INCENTIVI SALARIALI AI DOCENTI DELLE ZONE A RISCHIO
Una misura che rischia
di non essere utile né alle zone a rischio
né alla innovazione nella scuola
L'art 4 del CCNI contiene la prima misura di differenziazione salariale che sia stata introdotta tra i docenti italiani dalla notte dei tempi, e forse essa si sta realizzando nel peggiore dei modi e rischia di compromettere in generale la riqualificazione del corpo docente in direzione dell'impegno e della professionalità.
Da informazioni dirette mi risulta che in tutta l'Italia meridionale - coinvolta nel suo complesso in questa misura - ci sono polemiche e contestazioni per il modo in cui essa é stata applicata. Napoli che da sola rappresenta il 10 per cento delle scuole coinvolte essendo la prima provincia d'Italia per numero di studenti (550.000) e la prima per i fattori di rischio sociale é il luogo dove le polemiche sono più forti (da dieci giorni tre giornali cittadini GIORNALE DI NAPOLI, REPUBBLICA, CORRIERE DELLA SERA) pubblicano quotidianamente articoli e cronache a riguardo. Nel dibattito sono intervenuti anche autorevoli esponenti sindacali (Paolo Giuliani segretario provinciale della CGIL scuola e Francesco Cormino che ha ricoperto una carica regionale nello stesso sindacato) é intervenuto il provveditore a difendere l'operato del provveditorato e a bacchettare i ribelli.
Al di la delle polemiche del momento ci sono però questioni di fondo su cui occorre discutere urgentemente soprattutto per evitare che il dibattito prenda le pieghe piagnone del vecchio meridionalismo. Vi propongo quindi tal quale la lettera inviata al direttore del Corriere del Mezzogiorno supplemento del Corriere della Sera, come risposta ad un articolo intitolato: Intervengano gli assessori
Gentile direttore,
apprezzando molto il modo in cui il suo giornale segue in modo competente le vicende della scuola mi permetto di inviarle questo ulteriore contributo.
Nella vicenda riguardante le scuole a rischio si sono espressi Paolo Giuliani e Francesco Cormino esponenti sindacali di spicco, il primo facendo una larvata autocritica per il metodo seguito, il secondo chiedendo agli assessori di intervenire fornendo nuove risorse alle scuole. Entrambi hanno detto cose sensate e condivisibili. Credo però che sia ingiusto affrontare la questione in termini di lotta tra gli esclusi - credo di essere uno dei protagonisti di questa lotta e non mi ritengo escluso, anzi, come risulterà chiaro in seguito, mi sento il primo degli inclusi - o di incremento delle risorse. Il problema principale é nel metodo, perché una misura così innovativa - si tratta del primo esempio di differenziazione salariale tra gli insegnanti dalla notte dei tempi - andava gestita in ben altro modo e non legata in modo osceno alla dizione "zona a rischio" perché ha il sapore di una indennità di rischio e non quella di un incentivo all'impegno umano e professionale.
Le risorse sono scarse? il Comune di Napoli attraverso i fondi della legge 285 ha impegnato per il problema dispersione (ma va benissimo anche il refuso da voi pubblicato - disperazione scolastica - che come tutti gli errori é creativo) cifre notevoli ed in modo intelligente. Chi lavora ai progetti sa però che é difficilissimo spendere nei tempi e nei modi giusti, é difficilissimo far combaciare l'ordinario con lo straordinario. Qualche volta avere più risorse può addirittura rivelarsi una iattura se non si ha la possibilità di gestirle in modo adeguato. Per certi versi le risorse oggi disponibili superano già le capacità di buona gestione (la capacità di gestione di routine, senza innovazione e senza creatività é invece pressoché infinita).
Uno dei problemi é che dove ci sono investimenti per i ragazzi non ci sono per gli insegnanti, dove ci sono per gli insegnanti non ci sono per le strutture, dove ci sono per la formazione dei docenti non ci sono per l'innovazione didattica. Ora che il profano ritenga che tutti i danari siano eguali passi, ma che dirigenti del ministero e sindacalisti non lo sappiano o facciano finta di non saperlo mi pare piuttosto grave. Prima di spendere altri danari bisogna spendere bene quelli che ci sono. Mai come in questa occasione si vede che lo spendere in più rischia di coprire una gestione inadeguata dei danari esistenti.
Gli assessori non possono retribuire gli insegnanti per la qualità del loro impegno didattico, così come non lo possono fare i progetti europei. Cifre marginali possono andare agli insegnanti se si impegnano in orario aggiuntivo in un lavoro che non riguarda le loro competenze: se un insegnante fa visite domiciliari come se fosse un assistente sociale potrà percepire un compenso per questa sua attività: ma non si tratta di un incentivo, bensì del pagamento a tariffe ribassate di una prestazione professionale non dovuta (ribassata perché si tratta di una attività non di insegnamento). Lo stesso vale per qualche insegnante impegnato in un progetto europeo. Cosa c'entri tutto questo con l'incentivo fornito agli insegnanti per la 'qualità' del loro impegno nelle scuole a rischio e senza che ciò comporti alcuna ora di lavoro aggiuntiva (quelle vengono comunque remunerate a parte) mi sfugge del tutto.
Il progetto di cui mi occupo, progetto CHANCE é finanziato con quasi 900 milioni: non una di queste lire va ad incentivare gli insegnanti, non una di queste lire va ad acquistare attrezzature per la scuola, sono tutti danari che vanno spesi in maniera strettamente attinente al progetto e alle esigenze dei ragazzi in esso coinvolti. (a chi sembra troppo si tenga presente che il termine di paragone é la tariffa di 400 mila lire al giorno che costa la reclusione di alcuno). E questo é molto giusto e non va cambiato di una virgola. La scuola che realizza CHANCE ha soprattutto oneri, e lo fa perché ci crede e perché costituisce un enorme arricchimento professionale ed umano per chiunque partecipi; molto più gratificante di qualsiasi incentivo e tuttavia non si può accettare di essere esclusi da questo dando l'immagine falsa e per certi versi calunniosa secondo cui chi partecipa a questi progetti già percepisce un incentivo economico. Dopo i provvedimenti riguardanti le scuole a rischio il progetto CHANCE non ha tre finanziatori, il Provveditorato agli studi ed il Comune di Napoli, e 21 insegnanti che hanno donato - forzosamente per la verità - 84 milioni - lordi - di compenso incentivante. Vorremmo che ci fosse riconosciuto almeno questo, anzi ce lo riconosciamo da soli visto che ce lo siamo pagato.
Se si vuole uscire bene da questa vicenda bisogna guardare a questo incentivo non come premio al singolo, ma come rinforzo alla 'comunità educativa". Dove ci sono molte scuole nella stessa zona a rischio si doveva promuovere un utilizzo in rete. A Palermo che notoriamente non é né Ginevra nè Harward si é fatto così. Le polemiche non mancano neppure lì ma non sono delle dimensioni di quelle nostrane. Chi scrive ha presentato ai consiglieri del ministro una proposta in tal senso: siamo ancora a tempo a dire che questa risorsa va amministrata per promuovere l'azione integrata di tutte le suole che insistono su uno stesso territorio. Questo peraltro é uno dei principi dell'autonomia. Perché tanta fretta a realizzare questa misura prima di disporre di tutte le altre attrezzature normative necessarie?
Una raccomandazione: il dibattito basato sulla proposta di incrementare le risorse, per tenere a bada la 'guerra degli esclusi' somiglia come una goccia d'acqua ai dibattiti del vecchio meridionalismo: di fronte alla 'concessione di provvidenze' - tale era il linguaggio - si apriva una ignobile gara a chi fosse più disgraziato, un'asta al rialzo a chi chiedeva di più in nome del degrado. Da quella impostazione sono uscite più grasse le classi parassitarie e devastata l'immagine di sé delle popolazioni meridionali. Cerchiamo di non ripeterci.
Caro Ministro, stai
attento che le cose non stanno andando
nella direzione giusta
Questa é la sintesi di una lettera che chi scrive ha fatto pervenire alla segreteria del ministro per invitarlo a seguire l'applicazione dell'art 4 e ad intervenire nella vicenda
La prima misura di incentivazione introdotta nella suola italiana doveva avere un battesimo più degno perché é sorto subito un grosso equivoco se debba intendersi come incentivazione alla professionalità o come indennità di rischio.
Nell'art 4 non c'é nulla che contraddica esplicitamente l'idea di un incentivo all'impegno dei docenti 'a tutto campo', anzi essa é affermata anche se non in modo sufficcientemente esplicito. Tuttavia l'applicazione di quell'articolo, come conseguenza di azioni affrettate e maldestre, di interpretazioni contraddittorie e riduttive avviene in un clima di opposizione e divisione, In queste condizioni l'incentivo é un elemento di divisione e di rancore e non un elemento di crescita collettiva. Vanno introdotti correttivi prima del 30 ottobre o in concomitanza.
La misura più saggia e coraggiosa sarebbe sospendere tutto e riprendere la cosa con i progetti da presentare entro il 31 dicembre 1999. Dubito che ci siano le condizioni per operare una simile scelta. Sarebbe importante che il ministro verifichi personalmente se le cose che vado dicendo sono peregrine o abbiano un fondamento di realtà.
Una misura più accessibile e che non avrebbe il sapore di una ritirata ma anzi quella di un rilancio, sarebbe fornire una forte 'assistenza' alle trecento scuole impegnate nei progetti mobilitando e finalizzando le risorse esistenti sia nell'ufficio "Attività per gli studenti" sia negli uffici periferici -. Studi e programmazione, nuclei autonomia o come si chiamano..- soprattutto in direzione di un utilizzo di questa risorsa in funzione dell'intervento sistemico e della coesione del corpo docente. Operativamente si potrebbe assegnare i fondi alla scuola indicando contestualmente che occorre coinvolgere altre scuole della zona a rischio se esistenti. 'zona' in cui sono situate le scuole. E che occorre mobilitare le strutture di area assistite dagli operatori e una task forze costituita come sopra, con il compito di definire operativamente l'utilizzazione dei fondi in una o più scuole in modo da evitare sterili contrapposizioni.
Quella che segue é una lettura comparata delle ultime disposizioni in materia da cui si deduce che le cose che sono accadute localmente in tutte le città meridionali sono state in qualche modo provocate anche da indicazioni operative contraddittorie con il disposto dell'art.4
Testo dei comma dell'articolo, con omissis,sottolineature e commenti del redattorre
Circolare Ministeriale 24 settembre 1999, n. 224 Oggetto: Scuole situate nelle zone a rischio - Indicazioni operative ...... Inoltre, le SS.LL., díintesa con le OO.SS., valuteranno
líopportunità di evitare la concentrazione dei progetti
nelle scuole che hanno già attivato iniziative cofinanziate dallíUnione
Europea. ........ |
Da MPI Gabinetto Ministro At Provveditori Studi Prot. n.42980/BL Roma, 7 ottobre 1999 Si richiama in proposito particolare attenzione SS.LL. a .... individuazione delle scuole da invitare a presentare progetti - formulazione di proposte da parte Enti Locali, Prefetture e altri soggetti indicati. Si sottolinea particolare .... Accordo con Enti Locali e altri citati soggetti deve essere, peraltro, anche finalizzato al reperimento ulteriori risorse e finanziamenti...... ...... allegare ai progetti ......... documentazione relativa avvenuta attuazione intese in argomento. Berlinguer Ministro Istruzione |
Sembra evidente che i due documenti affermano cose opposte. L'art 4 del contratto correttamente indica l'integrazione di fondi diversi come una finalità qualificante della misura. Del resto chi conosce i fondi europei, sa che correttamente il cofinanziamento prevede che i due terzi della cifra siano impiegati per remunerare esperti, acquisti etc.. ed un terzo é costituito da 'prestazioni in natura' già facenti parte del normale servizio dei docenti. Quindi non una lira entra nelle tasche dei docenti, se non la remunerazione di eventuali prestazioni straordinarie. L'incentivo fornito ai docenti, in specie dove vengono realizzate attività di diagnosi ed intervento (ad esempio il sottoprogramma 9.1e 9.2) sarebbe proprio la misura necessaria perché un gruppo di docenti che fa un lavoro di ricerca e sperimentazione possa condividere le proprie proposte con l' intero consiglio di classe Se si dice: evitare la concentrazione, si dice l'opposto e si segue una regola di distribuzione a pioggia, oltretutto falsa, perché in un caso le risorse finanziarie sono per i docenti nell'altro sono per materiali, esperti, in ogni caso attività aggiuntive. |
Nota Direzione Generale Istruzione Elementare 24 settembre 1999 Prot. n. 932 Oggetto: Scuole situate in zone a rischio. Come previsto dallíart. 4 comma 6 del citato C.C.N.I., il numero delle scuole invitate dalla S.V. díintesa con le OO.SS., per conto del Ministero, a presentare il progetto può essere superiore del 30 per cento rispetto al numero massimo delle scuole tra le quali è possibile ripartire le risorse finanziarie, considerato líimporto assegnato. Ciò al fine di consentire a questo Ministero di operare scelte di progetti ritenuti particolarmente idonei tra tutti quelli pervenuti. |
Da Gabinetto Ministro At Provveditori Studi Prot. n.42980/BL Roma, 7 ottobre 1999 Si sottolinea particolare .... Accordo con Enti Locali e altri citati soggetti deve essere, peraltro, anche finalizzato al reperimento ulteriori risorse e finanziamenti...... Berlinguer Ministro Istruzione |
Anche in questo caso c'é un contrasto non da poco: il contratto e la circolare del ministro sembrano affermare che avere un elenco graduato di scuole possa servire a utilizzare ulteriori risorse, la lettera della DIRELEM sembra invece richiedere una selezione dei 'migliori'. |
9. Entro 30 giorni dalla loro presentazione, il Ministero sceglie i progetti da finanziare nel limite delle disponibilità finanziare previste dal comma 3 e sulla base dei criteri generali stabiliti nel precedente comma 7 e comunica alle scuole che li hanno predisposti le risorse assegnate. Una parte delle risorse disponibili fino al 10 percento è destinata a finanziare i progetti eventualmente presentati dalle scuole di cui allíart.3 dellíIntesa.
......
Tutte le sottolineature nei testi sono del redattore e sono finalizzate a evidenziare le parti che non hanno trovato rispondenza nel comportamento del primo provveditorato italiano coinvolto nella operazione, quello di Napoli che ha il maggior numero di studenti in Italia (Napoli 550 mila, Roma 450 mila, Milano 380 mila studenti), ed il maggior numero di scuole coinvolte nei progetti.
RILIEVI CRITICI SULLA
FORMULAZIONE E L'APPLICAZIONE
DELL'ART.4 DEL CCNI - INTERVENTI NELLE
ZONE A RISCHIO -
La formulazione dell'articolo e degli interventi é
centrato sulla connotazione dell'area piuttosto che sulla connotazione
dell'intervento e della intenzionalità progettuale. Si tratta di
un errore culturale grave come quello che porta a guardare e a connotare
la parte malata piuttosto che la persona e la nostra relazione con quella.
Tra zona a rischio e zona di intervento prioritario c'é un capovolgimento
di prospettiva, nella seconda espressione si sottolinea l'intenzionalità
progettuale della amministrazione e degli operatori, la volontà
di stabilire una diversa e migliore relazione con il territorio e da ciò
discendono gli istituti contrattuali e gli impegni personali. Zona a rischio
contiene una sorta di connotazione razziale del territorio ed un grossolano
incentivo - a chi ha la disgrazia di operare in esso- che somiglia molto
agli incentivi per chi insegnava nelle isole e nelle sedi disagiate. Questo
modo di affrontare la questione che non fa altro che peggiorare la relazione
tra le persone ed il territorio in cui operano. Chi ha formulato questo
articolo non solo ha ignorato la cultura pedagogica sull'argomento ma ignora
anche un dibattito quasi cinquantennale sugli incentivi allo sviluppo a
livello mondiale: gli incentivi di questo tipo hanno da sempre alimentato
il sottosviluppo piuttosto che lo sviluppo, hanno impinguito classi di
mediatori parassitari piuttosto che attivare operosi agenti di sviluppo.
Nel corso dei paragrafi seguenti si richiameranno i punti in cui questa
impostazione teorica si manifesta in modo più chiaro.
L'alveo culturale in cui queste concezioni si inseriscono sono quelle del sindacalismo corporativo che suona più o meno in questo modo: la dispersione scolastica dipende solo dai nostri stipendi, aumentateci i soldi e diminuiteci gli alunni e la dispersione diminuirà..
Manca un riferimento forte ai 'progetti di particolare complessità'.
Un intervento sulla dispersione dovrebbe per definizione essere un intervento
complesso. In questo caso la complessità dovrebbe costituire una
condizione per essere ammessi all'incentivo, in modo anche da accoppiare
all'incentivo alla persona l'incentivo ed il finanziamento all'istituto
scolastico. Senza questo legame si riproduce una situazione di squilibrio
nel rapporto tra spese per il personale e spese per gli investimenti e
le attrezzature che, come é noto, costituisce un grosso problema
nella gestione della nostra scuola.
Il riferimento all'ampliamento dell'offerta é piuttosto generico
e non condizionante. La diccharazione dei docenti deve riguardare solo
la permanenza nella scuola ma non la disponibilità a svolgere le
attività aggiuntive richieste - e remunerate separatamente - dal
progetto. Altrettanto dicasi per le attività di formazioe prvise
dal progetto.
Tutto questo può apparire ovvio mùa così non é visto che in sede disottoscrizione dell 'impegno triennale molti docenti hannotenuto a sottolineare la loro indisponibilità a svolgere attività aggiuntive. Del resto la nopta contenuta del contratto secondo cui si darà preferenza alle scuole in cui l'intero corpo docente si impegna nel progetto sottointende una visione indifferenziata in cui si aderisce genericamenrte al progetto, mentre l'unico impegno sostanziale riguarda la permanenza per tre anni in zona a rischio. Né più ne meno ch euna indennità 'di rischio'.
Uno degli elelmenti qualificanti della azione didattica la ontinuità
tra scuole, l'integrazione delle diverse agenzie educative e sociali presenti
nel territorio, non ha meritato neppur eun accenno in questo articolo.
Ed é proprio qui l'origine diuna contesa degradante che mette controi la scuola elementare e la scuola media che sono bello stesso territorio. Come si può ìpensare di fornire questo incentivo solo a una delle due scuole,? Come di può non pensare che un incentivo deve avere al centro l'integrazione tra le scuole soprattutto in vista della riforma dei cicli?
Si può anche consapevolemente decidere di concentarre gli interventi in una sola scuuola a patto che questa sia espressione di un patto territoriale che partendo dalla identità propria di ciascuna scuola favorisce la specializzazione di una o più di esse nel trattare aspetti diversi di un progetto educativo di carattere territoriale ed integrato. La specializzazione di ciascuna scuola può offrire al territorio una 'scuola dei curricula personalizzati'. Affrontando in una dimensione territoriale ed integrata i problemi della dispersione, occorrono anche sedi in cui l'intera organizzazione di una scuola si mette al servizio della singolarità degli allievi sfruttando al cento per cento le possibilità della autonomia. Autonomia e contratto offrono alla scuola la possibilità di operare quei cambiamenti strutturali continui che devono accompagnare allievi caratterizzati da particolare mutabilità e percorsi evolutivi molto personali, andando oltre una dimensione della individualizzazione che é solo metodologica e che finisce per essere una semplice petizione di principio senza alcuna conseguenza operativa. Di tutto questo non c'é traccia o accenno nel disposto contrattuale.
Il tipo e la quantità della remunerazione per le funzioni obiettivo
consente a ciascuno degli insegnanti impegnati di dedicare alcune ore settimanali
alle aree cui si riferiscono. La gestione delle attività di una
scuola é per definizione complessa e difficilmente ci sono attività
che possono essere gestite nei ritagli di tempo. Facciamo l'esempio più
banale: la biblioteca. Se si tratta di ordinarla e fare il catalogo si
può fare nei ritagli, nelle ore buche, dopo le lezioni etc.. . Se
si tratta di offrire un servizio bibliotecario e documentario degno di
questo nome occorre operare con continuità, occorre essere presenti
in certe fasce orarie etc.. Occorre assumere impegni e responsabilità,
ed Arlecchino non può essere servo di due padroni, a meno di stabilire
una delimitazione precisa di orari per l'uno e l'altro. Sto dicendo che
se le funzioni obiettivo devono essere un lavoro serio hanno bisogno di
uno spazio orario protetto distinto da quello di lezione. Se invece devono
essere uno strumento di cooptazione dei faccendieri che bivaccano nelle
segreterie trascurando il lavoro in classe, va bene così. A maggior
ragione questo dovrebbe accadere nelle scuole di intervento prioritario
dove il progetto é complesso ed impegnativo. Nel contratto non c'é
alcun accenno al fatto che per realizzare il progetto é praticamente
indispensabile disporre di un organico funzionale adeguatamente maggiorato
al fine di gestire un progetto per definizione complesso ed integrato.
Nei fatti un docente impegnato nelle funzioni obiettivo di una scuola a rischio percepirà 7 milioni annui - da nessuna parte é indicato un divieto a cumulare le due retribuzioni aggiuntive - di maggiorazione salariale senza che abbia uno spazio orario - né in orario di servizio né in orario aggiuntivo - in cui possa estrinsecarsi il porprio impegno. Il tutto é affidato al buon cuore del docente stesso e certamente in molti casi é in buone mani, ma non mi pare un modo istituzionalmente corretto.
Non trovo nel contratto alcun legame esplicito tra funzioni obiettivo,
progressione di carriera, progetti nelle aree a rischio. Ci si poteva immaginare
che nel momento in cui con la progressione di carriera si individuavano
insegnanti con competenze pedagogiche e particolari disponibilità
personali, si decidesse poi di impiegarle in ruoli, funzioni e situazioni
che richiedevano l'impegno prioritario di persone del genere.
Le funzioni obiettivo, e le attività nelle aree a rischio dovevano quindi offrire una priorità e degli incentivi perché gli insegnanti più qualificati vi si insediassero e fossero incoraggiati a rimanervi.
Se non c'é un legame sistemico tra questi diversi istituti contrattuali non é difficile immaginare un quadro nero così composto: insegnanti primi della classe nel fare lezione e nell'essere flessibili ricevono una assegno di sei milioni "onorario professionale" corrispettivo all'onore che fanno alla pubblica amministrazione ad essa concedendosi; altri insegnanti, un po' accattoni come i propri rischiosi clienti, si accontenteranno di 4 milioni annui per il disonore di stare tra i reietti; infine i faccendieri della scuola si accontenteranno di tre milioni per assumere un'aria indaffarata quando passano nei corridoi.
Manca qualsiasi riferimento a strutture ed esperienze progettuali
sulla dispersione
La citazione che segue é tratta dalle 'schede' contrattuali presenti nel sito internet della CGIL nazionale (per gli altri sindacati non si ha il piacere di poter conoscere analoghe pubblicazioni in rete). Le sottolineature sono mie ed intendono richiamare l'attenzione su quanto enunciato nel titolo di questo paragrafo.
Il CCNL introduce un istituto contrattuale completamente nuovo nella storia della scuola italiana: gli interventi nelle scuole collocate in aree a rischio. Infatti, è la prima volta che sono individuate un gruppo di scuole perché meritevoli di un impegno particolare. Ciò non vuol dire che si formino scuole di serie A e di serie B, anzi líistituto contrattuale intende evitare proprio questo.
Non sono le scuole ad essere a rischio ma le aree territoriali
nelle quali esse sono collocate.
(qualcuno sa che ormai gli abitanti di queste aree considerano
la parola 'a rischio' come una offesa, sinonimo di criminale?Qual é
il problema? Spostare la connotazione malefica dalla scuola alla zona o
abolire le connotazione mettere in primo piano il nostro impegno verso
queste zone? Poiché mi vanto di non aver voluto abbandonare la mia
casa natale situata nel cuore di una 'zona a rischio' come devo considerarmi?
A rischio in quanto cittadino del quartiere e rischio-esente in quanto
insegnante? Qualcuno mi aiuti a risolvere questa crisi di identità.)
Il termine "aree a rischio" venne utilizzato alcuni anni fa dal Censis in uno dei suoi rapporti annuali sullo stato dellíistruzione nel nostro Paese. Il modello al quale abbiamo fatto riferimento è quello delle ZEP francesi.
Questo istituto contrattuale si differenzia nettamente dai progetti sulla dispersione scolastica promossi dal Ministero.
L'indagine Censis - a cui chi scrive ha partecipato - é vecchia di quasi venti anni. Alle ZEP francesi, si rifaceva il Piano Nazionale di intervento sulla dispersione del 1987. In venti anni null'altro é accaduto. C'é una ricca esperienza nelle zone a rischio ed una elaborazione teorica che ha portato molto lontano dalla nozione di dispersione per passare a quella di successo formativo di tutti e di ciascuno. Non si tratta solo di formule brillanti ma di un modo di affrontare i problemi che é sistemico e integrato. Il disposto contrattuale e ancor di più la sua pessima applicazione ci riportano indietro cancellando venti anni di esperienze.
Stando al contratto non risulta in modo chiaro il destino
di questo incentivo. E' a termine? Cioé passa su altre scuole a
rischio quando si ritiene esaurita la sua utilità? E' permanente?
Allora significa che progressivamente coprirà tutte le scuole a
rischio? A cosa é legato questo incentivo, al disagio o rischio
dei docenti, o alla qualità degli interventi? Tutto il dibattito
che da decenni nel mondo si conduce sull'argomento dice che dovrebbe trattarsi
di una misura strategica legata a caratteristiche ben precise del progetto,
ma di questo non c'é traccia. Messo così appare una misura
altrettanto rozza di quella che anni orsono si adottava nelle fabbriche
quando esistevano le indennità di nocività. Il paradosso
é che per conservare la indennità conviene che il fenomeno
invece di regredire permanga.
Nel contratto si fa riferimento alla concertazione con gli
Enti Locali e al possibile reperimento di altre risorse. E' l'unico riferimento
a una forma di intervento integrato. Il telex dell'ufficio di gabinetto
del 7 ottobre fa esplicito riferimento ad altre risorse. Troppo poco perché
in sede locale si adotti una linea di integrazione degli interventi. Nella
circolare della DIRELEM invece é stato ribadito, che l'incentivo
con le zone a rischio non andava 'cumulato' con altre risorse, ad esempio
i progetti europei contro la dispersione. (come per le auto: l'incentivo
di rottamazione non può essere cumulato con quello sugli interessi)
Il punto chiave di tutta l'operazione zone a rischio - che
é anche il più debole di tutti - é il riferimento
all'indice medio di dispersione e al "sensibilmente superiore"
alla media nazionale. Si parla anche di devianza e criminalità minorile,
ed in seguito di "percentuale di riduzione degli abbandoni".
L'indice di dispersione cui ci si riferisce dov'é?
La tabella 3 annessa alla circolare 224 del 24 settembre 1999 riporta un indice di dispersione ed un idice di rischio sociale per le province individuate su cui non si sa molto di più dal momento che l'esplorazione di numerosi siti ufficiciali e non (BDP, CEDE, CENSIS, ISFOL, ISTAT) non riportano i dati sulla dispersione cui si riferisce la suddetta tabella. Si può supporre che si tratti di dati in qualche modo simili a quelli clacolati per la prima volta dal CENSIS nel 1981, e quindi di indici sintetici composti a partireda indici più semplici riguardanti abbandoni, evasione, ritardi, etc. Questi dati se sono significativi a livello provinciale o di grandi aggregati dove le variabili di contesto sono misurabili, hanno molto minore validità a livello di piccole aree, soprattutto per mancanza di una base dati certa e unifore per tutti. Del resto l'ISTAT nel suo sito afferma che nuove modalità di rilevazione sarano adttate a partire dall'anno 2000. I dati cui si riferisce l'art 4 del contratto - a livello della singola scuola - semplicemente non esistono, o meglio esistono in un fai-da-te statistico che é assolutamente inammissibile sia sul piano sicentifico sia sul piano legale (le statistiche riguardanti intere popolazioni se nonerro sono monopolio delle sitituzioni statali, tanto che il passaggio dall'ISTAT all'MPI di alcune di esse ha richiesto appositi accordi).
Al comma 2 dell'art 4 si dice:
"Il Ministero della Pubblica Istruzione sulla base delle risorse disponibili invita, per il tramite dei competenti Provveditori agli studi, che a tal fine sottoscrivono intese con i rappresentanti provinciali delle OO.SS. firmatarie del C.C.N.L., un numero limitato di scuole appartenenti ai vari ordini e gradi situate nelle predette zone a rischio a presentare uno specifico progetto di durata pluriennale, finalizzato a sostenere e ad ampliare nelle situazioni individuate la scolarizzazione, la socializzazione, la formazione personale degli alunni e conseguentemente il successo scolastico."
Non si indica qui che genere di intese debba essere sottoscritte, dal momento che tutte le operazioni di individuazione di aree a rischio o di valutazione dei progetti dovrebbero avvenire sulla base di dati scientifici che in quanto tali non sono sottoposti a dinamiche di maggioranza e minoranza. Poiché in una scelta che dovrebbe esser dettata esclusivamente dall'interesse pubblico, viene coinvolta anche una questione riguardante lo status del personale - la maggiorazione salariale - allora é giusto che il sindacato sia chiamato a verificare la corretta applicazione dei criteri stabiliti. Se viceversa il sindacato é chiamato ad individuare le scuole fuoriesce dalla sua funzione di controllo per entrare in quelle di gestione e ci si chiede allora quali siano le qualificazioni professionali e scientifiche per poter fare questo, e se la qualifica sindacale sia la più adatta a formulare criteri e valutazione che hanno un così diretto influsso sulla condizione dei lavoratori in genere e dei propri iscritti in particolari. Il sospetto avanzato da qualche docente, secondo cui in ultima analisi la scelta tra questa o quella scuola a rischio, quando gli indicatori oggettivi siano così deboli o opinabili, possa essere dettata da interessi di parte e quindi sottoposta alla spartizione tra le sigle sindacali, non é quindi peregrino; esso é insito alla formulazione dell'art 4.
Definire una politica per le zone di interesse educativo prioritario, ponendo come 'missione' in queste zone la realizzazione - con risorse umane, economiche ed organizzative particolarmente qualificate- nel modo più completo, integrale ed urgente della scuola di tutti e di ciascuno.
Gli interventi educativi prioritari sono per definizione di area e non di scuola, sono integrati e non di scuola.
Gli interventi educativi prioritari devono realizzare insieme interventi di prevenzione ad ampio spettro, di prevenzione specifica e di recupero. Per i primi hanno bisogno di una organizzazione didattica ampliata e flessibile, peri secondi hanno bisogno di una scuola dei curricola individualizzati, per i terzi hanno bisogno della scuola della seconda opportunità.
Solo le azioni integrate e di rete sono in grado di affrontare insieme questo complesso di problemi e le risorse necessarie vanno ottimizzate in tale ottica facendo in modo che sia il territorio a determinare le e modalità e le sedi opportune per realizzare ciascuna delle tipologie.
Le risorse umane da impiegare in questa operazione devono possedere alcune specifiche caratteristiche:
a) essere dotate delle competenze disciplinari e relazionali adatte a operare una complessa mediazione tra la cultura antropologica dei propri allievi; tra la loro individualità, e la cultura socialmente accettata
b) avere la disponibilità ad operare in modo flessibile sia in relazione ai tempi di impiego, siano in relazione ai campi di impiego
c) avere la disposizione ad apprendere, a svolgere il proprio lavoro nello spirito di ricerca che caratterizza una impresa che é tanto più creativa quanto più si realizza in condizioni difficili
d) avere la disposizione e capacità di lavorare in team considerando che questo tendenzialmente si allarga anche al di fuori della compagine scolastica, e che può coinvolgere anche figure non professionali.
A tutto questo devono aggiungersi altri tipi di risorse, perché la sola risorsa umana, quando finalmente é adeguata per quantità e qualità, dimostra - più che mai - la necessità di numerose altre risorse. Tra queste va messa al primo posto la risorsa 'sistema'. L'operare sistemico va considerato alla stregua di una risorsa aggiuntiva per la capacità ad esso insita di moltiplicare efficaci ed efficienza delle risorse. Un sistema non esiste se non esistono operatori che di esso si occupano; Tra questi ci interessa soprattutto qualcuno che sappia accompagnare i docenti e gli operatori tutti in un percorso di ricerca, studio, sperimentazione strettamente connessa alla natura continuamente innovativa dell'insegnamento centrato sulla persona dell'allievo. Questa attività di accompagnamento, che solo molto parzialmente può coincidere con qualche corso di formazione, deve vedere lo specifico e adeguato impiego di risorse qualificate.
Cesare Moreno insegnate elementare
Coordinatore del modulo S. Giovanni Barra del Progetto Chance,
recupero di ragazzi drop out della scuola media.