dove nel complesso si manifestano caratteri più equilibrati, con maggior capacità di distacco critico dalla discoteca e attenzione alle dinamiche comunicative.

3.4. Prospettive per la ricerca

Visto il carattere pionieristico di questa ricerca, per la mancanza di precedenti in Italia, abbiamo dovuto utilizzare il metodo delle interviste aperte per indagare sul nostro campione e conoscere le opinioni dei giovani sui temi di nostro interesse. Noi l’abbiamo utilizzato come se la nostra ricerca costituisse un momento esplorativo iniziale di una ricerca più ampia. In questo modo abbiamo potuto indagare ad ampio raggio sulle motivazione della discoteca, sui valori, atteggiamenti, orientamenti di pensiero dei nostri soggetti; conoscere le loro rappresentazioni mentali della discoteca, della società, dei rapporti interpersonali; venire a conoscenza di molte loro esperienze in una serie molto ampia di situazioni che praticamente coprono tutta la vita dell’adolescente.

Questi risultati possono costituire un buon punto di partenza per ulteriori ricerche con campioni scelti in maniera più precisa, con strumenti chiusi, con procedimenti di elaborazione simili, o diversi, ma certo più adatti alle tecniche utilizzate ed agli obiettivi da perseguire.

Per esempio meriterebbe

- approfondire i rapporti tra variabili sociali o psicologiche e modalità di frequenza alla discoteca;

- oppure istituire un confronto tra frequentatori e non frequentatori di discoteca in rapporto ad alcune variabili;

- oppure indagare sulle realtà sociali degli ambienti che i frequentatori di discoteca frequentano abitualmente e quale correlazione possono avere con la frequenza alla discoteca.

Si potrebbe verificare gli orientamenti politici, in particolare verso i cosiddetti valori universalistici (pace, ecologia, antirazzismo), oppure come si collochino nei confronti dei nuovi soggetti politici che stanno emergendo.

Oppure si potrebbe indagare più a fondo sul consumismo nel tempo libero o sulle altre attività, a quelle che sembrano più orientate ai rapporti interpersonali.

Oppure meriterebbe di essere ulteriormente chiarito ed approfondito il concetto di divertimento, forse utilizzando più adeguatamente tecniche psicanalitiche. Gli stessi concetti di evasione, di rottura con la realtà, di regressione, di fusione meriterebbero un’analisi più appropriata con strumenti psicologici.

Infine le tecniche della comunicazione, i tipi di rapporti interpersonali, le pressioni ed i condizionamenti del gruppo avrebbero una lettura più adatta se indagati con metodi psicologici.

E’ comunque importante rilevare che questa ricerca non dà solo risposte, ma lancia delle ipotesi che sarebbe interessante verificare, offrendo comunque una base previa per l’individuazione di nuove ipotesi.

 

Riferimenti bibliografici

 

 

 

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Giuliano Vettorato



[1] - Questo dato viene confermato dalle statistiche che rilevano esserci, nel 1980, 4.400 discoteche, più del doppio di quelle del '70 (v. SIAE 1988).

[2] - Il numero esatto di discoteche esistenti è sempre assai difficile da determinare anche perchè alcune hanno andamento stagionale, altre sorgono e scompaiono nel giro di una stagione o di un anno. La cifra è quella fornita dal SILB e riportata in ISPES (1991, 166), quindi sembra abbastanza attendibile, nonostante voci contrarie (v. ad es. De Michelis 1988).

[3] - Ricordo, per inciso che le date indicate si riferiscono al momento di pubblicazione: la raccolta dati è avvenuta, in entrambi i casi nell'anno precedente (rispettivamente 1983, 1987,1992).

[4] - Le cifre sono approssimative, perchè si riferiscono all'ultimo censimento del 1981 da cui si ricava che i giovani tra i 15 ed i 19 anni erano 4.688.839; tra i 20 ed i 24 anni 4.134.842 (cfr. Bobba, Nicoli 1988). Nell'insieme danno 8.823.681. Il 57,3% corrisponderebbe allora a 5.055.969. L'incremento annuo sarebbe pari ad 1,2% cioè a 60.671 giovani.

[5] - I dati sulle “stragi del Sabato sera” sono quanto mai evidenti e confortati da statistiche inoppugnabili:

“- Dal 1980 al 1991 sono raddoppiati gli incidenti del Sabato notte...;

 - il rapporto tra incidenti mortali sul totale è nella notte del Venerdì e del Sabato particolarmente elevato;

 - la loro frequenza maggiore è tra le ore una e le quattro del mattino;

 - il 50,2% dei conducenti coinvolti ha un’età compresa tra i 19 e i 25 anni;

 - il 90,4% dei conducenti è di sesso maschile;

 - alta concentrazione territoriale di questo tipo di incidenti. Il 35% in solo 8 delle 94 provincie italiane (Roma, Milano, Firenze, Torino, Forlì, Brescia, Bologna, Genova)”  [Brunello, De Martis 1993, 43-44].

[6] - Dall'inglese rave = delirio, andare in estasi scatenandosi nel ballo.

[7] - Capannoni o magazzini dove si raccolgono segretamente i giovani per ballare e consumare droga aggirando i controlli di polizia.

[8] - “L’ecstasy, o MDMA, fu sintetizzata per la prima volta nel 1914, e si diffuse intorno al 1972 come alternativa legale all’MDA [la cosiddetta ‘droga dell’amore’]. Veniva impiegato da alcuni terapisti, specialmente da quelli che si occupavano dei problemi della coppia, dal momento che la droga sembrava favorire la comprensione reciproca ed eliminava la l’ostilità e la rabbia. Tuttavia l’uso ricreativo della nuova sostanza in America si diffuse al punto da portare al suo bando nel 1985” (Shapiro 1993, 153).

[9] - Facciamo notare che la fascia che di per sè raccoglie più intervistati (14-16 anni) è più ampia delle altre due (3 annate invece di 2). In realtà abbiamo trovato pochi soggetti dei primi anni (14-15) nelle discoteche da noi visitate.

[10] - Da osservazioni fatte nel nostro ambiente di residenza sembra tuttavia che nel corso degli anni '90 il limite inferiore dell'età in cui si entra in discoteca tenda ad abbassarsi. Testimonianze dicono che sono in aumento nelle discoteche i ragazzi dell'età della scuola ‘media’ (12-14 anni).

[11] - L'86,5% dei giovani intervistati nell'indagine Iard del ‘92 ha affermato di avere un gruppo di amici con cui esce o tutti i giorni (20,6%) o almeno uno (24,%) o più giorni alla settimana (Cavalli, De Lillo 1993).