UN BAMBINO NEL TEMPO

 

CLASSE IV A
SCUOLA “GINO CAPPONI”

PROGETTO:
“IL GIARDINO SENZA ETA’”
A.S. 2006-2007

 

SEMBRA IERI

“I miei la sera, quando uscivano da una stanza per entrare in un’altra, spegnevano la luce, e, comunque non accendevano mai più di una lampadina per volta.
Il taxi, da noi chiamato tassì, lo prendevano solo in occasione di fratture agli arti inferiori, per quelle agli arti superiori bastava il tram.
Al ristorante si andava se c’era un matrimonio, una cresima o una prima comunione.
I ricchi mangiavano la carne solo la domenica, i poveri mai.
Il pollo lo si mangiava quando si era malati o quando era malato il pollo.
Gli unici ad imbarcarsi per l’America erano gli emigranti, e facevano il biglietto di sola andata. I disoccupati non si contavano sotto forma di percentuale come si fa oggi, ma si contavano gli occupati, anche perché si faceva prima.
Per quanto riguarda la cultura, invece, quasi nessuno parlava l’italiano. Mio padre durante la guerra ’15-18 faceva l’interprete. Non che sapesse il tedesco sia chiaro, faceva l’interprete fra il sergente veneto e quello siciliano.
I primi televisori fecero la loro apparizione verso la metà degli anni cinquanta. Ce n’era sì e no uno per edificio, e solo nei quartieri alti. Il programma di maggiore ascolto era intitolato “Lascia o raddoppia?”. Lo si andava a vedere in casa di un amico portandosi dietro la sedia, perché si sapeva che non ci sarebbero state sedie per tutti.
Insomma eravamo felici.”

(Luciano De Crescenzo)

NONNA OFELIA

La nonna paterna di Alessio si chiama Ofelia, l’incontro con lei è stato molto divertente, perché è molto simpatica. Nonna Ofelia ha 68 anni è nata nel cuore di Roma e ci ha vissuto per tanto tempo. Abitava a Borgo Pio, vicino San Pietro, i suoi genitori erano “romani de Roma”.
Il quartiere dove lei è stata per tanto tempo è cambiato tantissimo, prima era pieno di botteghe ovvero negozi artigianali di vario genere, c’era il“carbonaro”, il carpentiere, il “bottaio”, il “campanaro”...
Da non dimenticare le famose osterie, sostituite dagli attuali ristoranti, dove le persone si radunavano portandosi da casa il cibo, dovevano solo consumare da bere. La famiglia di nonna Ofelia viveva in modo modesto, certo se la passava meglio di tanti altri che non avevano i soldi nemmeno per mangiare. La sua famiglia divideva un grande appartamento (in affitto) di cinque stanze, cucina e bagno (esterno), con altre quattro famiglie, ciascuna famiglia in una stanza. Nella sua camera dormivano in sette: Ofelia, le sue due sorelline, la mamma e il papà nel letto matrimoniale, la nonna con il fratello di nonna Ofelia dormivano nel lettino, uno da capo, l’altro da piedi. Suo papà era costretto a mettere una sedia esterna al letto matrimoniale per poggiarci i piedi, perché nel letto non c’entravano.
Nonna Ofelia ricorda che a Pasqua, lei insieme a tutti i bambini del quartiere, aspettavano frementi in finestra che arrivasse il prete per la benedizione alle famiglie, appena lo vedevano da lontano urlavano: “Ecco er prete, arriva, ecco er prete!” Non che fossero felici perché arrivasse il prete ma perché così si sbrigava a dare la benedizione e loro, appena se ne andava, potevano mettersi a tavola a mangiare.
Nonna Ofelia ci ha raccontato un episodio della guerra che le è rimasto impresso anche se lei era molto piccola. Un giorno i suoi genitori erano usciti perché dovevano andare a Via Cola di Rienzo e le dissero di non muoversi da casa. Lei, invece, li seguì di nascosto ma ad un certo punto tutti per strada si misero a correre, lei non capiva perché e li perse di vista. All’improvviso cominciarono a piovere bombe dal cielo e rimase per strada da sola spaventata e immobile.
Un signore coraggioso la vide, la prese in braccio e la portò in un riparo.
Questa è l’unica foto che conserva di quando era bambina, non che ve ne siano delle altre poiché gli scatti erano rari.
Quando arrivava l’estate, come tanti romani usano fare, invece di andare al mare a Ostia si recava sul “biondo Tevere” a fare il bagno. Suo papà era un bravissimo nuotatore, portava la sua famiglia dal leggendario “Er Ciriola” a Ponte Garibaldi. Si trattava di uno stabilimento fluviale con tanto di sdraio, ombrelloni e “mosconi” sul Tevere. Er Ciriola, il gestore dello stabilimento, era così soprannominato perché dava la caccia alle anguille, a Roma chiamate ciriole.
Si usava, inoltre, fare le gare dei tuffi dal ponte Garibaldi. Qui accanto c’è proprio il suo papà seduto su un pattino al Tevere assieme ad un gruppo di amici.

NONNO DOMENICO

Giovedì 8/2/07 è venuto il nonno di Flavia, si chiama Domenico però tutti lo chiamano Mimmo.
Ha 73 anni, è nato nel 1934 a Morlupo, caratteristico paese in provincia di Roma, con circa 6.500 abitanti, al 30° Km della consolare Flaminia.
Quando è nato lui, Morlupo era un paesino con molte campagne intorno, oggi è diventato un quartiere.
Abbiamo constatato che le famiglie di quei tempi erano piuttosto numerose, in alcune c’erano addirittura più di dieci figli al contrario di oggi che al massimo hanno due o tre bambini.
La sua famiglia era di modeste condizioni economiche. La sua casa era molto grande però non c'era il bagno quindi per i bisogni andavano “per fratte”.
L’ acqua potabile dovevano andarla a prendere alla fontana del paese. Avevano un orto e animali come polli, galline, conigli ecc.
Per spostarsi usavano il carro con il cavallo o con il somaro.
Nonno Domenico ci ha portato anche la sua foto del matrimonio, possiamo vedere gli sposi al centro brindare dopo la cerimonia con una tazzina di caffè. C’è anche il parroco che li sposò, i preti nelle piccole realtà urbane ed extraurbane erano sempre presenti al dopo cerimonia.
L' abbigliamento era semplice e modesto, non c’erano scarpe per le differenti stagioni, erano quel paio e basta per tutto l’anno e si ricompravano l’anno successivo se erano troppo sciupate.
Nella sua famiglia mangiavano spesso minestre come pasta con i fagioli, con patate e la pasta era fatta in casa.

NONNA MARIANNA

Nonna Marianna è la nonna di Claudia, ha 72 anni perciò è nata nel 1935. Viene da Monteodorisio una paese che si trova in Abruzzo in provincia di Chieti.
Sua mamma era maestra elementare e la sua scuola sembrava un' azienda familiare, ad esempio quando la mamma doveva allattarla era costretta ad uscire dalla classe, a badare agli alunni veniva qualche parente.
A quei tempi per fare la maestra non c' era bisogno di concorsi ma solo del diploma.
La mamma oltre che ad insegnare scriveva anche lettere per gli analfabeti e così poi, involontariamente, veniva a sapere tutti i pettegolezzi del paese; era un po’ come il prete confessore che sapeva gli affari di tutti i paesani. Purtroppo la gente che non sapeva leggere e scrivere era tantissima e questi poveretti per firmare facevano una solo una croce, anche perché non sapevano nemmeno tenerla in mano una penna.
Tanti prodotti venivano fatti in casa, dalle conserve alimentari ai detergenti come la “liscivia”, usata per lavare i panni e fatta con acqua e cenere.
Marianna nel mangiare era molto privilegiata poiché la sua famiglia possedeva anche animali da allevamento. I cibi non si potevano conservare a lungo perchè quando era bambina non c'era ancora il frigorifero.
Il giorno della sua Prima Comunione fu speciale, come per tutti i bambini che ricevono questo sacramento, anche per alcuni di noi che lo accoglieremo presto sarà così.
Ci ha raccontato una cosa curiosa e divertente al tempo stesso: quando uscì la televisione al suo paese nessuno l’aveva in casa, in parrocchia però il prete l’aveva comperata per tutti i paesani. Quindi la sera, prima dell’inizio dei programmi, tutta la gente del paese munita di sedie si recava alla sala parrocchiale per vedere la televisione. A Marianna è rimasto impresso il rumore di quelle sedie mentre venivano trasportate e la fila delle persone in attesa di entrare in sala.
Nonna Marianna è stata fortunata perché ha potuto studiare e laurearsi, cosa che a quei tempi era davvero una grande opportunità. Accanto c’è una foto dei tempi del liceo. Marianna è andata in pensione un po’ di tempo fa, lei è stata professoressa alle scuole medie.

NONNO GIANCARLO

Nonno Giancarlo è il nonno materno di Giorgia, è nato nel 1942 e quindi ha 65 anni, è di Roma ed è originario del quartiere Ostiense.
La maggior parte delle strade dove abitava era fatta con i sampietrini eViale Marconi, limitrofa alla sua zona, era tutta campagna.
La sua famiglia era povera a causa della guerra, tuttavia le sue condizioni di vita erano molto dignitose. Abitava in un palazzo e nella sua casa di famiglia erano in undici. Poiché durante la sua infanzia c’ erano problemi economici in tutta l’ Italia a causa della guerra e poi del dopoguerra, per avere il pane serviva la “tessera”. Accanto seduta al centro c’è la sua mamma la foto è del 1914 ed è color seppia, come si usava in quel periodo.
Quando andava a scuola indossava il grembiule con il fiocco bianco, il materiale scolastico era in parte diverso da quello di oggi. In particolare aveva un calamaio con il pennino al posto della penna biro e l’astuccio era di legno. Anche i banchi scolastici erano diversi, c’era un buco sul tavolo che serviva per inserire il calamaio e c’ era una specie di ripiano sotto il piano da lavoro.
E’ andato a scuola dalle suore e mangiava al refettorio. Per stimolargli l’appetito e rinforzarlo gli davano l’olio di fegato di merluzzo. In basso lo vediamo a scuola in seconda elementare.
Nonno Giancarlo è nato mancino e a scuola le maestre gli legavano la mano sinistra per farlo scrivere con la destra. Si pensavache scrivere con la sinistra portasse delle difficoltà.
Nonno Giancarlo ha però un bel ricordo delle sue maestre, nonostante i castighi a cui ormai i bambini erano abituati.
Le punizioni inflitte dagli insegnanti erano delle vere e proprie cattiverie a nostro parere.
Quando un bambino stava in castigo gli mettevano le orecchie d'asino e lo facevano girare per tutta la scuola così tutti potevano prenderlo in giro e dargli del somaro.
In classe non c'erano bambini stranieri perché il fenomeno dell’immigrazione era quasi inesistente, anzi erano tantissimi gli italiani che andavano all’estero a lavorare e facevano quasi sempre il biglietto di sola andata.
Era difficile trovare bambini portatori di handicap nelle scuole, loro generalmente non le frequentavano.
Anche la sua pagella scolastica era molto differente dalla nostra. In classe le abbiamo confrontate e abbiamo notato che invece di un giudizio sulla materia c’era un numero.
Inoltre anche sulle materie c’è differenza. Le abbiamo confrontate e lui studiava: Religione, educazione morale, civile e fisica, lingua italiana, storia e geografia, aritmetica e geometria scienze e igiene, disegno e bella scrittura, canto. Non aveva tecnologia e informatica ovviamente, ma nemmeno inglese.
Qui sotto c’ e la pagella di nonno Giancarlo della seconda elementare, è piuttosto buona lui era bravo a scuola ma gli insegnanti dei suoi tempi erano molto “tirati” con i voti.
L’anno scolastico era diviso in tre trimestri e c’erano gli esami di ammissioni per la classe successiva.

NONNA ELENA

Nonna Elena è nata l’11 marzo 1940 all’ospedale San Camillo di Roma.
Da piccola viveva a Roma proprio in questa zona San Pantaleo Campano, andava a scuola dove andiamo ora noi la scuola elementare statale “Gino Capponi”.
La scuola, rispetto a oggi, era più piccola, successivamente hanno aggiunto un’altra ala; dava tutta sulla strada principale e intorno non c’erano le abitazioni, dove ora ci sono le case popolari prima vi erano colonie che ospitavano i bambini durante l' estate.
A scuola ci andava a piedi, era molto fortunata rispetto ad altri nonni intervistati che, abitando lontano, erano costretti a percorrere anche diversi chilometri. A quei tempi c’ era tanta povera gente, si faceva prima a contare gli occupati che i disoccupati.
La famiglia di nonna Elena non aveva un orto fuori lacasa, i suoi genitori custodivano un' area esterna poco distante dalla loro abitazione dove tenevano conigli e polli che servivano a garantire l’alimentazione quotidiana. Da piccola giocava con le bambole di pezza fatte in casa enon aveva molti giocattoli.
La sua Prima Comunione fuspeciale per lei ricorda ancora la data il 10 maggio 1950, nella chiesa di San Giuseppe e Santa Maria del Carmine e ricevette anche la Cresima, la madrina come regalo le offrì dei giri sulle giostre e un gelato. A pranzo parenti e amici andarono a casa di Elena poiché la sua mamma aveva preparato il pranzo per tutti.
Nel tempo libero, quando era diventata ragazza, le piaceva andare a ballare in una sala che stava a Monteverde. Si andava a ballare anche nelle case degli amici. Accanto è insieme a suo marito.

NONNO NICOLA

Ha 69 anni è il nonno di Martina e non è di Roma.
È nato a Castellaneta, una paese in provincia di Taranto, nella regione Puglia, 69 anni fa.
Lì è nato anche Rodolfo Valentino un attore bellissimo che è stato famoso negli anni ’20 per aver girato dei film in America. Nonno Nicola ci ha raccontato che ai suoi tempi erano molte le persone che andavano all’estero per lavorare e chi si imbarcava, magari proprio per l’America, faceva il biglietto di sola andata perché difficilmente sarebbe tornato in Italia. La famiglia di nonno Nicola era povera la mamma era contadina invece il papà era un sellaio cioè costruiva le selle per i cavalli, accanto ci sono i suoi genitori e i suoi primi due fratelli.
A scuola doveva stare attento a non parlare in dialetto altrimenti il maestro gli avrebbe dato una medaglia da attaccare al vestito come segno di riconoscimento che non era stato in grado di parlare in italiano. Alla riconsegna della medaglia si ricevevano pure le bacchettate sulle mani. Anche le cerimonie erano semplici. Qui Nicola è in preghiera in occasione della sua Prima Comunione, vestito con i pantaloncini perché a quei tempi si usava indossarli sempre anche nelle occasioni speciali. La prima volta che ha visto la televisione aveva 17 anni e gli piaceva il programma “il Musichiere” con il quale si potevano vincere fino a cinquemila lire. Molte persone credevano che mettendosi davanti al televisore potevano essere viste da chi stava nello schermo.

NONNO LUCIANO

Nonno Luciano è il nonno materno di Sara, ha 75 anni. E’ originario di S. Arcangelo Trimonte un paese in provincia di Benevento, nella regione Campania.
La sua famiglia era in buone condizioni economiche anche perché erano agricoltori e. Viveva in una casa di campagna chiamata “masseria”.
Illuminavano la casa con candele a olio o a petrolio perché non avevano l’elettricità. Per spostarsi da una parte all’altra del paese o per andare a Benevento c’era un carrettino chiamato “birocino” che aveva solo due ruote. Ovviamente non tutti lo avevano.
A quei tempi, le scarpe venivano fatte in casa: si comprava la suola, la “tomaia” e lo spago. La suola veniva tenuta a bagno per due giorni, per farla ammorbidire, e lo spago veniva impeciato cioè coperto di pece per cucire la tomaia alla suola.
Le scuole al suo paese si chiamavano “scuole rurali” perché erano case di campagna e al suo paese c’era la possibilità di frequentare fino alla terza elementare. Nonno Luciano per proseguire gli studi si è dovuto allontanare. Ricorda che in quarta elementare erano 41 alunni tutti maschi perché le classi erano differenziate.
Già da bambino era molto fantasioso, giocava a “salta cavallo”, si inventava giochi con le pietre ed era sempre contento di qualunque divertimento.
Ha incominciato a lavorare a ventuno anni col ruolo dell’insegnante di scuola elementare poi ha cambiato mestiere. Qui lo possiamo vedere quando è entrato di ruolo.
Nonno Luciano si è sposato quando era abbastanza giovane e ci ha raccontato che ha dovuto aspettare sull’altare un’ora e mezzo, Forse la sposa ci stava ripensando?
Ebbene non fu così perché la sposa arrivò e Luciano fece un sospiro di sollievo.

NONNO PIERO

Nonno Piero è il nonno materno di Gianluca, ha 62 anni ed è nato nel 1945 a Roma in Via San Pantaleo Campano, nel nostro quartiere. Sotto c’è una foto di nonno Piero da bambino, la foto è stata scattata a San Pantaleo Campano. Lui è il secondo seduto da destra. Come possiamo vedere il quartiere era tutto sterrato, anche la scuola era più piccola e non c’era l’illuminazione pubblica.
Piero ha frequentato le elementari nella nostra scuola, che allora era più piccola e aveva solo un’ala e nell' attuale giardino, che viene coltivato oggi dai bambini con l’aiuto di nonno Mario, c' era un orto e un’aia con le galline.
Quando Piero frequentava la scuola Gino Capponi erano i bambini che si occupavano da soli di gestire l’orto, erano tutti bravissimi a vangare la terra, a seminare e raccoglierne i frutti. Delle sue insegnanti ricorda la maestra“ Pizzicarolo”. Quando i bambini si comportavano male chiudeva la mano fino a formare un pugno e poi lo strofinava sulla testa del bambino (vittima ).
Inoltre possedeva un righello di legno con su scritto “non ti scordar di me”, esso serviva per bacchettare le mani dei bambini quando la maestra lo riteneva opportuno.
Ci ha raccontato chenella scuola Gino Capponi è venuto a frequentare la prima ela seconda elementare anche Alberto Sordi.
In quinta elementare ebbe un maestro il quale era molto buono rispetto alle sue colleghe donne. La foto è stata scattata in una classe della nostra scuola nel 1955.
In fondo alla strada di San Pantaleo c’erano le fontane comunale, qui le donne vi si recavano con le loro “bacinelle” piene di panni e andavano a lavarli.
D'estate andava al mare giornalmente aFiumicino con la Fiat 1400, si infilavano in undici nell’auto. Figuriamoci quando trovavano traffico, uscivano dagli sportelli inzuppati di sudore e mezzi frastornati. Spesso la domenica si fermavano sulla Portuense che porta al mare, aspettavano il grande comico Totò che passava con la sua bella macchinona per andare a Fiumicino. Stavano anche ore e ore, e solo per vederlo. Totò era sicuro che sarebbe passato di lì, perché era il proprietario dello stabilimento balneare “il Faro”.

NONNA CARMELA

Nonna Carmela è la nonna di Flavio, è nata nel 1942 in casa. Abitava a Mesagne, provincia di Brindisi (Puglia).
Fin dall’età di tredici anni, d’estate si svegliava alle due di mattina per andare a lavorare poiché la sua famiglia aveva un terreno molto esteso e lei si è sempre occupata dei fiori. Per chi viveva nei paesi c’erano molte chiacchiere. Infatti non potevi parlare con un ragazzo che si veniva giudicati male.
Accanto possiamo vedere nonna Carmela al paese quando era ragazza. Lei è quella con i capelli raccolti.
Carmela non è mai stata in vacanza ma un giorno a 18 anni andò a Brindisi percorrendo 13 chilometri a piedi e vedendo per la prima volta una città e il mare ne restò di stucco. A 20 anni venne a Roma e di fronte ad una realtà così diversa le “prese proprio un colpo”, come ha fatto notare il nostro amico Alessio V. che è intervenuto dicendole:”Se vedendo Brindisi ti ha fatto quell’effetto, allora quando sei arrivata a Roma sei morta!”. E tutti hanno riso. Per chi abitava nei paesi, trasferirsi in una grande città rappresentava una grossa opportunità per migliorare le proprie condizioni di vita. Accanto c’è nonna Carmela con la sua bella famiglia, possiamo vedere anche lo sfondo con il porto di Bari.

NONNO OTELLO

Vogliamo iniziare questa volta mostrandovi la foto del matrimonio di Nonno Otello. Lui è stato felice di fornircela e noi non potevamo non mostrarvela, in fondo rappresenta il coronamento di un amore. Nonno Otello è il nonno di Alessio Rossi. È nato nel 1934, quindi ora ha73 anni. Nonno Otello da piccolo è vissuto a via del Governo Vecchio 101, nel centro storico di Roma, vicino Piazza Navona.
In tempo di guerra al Bar di via Governo Vecchio si vendeva solo il caffè di cicoria, era una rarità sentire l’odore del vero caffè. Della “Grande Guerra” ci ha raccontato anche, che nonostante i tanti anni che sono trascorsi, ricorda l’odore della polvere da sparo e il rumore dei bombardamenti.
Un giorno accadde che insieme a sua nonna andò al cimitero del Verano per portare i fiori sulla tomba della sua povera mamma che morì giovane, all’improvviso suonarono le sirene perché “gli alleati” stavano iniziando a bombardare Roma.
Lui e sua nonna furono fortunati perché riuscirono a salvarsi, il quartiere di San Lorenzo, limitrofo al cimitero, fu invece distrutto. Tuttavia fu colpito da una scheggia ma di fronte a quell’orrore per lui andò bene.
I bambini giocavano tranquillamente per le strade perché le macchine che passavano erano pochissime e i pericoli erano pochi. Nella zona tutti si conoscevano quindi se accadeva qualcosa subito si veniva a sapere. Ricorda con molta tenerezza una donna che abitava nel suo palazzo, ella aveva 12 figli e il marito faceva il vetturino. Poiché entravano pochi soldi in casa di questi poveretti, quella donna per guadagnare qualche soldo passava l’intera giornata a lavare i panni degli altri nella vasca condominiale e tutti i figli piccoli se li portava dietro per guardarli. Per i malanni si usavano i “rimedi della nonna”. Ad esempio per curare la polmonite si bucava con un ago la busta del pane e sopra si strofinava un tipo di cera che poi si andava sparsa e messa sul petto del bambino malato.
Molti sono i ricordi divertenti di nonno Otello e ciò che ci ha fatto più sorridere è stato quello del tram. C’era gente che, siccome non aveva i soldi per pagare il biglietto, mentre il tram era in corsa, si aggrappava dietro; sui tram c’era uno spazio dove potersi reggere. Però una volta sua nonna per fare questo cadde e si ruppe un ginocchio.
Ricorda molti amici d’infanzia fra cui uno che divenne un attore comico: Franco Lechner soprannominato dagli amici “Bombolo”. Abitava proprio sotto casa di Otello, era un ragazzo simpaticissimo una vera e propria “macchietta”.
Il papà di Bombolo vendeva le pere cotte sulla strada cioè faceva il “peracottaro” e in quella famiglia i problemi economici erano tanti. Poi accadde che Bombolo, esibendosi spesso in un ristorante della zona come cabarettista, fu notato da Renato Rascel il quale lo inserì nel mondo dello spettacolo e fu la sua fortuna perché gli cambiò la vita.
Durante il servizio di leva conobbe molti ragazzi che provenivano dalle diverse regioni d’Italia, tutti diversi tra di loro sia nel modo di pensare ma soprattutto nel modo di parlare. Tra di loro era difficile capirsi se non parlavano in italiano, la maggior parte si esprimeva in dialetto. Nonno Otello ci ha spiegato che il servizio di leva serviva soprattutto per socializzare, per trascorrere un breve periodo lontano dalla “solita vita” e confrontarsi con le altre realtà.

NONNO PIETRO

Oggi è venuto il nonno di Alessio Breda, si chiama Pietro, ha 69 anni ed è nato in ospedale nel 1937 a Brindisi (Puglia), ma ha vissuto a San Pietro Vernotico che si trova a pochi chilometri dalla città.
La sua vita è stata molto dura fin da piccolo.La sua famiglia era composta da: 3 sorelle, 2 fratelli e i due genitori. Poiché avevano una piccola casa, essendo così numerosi stavano stretti, addirittura dormivano in sette su un grande letto.
Durante la guerra insieme alla sua famiglia andò in Albania, quel periodo fu difficile e anche se lui era bambino ha ricordi molto tristi. Finita la guerra tornarono di nuovo in Italia, a San Pietro Vernotico.
Vivevano in campagna, avevano: orto, galline, polli e conigli. Mangiavano spesso pasta in casa con fagioli e piselli. A 10 anni ha frequentato la terza elementare, poi purtroppo è andato a lavorare in campagna a raccogliere le olive. La quinta elementare l' ha frequentata a 20 anni. Poi, sempre da adulto, è andato alle scuole serali per prendere la licenza media. un bel giorno si trasferì a Roma, dove c'era anche suo fratello. Questi gli trovò un lavoro come lavapiatti in un ristorante, Pietro non si lamentava ma poi col passare dei mesi aspirava a fare qualcosa di più redditizio e si licenziò. Voleva fare il cameriere così andò in un negozio dove vendevano abiti da lavoro e acquistò una bella divisa per lavorare.
Si presentò in diversi ristoranti finché, in uno di questi, lo assunsero.
Un giorno conobbe un politico importante, lo stava servendo al tavolo e questi gli propose di lavorare su una nave transatlantica passeggera. Pietro, desideroso di viaggiare e conoscere il mondo, si imbarcò; all’inizio era molto affascinato, perché visitò i più bei posti del mediterraneo e poi attraversò l’ oceano fino ad arrivare in Australia. Per andare nel nuovo continente la nave impiegava ogni volta un mese e a lui piaceva.
Purtroppo contrasse l’Asiatica una malattia che porta conseguenze anche mortali ma lui per fortuna la superò.
Un giorno accadde che il mare era in tempesta, si ruppe un tubo importante e la nave stava affondando con 1200 persone a bordo. Fu un momento critico, pensava che quelle fossero le sue ultime ore. Poi riuscirono a riparare il guasto. Arrivati a terra si ripromise di non salire nemmeno più su un canotto, ne aveva abbastanza e tornato in Italia si licenziò pure questa volta.
Di nuovo a Roma andò ad abitare a Monte Sacro, conobbe sua moglie, originaria della Calabria, si sposarono e si trasferirono a Monte Cucco. Finalmente il lavoro definitivo lo trovò, al ministero della Pubblica istruzione fece una domanda e poiché Pietro risultava essere profugo di guerra entrò per chiamata diretta come impiegato.
In casa non aveva la televisione ma qualche volta andavano a vederla dal cognato. Quando nonno Pietro è andato in pensione gli hanno conferito una onoreficienza speciale come: Cavaliere dell'ordine merito della Repubblica Italiana.

 

LORENZA E ROMOLO CI INSEGNANO A BALLARE

 

I NONNI A SCUOLA TRA NOI