Lioni fu certamente uno dei
tanti " vici ", nei quali vivevano gli abitanti di Ferentino. Non è dato di
sapere che cosa avvenne in questo borgo, dopo la distruzione della città
capoluogo e della sua città compagna, che fu Oppido. Lo stesso Livio però
scrisse che gli abitanti di alcune città dei dintorni avevano deciso insieme di
darsi alla fuga e le parole dei prigionieri risultarono veritiere. Anche la
popolazione di Lioni dovette trovare scampo nella fuga per evitare la morte o la
prigionia. Il Sannio-Irpino andava così sempre più svuotandosi : il senato
romano pensò allora di ripopolarlo , facendo trasferire in dette terre i Liguri
Apuani, tribù ribelli che soltanto dopo una lunga e difficile guerra furono
domate dai consoli Cornelio e Bebio. Quarantamila famiglie in un primo momento,
e settemila in seguito, furono costrette a lasciare le proprie terre ed a
trasferirsi in Irpinia, divise in quattro colonie : la quarta occupò la valle
del Calore e l'alta valle dell'Ofanto , installandosi nei vecchi territori di
Ferentino sulla sinistra dell' Ofanto ( in latino Aufidus ), nell'anno 182
avanti Cristo. I territori di Oppido , sulla destra appunto dell ' Ofanto
formarono dapprima " l' agro Ferentino" ( ager ferentinus) e quando in seguito ,
non coltivati, divennero pieni di alberi, assunsero il nome di " bosco Ferentino
" (nemus ferentinum ). Il "vico" de " li liuni " era sorto lungo il torrente,
che oggi porta il nome di "Vallone di S. Bernardino", nel rione che in seguito
si chiamò " Fontana Vecchia" . Lungo le due colline , a sinistra e a destra del
torrente , sorsero infatti i primi abituri, costituiti nella maggior parte da
"grotte" scavate alle falde della collina , detta poi di S. Bernardino. Molte di
dette grotte esistono ancora, anche se negli anni che vanno dal 1950 al 1970
furono in gran parte chiuse o adattate a stalle e cantine. A mano a mano si
estese a ridosso delle due colline e raggiunse verso oriente , il rione Spirito
Santo fino a " li fuossi " , lArco dell'Annunziata e, deviando verso nord , le
mura del " Forte Caracciolo" , la Via Torricella e Via Irpina: quest'ultima fu
la strada principale di Lioni dei primi secoli. Questa fu l'antica Lioni fino al
1300 circa: tutti gli altri rioni sorsero in epoche sucessive , specialmente
dopo che gli Oppidani si trasferirono a Lioni. Fu edificata allora la Cappella
dell'Annunziata e , a breve distanza , la " Palazzina del principe ", rimasta
inalterata fino a pochi anni or sono . Furono costruite gradatamente tutte le
case che del rione Caselle ; le case del rione S. Carlo e del rione S.Rocco.
Negli ultimi decenni poi Lioni si è ampliata lungo Via Appia e Via Comm. Ronca,
per ultimo è sorto il il rione S. Bernardino. Questo in sintesi, ma dei primi
secoli di vita di Lioni nessun documento scritto è stato tramandato, il primo
rimonta all'anno 833 dell'era cristiana. Premesso che Lioni viene chiamata nei
vecchi documenti anche Liuni, Leoni, Leonum, Leonibus , Terra Leonum. Il
Principe Sicardo di Salerno concesse a Wilirona Badessa di S. Sofia, nell'anno
833 una Corte in Leoni su richiesta di Azzone, suo parente e familiare, e di
Vito, che era il preposto della Badia di S. Sofia. Leoni fu concesso in Corte
col Gualdo , detto Carbarezze, che era lungo due miglia e largo un miglio. Detto
gualdo forse abbracciava la zona boscosa che partendo dal " Castello di Paola" ,
passava per la " Fontana de lo Paccio" e andava a finire a Vallicella. L'atto di
cessione di Lioni fu scritto dal notaio Teodorico nell'aprile del primo anno del
principato di Sicardo, undicesima indizione. Da tale documento appare chiaro che
Leoni, cioè Lioni, era un casale autonomo ed aveva un proprio territorio, che si
aggirava intorno ai tremilatrecento tomoli. Per questo limitato territorio non
divenne un feudo a sè. Lioni era un comune autonomo e indipendente, come è
dimostrato dalla sua cessione in corte alla Badessa di S. Sofia: il diploma di
Sicardo infatti non fa seguire alla parola "Leonum" alcuna specificazione o
determinazione. Sul territorio lionese sorsero castelli e torri, di cui ancora
si possono vedere le vestigia, così in contrada "La Torre", come sulla sinistra
dell'Ofanto, presso la piccola cascata di "Gorgosavo". Tra l'833 e il 1100 si
ebbe il periodo più tormentato per queste terre: oltre ai terremoti e alle
guerre dei Longobardi, furono in questi luoghi i Saraceni, che tanti disastri e
lutti operarono dappertutto fino a quando nel 1076 Roberto il Guiscardo, dopo
averli annientati, impose il dominio normanno, stabilendosi a Melfi. Nel 1130
ebbe inizio il Regno delle Due Sicilie per opera di Ruggiero, Re dei Normanni,
che ebbe l'investitura dall'antipapa Anacleto II e che sottrasse il Ducato di
Benevento ai Longobardi. Verso il 1250 gli abitanti di Oppido Nuovo cominciarono
a trasferirsi nel Casale di Lioni, l'esodo continuò per tutto il secolo, tanto
da suscitare la reazione di Giacomo de Oppido, suffeudatario della Contessa di
Apice, contro la feudataria di S. Angelo dei Lombardi, che li allettava a
trasferirsi a Lioni, che dipendeva da lei. Il reclamo fu fatto nel 1298: nel
1296 gli abitanti di Oppido vennero alleggeriti di tasse ed imposte. Ma questo
non bastò, poichè nel 1297 Filippo Frainella, nuovo suffeudatario di Oppido,
espose alla Regia Corte che il suo territorio di giorno in giorno si andava
spopolando, perchè i vassalli si trasferivano nel casale "li Liuni". Ormai
l'Ofanto non segnava più la divisione fra Lioni e Oppido, ma diventava un anello
che li univa nuovamente, come al tempo di Ferentino, avendo avuto la stessa
origine. Tra il 1300 e il 1400; inoltre anche la peste del 1326 e i terremoti,
che dal 990 in avanti colpirono queste contrade, contribuirono a far sì che gli
abitanti superstiti riparassero in Lioni. Forse anche la paura di rappresaglie
da parte dei fautori di Luigi, Re d'Ungheria, che venne a Napoli per vendicare
l'uccisione di suo fratello Andrea, marito della Regina Giovanna II (1345),
contribuì a far trasferire a Lioni gli ultimi abitanti del Piano d'Oppido.
Giovanni Zurulo, nella lotta che si accese tra Aragonesi e Angioini il conte fu
prima con gli uni e poi con gli altri, opportunista e voltacasacca sempre,
finchè "lo fecero uccidere dentro lo letto" tagliandolo a pezzi. Suo figlio
Salvatore Zurulo, " Conte di Lioni, Monticello, Morra, Guardia, Oppido (feudo
disabitato), Andretta e Fossaseca con Rocca S. Felice" non avendo voluto cederla
agli Orsini provoco' le ire della Regina Giovanna II. Il conte Ser Giovanni
Caracciolo del Sole di Avellino (noto drudo della Regina, fatto poi da lei
assassinare la sera del 19 agosto 1431), acquisto' per diecimila ducati la
Contea, che l'anno successivo cedette al fratello Marino. Questi fu un grande
diplomatico e un valoroso condottiero in guerra: costruì a Lioni una fortezza,
nota col nome di "Forte Caracciolo", che venne poi ceduta al Comune di Lioni.
Nel napoletano si riaccese la guerra fra i partigiani degli spagnoli e quelli
dei francesi. La guerra ebbe breve durata, ma fu violenta e crudele. Fu questa
la più grande calamità, sofferta da Lioni nel corso dei secoli. Fu in tale
frangente che vennero distrutti il "Forte Caracciolo" e la primitiva Chiesa a
croce greca, che sorgeva leggermente più a sinistra e più a sud ovest
dell'attuale Chiesa Madre che venne costruita nel 1580 sulle rovine del detto
Forte o Castello, che dir si voglia. Puo' darsi che pure in questa occasione
venne distrutto il "Convento di Benedettine". Certamente durante un incendio
andarono distrutti tutti i documenti che riguardavano Lioni antica e quei pochi
che potettero essere salvati finirono sotto le macerie causate dai terremoti del
1694 e del 1732. E così Lioni venne messa a ferro e fuoco dalla ferocia di un
mostro, proprio mentre il mondo intero festeggiava la scoperta dell'America ed
augurava un avvenire più lieto per l'umanità e costumi più raddolciti. Frattanto
l'Università della Terra di Lioni si sollevava dalla grave sciagura e provvedeva
a riparare non soltanto le abitazioni, ma anche la Chiesa. E così la più antica
campana, fusa nel 1494, potè chiamare, con il suo noto suono argentino, i
superstiti alla preghiera e infondere nei loro cuori il coraggio necessario a
vivere e la rassegnazione cristiana. La popolazione, che si era assottigliata
nel 1496, continuo' a diminuire nel 1527 a causa della peste: nel 1532 gli
abitanti si ridussero a soli 1104. La Chiesa Matrice, che è stata sempre
municipale, come è anche adesso, ossia con patronato dell'Università della Terra
di Lioni, danneggiata ancor più dal terremoto del 1536 e resa pericolante dal
terremoto del luglio 1561, venne demolita. La nuova Chiesa Matrice venne
consacrata nel 1580 e riconsacrata l'8 luglio 1702. Da una statistica ufficiale
(scrivono G. e L. Sansone) rileviamo che Lioni nel 1532 contava 1104 abitanti,
che nel 1656 questi salirono a 2112. Pero' proprio nel 1656 la peste decimo' la
popolazione . Dal "Libro dei Morti" di quel tempo si possono ricavare la data
d'inizio, il rincrudimento e la data dell'ultimo caso di peste a Lioni.
L'epidemia duro' esattamente un anno:dal 1° luglio 1656 al 30 giugno 1657. Un
tal Ferrante Ricca, per essere venuto da Napoli appestato, diffuse il contagio
fra la popolazione. Dopo otto giorni dal suo ritorno, il 9 luglio 1656 morì
dentro Santa Maria del Piano. L'elenco dei morti continua, mentre la peste
infuria e miete sempre più le sue vittime. I morti di peste, anche a Lioni, non
vennero sepolti nelle fosse comuni delle Chiese, ma nella campagna fuori " le
mura della Terra": quelli che morirono nelle dimore campestri, nella maggioranza
dei casi furono seppelliti nelle vicinanze delle abitazioni stesse, all'ombra di
qualche albero. E' da ammirare lo spirito di abnegazione, dimostrato dall'allora
Arciprete D. Francesco Antonio Ronca, che noncurante del morbo non solo
confesso', amministro' i sacramenti e reco' il suo conforto spirituale a molti
appestati, ma trascrisse anche le loro ultime volontà, che risultano infatti nel
detto libro. Nessun danno subì Lioni per il terremoto del 9 novembre 1680 e per
quello del 5 giugno 1688, che rasero al suolo S. Angelo dei Lombardi. Nel 1694
Lioni ebbe 45 vittime a causa del terribile terremoto, che demolì fin dalle
fondamenta paesi e città. La Chiesa Matrice venne ricostruita nelle parti
crollate, come pure le case private. La vita si stava normalizzando, quando il
29 novembre 1732 un nuovo spaventoso terremoto provoco' nuovi danni alle
abitazioni e fece crollare la Chiesa Madre e tutte le altre cappelle. Nel 1742
venne riaperta al culto la Chiesa dell'Annunziata; nel 1743 la Chiesa Madre,;
nel 1748 venne riedificata la cappella di S. Antonio; nel 1759 quella di S.
Carlo e nel 1785 venne ingrandita la Chiesa di S. Rocco, mentre non venne più
costruita la cappella del Carmine, che era all'ingresso del Cimitero di S.
Rocco. Nel 1734 don Carlo dei Borboni aveva occupato Napoli e, dopo aver
liberata l'Italia Meridionale e la Sicilia dai Tedeschi, era stato riconosciuto
il 19 novembre 1735, con la pace di Vienna, Re di Napoli e di Sicilia. I Borboni
rimasero al potere fino al 1860, salvo la breve interruzione del governo
napoleonico. Infatti nel 1805 Napoleone dichiarò decaduti i Borboni, mentre nel
1806 Giuseppe Bonaparte diventò Re di Napoli ed abolì la feudalità. In
quell'anno, l'8 agosto, Avellino ridiventò capoluogo della Provincia di
Principato Ultra. Tra il 1800 e il 1810 prosperò il fenomeno del brigantaggio,
combattuto dal nuovo Re Gioacchino Murat, che tra l'ottobre e il dicembre del
1810 riuscì a ristabilire l'ordine, avendo fatto giustiziare o imprigionare
circa 1200 briganti. Tra questi ve ne furono alcuni, che - appena presi - furono
legati, appesi ad un anello di ferro, ben fissato alla parete settentrionale
esterna della Chiesa di S. Rocco, ed ivi giustiziati. Il 16 febbraio 1818 venne
stipulato un Concordato tra la Santa Sede e il Regno delle Due Sicilie, che
venne pubblicato il 13 agosto 1819 col "Breve Impensa", che modificò in parte la
legislazione esistente. Il Concordato sostituì leggi e decreti anteriori,
riguardanti - tra l'altro - la religione, l'insegnamento e i beni ecclesiastici
e delegò agli Arcivescovi, Vescovi od Ordinari dei luoghi la facoltà della
collazione al di qua del Faro. Nel 1848, a causa di continui tumulti, molti
cittadini lionesi vennero processati e furono " emesse sentenze contro persone
che professavano idee liberali" Nel 1860, cacciati i Borboni, venne istituita la
Guardia Nazionale, mentre coloro che non vollero accettare la liberazione, si
dettero alla macchia e divennero dapprima partigiani borbonici e poi briganti.
Frattanto le locali autorità amministrative cercarono di superare questi anni
critici, aumentando la difesa dei cittadini. Il 2 giugno 1872 la Giunta
Municipale di Lioni, con delibera n. 15, approvò a voti uniformi di "offrire e
pagare in favore del Consorzio Nazionale la metà del fondo stanziato nel
Bilancio Comunale ... per la Festa Nazionale dello Statuto..., e propriamente
lire dieci, e ciò in segno di caldi sentimenti di patriottismo da parte di
questo Municipio". Nel 1897 la linea ferroviaria Avellino - Rocchetta S. Antonio
lambì Lioni e diede nuovo incremento alla vita paesana, anche perchè dalla
stazione lionese dovettero servirsi (ed ancora oggi si servono ) gli abitanti di
Caposele e di Teora. L'8 giugno 1908 Vittorio Emanuele III, re d'Italia, e la
regina Margherita pernottarono nel treno alla stazione di S. Angelo L., che è in
territorio di Lioni: essi si recarono a visitare alcuni paesi danneggiati dal
terremoto, specialmente Calitri. Nel 1910 la luce elettrica suscitò nella
popolazione ammirazione ed esultanza: l'avvenimento fece passare in secondo
ordine anche le beghe paesane e per alcuni giorni divenne l'unico argomento
delle conversazioni. Nel 1914 vennero approvati i progetti per l'acquedotto e
per l'edificio scolastico, che non poterono essere mandati ad effetto a causa
della prima guerra mondiale, che l'anno successivo vide l'Italia in armi. Si
ebbe così un periodo di stasi nelle opere pubbliche, interrotta solo dalla
costruzione del campanile, accanto alla Chiesa di S. Rocco, nel 1916. Le
amministrazioni, che si succedettero dopo la prima guerra mondiale, diedero
maggiore impulso alla costruzione di opere pubbliche e si dedicarono innanzi
tutto ad estendere le fognature ed a pavimentare un gran numero di strade
interne. Nel 1921 venne approvata la delibera per la costruzione di un
"Monumento ai Caduti" della guerra 1915 - 18 per L.2000. La statua in bronzo
venne poi eseguita dallo scultore Ennio Tomai, abruzzese. Nel 1922 venivano
approvati il "Capitolato d'appalto per la costruzione dell'acquedotto e norme
per la gara". Fu questa l'opera, che ridonda in modo particolare ad onore
dell'amministrazione del tempo, con a capo il Sindaco D'Urso Dott. Antonio, che
seppe così sopperire alla carenza di acqua. Dopo un periodo burrascoso, che va
dal primo novembre 1928 fino al 29 luglio 1933, in cui si alternarono ben dieci
tra podestà e commissari prefettizi, venne nominato podestà il Direttore
didattico Ricca Vitale, che per più di quattro anni resse le sorti del Comune.
In quegli anni Lioni si arricchì della casa dell'Opera Nazionale Maternità e
Infanzia (O.N.M.I.), del Consorzio Antitubercolare e dell'Edificio Scolastico
"Teodoro Capocci", che però non venne ultimato e solo dopo la seconda guerra
mondiale, e precisamente il sette gennaio 1948, potè accogliere le scolaresche,
che fino a quel momento erano state sistemate in separati locali di fortuna,
quasi tutti a pian terreno. Il Prof. Ricca pensò a dare assetto al "Largo
Croce". Alla Piazza della Vittoria seguì il Viale S. Rocco con marciapiedi e
sedili; ebbe un piccolo assestamento la piccola Villa Comunale, abbellita sul
davanti da una vasca monumentale con due artistici leoni ai lati. Quest'ultima
venne demolita, circa dodici anni or sono, non per far posto, come si disse,
all'attuale Monumento ai Caduti (opera molto modesta in confronto alla fontana
zampillante, che era stata sempre l'attrattiva degli abitanti di Lioni e dei
turisti), ma solo per far scomparire i resti di un passato che nonostante tutto,
ha lasciato le sue tracce nella storia della Patria. Per calmare in parte il
malcontento della cittadinanza per quell'atto vandalico, venne fatta costruire
nel 1961 la piccola vasca circolare. Per volontà del benefattore Rev/do D.
Felice Perrone sorse su terreno comunale ceduto dall'amministrazione alcuni
lustri or sono, cioè nell'anno 1949, il "Convento Francescano di S. Rocco",
affidato ai Frati Minori. In questi ultimi anni, e specialmente nel biennio 1970
- 71, molte strade furono selciate, altre furono asfaltate; furono riattate
insieme con la Chiesa Madre e col campanile anche la Chiesa di S. Rocco, il
Santuario di S.Maria del Piano e la Cappella di S. Bernardino. Venne quasi
ultimato l'edificio per una moderna Scuola Materna Statale a tre sezioni.
Benedisse i locali l'arciprete Calvanese Antonio; tagliò il nastro tricolore la
gentile madrina signora Chieffo- Palmieri. Oggi Lioni si presenta al visitatore
come una pittoresca e accogliente cittadina, con strade pulite e ben tenute, che
permettono al centro un traffico intenso e che danno la possibilità di
raggiungere facilmente le varie contrade di campagna.