Si affrontano a migliaia, s’incrociano e
si districano, finche non ne resta solamente
uno; padrone del cielo.
Gigantesca battaglia aerea, che lascia al
suolo,solo pezzetti di stoffe strappate, quando il “ cessate di volare” e proclamato,
. Versione lucanofila dei giochi del circo,
i
combattimenti d’aquiloni infiammano periodicamente
i cieli dell’Asia e
dell’america latina. La regola del
gioco e pressa poco uguale in tutti i luoghi:
si tratta di manovrare il proprio
aquilone per rendere instabile quello
dell’avversario, facendolo cadere o recidendo
il filo di ritegno.
A meta gennaio, la festa del Makar Sankranti,
in India, scatena le passioni, in questo
paese ove il combattimento degli aquiloni,
tradizione atavica, rimane molto popolare.
In quel giorno, ad Ahmedhabad, la capitale
del Cujarat, milioni d’aquiloni multicolori
invadono il cielo
Aquilone combattente Indiano
Famiglie intere s’installano sui tetti per
lanciare quei piccoli
quadrati di carta dalle fini armature di
bambù. La gigantesca battaglia cesserà
solo con il calare della notte. I fili
taglianti s’incrociano, e l’abilita' del
pilota fa la differenza. Per la
maggior parte, i giochi non durano che qualche
secondo.
Solo, gli esperti campioni rimangono molte
ore in volo, contrastando
ogni attacco. Un combattimento senza visi :
il numero degli aquiloni in
aria impedisce di identificare il pilota
che si affronta, probabilmente anche
lui appollaiato su un tetto, a qualche centinaio
di metri nei dintorni.
Al finire della giornata, i più tenaci hanno
le mani insanguinate,
dallo sfregamento del filo abrasivo che intaglia
le loro dita. Ma, il più grande pericolo, e quello di
cadere dal tetto. La testa in aria, assorti
dall’interesse del combattimento,
si rischia di poggiare un piede nel vuoto.
La legge di gravità si applica a tutto. Allora,
la televisione trasmette
messaggi invitando la popolazione alla prudenza.
Per fare fronte al consumo sfrenato d’aquiloni
durante questi due
giorni, i fabbricanti iniziano a costruire
i loro stocks molti mesi prima. Nei
giorni che procedono il festival, le bancarelle
si coprono di pacchi d’aquiloni
e di bobine di fili taglianti dai colori
vivaci, chiamati “manja “. I
fabbricanti di “manja” invadono le strade
ed ungono con le mani il filo di
cotone bianco, di una mistura colorata a
base di colla e polvere di vetro
finemente tritata.
Ma, dopo la festa, e fino l’anno seguente,
non rimarranno solo i
bambini ed un piccolo numero d’appassionati
o professionisti per continuare ad
allenarsi regolarmente ai combattimenti.
Se l’Asia sì e specializzata in « aquiloni
bellicosi », i
navigatori olandesi hanno anche loro la loro
parte nella diffusione di questa
pratica.
Sono loro che hanno introdotto a Nagasaki,
sola città giapponese aperta
al mondo esterno dal 1639 al 1854,
questo modello di aquiloni. A Nagasaki,
troviamo da quell’epoca un "combattente"
molto simile al suo omologo
indiano, ma un po’ più grande ed in carta
giapponese più pesante. Lo chiamavano "hata" – bandiera in giapponese,
perché e sempre
decorato con motivi geometrici semplici dai
colori blu, bianco, rosso come… il
quadrato delle navi olandesi.
A Hamamatsu, durante la festa dei bambini
ai primi di maggio, una delle
grandi feste tradizionali, circa 140 squadre
di una cinquantina di membri, in
rappresentanza dei quartieri della città,
si affrontano con aquiloni
interposti : gli splendidi
"machijirushi", di forma quadrata,
decorati con stemmi e
simboli d’ogni quartiere.
Sul terreno, Le squadre in abiti da parata
s’installano con batterie
d’almeno trenta aquiloni.
I più grandi raggiungono 4
metri di lato. Qui, non ci sono parti abrasive
sui cavi in lino. Bisogna usurare il cavo degli avversari per
farlo cedere. Nel caos generale, le
trombe, i tamburi ed i fischietti, accompagnati
da grida d’incoraggiamento,
ritmano gli sforzi d’ogni squadra ed indicano
loro le manovre da eseguire,
secondo gli ordini dati dal loro capo.
Una squadra di aquilonisti giapponesi, e
un’immagine in miniatura della
società nipponica stessa, dei suoi valori :
coesione di gruppo, gerarchia,
disciplina ed efficacia.
Shirone, una piccola cittadina della prefettura di
Niigata, i combattimenti si svolgono tradizionalmente
sopra un canale. Una tradizione che risale a 250 anni. A seguito di un’ondata di piena uno degli
argini del canale cedette. Una volta
ricostruita, i signore locale organizzò sul
posto un concorso d’aquiloni. Il
calpestio delle folle venute ad assistere
all’avvenimento fini per consolidare
l’argine schiacciando i riporti di terra
fresca.
La caduta di grandi aquiloni, che avevano
danneggiato le proprietà
degli abitanti dell’altra sponda, incitò
questi ultimi a replicare nello stesso
modo.
Da allora, ogni anno in giugno, centinaia
d’aquiloni giganti, gli
“Shirone o-dako”, rettangoli di 35 metri
quadri di superficie, si affrontano in
combattimenti distruttori. Lanciati da 15
squadre avversarie situate da una
parte e dall’altra della riva, sono regolati
in modo da venire incrociare i
loro grossi cavi di ritenuta volando sopra
l’acqua; ogni squadra tira allora
con tutte le proprie forze. Il più delle
volte i due aquiloni opposti si
agganciano e precipitano assieme nel canale,
ancora prima che una delle corde
non ceda.
In qualche secondo, gli immensi ritratti
dei guerrieri che decorano le
velature in carta si dissolvono nell’acqua,
e non ne resta che due scheletri di
canne di bambù, ai quali rimangono attaccati
ancora qualche lembo di carta.
Ma, la lotta non ha termine. Bisogna continuare
a tirare da ogni lato,
poiché la vittoria e acquisita solo quando
una delle corde avversarie non si
rompe sotto lo sforzo.
Tutto dipende dalla resistenza del cordame.
Si capisce perché tanta
cura e dedicata alla sua confezione, interamente
realizzata da un artigiano, il
mastro cordaio.
Gli occorrono, tre mesi di lavoro a tempo
pieno per produrre una corda
in lino di due centimetri di diametro e di
130 metri di lunghezza. Un prete accompagna la fabbricazione. Un
cerimoniale che garantisce purezza e solidità
del cordame.
Una corda costa circa 1 200
000 yen.
Le imprese locali ed i commercianti della
città non rinunciano a
mettere la loro sponsorizzazione, in alto
sugli aquiloni. In cambio, finanziano
le squadre.
Durante la stessa settimana, degli aquiloni
di forma esagonale,
chiamati "rokkaku", partecipano
a combattimenti simili.
Di taglia più modesta, circa tre metri di
altezza, sono molto numerosi,
se ne contano fino a 2 000. I "rokkaku"
sono stati inoltre adottati
dagli aquilonisti occidentali, e, da qualche
anno, si vede organizzare qualche
competizione, essenzialmente in Inghilterra,
negli Stati Uniti e ultimamente
anche in Francia e da noi in Italia.
In Tailandia, i combattimenti ruotano intorno
alla guerra dei sessi.
Oppongono grandi aquiloni maschi, i
"chula", a piccoli aquiloni femmine,
i "pakpao". La
popolarità di questo sport nazionale, con
le sue regole ed i suoi campioni,
risale al 13° secolo. Il re Rama II (1809-1824) partecipo egli stesso
a
combattimenti organizzati davanti al palazzo
reale, su un prato che rimane
ancora oggi il luogo delle grandi competizioni
a Bangkok.
Il terreno e diviso in due zone, una per
i "chula", l’altra per i "pakpao".
L’obiettivo dei primi, a forma di stelle
e o uccelli, il cui filo di
ritenuta e munito di uncini, e quello di
catturare il maggior numero di
aquiloni femmine per riportarle a terra nel
campo dei maschi. Ma i piccoli "pakpao" quadrati, tentano anche
loro di catturare
i "chula" che vengono in
loro caccia, e di farli cadere prima che
non possano ritornare sul loro
territorio. Il numero degli aquiloni
catturati da ogni squadra determina il vincitore.
Altri combattenti rinomati, gli aquiloni
Coreani hanno tutti la stessa
forma rettangolare intagliati con un largo
foro centrale. D’altronde, la loro forma e il loro motivo
ricordano spesso la bandiera nazionale della
Corea del Sud, il foro centrale
essendo sostituito dal simbolo dello yin
e dello yang. La loro vivacità e la
loro maneggevolezza ne hanno fatto la loro
reputazione. E agendo sul filo di ritenuta, tirandolo
e
rilasciandolo, che il pilota provetto, conduce
il suo combattente dove gli
pare, giocando con il vento. Se si misurassero
con altri della stessa taglia,
come gli Indiani, gli "hata" di
Nagasaki od i Cileni, i Coreani
vincerebbero sicuramente. Le grandi bobine
di fili a 6 od a 8 rami permettono loro,
in effetti, di lasciare srotolarsi e
di avvolgere il filo tagliante ad una velocità
da record, per attaccare
l’avversario. Senza nemmeno che abbia
il tempo di schivarlo.