Schieramento di mezzi della prima squadriglia autoblindomitragliatrici della Tripolitania (1927)

 

 

 

Presentazione dei mezzi blindati

alla famiglia reale

(Roma, 1° aprile 1919)

 

 

 

Cannone d’assalto da 105 mm

su telaio Renault FT17

 

 

 

 

 

Il carro Fiat 2000

in fase di allestimento

 

 

Il secondo esemplare di Fiat 2000

 

 

 

 

 

Un Renault FT17, progenitore

del nostro Fiat 3000

 

 

 

 

Una delle prime fotografie ufficiali

del carro veloce Ansaldo

  

Il carri armati non vennero impiegati dall’Italia durante la prima guerra mondiale sebbene una circolare del generale Diaz, emanata nel settembre 1919, prevedesse un loro impiego tattico. La fine del conflitto e il naturale cambiamento delle strategie di riorganizzazione e potenziamento deldell’esercito portò il nostro paese ad avere una sostanziale situazione di stallo fino ai primi mesi del 1920.  I sette carri a disposizione del nostro esercito (2 Fiat 2000, 1 Schneider e 4 Renault FT17 ceduti dalla Francia) rimasero tali fino a quando, si decise di ordinare un numero consistente di carri armati per poter così organizzare dei reparti organici di un certo spessore. Dopo aver ipotizzato la richiesta di una fornitura di mezzi alla Francia (in pratica già abbozzata durante la guerra e successivamente sospesa) il Ministero della Guerra decise di sondare l’offerta nazionale. La FIAT non perse l’occasione e si propose per la realizzazione di un carro simile al Renault FT17 ma dalle prestazioni superiori, riuscendo così ad ottenere una prima commessa di 100 esemplari che vennero consegnati al Regio Esercito. La fabbrica torinese questa volta abbandonò lo sviluppo di un progetto originale (visto anche gli scarsi risultati ottenuti dal Fiat 2000, prodotto in soli due esemplari) e si limitò a copiare il modello francese, migliorandolo con una nuova motorizzazione e un nuovo armamento in torretta.

I collaudi diedero un esito soddisfacente e con la sigla Fiat 3000/21 il carro armato entrò in produzione.

L’Ordinamento Diaz del 7/1/23 diede vita al Reparto Carri Armati del Regio Esercito e, a completamento della nuova struttura, si affiancò (Ord. Mussolini 396 – 31/3/26) un Centro di Formazione Carri Armati.  I mezzi corazzati vennero perciò inglobati nella nuova specialità dell’esercito che, solo nel 1936, prenderà la denominazione di Fanteria Carrista. I 100 Fiat 3000 in dotazione però mostrarono ben presto i loro limiti e, impiegati in Tripolitania insieme agli FT17 superstiti, con compiti di ricognizione denotarono fin dall’inizio un inadeguatezza di armamento dovuto alla mancanza di un pezzo di artiglieria in torretta. L’abbinamento di mitragliatrici FIAT da 6,5 mm risultò insufficiente e ben presto si pensò alla loro sostituzione con un cannone da 37/40 (lo stesso che poi verrà utilizzato sugli M11/39); anche gli esemplari dotati ancora di mitragliatrice vennero aggiornati nel 1936 con un nuovo abbinamento da 8 mm.

La guerra d’Etiopia segnò il definitivo declino del Fiat 3000 che, anche se aggiornato dalla nuova versione con cannone, presentava ormai chiari limiti di età: velocità insufficiente, corazzatura fragile, sistema di rotolamento superato ed inaffidabile nonostante le migliorie apportate nel corso degli anni. Fu così che il nostro Stato Maggiore cominciò a pensare ad un ammodernamento del nostro parco mezzi in linea con le politiche di sviluppo delle altre potenze europee. Si pensò in definitiva alla progressiva sostituzione del Fiat 3000 con un carro da ricognizione estremamente veloce ed affidabile e con un carro medio di rottura capace invece di compiere azioni di sfondamento sulle linee nemiche. Si arrivò perciò alla creazione da parte dell’Ansaldo del famoso L/3, il mezzo che forse rappresentò più di ogni altro i nostri reparti corazzati durante la II guerra mondiale.

Nato ispirandosi all’inglese Carden Lloyd Mk VI , dopo una versione provvisoria denominata C.V. 29 (prodotta in una ventina di esemplari), il carro veloce Ansaldo, nella sua veste quasi definitiva, venne presentato nel 1931, equipaggiato in quell’occasione da un motore Carraro.  L’invadenza della Fiat però non si fece attendere e ben presto si ripiegò su un propulsore da 43 cavalli  della casa torinese che riuscì, grazie ai suoi agganci politici,  ad aggiudicarsi in via definitiva la fornitura motori per i nuovi C.V. 33.  A partire dal 1934 iniziarono le consegne ai reparti e queste continueranno per tutta la durata del conflitto. Il carro L/3 (come verrà comunemente denominato) verrà infatti prodotto in tutte le sue versioni e derivazioni fino al 1945. Secondo i dati Ansaldo infatti, vennero ancora consegnati all’esercito repubblicano, almeno 17 carri veloci.  

Il carro veloce venne impiegato su tutti i fronti e con diversi armamenti, alcuni di serie, altri improvvisati dagli stessi carristi (è da ricordare un singolare L/35 modificato dal gen. Villanis ed equipaggiato con un fucilone Solothurn preda bellica). Le dotazioni più comuni possono però riassumersi nel classico abbinamento di mitragliatrici Fiat 35 o Breda 38 da 8 mm o dalla mitragliatrice Breda-SAFAT da 12,7 mm (introdotta a partire dal 1942).

Il carri veloci Ansaldi nelle loro versioni C.V. 33 e C.V. 35 (quest’ultima a lamiere imbullonate e non saldate, per chiare esigenze produttive) rimasero per molto tempo l’unico vero mezzo corazzato di riferimento del nostro esercito. Allo scoppio della guerra i progetti relativi al carro di rottura erano ancora in fase di studio, infatti l’M/11-39 riuscirà ad entrare in produzione pochi mesi prima dell’entrata in guerra italiana.