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Una
foto del carro celere sahariano
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Primo
prototipo su telaio M/14-41 L’A13
Mk III Christie, “ispiratore” del carro celere sahariano
Il
cecoslovacco Skoda T21
Un
confronto con il Valentine II Mk III
Nelle
foto sopra e sotto alcune vedute
del carro |
Dopo i primi rovesci in Africa la FIAT/Ansaldo tentò di correre ai ripari mettendo sulla carta il progetto di un nuovo carro medio, da 15/16 tonnellate, capace di competere con gli A13 Mk III inglesi che, praticamente da soli avevano decimato le nostre unità corazzate nel giro di pochi mesi. Nacque così l’idea del “celere sahariano”, un veicolo dal profilo estremamente basso non dalla grande corazzatura ma facilmente occultabile, di buona velocità e di sufficiente armamento. Lo sviluppo di questo carro fu estremamente complesso e alla fine non superò mai lo stadio di prototipo anche per i vari ripensamenti della FIAT e del nostro stato maggiore, sempre in bilico tra una produzione nazionale o una costruzione su licenza di modelli tedeschi (in particolare dei Panzer III e IV). Il primo “embrione” di carro celere vide la modifica di un M14/41, ridisegnato nel posizionamento delle piastre (maggiormente inclinate) e nella sagoma della torretta (più bassa, più ampia e priva di mitragliatrice). Da qui poi si passò alla realizzazione del vero prototipo che adottava sospensioni e treno di rotolamento di tipo “Christie” (già valutato dall’ Ansaldo su alcuni BT5 di fabbricazione sovietica catturati durante la guerra di Spagna), motore a benzina da 275 CV ed armato con un cannone da 47/40 in torretta. Inutile dire che questo carro fornì prestazioni ben più ragguardevoli dei nostri carri M in produzione. Il peso ridotto (alla fine non superò le 14 tonnellate) e il suo ottimo motore gli consentivano di sfiorare su strada i 60 Km/h. Il risultato finale, assai simile al Valentine II Mk III britannico, pur risultando estremamente valido, non venne però mai messo in linea. L’inspiegabile decisione è forse da attribuirsi ad una concatenazione di più cause:
1) La FIAT e l’Ansaldo avevano tutto l’interesse a non mutare la loro produzione, ormai concentrata sui carri M, inefficaci sì ma dal sicuro ritorno economico, esattamente come l’L/3. 2) I “fantasmi” di altri progetti come il carro P/40 celere da 450 CV, lo stesso P/40, e i vari studi sui semoventi alla fine penalizzarono pesantemente lo sviluppo di questo modello. 3) Gli incerti tentativi di rivolgersi all’industria alleata, in particolare tedesca e cecoslovacca, portarono a tentennamenti che finirono per essere fatali al progetto di un carro medio veloce.
La cosa che più sconvolge nella sfortunata vicenda del carro celere sahariano è che il suo progetto era nato, più per una questione di politica industriale, quasi come un potenziale asso nella manica per contrastare l’eventuale importazione di un numero consistente di Skoda T21, un discreto modello cecoslovacco da 18,7 tonnellate che aveva superato brillantemente le prove comparative con i nostri M/13. In definitiva il fatto di avere allo studio un modello di produzione nazionale, anche se mai costruito in serie, funzionò da deterrente per ogni tentativo di “intrusione” dall’esterno; il tutto per salvare di fatto il monopolio industriale italiano, statico e privo di idee proprio perché privo degli stimoli tipici di un mercato concorrenziale. In conclusione, quello che probabilmente sarebbe stato il miglior carro armato italiano della II guerra mondiale di fatto non vide mai la luce.
Particolare
delle sospensioni “Christie” |