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Mi chiamo Florindo, sono il Presidente del C.S.A. “Mario Roma” di Via Calamandrei, alla borgata del Trullo. Attraverso i tanti miei ricordi e la mia passione per le foto, ho voluto ricostruire gli inizi della mia vita, per regalare questi cari ricordi a tutti voi. |
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Mia Piccola Odissea Quante volte, nel silenzio della sera, rannicchiato in un angolo del divano ho rispogliato le pagine del mio vissuto aiutato da queste e tante altre foto, ricordi non tanto belli, nel complesso mi considero abbastanza fortunato.
Il tempo ha cancellato tanti ricordi, immagine sparse qua e là su di un’immensa parete biancastra; soffermando lo sguardo su ognuna di loro si crea un alone d’altri ricordi sempre più sbiaditi come sassolini gettati in uno stagno.
In un piccolissimo paesino dei Monti Sibillini, nel lontano 1934 dall’amore di una giovane coppia nacque Florindo.
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I miei genitori pur lavorando in campagna dall’alba al tramonto, spesso per le avverse condizioni climatiche, conducevano un tenore di vita molto precario e c’ero anche io!
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Mio padre decise di emigrare in Francia; con i primi risparmi mamma mi aprì il libretto postale. Due anni dopo raggiungemmo mio padre. Parte anche il piccolo Ulisse! Inizia la mia vita d’emigrante Quei piccoli stranieri che si vedono per le strade, a scuola, io ero uno di loro.
Mio padre lavorava nelle miniere, finito il suo turno benché stanco andava ad aiutare i contadini per rimediare un pochino di grano o altra cosa da mangiare. Mia madre dopo le faccende di casa si adattava a coltivare degli ortaggi e custodire gli animali domestici.
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Qualche anno dopo scoppiò la II Guerra Mondiale trovandoci in Lorena zona delle fortificazioni della “ Linea Maginot “che si snodava lungo tutto il confine tra Germania e Francia, fummo sfollati verso il nord della Francia. Mia madre pur essendo in procinto di partorire prese l’indispensabile mi mise su una carrozzina, mio padre con la bicicletta carica cercò di allontanarci dalla zona. Dopo un paio di giorni ci siamo imbattuti con le truppe tedesche, che rotto il patto di neutralità con il Belgio avevano aggirato la zona fortificata. Le strade era piene di persone e soldati che fuggivano l’Aviazione tedesca incominciò a bombardare noi riuscimmo a ripararci nello scantinato di una fattoria abbandonata, lì nacque mia sorella, sopra un tavolato con una coperta e della paglia; mio padre fu preso dai tedeschi mentre lo portavano incolonnato si gettò in un dirupo riuscendo a fuggire e tornare da noi.
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Mi è rimasto impresso il rumore dei carri armati che vedevo dal lucernaio della cantina. Il giorno successivo ritornarono i proprietari del casolare cercarono di aiutarci e ci fecero un po’ di minestrina con un pezzo di lardo. Dopo alcuni giorni riuscimmo a tornare a casa su di un camion militare. Essa era stata messa a soqquadro dalle truppe di passaggio. La vita riprese come se niente fosse accaduto ma sotto l’occupazione tedesca. Incominciai la scuola tedesca, non capivo nulla né la lingua e tanto meno la calligrafia, era gotica, mia madre mi chiedeva cosa hai scritto, rispondevo tu non lo capisci. Veramente non lo capivo nemmeno io. | ||
L’anno dopo siglato il Patto d’Alleanza Hitler Mussolini aprirono una scuola d’Italiano; lì bene o male mi trovai a mio agio. Durante la guerra, per mangiare del pane bianco si andava a raccogliere le spighe di grano dopo la mietitura dei campi e la sera si sgranavano per poi macinarle con un macinino a mano, con la farina mia madre ci preparava un bel piatto la pasta e del pane bianco.
Gli alleati per mettere alla fame gli occupanti gettarono dagli aerei degli insetti che divoravano le foglie delle patate (alimenti base dei tedeschi come per noi la pasta), durante il periodo vegetativo delle patate, i soldati costrinsero, una persona per famiglia, a recarsi nei campi con un barattolo a raccogliere le larve delle dorifore.
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Durante un bombardamento mi ritrovai tra il fragore delle bombe ed il fumo rimasi sconvolto per molto tempo, sono trascorsi oltre cinquant’anni risento l’odore della polvere.
Il giorno successivo seppi che avevano colpita la stazione ferroviaria e tra le macerie il nostro insegnante d’italiano. Venuto a mancare il nostro maestro si rincomincio con la scuola tedesca.
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Altri ricordi, tanti ma tanti: alcuni soldati con mandrie di bestiame requisiti ai contadini, colonne di prigionieri che passavano sotto casa e mia madre tagliava a fette un filone di pane nero e glielo gettava dalla finestra. Un giorno mentre andavo a scuola, in pieno inverno, vidi un gruppo di prigionieri costretti dai soldati tedeschi a ripulire le sponde del fiume, erano scalzi.
Finalmente dopo altri due anni gli alleati rioccuparono la nostra zona.
Da quel momento il tenore di vita migliorò
Ai margini del paese si erano accampati dei soldati americani alcuni di loro erano d’origine italiana come Noi, la sera venivano a casa per mangiare la pastasciutta ed in cambio ci portavano ogni bene di Dio scatole d’alimenti, cioccolato, vestiario, coperte.
Mio padre faceva fermentare la frutta, la distillava e ne veniva un’ottima grappa e mischiandoci un po’ di zucchero ed orzo, dorato in padella, si trasformava in Wisky.
Per un bicchiere di questa bevanda prima di rientrare al campo si spogliavano ci lasciavano magliette di lana e la camicia, ripartivano al campo con la sola giacca della divisa.
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Con la liberazione ricominciammo la scuola francese. Avevo dieci anni non sapevo niente, prima francese poi tedesco, italiano, tedesco francese. L’Amministrazione scolastica visto il disagio sofferto dai bambini durante il periodo bellico ci diede la possibilità di trascorrere due mesi di vacanze presso famiglie nella zona della Val Iser a sud della Francia che gradivano ospitarci; fui accolto da una famiglia stupenda di solo tre persone: una coppia marito moglie e il loro fratello. Non avevano figli, quante volte mi dissero se volevo rimanere con loro mi avrebbero adottato. Quanti bei ricordi, quante coccole, quando Mamma Teresa mi contemplava era una cosa magica, mi sentivo avvolto da una sensazione che tuttora non riesco a descrivere, dolcezza, ero felice, non li ho mai dimenticati, papà Luigi mamma Teresa e zio Giuseppe. Ho un gran rimorso di non aver fatto anche l’impossibile per ritrovarli. Era in Val D’Iser andammo in treno dalla stazione ferroviaria si prosegui con il pullman. Ricordo una gran fattoria fuori del paese, non sono mai riuscito a sapere il nome, la zona era collinare vi si coltivava vigna tabacco. Vedendo la trasmissione TV “C è Posta per Te“ ho pensato che sarebbe una cosa stupenda, ma ho tanta paura che non ci siano più, sono passati molti anni. |
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Altro ricordo indimenticabile: rivedo mia Madre vicino ad una finestra, piange ha una lettera in mano, la guardo stupefatto mi stringe a se “Tua Nonna è morta”.
Apparentemente tutto sembrava andare per il meglio ma sentivo la mancanza di qualche cosa, il richiamo della mia terra d’origine, l’Italia, dei parenti lontani. Sognavo l’Italia, tornarvi era un problema i genitori senza lavoro, io non conoscevo la lingua italiana. Un piccolo incidente di lavoro, capitato a mio padre nella miniera, ci venne in aiuto. Gli cadde un piccolo sasso in testa, aveva il casco e non fu niente di grave, ma, molto importante per il nostro futuro, incominciò a lamentare un continuo mal di testa, l’accompagnavo spesso dal dottore e così gli fu concessa la pensione d’invalidità.
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Nel 1952, finalmente il piccolo Ulisse ritornò in Patria. Non più emigrato ma con nuovi problemi; non conoscendo la lingua italiana mi misi a studiare, a 17 anni presi la licenza elementare e quello successivo, il III Avviamento Commerciale, poi mi arruolai nella Guardia di Finanza.
Non si può in poche righe sintetizzare diciassette anni di vita, alcuni si possono dire altri belli o brutti rimarranno nel mio diaro segreto.
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