Circolo di Rifondazione Comunista di Palata (Cb)
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Noi Kurdi vogliamo vivere liberi!
Sottoscritto da tutti i cento profughi kurdi di Turchia stabilmente residenti a Roma
Noi siamo profughi perché kurdi, membri di un grande popolo negato, perseguitato e deportato in Turchia e in tutto il Medio Oriente. Nel Kurdistan turco e irakeno in quindici anni sono stati distrutti diecimila villaggi kurdi. Quello che giunge oggi in Italia è solo una piccola par-te dell'esodo di milioni di persone, sui quali l'Onu, l'Unhcr e la comu-nità internazionale hanno chiuso e chiudono gli occhi. Un esodo di guerra. Noi profughi in Italia, come i nostri fratelli in tutta Europa, non volevamo espatriare. Non volevamo affidare i nostri risparmi e le nostre vite alle bande mafiose che, fino al momento dell'imbarco, collaborano con l'esercito e la polizia turca alla pulizia etnica. Non vogliamo che i nostri figli rischino la vita per raggiungerci e per dividere con noi la durezza dell'esilio e l'assenza, in Italia, di ogni tipo di assistenza. Dichiariamo di essere pronti a rinunciare all'asilo e ri-tornare anche domani, se nel nostro paese terminerà la guerra e l'oppressione. Anche dalle baraccopoli turche centinaia di migliaia di profughi hanno chiesto di tornare nei loro villaggi ricostruiti, non nei campi di concentramento del regime. Il governo organizza l'esodo perché non bastano le sue prigioni, ma imprigiona chi ritorna dall'e-sodo. E' assurdo accordarsi con il governo turco per fermare l'attività dei trafficanti che sono tutt'uno con lo Stato. Ed è assurdo trattarci come immigrati clandestini. Respingere i kurdi, come avviene alle frontiere italiane, significa riconsegnarli ai trafficanti, se non ai torturatori. Noi certo vogliamo tornare, ma per vivere liberi. Invece venti di guerra si addensano nel Kurdistan iracheno, e continua l'oppressione nella cella Imrali, in tutte le carceri turche e nel grande carcere a cielo aperto che è il nostro Paese. Dopo un anno nessuna risposta seria è venuta alla tregua unilaterale del Movimento di liberazione kurdo in Turchia. Non c'è oggi al mondo un popolo, come il nostro, sradicato e negato in quanto tale. Chiediamo all'Italia, all'Euro-pa, all'Onu di farsi carico dell'ec-cezionalità del nostro dramma. O la comunità internazionale legittima le nostre organizzazioni e fa propria la proposta di ricostru-zione democratica e dialogo per la pace, oppure dovrà garantire per vie legali protezione umanitaria, asilo, unità familiare e vita dignitosa a coloro che sono venuti e verranno. O potremo raggiungere i nostri bambini in un paese libero e in pace, oppure i nostri bambini devono poterci raggiungere, ovunque noi siamo, con un visto regolare. Se l'Europa vuole davvero combattere i trafficanti, ha solo due strade: imporre la pace o aprire le sue porte alle vittime della guerra. Sottoscritto da tutti i cento profughi kurdi di Turchia stabilmente residenti a Roma