CAVA DEI SELCI

Potremmo raggiungere Cava dei Selci in due modi: il primo è quello di procedere secondo la segnaletica stradale che indica il paese a sinistra dello stesso incrocio dove lasciamo l’Appia per S. Maria delle Mole, l’altro è quello di seguire il persistente odore di zolfo che avvicinandosi al paese, diventa sempre più pungente. Qui, infatti c’era una sorgente di acqua sulfurea, piscina naturale e occasiona di lotte tra i ragazzi di Cava dei Selci e Frattocchie per l’esclusivo uso e proprietà. Il nome Cava dei Selci non esisteva ancora: le poche case erano quelle dell’Acqua Solfa, il principale riferimento della zona fino agli anni ’60, quando la cava di selce divenne la realtà più importante, al punto tale di darle il nome attuale. Oggi quest’acqua riesce anche a curare problemi di pelle e di cancro.

Per secoli Cave dei Selci è un latifondo acquitrinoso scarsamente popolato: fa parte delle proprietà del principe Colonna e laddove la natura lo consente, è coltivato a grano. Prima di conoscere il tumultuoso sviluppo di questi decenni, il territorio deserto è disseminato di solitari casali che dal ‘600 sorgono spesso sulle rovine medioevali ormai in rovina. Sono casali come quello dei Monaci o come quello dei Francesi. Dopo i soldati di ventura del ‘300 furono braccianti come i guitti, i mercenari che avrebbero cercato lavoro fino ai primi anni del ‘900, quando cominciarono a risuonare i colpi degli spaccapietre nella cava di selce.

Incessantemente, all’alba al tramonto, dopo aver fatto saltare con dinamite grossi blocchi di selce, le squadre di "squartatori" con mazze di 12 Kg staccavano pessi dai quali i selciaroli ricavavano i sampietrini. Questi caricati sui vagoncini venivano trasferiti a Ciampino, e da qui raggiungevano Roma. Nel 1924 si stabilirono le famiglie Nerone e Casagrande: quest’ultimo come molti altri proveniva da Alfedena e per molti anni avrebbe lavorato nella cava. Intorno alla cava dove lavoravano 200 persone, 5 ettari di terreno acquitrinoso furono bonificati nel 1943 e coltivati a vigna. Cava dei Selci cresceva la domenica, quando gli uomini liberi dal lavoro, costruivano le proprie case. Semplici nelle forme, quasi sempre su un solo piano, costituiranno il tessuto urbano attuale fatto di piccole case separate da pochi metri di orto e piccole stradine che confluiscono tutte in via dei Mille ed in via Quarti S.Antonio, le strade che collegano Cava dei Selci con l’Appia.

I servizi erano ancora di là da venire: per comprare le poche cose necessarie ci si recava a Frattocchie, dove, nell’unica chiesa che c’era, veniva detta la messa domenicale.

L’energia elettrica arriverà negli anni cinquanta, quando tutta la zona è infiammata dalle lotte agrarie; l’acqua sarà pescata nei pozzi fino al 1977, data della realizzazione dell’acquedotto, dopo che la protesta popolare aveva portato all’occupazione del Comune.

Cava dei Selci conobbe negli anni 50 – 60 una consistente immigrazione, pur sempre nel solco di una dimensione"domenicale".

Fu alla fine degli anni 70 che la zona cominciò a patire seriamente la carenza di servizi sempre più urgenti, finchè, quando furono assegnati alloggi popolari a centinaia di sfrattati romani, la situazione diventò drammatica. L’arrivo all’improvviso di numerose nuove presenze fece "saltare" un tessuto urbano di per sé ormai inadeguato.

A Cava dei Selci oggi sorgono gli edifici del modernissimo centro polivalente del Palaghiaccio, prestigiosa sede di concerti delle stars internazionali più famose. Nell’area verde "ex Stefer" dove transitava il tram che univa Roma ai castelli, sorgono ora altri centri sportivi come il Bocciodromo, i campi da basket, le piste da pattinaggio, banche, grandi parcheggi, vicino ad un abitato dove basta un camion a paralizzare completamente il traffico.

Cava dei Selci, inoltre, rischia di perdere il Campo di calcio nei pressi di Vigna Fiorita, complesso residenziale di villini abitati quasi esclusivamente da piloti e personale del vicino aeroporto.

Ebbene, quasi campi rischiano di sparire in quanto il proprietario vuole riappropriasene per costruirci altri villini, spostando i campi su altri terreni lontani dal Paese.

Anche qui l’ingordigia, il malcostume, il disprezzo, a totale carico di una cittadinanza priva di difese, dominano la storia di ieri. Oggi gli abitanti prendono coscienza che "qualcosa" e "qualcuno" tentano ormai sempre più sfacciatamente di riappropriarsi dei frutti delle loro fatiche del passato, e a brevi passi cominciano a muoversi contro l’ingiustizia affinché un giorno Cava dei Selci diventi un piccolo paesino ben attrezzato e con tutte le "carte in regola" per essere considerato tale.

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