IL PALAZZO SFORZA CESARINI

Il palazzo ducale di Genzano è il monumento più significativo della città, non soltanto per i valori architettonici di cui è testimone e che presentano non pochi motivi di interesse per la storia dell’architettura de settecento romano, ma anche perché ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo di questo centro urbano dei Castelli Romani. L’evoluzione storica di questo edificio coincide con un processo di progressiva differenziazione dall’originario borgo medievale fortificato e da quella condizione di continuità quasi organica con il luogo, fino ad imporsi come espressione di un nuovo potere civile che si insidia nel territorio instaurando nuove leggi. Da recinto fortificato, introverso ed arcigno, a residenza gentilizia, fulcro dell’ampia sistemazione a giardino del territorio circostante rappresentata dalle olmate. Questa parabola storica inizia con il formarsi del nucleo abitativo medievale, raccolto intorno alla chiesa cistercense di S. Maria della Cima. Fino al tempo dei Cesarini, che acquistarono il borgo nel 1564, il palazzo era collocato alla sinistra dell’attuale portale d’ingresso, sfruttando le strutture del recinto fortificato. E’ probabile che l’originario nucleo del palazzo si presentasse come semplice articolazione del recinto fortificato, privo di una specifica individualità, prevalentemente aperto verso l’interno del borgo e chiuso verso l’esterno. A fianco del vecchio palazzo, in corrispondenza dell’attuale portale, era situata la porta principale al borgo fortificato. Ma l’aspetto attuale è dovuto principalmente agli interventi di ristrutturazione ed ampliamento, voluti dal duca Gaetano Sforza-Cesarini, che vanno dal 1713 al 1730.

A questo periodo di tempo risale, infatti, la nuova facciata mediante l’aggiunta di un ulteriore corpo di fabbricato verso i lago, rendendo l’edificio simmetrico rispetto all’antico portale. Inoltre, il fabbricato viene sopraelevato di un piano, accentuandone la sproporzione rispetto alle casette contigue. Il principale artefice di questa operazione è l’architetto romano Ludovico Gregorini ( 1661 - 1723 ), avvicendato, dopo la sua morte, dal figlio Domenico ( 1692 - 1777 ).Il complesso del potale, fino alla finestra sovrastante del piano nobile, fu invece opera di Domenico Michele Magni nel 1714-15. Esso presenta l’interessante particolarità della " sghembatura ", per simulare una visione perpendicolare con la strada prospiciente dell’olmata, essendo il palazzo fuori squadro di circa 7 gradi. Il complesso del portale e delle due finistre sovrastanti conferiscono una spinta ascensionale all’intera facciata, ottenuta mediante un restringimento progressivo degli elementi verticali più importanti dei tre livelli, colonne del portale, colonne del balcone e stipiti della finestra del secondo piano. La facciata principale si presenta come un ennesimo rifacimento del palazzo Farnese a Roma, con l’introduzione di motivi di cui possiamo rintracciare l’origine nel tardo ‘500 romano. Caratteristica saliente è il particolare ritmo delle finestre decrescente verso i lati esterni, cosa che determina una accelerazione prospettica verso l’esterno e che fa da contrappunto al verticalismo del complesso del portale. Si ha quindi l’impressione di trovarsi davanti ad una superficie curvata con la convessità verso chi guarda. La facciata settecentesca del palazzo Sforza-Cesarini è, nel complesso un esempio di quella tendenza architettonica affermatasi a Roma sul finire del ‘600 e inizio del ‘700, in un periodo di recupero della tradizione in senso classicista, mitigata da un atteggiamento eclettico e in cui confluiscono gli elementi di un repertorio barocco e tardorinascimentale.

 Il prospetto posteriore, verso il borgo medievale, è dovuto, invece, agli interventi del secolo scorso, datati dal 1846 ed il 1858 su disegno di Augusto Lanciani, per volere del Duca Lorenzo Sforza-Cesarini (1807-1866). In questa occasione oltre a ristrutturare gli interni, realizzare l’ampliamento verso Genzano vecchio e rifare la facciata posteriore, si sistemò con gusto romantico alla maniera inglese, la magnifica villa sul lago, oggi inaccessibile, lodata da molte guide dell’’800 come giardino "amenissimo" ricco di specie floreali e di sentieri che agevolmente, nonostante la rilevante acclività, conducevano sino alle sponde del lago di Nemi. Il Duca aveva dedicato il parco alla sua consorte Duchessa Carolina Shirley (+1807).Esso costituisce un patrimonio storico-paesaggistico di notevole interesse, rappresentato da numerosi artisti del Gran Tour del secolo scorso con diverse vedute del parco e del lago. I cedri del Libano, le sequoie e i lecci, che disegnano i profili del parco sul lago sia verso il lago che verso l’abitato di Genzano, sono vivide testimonianze del patrimonio vegetazionale originario.

L’acqua era sicuramente una presenza importante della villa, raggiungendo il massimo effetto scenografico nell’area delle grotte dove essa si raccoglieva in una vasca ai piedi di una spettacolare parete rocciosa. Tipici del parco romantico del XIX secolo sono i finti ruderi come la finestra bifora, nella sua muratura rustica e falsamente diroccata che si articola a formare una panchina e da cui si gode un’inquadratura panoramica del piccolo bacino del lago di Nemi.

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