TRA I CICLOPI ...

In una tranquilla città di mare italiana vive il professor Zapotec, antropologo di chiara fama e direttore del museo civico, nonché grande amico di Giulio Aroldi, grande scrittore di gialli e polizieschi, sconosciuto al mondo intero e incompreso (tranne, ovviamente, che dal professor Zapotec). Il professore deve partire per una spedizione di studio e ricerche nel Mar Egeo, a bordo della nave oceanografica “Cormorano”, e sta tenendo un discorso nel porto della città... « ... E ringrazio la città che, nel darmi questa opportunità, contribuirà (lo spero vivamente!) al progresso scientìfico!». La folla applaude ed egli, salutato l'amico Giulio, sale a bordo della nave, che poco dopo parte. Tempo dopo, dalla Grecia, viene recapitata una lettera a Giulio; c'è qualcosa che non va, perché Zapotec scrive di intralci e difficoltà avuti con gli abitanti della zona in cui svolge le ricerche, e questo a causa di sciocche superstizioni. Ma Giulio, lì per lì, non capisce di cosa, un uomo concreto come Zapotec, abbia parlato; continua nella sua lettura«"...è incredibile constatare come questa gente creda ancora all'esistenza di creature vissute soltanto nelle antiche leggende ... ». Altro tempo dopo, la notizia in città del naufragio della Cormorano e della misteriosa scomparsa di Zapotec. Giulio, il quale sentiva che doveva capitare qualcosa, si reca dal commissario di polizia, suo amico, Basettoni, per maggiori ragguagli; ma il commissario sa solo che tutti i membri dell'equipaggio sono ricoverati sotto choc all'ospedale di Atene. Giulio pensa di dover fare qualcosa: non vuole abbandonare il professore al suo destino. Tornato a casa, mentre guarda la televisione, appare all'improvviso l'immagine di Zapotec: «Non farmi domande, e ascoltami! Il tempo stringe ... sono ... prigioniero! Trasmetto dal ... centro operativo! Fai qualcosa per salvarmi ... non parlare con nessu... »; ma il collegamento si interrompe. Giulio, però, in quei pochi secondi, ha capito che si tratta di qualcosa di veramente serio, e decide di recarsi al museo per avere notizie dettagliate sulla sua spedizione. Viene informato che il professore voleva raggiungere l'isola di Psathura, nelle Sporadi settentrionali: in quella zona sono state localizzate le rovine di una città sommersa... Ma il grande interesse per questa città è dato dal fatto che Psathura è uno dei misteri archeologici irrisolti, tipo la “pila di Citera”, un'isola a sud del Peloponneso, dove furono ritrovati i resti di un'antica nave greca. Al suo interno fu recuperata un'anfora sigillata contenente uno strano oggetto, che a un'analisi accurata risultò essere una pila elettrica perfettamente funzionante. Lo stupore, già grande degli studiosi, aumentò però a dismisura quando si resero conto che non apparteneva alla nave, ma si trattava di qualcosa di molto più antico, conservato come un segno divino, nell'impossibilità di comprenderne l'uso. Ma torno a Psathura: la città, sprofondata a causa di un cataclisma, è la più antica tra le tracce di antiche civiltà ritrovate nell'arcipelago greco; inoltre l'isola è evitata da tutte le rotte, perché è considerata maledetta: gli abitanti del posto hanno raccontato di strani fenomeni tra le acque e di leggende di Ciclopi posti a guardia della città. Giulio decide di partire per la Grecia, ma sull'aereo incontra uno strano tizio che, catturata la sua attenzione per lo strano comportamento, lo incita a seguirlo e cerca di farlo precipitare dall'aereo; naturalmente il nostro riesce a cavarsela, ma non lo ha visto in faccia. Ha modo di rifarsi, Giulio, perché tra la folla della città nota di nuovo lo strano tizio (è strano perché indossa abiti arabi ed è molto imponente) e lo insegue; questo lo porta fino all'Acropoli (o meglio i resti) di Atene e, arrampicatosi su una colonna, sparisce dalla vista di Giulio, che lo insegue e lo vede fuggire niente di meno che su un cavallo alato! Giulio si sente proiettato a ritroso nei millenni, quando convivevano realtà e mitologia. Il giorno dopo si reca all'ospedale cittadino, dove è ricoverato il capitano della Cormorano; questi, però, che ha già raccontato tutto quello che è successo, non vuole parlare, perché già una volta non è stato creduto quando è stato interrogato dalle autorità. Calmatosi, è persuaso da Giulio, e inizia la descrizione dei giorni di navigazione.

«Quando eravamo in vista di Psathura ci colse una mareggiata e la nave si incagliò al fondo basso; ci siamo riparati sulla spiaggia e ci accorgemmo che non c'era più traccia del professore. Decidemmo di aspettare casomai fosse ricomparso, ma una notte accaddero cose incredibili: dalla superficie dell'acqua vedemmo apparire Nettuno in persona con altri mostri! Fuggiti e arrivati qui, ci dissero che eravamo rimasti vittime di un'allucinazione collettiva!». E' arrivato il momento che Giulio si rechi nella zona ormai famosa e riesce a farsi noleggiare una barca, anche se nessuno del posto vuole nemmeno sentir parlare di Psathura; durante la notte che precede il giorno della partenza l'arabo si appresta a sabotare l'imbarcazione, ma Giulio lo scopre e dopo una colluttazione riesce a vederlo in faccia: questa volta addirittura si tratta di un Ciclope, ma ormai è deciso a partire. Sarà che ai tempi della scuola non gli piaceva la mitologia greca, ma adesso vive tutto di persona: stavolta incontra Polifemo, che, come vuole la tradizione, dall'alto di un picco di un'isola che è sulla sua ­rotta, gli scaglia addosso un macigno, ma il mostro, forse perché ha poco “occhio”, lo manca! Finalmente Giulio arriva in vista del relitto della Cormorano, il punto da cui si sono perse le tracce del professore, e decide di immergersi per esplorare il fondale; sott'acqua, una visione sorprendente: la favolosa città di Psathura! Tra i resti sommersi nota un edificio strano: è l'unico ad essere pressoché intatto e vede una botola, alla quale si avvicina; viene risucchiato e si ritrova in una stanza completamente asciutta e ultramoderna. Poco dopo si presenta il professor Zapotec, che gli dice di essere finito laggiù quando è stato sbalzato dalla nave. Zapotec racconta di aver ritrovato testi scritti di un popolo (quello a cui è appartenuta la città) che possedeva conoscenze scientifiche enormi per l'epoca in cui vivevano e addirittura più grandi di quelle che si hanno oggi. «Ecco spiegate le apparizioni delle creature mitologiche, ma perché tutto questo, professore?». «Quando sono venuto a conoscenza di tutto ciò e dell'enorme tesoro dell'antico popolo che aveva conquistato depredando i popoli più forti ma superstiziosi, avrei voluto tenere tutto per me, ma meno male sei arrivato tu. Adesso torniamo a casa, nel nostro bel paese, alla nostra vita piuttosto modesta, ma dignitosa, ricordando come una bella avventura questo grande mistero. La polizia del posto non ti ha aiutato molto, vero? Ma tu sei un grande investigatore, al pari di altri grandi, che a differenza di te, sono conosciuti. Se non fosse stato per te, mio caro amico, non so a cosa sarei andato incontro. Ora andiamocene, ma non raccontiamo tutto della grande avventura che abbiamo vissuto....»

    Domenico De Luca 1^ F

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