Ho scritto questo racconto quando avevo quindici anni. Il fatto che sia
capace ancora di esporlo in pubblico dimostra o uno straordinario coraggio, o
una totale assenza della minima traccia di decenza. Fate voi.
Dietro gli occhi
No one knows what it's like to be the bad man
To be the sad man behind blue eyes
-The Who
Se
avessi un dio a cui rendere conto, probabilmente ora in questa situazione vedrei
un disegno divino, e farei risalire ad una volontà superiore lo strano caso che
mi ha portata qui. Ma non ho nessun dio, e d'altra parte so che un dio, per
quanto bizzarro, non avrebbe potuto consegnare quest'arma, questa capacità,
questo potere sul Tempo, proprio in mano mia. Non c'è niente di divino nella mia
vendetta.
Eppure a volte mi chiedo se èstata solo la mia volontà a
portarmi qui: devo chiedermelo, per non sentirmi troppo colpevole e troppo
sconfitta.
La porta si apre e io appoggio il libro che stavo leggendo a
faccia in giù. Attraverso la mia maschera vedo la giovane faccia di Hendia
Shiela che fa capolino.
"Vieni pure avanti, Hendia. Tu vuoi parlarmi,
non èvero?"
Ho cominciato a dargli del tu per disprezzo, perché quando
sono arrivata odiavo e disprezzavo la sua gente, ma ora gran parte del mio
disprezzo - non tutto - se n'è andato.
"Sì, infatti, Thuien," dice
piano. Sembra a disagio. Sembrano tutti a disagio quando parlano con me, io sono
una persona inquietante, ma Hendia sembra più imbarazzato del solito.
"Avanti, allora."
Mi metto più comoda che posso - non èmolto -
sul sedile di pietra. La città coperta di Tar Azil èbellissima, un monumento
storico di inestimabile valore, un capolavoro dell'arte Say, ma èscomoda oltre i
limiti del tollerabile - così come l'hanno voluta i suoi abitanti Say - scomoda
perfino per me che sono abituata ad una vita priva di lussi.
"Ormai sei
con noi da parecchi anni, Thuien," comincia. "Anche se sembra che tu non
invecchi."
Anche se invecchiassi, sarebbe difficile per lui notarlo,
visto che copro ogni centimetro della mia pelle, per non essere riconosciuta per
quello che sono, un nemico della Cirte. Ma comunque Hendia ha ragione: io non
cambio. Il tempo mi ha concesso una tregua.
"Sono già passati sette
anni..."
Sette anni, sì. Sette anni di vita in più, per me, sette anni
rubati. So che non ne conserverò alcun ricordo. E' questo il prezzo che devo
pagare: quando tornerò indietro, questi sette anni saranno cancellati, e il
tempo ricomincierà a scorrere normalmente, con il conto in pari. Può darsi che
sia tornata indietro nel tempo altre volte - può darsi che tutti lo facciamo. Ma
solo mentre sono nel passato ne sono conscia. Forse, chi può dirlo, tutto questo
tempo èsolo una mia allucinazione: non ho alcun mezzo per stabilire al
contrario. Mi domando se sarò diversa, tornando, rispetto a com'ero quando sono
partita. Non credo.
Ma per ora, mi domando sopratutto dove vuole
arrivare Hendia.
"Hai fatto un buon lavoro con mio nipote. Lo hai
addestrato bene. Ma Dienna èun uomo, ormai."
Sorrido. Dienna era già un
uomo quando sono arrivata qui, e aveva solo dieci anni. Ma se Hendia vuol dire
che èdiventato adulto, si sbaglia.
"Continua."
"Credi che abbia
ancora molto da imparare da te?"
"Sì, Hendia. Se lo vuole."
Non
sto mentendo, anche se loro sono i soldati più temuti dell'Universo. Non si
sopravvive a lungo a un nemico se non si èbravi almeno come lui, e questa gente
era il mio nemico. Per questo io posso addestrare i loro figli.
"Ma può
cavarsela da solo, se èquesto che intendi. Sì."
Hendia rimane in
silenzio per un po'. Così lo aiuto.
"Forse vuoi che sospenda le lezioni,
Hendia?"
"No, no, Thuien. No, èlui che..."
"Dienna vuole
smettere?" chiedo incredula.
"No. Ma credo che pensi di farlo.
Controvoglia, certo..."
"Perché?"
Se davvero odio tanto Dienna,
perché mi sento così addolorata ora? La mia voce sta tremando.
"Se ne va
dalla Cirte. Gli hanno fatto un'offerta."
"Capisco," bisbiglio.
Buffo, ma mi sento come una madre che perde un figlio. Ho sempre saputo
che un giorno o l'altro se ne sarebbe andato lasciandomi, eppure ora non posso
fare a meno di soffrirne. Col tempo, sono diventata sempre meno dura nei suoi
confronti, e pensavo: E' perché la mia vendetta sia più completa; èper
sconfiggerlo . Ma la verità èche Dienna ha conquistato il mio affetto. E
questo èmolto male per me.
C'è qualcosa di strano in quello che ha detto
Hendia. Dienna ètroppo giovane per arruolarsi - non secondo il metro Say, ma non
èil loro esercito che lo costringerebbe ad andarsene dalla Cirte. Non èin quello
che vuole entrare. E se no, che altra offerta possono avergli fatto? La carriera
militare èla sola strada che gli si apre davanti, la sola professione per cui lo
abbiano preparato e che gli sarebbe consentita... a meno che...
"Parlami
di questa offerta, Hendia."
Ora il mio tono ètranquillo ed evidentemente
Hendia si èconvinto che l'ho presa bene, perché continua tutto allegro.
"Lo sai che lui ha sempre desiderato proseguire gli studi. Io pensavo di
farlo educare qui, all'Accademia di Tar Azil, ma a quanto pare lui non ne vuole
sapere. Ha scelto un campo molto specifico e l'Accademia non basta ad
accontentarlo"
Le poche idee indipendenti che Dienna riesce a sottrarre
al controllo del suo Clan sono piantate nel suo cervello molto, molto
saldamente. Dienna sa di essere in gamba nei suoi studi - di più, Dienna sa di
avere in sé la fiamma di un vero talento. Immagino quello che deve essere
successo fra Hendia e lui quando gli ha fatto sapere la sua decisione. Hendia
èvulnerabile in certe cose e Dienna lo sa - e lo odia. Gli deve aver fatto
venire un mezzo colpo.
"Invece, vuole andare sul Centro. A studiare
matematica, capisci?" Hendia sembrava davvero affranto.
"Su, Hendia.
Vedrai che quando avrà finito di studiare farà quello che vuoi tu. Diventerà un
bravo soldato."
Hendia mi lancia uno sguardo di gratitudine, senza
capire che lo sto prendendo in giro.
"Comunque, ora gli hanno offerto un
lavoro sul Centro."
Un lavoro. Con un improvviso senso di panico un
ricordo si fa strada. L'uomo che io avevo odiato, quello di cui mi volevo
vendicare, aveva detto qualcosa a proposito del Centro libero e progressista.
"Che genere di lavoro, Hendia?" chiedo molto calma.
"Per il
governo."
"Quello Centrale o quello Federale?"
"Mah..." dice
Hendia perplesso. Nella sua famiglia ci sono uomini politici; suo padre lo è, e
lo sarà Dienna, un giorno. Ma per Hendia, governo Centrale o Federale, non
conta, non fa differenza. C'è una sola autorità, ed èla Cirte. "Quello Federale,
credo."
"Capisco."
"Io sono contrario, naturalmente..."
"Non mi hai ancora detto che lavoro gli hanno offerto."
"Ah. Per
la sua professione, lo sai."
"Nell'esercito, vuoi dire?"
"No.
Nella polizia. Come Hellea."
Hellea vuol dire due cose in Say, ma credo
di capire quale intende.
"Hendia, sul Centro Dienna non potrà fare
l'Hellea. Sul Centro, come in tutta la Federazione Tyrosiana, la tortura
èillegale."
Temo che la mia voce non sia vuota d'emozione. Comunque
Hendia agrotta la fronte. I costumi Centrali, così diversi dai suoi, lo rendono
perplesso, ma non troppo. E' chiaro che pensa che tutti quelli che non sono Say
sono pazzi, da cui ci si può aspettare di tutto.
"Adesso che me lo dici,
credo che lavori in via ufficiosa."
Così èper questo che Dienna non ha
avuto il coraggio di parlarmene. Mi alzo, il viso distorto dietro la maschera,
ma Hendia non lo può sapere.
"Grazie, Hendia. Ora vado a parlare con
lui."
"No, aspetta..." comincia debolmente. Ma i miei occhi, lo so,
possono diventare spaventosi quando mi arrabbio. E ora sono arrabbiata. O forse
non èla parola adatta. Mi sento sconfitta e tradita ancora una volta. So di
avere perso.
Hendia si risiede e sta zitto e io esco dalla stanza. So
dov'è Dienna in questo momento, ma mi fermo nel salone comune. Devo essere calma
prima di incontrarlo. Alzo lo sguardo alla volta del gigantesco spazio interno
di Tar Azil, la città del Clan degli Shiela, la città in cui ènata l'Imperatrice
Hanvard e Cresna il legislatore, la città più antica illustre dell'universo, più
di Roma e sì, più anche del Centro, il simbolo splendido e svettante della
civiltà più vecchia e avanzata dell'universo, della civiltà morente a cui non ho
saputo strappare Dienna.
Guardo la volta altissima, che si protende a
cuneo verso il cielo che mi nasconde, guardo i suoi affreschi e le colonne che
la sostengono e tutto questo grida la superbia e la gloria, la grandezza dei Say
e la loro miseria: e la maledico in silenzio mentre le lacrime mi scorrono sul
mio viso, sotto la maschera, sopra le cicatrici. Ho perso la mia sfida. Lo so.
Ha deciso, l'ha fatto dopo averci pensato, e non tornerà sulla sua decisione. Io
gli ho proposto un'altra civiltà, che va bene per il resto della Galassia, dopo
tutto, e lui l'ha rifiutata. Ed èdiventato un soldato della Cirte, un
torturatore.
Quando entro in quella che chiamano, quasi affettuosamente,
"la piccola stanza", sono di nuovo calma. Lui èin piedi vicino alla complicata
sedia inclinata, sta calibrando uno strumento di precisione. Non voglio sapere a
cosa serve. Riesco con fatica a reprimere un brivido. E' già così simile
all'uomo che diventerà. La sua gente sembra sempre fredda e composta, con quella
carnagione chiara, gli occhi pallidi, i capelli incolori. Ma per lui èdiverso.
E' lo sguardo dei suoi occhi e non il loro colore a essere freddo. Chi lo guarda
ha ragione di rabbrividire: Dienna èun vero Say.
"Thuien, credevo che
non volessi venire qua dentro."
"No. Ma ora lo faccio, come vedi."
"Hai parlato con Hendia?" chiede cautamente.
"Lo sai
perfettamente. Me lo hai mandato tu. Ti dispiace se ne discutiamo assieme?"
Si toglie i guanti di gomma - per questa volta, ancora per questa volta,
non sono sporchi di aangue - e si siede sul tavolo di roccia dietro di lui.
"Immagino che sia inevitabile. Mi dispiace, Thuien, ma non sapevo come
dirtelo. Ci ho provato, ma sapevo che tu..."
"Hai fatto la tua scelta,
allora."
"L'ho fatta tanto tempo fa, quando sono diventato un Say,
quando ho scelto di appartenere al Clan. Lo hai sempre saputo, Thuien."
"Eri un bambino, non eri in grado di decidere."
"Può darsi, ma
l'ho fatto lo stesso, e non mi sono pentito della mia decisione. Thuien..."
"Potevi cercare un altro lavoro."
Dienna sospira.
"Potrei essere ipocrita a questo punto, e dirti che non ne ho trovato un
altro, che mi dispiace, che ho accettato malvolentieri, che non avevo tempo...
ma tu ti accorgesti che mento. Thuien, io sono uno Shiela, sono un Hellea, un
principe della Cirte, sono fiero di quello che faccio."
Cerca di
convincermi. Ci sono poche persone della cui stima gli importi veramente e io
sono una di quelle.
"Io non sono fiera di quello che fai. E' la cosa
peggiore che possa immaginare."
Perde il controllo, cosa che non gli
succede spesso.
"Cosa pensi che ti dia il diritto di giudicarmi, Thuien?
Prendi i nostri soldi, mangi alla nostra tavola, e poi sei sicura che le tue
opinioni valgano tanto più delle nostre! In che cosa sei migliore di me per
venirmi a dire che una tradizione a cui ho consacrato la mia vita èmale?"
Avrei voglia di urlare, ma i suoi occhi sono innocenti e sinceri. Crede
in ciò che dice e non potrò convincerlo del contrario. Io e lui apparteniamo a
due mondi diversi e per quanto a lungo io gli parli non potrò farlo passare dal
suo al mio, non più. Dienna ha ragione. Che diritto ho di condannarlo? su quali
basi poggio la mia convinzione che la tortura sia un male? Questa gente
ègenerosa e sinceramente dedita alla ricerca del bene, eppura non la pensa come
me. E hanno alle spalle millenni di civiltà. Perché penso di essere migliore di
loro?
"Non so che diritto ho di dirtelo," gli rispondo con voce atona.
"Ma so cosa vuol dire meglio di te. Sono stata sotto la tortura."
Mi
piacerebbe togliermi la maschera a questo punto, con un bel gesto teatrale. Ma
ho una sola cicatrice sul viso, non troppo impressionante, e troppo ovviamente
Shiela.
La rabbia èscomparsa dalla sua faccia. Non parla, mi guarda a
bocca aperta.
"Che cosa sai di me, veramente, Dienna?"
"So che
il nome che usi èfalso," bisbiglia, "so che mi odiavi quando sei venuta qui.
Penso che tu sia scappata dalla Rivoluzione... che tu sia uno dei loro. E so che
hai degli incubi la notte, a volte. Thuien. Adesso so perché."
La
Rivoluzione! Non ero nemmeno nata allora.
"Porto questa maschera," dico,
"perché ho orrore della mia faccia, non per coprire le mie cicatrici, come ti ho
detto. Ho cambiato il mio nome perché era il nome di una traditrice. E sono
venuta qui per vendicarmi, Dienna. Per vendicarmi del Say che pensava che io
meritassi una simile punizione. Da dove vengo, questo non lo puoi immaginare. Ma
non ho niente a che fare con la Rivoluzione."
Potrebbe dire molte cose.
Potrebbe chiedermi che cosa aveva fatto per incorrere nelle ire di un Say, se
èlui che volevo punire, se sono riuscita a compiere la mia vendettta. Ma prima
di tutto dice un'altra cosa.
"Mi dispiace, Thuien. Non volevo farti
parlare di questo. Non volevo costringerti a ricordare. Vuoi che usciamo da qui,
vuoi che continuiamo da un'altra parte?"
Ah, Dienna, penso, sei unico.
"No, no... non importa. Sono passati tanti anni. Io ho cercato di
educarti in modo da renderti diverso da quell'uomo, perché quale migliore
vendetta avrei potuto avere?"
Dienna chiude gli occhi.
"Ma non
ci sono riuscita. Non potevo riuscire."
"Thuien... lo meritavi?"
"Nessuno lo merita. Solo che a questo tu non credi, non èvero? No. Non
lo meritavo, ma lui credeva che io fossi colpevole."
"Chi era, Thuien?"
Sorrido.
"Quell'uomo èancora innocente, e chi sia non ha molta
importanza."
Mi guarda molto serio.
"Io non credo che tu fossi
colpevole."
"Grazie. Ma tu non conosci la situazione."
"Ho
fiducia in te."
Sospiro. Dienna gira lo sguardo sulla stanza,
angosciato. Ma io so, ormai, che non èsconvolto nello stesso modo in cui lo
sarei io al suo posto. Gli dispiace per me, ma questo posto terribile non lo
spaventa e non lo disgusta. Dienna non cambierà idea.
"Mi hanno
insegnato che la legge èvalida anche quando la giustizia umana commette degli
sbagli," dice alla fine.
"Sì, naturalmente. Quando la legge ègiusta."
Fa una smorfia. Forse sbaglio a perdonarlo. Perché io so quante vittime
lascierà sulla sua strada; e quelle meritano la mia pietà più di lui. Con la sua
fiducia nella legge. Con la sua anima indurita. Avrei dovuto ucciderlo non
appena sono arrivata qui. Ma come potevo farlo? Era solo un ragazzo, ed era
innocente: nessuna colpa pesava su di lui. Non aveva ancora decimato Payna e
Kaideka. Non èancora colpevole, colpevole di avere ucciso i miei compagni, di
avere ammazzato due miliardi di persone. Non ancora.
"Thuien, non lo
faccio per divertirmi." Fa una pausa, senza guardarmi, e con gli occhi
aggrottati. Dice qualcosa che io già so, perché l'ho letto sui libri di storia,
ma che per lui dev'essere un segreto doloroso. Non me ne aveva mai parlato. Lo
fa con voce piana e controllata. "Mio padre èmorto qua dentro. Era un
rivoluzionario. Lo sapevi? Io odio questo posto. Ne starei ben alla larga se non
fossi convinto..."
"... che tuo padre se lo meritava," finii. "E come
lui tutti quelli che hanno impiccato sulla Piazza della Pace, e..."
"Avevi detto di non avere niente a che fare con la Rivoluzione."
"Non direttamente."
Dienna ritorce violentemente, con il tono di
un bambino ma le parole di un adulto: "Be', io ho avuto a che fare
direttamente con la Rivoluzione. Ero qui durante il blocco. Ero un bambino ma me
lo ricordo bene. So cos'è stata. Non voglio vederne un'altra." La sua voce da
acida si fa quasi supplice. "Lavorare per la polizia Federale èl'unico
contributo che posso dare. Mi dispiace se non ti va. Non va molto nemmeno a me."
Annuisco. Amaramente penso che Dienna, a dispetto delle apparenze, sarà
un bravo torturatore. Efficente. Lo so per esperienza.
"Quando parti,
Dienna?"
"Fra qualche ora."
"Qualche ora?"
Vorrei avere
più tempo. Solo per salutarlo. Ma come posso dirgli che lo amo come un figlio,
quando so fino a che punto lo odierò fra pochi anni?
"Devo andarmene,
sai," dice quasi in tono di scusa. "Devo andarmene dalla Cirte. Impazzirò se
resto qui. Hendia e anche gli altri, tutto il Clan, mi trattano come se fossi io
il traditore, e non mio padre. Non lo sopporto più. Questa èla prima occasione
che mi si presenta e devo coglierla. C'è l'Università sul Centro. Io ho del
talento, sai, potrei diventare un grande matematico."
Ma ci sarà una
guerra, e poi un'altra, e tu farai sempre il tuo dovere. Non ti daranno il tempo
o l'occasione per diventare un grande matematico.
"Lo so. Ti faccio i
miei migliori auguri."
Ho la gola troppo chiusa per dire altro.
"Thuien... non so chi sia quell'uomo e cosa lo abbia spinto. Ma non
posso perdonargli di averti fatto del male." Ha parlato velocemente e
affannosamente. Scende dal tavolo e mi abbraccia: un gesto così poco tipico di
lui e della sua gente. Se lo raccontassi a Hendia non ci crederebbe.
"Ti
voglio molto bene, Dienna," dico solo.
"Anch'io. Spero di rivederti."
"Ci rivedremo," rispondo tristemente.
Se ne va. La porta si
chiude e io rimango sola. Mi siedo sul tavolo e piango. Che altro potrei fare?
Dienna mi rivedrà, questo èvero: ma non potrà riconoscermi. Fra più di
vent'anni, quando sarà un generale di Tyros e il suo nome una bestemmia in tutta
la Galassia, lui incontrerà una giovane donna di Chashanna. E quella donna sarò
io, ma non potrà riconoscermi nel volto su cui la sua mano traccerà quello
sfregio, il marchio degli Shiela. Era per evitare che questo accadesse che sono
venuta qui - ora. Ho fallito.
Ma non èper questo che piango.
Piango e mi tolgo la maschera e il mio viso si specchia sul piano del
tavolo. Odio quell'uomo che ho visto chinarsi su di me in quella cella
tyrosiana, tanto lontano da qui, quell'uomo senza pietà. Quello che ha versato
tanto del sangue della mia gente per stroncare la rivolta. Lo odio ora come
allora. Ma non posso dimenticare che lui e questo ragazzo dallo sguardo limpido
e innocente che amo come un figlio sono la stessa persona. Sarà lui a
distruggere le mie speranze e me, a rendermi come non ero mai stata prima:
crudele e vendicativa, spietata come lui.
Ma non ènemmeno per questo che
piango.
Ora capisco che non ho mai avuto nessuna possibilità. Da qualche
parte a Chashanna, nei Pianeti Esterni, io sono una bambina: per me - quella me
- il futuro non èfisso. Se quella bambina facesse qualcosa di diverso da quello
che ho fatto io, se non prendesse le armi, o se fosse capace di guidare
l'insurrezione meglio di quanto ho fatto, forse non subirei la stessa sorte. Ma
non lo farà, altrimenti come potrei essere qui? Non ci sono leggi sovrannaturali
in gioco, il destino, la volontà della Dea: solo la comune legge di causa ed
effetto. Sono venuta qui per ciò che Dienna ha fatto, quindi, finché sono qui,
ciò che ha fatto rimane. Se riuscissi a cambiare la sorte dei Pianeti Esterni, e
la mia, ad evitare il disastro, non avrei più ragione di essere qui e non ci
sarei. Non speculiamo su quello che avverrebbe allora, perché io sono qui... il
mio presente di ora ègià il mio passatto e come tutti sappiamo, il nostro
passato èimmutabile, perché giace dietro di noi nel tempo e i suoi effetti sono
su di noi.
Ma non ènemmeno per questo che piango.
No, èperché la
trappola in cui mi sono cacciata èpiù terribile. Non ho detto che le mie azioni
non possano avere influenza sul presente - sul futuro, rispetto ad ora. Perché
ora so che quello che ho fatto in questi sette anni avrà effetto sul tempo dal
quale provengo. Effetti che erano già presenti quando sono partita. Sì: perché
sono venuta fin qui? Perché il generale Dienna mi aveva reso impossibile la
vendetta nel mio tempo. Mi era sfuggito. Ora capisco. Dovevo fare qualcosa
perché il presente fosse uguale al presente. Non ho potuto salvare me stessa ma
ho condannato Dienna, il Dienna che amo. Perché nei suoi occhi, prima che se ne
andasse, ho colto un attimo di dubbio, una scintilla d'angoscia. Per un Say non
èpossibile cambiare così radicalmente le sue convinzioni, come io volevo fare:
una morale non si cambia nel giro di una generazione. Ma i valori crollano, le
società si trasformano, e nei periodi di transizione, quando non si sa più in
cosa credere, allora gli uomini soffrono. Dienna non conosce il valore del
dubbio. Io l'ho tentato, e ora lui non può fare a meno di rimanere fedele al suo
popolo, ma non può neanche fare a meno di dubitare. Per questo non avrà mai
pace, e diventerà l'uomo cupo, tormentato, incapace di sorriso che tutti mi
hanno descritto, per questo finirà la sua vita tagliandosi le vene, sottraendosi
alla mia vendetta.
Io l'ho condannato a questo. Ho avuto la mia
vendetta.
Per questo piango.
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