Orazio Marletta e la Phantom Books Virtual Ed.

PRESENTANO

"ERA SOLO UNA BAMBINA"

di Orazio Marletta

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PROLOGO

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Chissà cosa avrebbe detto il capitano Robertson se avesse saputo in anticipo quali sarebbero state le conseguenze di quella sua ennesima missione sui cieli europei? Era notte fonda e lui con il suo stealth stava annoiandosi a morte. Erano già due anni che non faceva missioni operative in territorio di guerra, si era chiesto più volte quali erano veramente gli scopi di quel progetto multinazionale. Si era chiesto come mai venissero usati gli stealth per spargere i gas T45 e perché mai proprio in territori alleati e negli stessi Stati Uniti.
Lui era un pilota da combattimento e le missioni di spargimento dei gas erano una vera noia, l'unica nota eccitante stava nel fatto che doveva muoversi in assoluta invisibilità ai radar e, in caso di avvistamento, non intentare combattimento ma dileguarsi alla massima velocità.
Robertson rifletteva su queste cose quando arrivò in prossimità di Berlino.
" Centrale, sono sull'obiettivo. Attendo autorizzazione al lancio."
Disse il Robertson con voce atona. Dopo un lieve fruscio la risposta arrivò nitida alle sue cuffie auricolari;
"Lancio autorizzato per trenta metri cubi di T45. Il codice di lancio è già sulle memorie del suo computer Capitano, lo verifichi per cortesia."
Robertson armeggiò con la consolle di comando ed inserì il proprio codice di lancio e il computer diede l'OK.
"Codice corrispondente. Procedo al lancio."
Nella notte l'aereo, silenzioso ed invisibile, emise una nube di gas incolore ed inodore ad alta quota. Il gas discese lento verso il basso insidioso come un serpente.
Meno di quindici secondi dopo Il capitano Robertson virò e tornò alla base, ignaro della entità degli eventi che la sua missione avrebbe determinato di lì a poco.


***

L'uomo se ne stava tranquillo abbracciato alla sua donna, erano sdraiati sulla vetta gelida del monte Olimpo in Grecia. Avevano appena finito di fare l'amore ed ora osservavano gli eventi con aria preoccupata. Erano nudi ed incuranti della fredda temperatura della neve ghiacciata su cui erano distesi. Lui cercò di aderire di più al corpo di lei e dopo una grattata alla testa disse:
"Sta per cominciare."
Lei sospirò e rispose:
"Si. Peccato non poter cambiare le cose"
Lui si alzò in piedi guardò ancora ciò che inevitabilmente stava per accadere, poi porse una mano alla donna ed insieme rientrarono nella piccola navetta argentata per ritornare alla loro dimora. Molto lavoro difficile li attendeva.

***

Gli Osservatori guardarono con curiosità quella strana macchina che avevano di fronte. Era formata solo da una sfera nera, opaca, sospesa nell'aria, senza alcun sostegno apparente. Cronoscopio l'aveva chiamata la Grande Madre. Dopo un momento di imbarazzo si sedettero e quando furono tutti pronti la sfera divenne dapprima luminosa e poi scomparve per lasciare spazio alle immagini a tre dimensioni che coprivano tutto il campo visivo. Non solo le immagini ed i suoni venivano riprodotti ma anche gli odori i gusti e le sensazioni tattili. Gli osservatori ci misero alcuni minuti ad adattarsi a quell'impatto sensoriale così imponente. In effetti stavano assistendo ad un evento virtuale estremamente evoluto. La macchina si adattò alle reazioni di ognuno dei presenti e di li a poco tutti furono a loro agio. Così gli osservatori iniziarono a vedere gli eventi che li avevano condotti il quel luogo sperduto. Le immagini tridimensionali cominciarono a scorrere lente, in tempo reale, mostrando loro la vera storia dell'Epoca della Distruzione. 

***



CAPITOLO I

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Quando il professor Giovanni Andrei fu informato che sua moglie Maria aveva le doglie era una calda mattina di settembre del 2018. Lui stava tenendo la sua consueta lezione di fisica teorica alla facoltà di fisica dell'università di Torino. Concluse la lezione con un senso di agitazione che riusciva a celare a fatica. Si diresse rapidamente all'ospedale dove la moglie era stata trattenuta in attesa del parto.
Quando Andrei arrivò in ospedale lei era già in sala parto e questo aveva stupito moltissimo sia lui che il medico che l'aveva assistita durante tutta la gravidanza. Maria era una donna di trentacinque anni, di media statura bruna e con bellissimi occhi neri. La gravidanza aveva modificato il suo corpo atletico e vigoroso, il volto era ovale e le labbra carnose le conferivano un'aria volitiva che era sottolineata dalla curva vagamente orientale degli occhi. Lei era alla sua prima gravidanza e la rapidità con cui si stava concludendo il travaglio era inusuale in casi come questo. In ogni caso le cose andavano piuttosto bene e il dottor Marco Marini non era preoccupato. Quando il medico vide arrivare Andrei lo salutò cordialmente:
"Ciao Giovanni. Vedo che sei arrivato giusto in tempo per vedere nascere il tuo erede."
I due si conoscevano fin dall'epoca dell'università ed erano sempre stati amici animati da stima reciproca e dal comune interesse per la filosofia della scienza e per lo sport.
"Come vanno le cose?"
Chiese Giovanni all'amico con tono falsamente calmo, ma il suo aspetto tradiva l'ansia che quella strana situazione gli creava.
"Tranquillizzati! Va tutto bene."
Poi rivolto a un'infermiera:
"Signorina dia un camice ed una mascherina al professore."
L'infermiera aiutò Giovanni ad indossare una tenuta sterile che gli permise di entrare in sala parto. Li giunto il professore fu colpito da una stretta al cuore vedendo la sua bella moglie sudata e sofferente messa sul lettino ginecologico ed un moto di tenerezza misto ad impotenza si impossessò di lui. La guardò, era bellissima nonostante la fatica, i suoi occhi ed il volto avevano in quel momento l'aspetto di una bimba spaurita. Lei vedendolo arrivare fu felice e si sentì rassicurata, si rilassò un po'.
Intorno a lei un'anestesista con aria indifferente stava tenendo d'occhio le reazioni della donna, mentre l'ostetrica pilotava la puerpera nella varie fasi del parto. Giovanni era impacciato sentendosi fuori posto ed inutile nell'aiutare la propria compagna in quel momento, tanto che riuscì solo a sorriderle senza dire una parola; una morsa gli stringeva lo stomaco e gli impediva di parlare. Tuttavia riuscì a darle un bacio sulla fronte sudata. La mente del professore era paralizzata riusciva solo a guardare quello che succedeva con un'aria beota.
"Ci siamo."
Disse il medico
"La testa è già impegnata. Spingi forte Maria."
Maria spinse con tutta la forza che aveva, accompagnando lo sforzo con un lungo lamento stentato e straziante, facendo nascere sua figlia. 
Il dott. Marini trattenne la bimba per i piedi e con l'aiuto dell'ostetrica recise in cordone ombelicale con movimenti abili dettati dalla lunga esperienza di ginecologo. Fatto questo consegnò il corpicino appena nato all'ostetrica e si dedicò alla madre per assicurarsi che l'espulsione della placenta avvenisse regolarmente.
L'ostetrica ripulì la bambina dopo essersi assicurata che le vie respiratorie fossero pervie. Lo erano: la bambina stava strillando con una forza incredibile protestando per le maniere rudi dell'ostetrica. Man mano che la pelle della neonata veniva detersa dal liquido amniotico e dal sangue manifestava alcune anomalie che fecero impallidire l'ostetrica. 
Questa era un donna di circa quarantacinque anni ben portati e il suo occhio esperto notò subito che c'era qualche cosa che non andava.
"Dottore…"
Disse con un tono preoccupato che non sfuggì al medico; Marini si voltò immediatamente in direzione della sua collaboratrice, interrompendo per un istante il couretage chirurgico della cavità uterina di Maria. 
"Cosa c'è?"
Chiese lui con voce tranquilla, riprendendo il suo lavoro intenzionato a non farsi distogliere in quel delicato momento.
L'ostetrica vedendo che il medico non si muoveva disse.
"Può venire qui un momento per favore?"
Marini percepì di nuovo preoccupazione nel tono della collaboratrice e si diresse alla volta della bambina. Dopo aver dato un'occhiata, disse sempre con voce tranquilla:
"Chiamate subito il pediatra."
Dal canto loro Giovanni e la moglie non si erano resi conto che qualche cosa non andava, un po' perché erano felici che tutto fosse andato per il meglio ed un po' per la apparente tranquillità del medico.
"Che succede?"
Stava chiedendo il pediatra a Marini, lui non rispose ed indicò con un pollice la neonata al collega che guardò nella direzione indicata; strabuzzò gli occhi e si diresse a visitare la bimba con attenzione estrema.
La bimba dal canto suo aveva cessato di piangere aveva aperto gli occhi e studiava con interesse estremo quello che aveva intorno.
Alla fine della visita il pediatra lanciò un'occhiata perplessa a Marini che lo guardava con aria interrogativa. Il pediatra aprì le braccia sconsolato e disse:
"Sembra che stia bene a parte l'aspetto. Anzi, dovrei attribuire un indice di Apgar pari a dieci se dovessi basarmi sui parametri vitali."
"Nessuna anomalia genetica?"
"Non che io conosca. Avevate fatto lo studio genetico in gravidanza?"
"Certo! Ed era del tutto normale."
"La madre ha usato farmaci particolari in gravidanza?"
Chiese ancora il pediatra.
"No. Ha avuto una gravidanza tra le più regolari che io abbia mai visto. Non ha nemmeno avuto un raffreddore."
"Strano. Comunque conviene rivalutare la bambina con esami strumentali e di laboratorio e, non ultima, una mappa cromosomica."
Concluse il pediatra con aria pensierosa. Marini studiò il volto accigliato del pediatra che era un uomo di circa cinquant'anni corpulento e flemmatico.
"Che cosa dico ai genitori?"
Chiese ancora il ginecologo.
"Non lo so!…Magari diciamogli la verità… Non conosciamo attualmente la natura delle anomalie."
Marini sospirò mentre le spalle si curvavano, il suo volto squadrato, che abitualmente aveva un'espressione scanzonata, ora era scuro; lui voleva bene a Giovanni, erano amici da molti anni e non aveva proprio nessun piacere di dire al suo migliore amico che la sua prima figlia era anormale. Comunque si fece forza e tornò da Maria per assicurarsi di aver completato tutte le operazioni chirurgiche; quindi fece un cenno a Giovanni per attirarlo lontano dalla madre. Solo allora Giovanni si rese conto che l'aria all'interno dalla sala parto era mutata, i presenti avevano gli sguardi scuri ed evitavano di guardarlo in faccia immergendosi con eccessiva attenzione nelle loro mansioni. Prestò attenzione al medico e chiese:
"Che succede?"
"La bambina…"
"Che cosa ha?"
Lo interruppe il professore con voce tesa. Marini rispose dopo un sospiro:
"Ha alcune anomalie che ne io ne il pediatra conosciamo…"
"Cosa vuoi dire?"
Disse Giovanni interrompendo l'amico con tono strozzato dall'ansia.
"Voglio dire che apparentemente sta bene, ma alcune sue caratteristiche anatomiche e di comportamento non sono normali e la cosa sconcertante e che non riusciamo a catalogarle sulla base delle nostre conoscenze."
"Ma che cosa ha?"
Chiese ancora Giovanni sempre più preoccupato;
"Forse e meglio se vieni a vedere."
Disse il medico. Quando Giovanni vide la figlia impallidì e dovette reggersi per non cadere a terra.
La bimba quando lo vide gli sorrise ed allungò una manina per toccarlo. Lo stava guardando con i suoi strani occhi già aperti: occhi di colore oro brillanti con due profonde pupille nere e senza sclere bianche. Mentre lo guardava emetteva dei gridolini allegri che modulava come un canto dai toni acuti. Ma anche la peluria che le ricopriva la testa era strana; la tonalità azzurro-elettrico le conferiva un aspetto irreale, il resto del corpo era completamente glabro. A parte ciò, era una bella bambina di tre chili e mezzo vivace e curiosa; troppo vivace e curiosa per la sua età.
Maria impiegò diversi giorni per riprendersi dallo shock e diverse sedute psicoterapiche portate avanti da una dottoressa dall'aria competente e comprensiva al tempo stesso. Ma quello che la fece cambiare non furono i farmaci e nemmeno le attenzioni della psichiatra. Fu proprio la bimba che, ogni volta che veniva a contatto con la madre, manifestava una gioia estrema attraverso modulazioni sonore e sorrisi che scatenavano in Maria una gioia profonda ed un istinto di protezione animale e genuino. Questo stupì più i medici che la madre.
Dopo circa quindici giorni Maria era innamoratissima di quel piccolo essere nato dal suo ventre e, dopo un iniziale rifiuto, vi si attaccò tanto da non volerla più lasciare un istante.
Dal canto suo Giovanni si era ripreso in fretta dal turbamento creato in lui dalla figlia ed aveva preso contatti con i maggiori esperti genetici del mondo con l'aiuto del suo amico Marini e del potente computer della sua facoltà.
Ad un mese di vita il caso di Silvana (questo era il nome che avevano dato alla bimba) aveva fatto il giro di tutti i più importanti laboratori di genetica umana del mondo. La bimba era stata sottoposta ad ogni sorta di esame clinico, neuropsichiatrico, e bioumorale possibile. Risultato: tutto normale, se si fa eccezione per la velocità di crescita e la capacità intellettiva che erano circa cinque volte più rapide della media.
Le sue cellule linfocitarie avevano qualche alterazione evidente solo al microscopio elettronico ma di non facile interpretazione. In particolare il numero di mitocondri presenti era centinaia di volte più alto di quelli normalmente presenti nelle cellule umane normali. Ma lo studio della mappa cromosomica aveva dato esito normale in tutte le prove eseguite e ripetute più volte. Lo studio del DNA aveva dimostrato senza ombra di dubbio che la piccola era effettivamente figlia di Giovanni e Maria. Nemmeno erano presenti segni di intossicazione cronica o acuta.
I genitori si erano opposti ad esami bioptici che avrebbero comportato sofferenza per la bimba per cui a parte i prelievi di sangue e gli esami strumentali non invasivi non permisero altro.
Una strana anomalia periodica dell'elettroencefalogramma aveva catturato l'interesse dei neuropsichiatri che non ne capirono il significato, ma dato che non si associava ad alcuna anomalia di comportamento decisero di stare a guardare come si evolveva senza interferire in alcun modo. Questa anomalia si generava dalle parti profonde del cervello della piccola Silvana e coincideva con alcuni momenti delle fasi di risveglio e di addormentamento della piccola.
Dopo circa un mese e mezzo di analisi, fatte alla bambina ed ai genitori, Giovanni perse la pazienza e decise di prendere la sua famiglia e di riportarla a casa. Promise al suo amico Marini di poter continuare a studiare la bimba, ma fu irremovibile rispetto a fatto di portare a casa moglie e figlia. 

***

Il generale Volpi aveva appena abbassato la cornetta del telefono posto nella sua scrivania bene ordinata. Era scuro in volto ed attese diversi minuti prima di rivolgersi alle persone presenti nel suo ufficio. Si alzò ed andò alla finestra che dava su una piazza del centro torinese. Guardò la gente che si muoveva senza vederla. I presenti non parlavano e stavano in attesa ed a disagio. Non era mai capitato che il generale fosse così preoccupato. D'un tratto Volpi si voltò e con il suo tono risoluto di sempre disse.
"Ho appena ricevuto l'ordine di non ritirare la bambina."
La comunicazione ebbe l'effetto di una doccia fredda su tutti i convenuti.
"Ma per quale motivo corriamo un rischio così importante?"
Chiese un colonnello dall'aria efficiente, guardando il superiore con espressione preoccupata e stupita insieme. Volpi allargò le braccia in segno di rassegnazione poi continuò:
"Non ho dati sufficienti per rispondere alla sua domanda. Posso solo dirle che l'ordine arriva direttamente dal ministro della difesa e che la strategia è concordata con tutti i paesi membri della NATO."
Fece una pausa per riordinare le idee poi continuò:
"Tuttavia abbiamo l'ordine di tenere d'occhio la famiglia ed organizzare un'azione culturale contro la bimba senza però arrecare danni… fino a nuovo ordine. Quindi colonnello attivi tutte le strutture religiose, esoteriche e pseudo-scientifiche sotto il nostro controllo e metta in moto uno studio utile a questo scopo." 
Attese qualche secondo per vedere se c'erano altre domande quindi congedò i suoi ospiti. E tornò alle sue occupazioni consuete.

***

La donna era alta e con lunghi capelli corvini, portava occhiali neri e stava dirigendosi alla grotta sacra nelle montagne della terra dei Dogon. Si muoveva agile e leggera come una tigre, le sue movenze armoniose avevano qualche cosa di primordiale, il suo abbigliamento spartano non nascondeva le forme femminili, armoniose, sensuali. Si arrampicava lungo i sentieri tortuosi delle montagne del Mali meridionale sotto un sole torrido che non sembrava intaccare minimamente la sua freschezza giovanile. Saliva pendii ripidissimi con la leggerezza di una gazzella, scrutando di tanto in tanto il panorama maestoso che quell'angolo sperduto del pianeta donava ai coraggiosi che vi si avventuravano. 
Quando la donna entrò nella grotta, Fatima l'accolse onorandola con l'antico saluto delle Donne Pitone.
"Benvenuta donna del nuovo mondo."
Disse la sacerdotessa.
"Ciao Fatima. Il momento è giunto: ho bisogno del tuo aiuto in un altro luogo."
Rispose la donna con voce melodiosa e profonda allo steso tempo.
"Sono felice di entrare in azione sorella."
Disse in risposta Fatima.
Detto questo le due donne si separarono.
Fatima raccolse poche cose e partì senza salutare nessuno. I pochi che la videro lungo il cammino invocarono la benedizione degli Dei, poiché vedere un Donna Pitone di giorno era fonte di grandi disgrazie. Lei tirò dritto per la sua strada con aria scanzonata e divertita.

***

"Te lo avevo detto che non era un uomo adatto a te!"
Aveva esclamato la madre di Maria quando vide la nipotina per la prima volta. Era un donna arcigna, determinata e bigotta che non aveva mai avuto in simpatia il genero a causa delle sua passione per la scienza anziché i soldi e la religione. Aveva sempre cercato, senza successo, di dissuadere la figlia dallo sposarlo. Il fatto poi che i due avessero deciso per un matrimonio solo civile lo aveva considerato un vero e proprio affronto personale. Maria era laureata in archeologia, ma la sua vera professione era il violino. Da quando si era diplomata al conservatorio non aveva mai smesso di suonare come solista in diversi gruppi musicali classici ma anche rock. Odiava gli schemi rigidi ritenendoli anti-artistici e quindi inadatti alla vera musica.
Quando la madre disse quelle parole Maria le lanciò un'occhiataccia cercando di indurla a cambiare argomento, ma la madre continuò imperterrita:
"E' come ti dico io. Nella famiglia di quello la ci sono stati casi di pazzia e tu lo sai. E' sua la colpa se tua figlia e anormale."
In effetti uno zio alla lontana di Giovanni era rimasto un po' alterato dopo diversi mesi di prigionia durante l'ultimo conflitto mondiale, ma in nessuna delle due famiglie si era verificato mai un caso di malattia genetica.
Maria, visto che la madre non demordeva rispose acida:
"Vuoi che parliamo di zia Franca?"
La madre si morse un labbro vedendo che la figlia le ricordava la sua povera sorella neurolesa dalla nascita, ma continuò con più vigore:
"Ti rendi conto che quando la bambina dovrà andare al nido o all'asilo scatenerà la reazione degli altri bambini e dei loro genitori? E che succederà quando dovrà andare a scuola? O quando, adolescente, sarà oggetto di scherno dei ragazzi che si vergogneranno di parlarle insieme?…"
"Basta così!"
"E' una punizione di Dio. Te lo dico io…"
Maria scattò inferocita dalle parole della madre; 
"Vattene! Non voglio che tu metta più piede in questa casa finché non avrai cambiato atteggiamento. Non parlare mai più male di mio marito in mia presenza e ti proibisco di parlare di mia figlia con chi che sia."
"Maria ma… Ma io volevo solo…"
Cercò di giustificarsi la madre che non aveva mai visto sua figlia così alterata, ma non poté finire la frase perché Maria, ancora più inferocita, urlò:
"Fuori da casa mia!"
Lo disse con una tale violenza che la povera donna ebbe paura di essere aggredita fisicamente ed arretrò di un passo, poi dopo un'occhiata smarrita alla figlia, uscì dalla stanza sbattendo la porta mentre la piccola Silvana iniziava a piangere spaventata dalla furia della mamma. Maria sentendo la piccola che urlava la prese tra le braccia e iniziò a coccolarla con voce dolce dicendole:
"Nessuno ti farà del male piccolina, nessuno."
Due lacrime solcavano il volto di Maria.
La nonna uscì dalla casa insultando Giovanni che, ignaro della discussione, si stava dirigendo verso la camera da letto. Lui ignorò la suocera ed entrò in camera per vedere cosa era successo. Trovò Maria che piangeva silenziosa:
"Ma che è successo?"
Maria lo rese edotto delle preoccupazioni della madre tirando su col naso ed asciugandosi le lacrime. 
Giovanni era un uomo di quarant'anni, tranquillo e ragionevole. Era convinto, in cuor suo, che qualunque problema di vita potesse essere risolto attraverso il dialogo e la comprensione e chi lo conosceva aveva di lui l'impressione di un uomo mite e riservato. 
Tuttavia alcune circostanze lo trasformavano in un una furia umana aggressiva e feroce. Una volta, alcuni anni prima, aveva quasi ucciso di botte tre balordi che avevano aggredito Maria per rapinarla. La sua trasformazione era stata tale che Maria, vedendolo in quello stato di furia bestiale, lo riconobbe solo dopo alcuni minuti, quando lui, ormai quieto, le chiese se era ferita. Per Maria fu una specie di shock; amava il suo uomo per la sua dolcezza e disponibilità, le piaceva la sua intelligenza vivace e goliardica più che il suo corpo atletico di sportivo ed era divertita perché manifestava sempre una preoccupazione quasi patologica nei riguardi di lei quando gareggiava nella squadra femminile di ju-do. Ma la cosa che Giovanni non aveva mai digerito della moglie era il fatto che praticasse pugilato femminile. Quella volta Maria avrebbe potuto cavarsela benissimo da sola ma Giovanni vedendo la propria amata in pericolo era accorso in sua difesa prima che lei potesse rendersi conto di ciò che succedeva. Quell'episodio aveva stretto molto di più il legame tra i due poiché Maria in cuor suo fino ad allora aveva considerato Giovanni debole, essendo l'esatta antitesi caratteriale dei maschi di palestra che frequentava.
Anche ora Giovanni, ascoltando il racconto della moglie, fu colto da un impulso primordiale di furia, che deformò i suoi lineamenti in modo tale da spaventare la moglie. Durò solo una frazione di secondo, poi Giovanni si rabbuiò e divenne riflessivo:
"Che cosa pensi?"
Chiese Maria con tono preoccupato. Giovanni sospirò, andò alla finestra, spostò le tendine con una mano e scrutò le montagne che cominciavano a coprirsi di neve, mentre il sole stava tramontando. Stette in silenzio ancora qualche lungo secondo, poi si voltò verso la moglie guardandola negli occhi disperato e disse:
"Tua madre ha ragione. Nostra figlia… e noi, dovremmo affrontare problemi immensi."
Lo diceva guardando Maria che allattava la piccola al seno, le vide entrambe indifese e deboli ed un moto di profonda tenerezza, impotenza e rabbia insieme gli attanagliò le viscere. Non poté fare altro che abbracciarle.
Due giorni dopo dal loro rientro a casa si presentò la dottoressa Lionelli: neuropsichiatra infantile. Era una donna di circa quarant'anni, ancora molto bella, ben curata nella persona e dai modi gentili.
La fecero accomodare con cortesia.
"Sono stata scelta per far parte dello staff psico-medico che si occuperà di studiare la vostra bimba su richiesta del dott. Marini, a causa delle mie ricerche sullo sviluppo psichico nei bimbi con alterazioni genetiche. Tuttavia dai rapporti che ho letto non è stata trovata nessuna anomalia cromosomica conosciuta nelle cellule della vostra bambina e quindi sono venuta a vedere se potevo visitarla per farmi un'idea più diretta della piccola."
I genitori trovarono la donna simpatica e decisero di farle vedere la bimba.
Quando la dottoressa ebbe finito di esaminare la piccola era perplessa ed estremamente eccitata. Si rivolse ai genitori con un tono concitato:
"Non ho mai visto niente di simile!" 
Vedendo che i due si stavano preoccupando si precipitò a dire:
"Voglio dire che non solo non ci sono difetti neurologici ma che, se devo dare fede all'esame neurologico, la bambina ha un sistema nervoso sviluppato come quello di un bimbo di un anno e non di diciotto giorni. Ma la cosa che mi sconcerta di più e che sembra comprendere il linguaggio parlato anche se non ha ancora capacità di parlare a sua volta."
I genitori si guardarono l'un l'altra senza capire poi Maria chiese:
"Che cosa vuol dire?"
La dottoressa indugiò un momento per raccogliere le idee e per cercare le parole adatte;
"Vostra figlia è si anormale, ma non è ritardata. Al contrario il suo sviluppo neuropsichico e circa quindici volte più avanzato dei coetanei. Certo, devo fare ben altre indagini e questo non vuol dire che sia una buona cosa o che continui a svilupparsi con la stessa rapidità ma è certo che è un caso unico."
Quando la visita della dottoressa finì si congedò dagli Andrei con l'impegno ad una nuova visita di li a pochi giorni. Non appena la porta di casa si chiuse dietro le sue spalle Maria assunse un'aria autorevole ed ergendosi orgogliosa guardò il marito divertita dicendo:
"Ho partorito un genio!"
Giovanni esplose in una risata fragorosa e la tirò a sé dandole una pacca sui glutei.
La dottoressa Lionelli non fu l'unica che si presentò a casa di Giovanni e Maria. In una settimana ricevettero la vista di almeno trenta persone, il computer di Giovanni fu invaso da un numero inverosimile di lettere provenienti da tutto il mondo scientifico internazionale attraverso internet. Molti furono i giornalisti anche radiotelevisivi che chiesero di filmare la bambina ottenendo sempre un rifiuto da parte dei genitori di Silvana. Nonostante i rifiuti la TV fu prodiga di servizi sul fenomeno della bimba con gli occhi d'oro ed i capelli blu. 
Giovanni inferocito aveva chiamato il suo amico Marco Marini per chiedergli ragione della violazione del segreto professionale e della privacy della sua famiglia.
" Sono costernato quanto te, Giovanni. Ti posso assicurare che né io né i miei collaboratori abbiamo diffuso la notizia della tua bambina. Ho già fatto una segnalazione alla direzione sanitaria per denunciare l'accaduto ed è in corso un'inchiesta interna. Non so che cosa dire, mi dispiace."
Giovanni era convinto che Marco dicesse il vero, erano amici da troppi anni per pensare che lui potesse fare un'azione del genere. Si rassegnò comunque a ciò che era inevitabile. 
Ma non si presentarono solo gli scienziati e giornalisti.
Il primo sedicente pastore di una certa congrega pseudo-cristiana attraversò risoluto la porta di casa con aria ieratica, brandendo un crocifisso nella mano destra e quando fu giunto nel centro del soggiorno disse:
"Qui vive l'anticristo…"
Non poté finire lo sproloquio perché Maria, ormai al limite della sopportazione lo mandò KO con gancio sinistro al mento. Dopo averlo steso, lo issò nel bidone dell'immondizia che era nella strada di fronte alla piccola villetta.
Furono circa trentotto i sacerdoti, gli esoteristi, gli esorcisti, gli ufologi, gli scienziati alternativi, ecc., che finirono nello stesso bidone nel giro di quarantotto ore. Ad ogni cazzotto Giovanni rideva a crepapelle ed applaudiva la moglie bellicosa. 
Ma quando il trentottesimo deficiente sputò i denti e stramazzò al suolo volando fuori dalla porta di casa, Giovanni che, ormai esasperato dalla situazione, stava per applaudire per l'ennesima volta rimase paralizzato dalla piccola Silvana che si era messa seduta da sola sulla carrozzina dove riposava e con un: 
"Bvava mama, bvava mama!"
E si mise ad applaudire a sua volta.
Maria svenne mentre Giovanni non seppe che cosa fare prima: aiutare la moglie o verificare se ciò che aveva sentito era vero. Aiutò la moglie che si riprese subito e dopo uno o due secondi si alzò di scatto ed andò da Silvana.
"Che cosa hai detto?"
Le chiese con dolcezza. La bimba vedendola le sorrise e rispose:
"bvava mama"
Poi continuando a parlare diede una carezza con la manina alla madre. Quando Giovanni si avvicinò la bimba urlò gioiosa:
"Papiii."
I due si guardarono attoniti e lui disse pietrificato:
"Ma hai solo quaranta giorni…"
Qualche cosa però non quadrava. Giovanni si chiedeva per quale motivo tutta quella gente si sentiva in dovere di andare a casa sua ad insultarli con il loro atteggiamento. E poi come facevano loro a sapere di Silvana? Certo che questi interrogativi dovevano trovare una risposta ed in fretta. Il professore stava già cercando di formulare una strategia operativa per passare al contrattacco, ma non immaginava quello che avrebbe scoperto.
Il diretto sul mento colpì Marini circa dieci secondi dopo aver suonato il campanello della porta dei suoi amici. Quando riaprì gli occhi confuso chiese:
"Ma che cazzo è successo? Ooohhh…"
E si massaggiò la mascella dolente.
"Scusa Marco. Credevo che fossi ancora uno di quelli."
Disse Maria china su di lui cercando di medicare l'abrasione del mento del medico.
"Sei stata Tuuu?!"
Maria rispose di si con aria imbarazzata. Marco si rimise seduto cercando di orientarsi e poi chiese:
"Uno di quelli chi?"
Maria lo informò sugli ultimi avvenimenti, ma la cosa che risvegliò completamente il medico fu il fatto che la bimba parlava.
"Impossibile!…Impossibile! Le aree cerebrali del linguaggio non possono essere completamente sviluppate."
Poi vedendo le facce dei due amici chiese con voce titubante;
"Parla davvero?"
Maria e Giovanni assentirono contemporaneamente con un sorriso sornione.
"Avete avvertito la Lionelli?"
"NO!" 
Fu la risposta secca di Giovanni e poi con voce risoluta:
"Io e Maria abbiamo deciso di non fare più alcuna indagine su Silvana. Anzi vogliamo che tu ci indichi un buon pediatra nel caso ce ne fosse bisogno ma niente più indagini. Non si può più andare avanti così. In fondo la bambina sta bene… solo che cresce molto velocemente. Noi la amiamo e se non fosse per il colore dei suoi occhi e dei suoi capelli voi non vi sareste accorti di nulla. Ma la cosa che ci fa essere più determinati è che nostra figlia non deve essere trattata come un fenomeno da baraccone."
Il medico ascoltò con attenzione poi disse:
"E' giusto. Avete ragione voi. Farò in modo che solo quelli dello staff iniziale continuino le loro analisi sui campioni che sono in loro possesso. Da parte nostra non ci saranno più interferenze. Vi consiglio comunque di mantenere la dottoressa Lionelli come pediatra per Silvana, è molto preparata e viste le caratteristiche di vostra figlia è bene che chi se ne occupa abbia una buona preparazione neuropsichiatrica."
Giovanni e Maria accettarono il consiglio visto che la Lionelli era di loro gradimento.
Dopo un po' di silenzio il medico continuo:
"Questo non toglie che siamo in ottobre che la montagna è bella e che voi avete bisogno di una vacanza. Che ne dite se ce ne andiamo a casa mia a Gressoney per una settimana?"
Si! una vacanza era proprio quello che ci voleva.
Nella casetta in mezzo ai monti valdostani Giovanni e Maria si resero improvvisamente conto che non facevano l'amore da circa tre mesi: provvidero immediatamente a recuperare il tempo perduto, approfittando delle lunghe pause di sonno della bimba che durante le fasi di veglia impegnava moltissimo i due. La bimba aveva un appetito spropositato, mangiava una incredibile quantità di cibo e sembrava che non le bastasse mai, ma oltre all'appetito la bambina manifestava una curiosità incredibile per tutto quello che la circondava soprattutto ora che parlava la sua attività principale era chiedere perché di ogni minima cosa, lo faceva con una espressione estasiata piegando la testolina da un lato ed aspettando fiduciosa la risposta che in genere non tardava a venire. Così tra un cambio di pannolini ed una mangiata la bimba si addormentava quieta tra le braccia della madre o del padre e restava tranquilla per diverse ore. Giovanni e Maria passavano quei periodi facendo l'amore a lungo addormentandosi spesso l'uno tra le braccia dell'altra per essere poi risvegliati da Silvana che si drizzava a sedere nella culla gridando allegra :
"Eccomi!"
La sua innocente allegria metteva di buon umore i due che ormai si erano abituati all'aspetto della piccola, anzi a dire il vero ne erano proprio innamorati.
Marini, che era uno scapolo convinto, si rese conto dopo il primo giorno che i suoi progetti di escursioni montane autunnali erano crollati di fronte alle esigenze sessuali dei suoi amici che riusciva a vedere solo ad ora di cena. Dopo una iniziale delusione si mise alla ricerca di una compagna per se.
La mattina del terzo giorno Maria stava trafficando in cucina preparando cibo per tutti quando vide entrare una giovane donna di circa trent'anni seminuda che la salutò con un:
"Guten tag."
Maria non si stupì più di tanto conoscendo il suo amico medico e dopo un attimo di interdizione rispose:
"Ciao! Io sono Maria."
La ragazza anche se parlava solo tedesco capì e rispose:
"Ingrid".
Le due stavano già per socializzare quando in cucina entrò un'altra ragazza anch'essa seminuda che salutò a sua volta:
"Guten tag."
Maria rimase interdetta. La nuova venuta indicando se stessa disse:
"Helga."
"Maria."
Disse lei imitando il gesto della nuova venuta. Poi le due ragazze vedendo che Maria era perplessa cominciarono a dialogare tra di loro temendo di aver fatto una gaff. Il loro parlottio venne interrotto da Marco che entrò in cucina in slip con un'aria da zombie, vedendo Maria si risvegliò un po' di più e con noncuranza disse:
"Sono due… mie amiche."
"Già! Lo vedo."
Rispose Maria allegra.
Giovanni rise a crepapelle ricordando quando lui e l'amico per lunghi anni passavano i week-end scambiandosi le donne che riuscivano a rimorchiare, considerò che il buon Marco non aveva certo perso l'allenamento. Maria ascoltò in silenzio i racconti del marito poi con un tono stizzito disse:
"Ed io che credevo che tu fossi un tipo riservato."
"Ah… beh… Si tratta di tanto tempo fa, all'epoca dell'università, roba passata… Sai ero ancora un ragazzo. "
"Strano, mi era parso che ne avessi nostalgia."
Giovanni si rese conto che la moglie si era ingelosita, la guardò con affetto la prese tra le braccia cercando di rassicurarla. Non fu impresa facile.
Al quinto giorno di vacanza decisero che era bene fare una passeggiata per far prendere aria a Silvana.
Si avviarono lungo un sentiero di montagna accomodando la piccola in un marsupio posto sul petto di Giovanni e si avviarono con passi vigorosi in mezzo ai boschi di conifere assaporando l'aria frizzante ed i profumi autunnali. Dopo un paio d'ore di cammino si fermarono nei pressi di un ruscelletto adagiando la piccola su un plaid. Silvana era la prima volta che vedeva un ambiente naturale ed era supereccitata per la vista degli alberi e delle foglie che cadevano a terra, ma quello che la rese felice fu la vista di un pettirosso che svolazzava;
"Mamma, cos'è quello?"
Chiese stupita.
"Un uccellino."
"uuuhh uccellino come fa a stare alto?"
"Lui vola."
A questo punto la bambina di soli quarantacinque giorni si alzo a sedere e con una manovra improbabile si mise a camminare dritta equilibrandosi con un goffo bilanciamento delle mani.
Maria scattò in piedi urlando; un po' perché colta di sorpresa ed un po' perché la bimba si stava avviando verso le acque tumultuose del torrente. L'afferrò un instante prima che la bimba ci cadesse dentro. Nel frattempo Giovanni, sentendo urlare la moglie era scattato in piedi per darle aiuto.
"Come sarebbe a dire che cammina?"
Disse lui quando la moglie raccontò l'accaduto.
"Si è alzata ed ha camminato. Hai presente mettere un piede davanti all'altro e spostarsi da un punto A ad un punto B? Cammina no!"
Disse lei irritata.
Giovanni scrollò la testa rassegnato alle stranezze della figlia, ma con un pensiero lugubre nella testa: Se cresceva così in fretta come avrebbero potuto stare al passo con l'educazione della piccola e poi come faceva ad imparare così in fretta senza che nessuno le insegnava come fare? In ogni caso, viste le novità, decisero di richiamare la dottoressa Lionelli d'accordo con Marco che non vedeva l'ora di riportare gli amici a casa; era accaduto che le due ragazze tedesche, dopo due giorni di permanenza nel letto di Marco avevano visto Silvana fare capolino dalla sua culla e le aveva guardate con i suoi impressionanti occhi dorati, le due si spaventarono a morte quando la bambina aveva chiesto loro chi fossero, si congedarono da Marco ringraziandolo per l'ospitalità e sparirono senza lasciare recapito; con grande disappunto del medico. 
Prima che la dottoressa Lionelli potesse visitare la piccola Silvana si verificò un nuovo evento che preoccupò moltissimo i due genitori.
Erano circa le tre del mattino e la piccola si era alzata silenziosa per esplorare la casa. Quando giunse in soggiorno la sua curiosità fu attratta dal grosso tavolo in legno di noce che occupava il centro della stanza, lei si avvicinò con l'andatura ondulante dei bambini che hanno appena cominciato a camminare e si mise a studiare il tavolo con interesse estremo. Lo guardava da sotto, di lato e da sopra, arrampicandosi su una sedia per vedere meglio.
I tonfi ripetuti fecero svegliare Maria che con una gomitata fece scattare seduto Giovanni; sentendo i tonfi e vedendo che la bimba non era nella culla scesero in soggiorno a vedere cosa succedeva.
Silvana teneva una delle gambe del pesante tavolo e lo sollevava ripetutamente battendolo a terra rumorosamente.
Il tavolo era un pezzo d'antiquariato e pesava circa settanta chili. Come diavolo faceva quel soldo di cacio a sollevarlo quando sarebbe stato difficoltoso anche per un adulto? Stava pensando Giovanni. Maria, dal canto suo, era preoccupata per il colorito rosso scuro che aveva la piccola e si precipitò a prenderla in braccio per vedere come stava. Le misurò la febbre: il mercurio del termometro era la massimo!
La dottoressa Lionelli giunse circa mezz'ora dopo la loro chiamata.
"La bambina sta bene."
Disse dopo una lunga ed accurata visita.
"Siete sicuri che il termometro funziona?"
"Non lo so."
Disse Maria in risposta.
"Adesso la temperatura è tornata normale, ma prima era proprio calda."
"Può darsi che lo sforzo fisico le abbia fatto produrre calore in eccesso."
Considerò la dottoressa tra se e se;
"Certo però che sollevare un tavolo di quel peso è una cosa veramente strabiliante se si pensa all'età della bimba."
Poi dopo un attimo di riflessione;
"Sentite. Sarebbe bene fare ancora analisi sulla bambina, prima che si manifesti di nuovo una febbre così alta."
"A che cosa pensa dottoressa?"
Dopo un attimo di esitazione la dottoressa disse con voce incerta:
"Una temperatura così elevata può far pensare ad una alterazione funzionale dei centri termoregolatori. Io farei uno studio con la risonanza magnetica cerebrale ed un nuovo elettroencefalogramma."
Maria e Giovanni si scambiarono un'occhiata preoccupata e dopo un attimo di imbarazzo assentirono ad esaminare la piccola.
L'esito degli esami fu negativo, se si fa eccezione per l'anomalia nel tracciato elettroencefalografico che era presente alla nascita e che restava tale e quale a prima.
Silvana fu osservata con attenzione estrema dalla Lionelli che dopo due mesi si accorse che la velocità di crescita della piccola era minore, anche se rimaneva più elevata di circa quattro volte rispetto alle medie.
In quei due mesi la famiglia aveva dovuto cambiare casa. Giovanni cambiò il suo indirizzo elettronico nel computer per evitare di essere sommerso da richieste di questa o quella associazione di disabili, che avrebbero voluto usare l'immagine di Silvana per farsi pubblicità, così come importanti ditte di prodotti per l'infanzia, avanzavano richieste per l'uso pubblicitario della piccola. Ma anche istituti di genetica, di biologia, di neurologia, di pediatria e quant'altro, richiedevano di poter studiare la bambina.
A questo punto cambiare indirizzi era una questione di sopravvivenza. Andarono a vivere in un cascinale della collina torinese dopo averlo ristrutturato e recintato. La dimora era posta sulla sommità di una delle colline ed era dotata di un vasto terreno di circa sei ettari in parte coltivato a frutteto ed in parte era incolto, con varie specie vegetali. Questo era piaciuto molto a Giovanni e Maria in considerazione del fatto che la bambina, crescendo, avrebbe avuto necessità di spazi aperti e di aria pura senza incorrere nella curiosità della gente. Erano però un po' preoccupati del fatto che la bimba avrebbe avuto un'esistenza solitaria e non sapevano esattamente come risolvere il problema.
La madre di Maria si presentò a casa della figlia con fare bellicoso circa due mesi e mezzo dopo essere stata cacciata.
"Posso vedere mia figlia?" 
Chiese acida a Giovanni che aveva aperto la porta.
"Accomodati che te la chiamo."
Rispose lui rassegnato, ma determinato a non mettere naso tra le beghe delle due donne. Lei entrò in casa con fare da padrona e si accomodò con aria regale nel centro del divano settecentesco che era su una parete del soggiorno.
Maria giunse senza fretta e salutò la madre con aria gelida.
"A cosa debbo l'onore della tua visita?"
Le chiese mentre preparava un caffè. La madre di lei dopo i soliti convenevoli chiese con tono non curante:
"Avete già pensato quando e dove battezzerete la bimba?"
Detto questo cominciò a sorseggiare il caffè che la figlia le aveva preparato. 
Dunque era questo il motivo della visita. Maria represse un moto di stizza; lei aveva sempre avuto avversione per tutto quello che riguardava i dogmi religiosi. Aveva studiato archeologia proprio per capire meglio quali erano i bisogni che avevano condotto l'uomo, nel suo divenire, ad affidare se stesso a divinità invisibili e sorde ai suoi richiami. Col tempo aveva maturato la convinzione che le religioni tutte e il problema di Dio, non solo non si identificavano, ma erano antitetici.
Sospirò e rispose alla madre:
"Non abbiamo nessuna intenzione di battezzare Silvana."
"Ma… come sarebbe a dire?"
Chiese scandalizzata la madre.
"Sarebbe a dire che non la battezziamo punto e basta."
La madre si alzò impettita, raccolse la sua roba senza dire una parola e se ne andò sbattendo la porta.
Maria sapeva che non era finita lì. 
Per fortuna anche il caso della bimba dagli occhi d'oro e dai capelli blu poco alla volta cessò di interessare la gente e nel giro di altri due mesi nessuno disturbò più la quiete della famiglia Andrei.

***

"L'attivazione della cultura demonizzante della bambina ha avuto un discreto esito. Come lor signori sanno già la decisione di non eliminarla arriva direttamente dal ministero della difesa ed è stata concordata con i paesi della NATO."
Il generale Volpi stava parlando con tono tranquillo ad un uditorio di poche persone, tutti militari tranne un esponente del mistero della difesa ed un rappresentante della Organizzazione Mondiale della Sanità. Quest'ultimo chiese la parola ed il generale gliela concesse.
"Che cosa intende quando dice che ha avuto un esito discreto? A me risulta che sono state attivate multinazionali farmaceutiche e grossi network che hanno fatto una pubblicità positiva alla bambina, più che una vera e propria demonizzazione a me pare che si sia attivata una cultura favorevole."
Il generale ascoltò senza tradire emozioni anche se le parole del membro della OMS lo irritavano. Rispose dopo qualche istante di riflessione.
" Vede dottore, il progetto di demonizzazione è stato studiato da uno staff di sociologi militari che ha attivato le alte sfere dei gruppi operanti nell'ambito dell'esoterismo internazionale e nei gruppi di controllo economico planetario. Lo scopo era quello di pilotare l'attenzione dei media non sulle cause delle anomalie della bimba ma sui guai che dovrebbero avere i genitori di una simile mostruosità. Per cui il dibattito che attualmente si è aperto su Silvana è indirizzato verso questo tipo di problematica consentendoci, almeno per un po' di tempo, di non incuriosire nessuno sul perché delle anomalie."
Il generale fece una pausa, cambiò posizione sulla sedia e continuò:
"Purtroppo non durerà a lungo. Le previsioni sociologiche dicono che prima o poi qualche scienziato si porrà le domande giuste e finirà per dare delle risposte altrettanto giuste.
In particolare i medici che si sono occupati della madre e della piccola sono scienziati di fama internazionale e non sono sotto il nostro controllo. L'unica possibilità che abbiamo è quella di attivare un gruppo di studio formato da nostri agenti per portare avanti le ricerche sugli effetti dei T45."
"Una volta terminati gli studi che ne sarà della bimba?"
Chiese ancora il rappresentante della OMS.
Il generale lo fissò a lungo valutando le implicazioni politiche e militari della domanda poi con un sospiro decise di rispondere:
"Non ho ancora ricevuto istruzioni in merito."
Ma in cuor suo il generale sapeva che la bambina era condannata.
Attese ancora qualche istante poi vedendo che non c'erano altre domande chiuse la riunione congedando i presenti.

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