"LA SAGA DEGLI IMMORTALI"

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DI ORAZIO MARLETTA

PROLOGO

Waazer stava seduto nella sua cabina e guardava l'oscurità del cosmo dall'oblò della grande nave da battaglia.

Era pensieroso perché alcuni segni che aveva notato negli ultimi giorni gli dicevano che la guerra tra il popolo degli Uomini ed il Patriarcato si stava risolvendo a favore di quest'ultima fazione.

Waazer non era nato da madre umana ma sintetizzato in provetta da un uovo ed uno spermatozoo sintetici. Il patrimonio genetico era stato progettato dalle più grandi menti dell'universo conosciuto.

Egli era un esperimento e gli altri lo chiamavano Uomo Macchina.

Lui era un umano a tutti gli effetti ma c'erano alcune differenze che non erano evidenziabili con i comuni esami clinici, anche se accurati. Solo test specifici erano in grado di documentare la sua enorme forza fisica e la sua capacità intellettiva.

Il suo cervello era di dimensioni lievemente più piccole della media ma il numero di neuroni e le loro caratteristiche rendevano tale cervello estremamente intelligente tanto da non aver bisogno di computer per eseguire qualsivoglia operazione analitica.

Questo gli aveva provocato non pochi problemi di relazione con gli altri umani che vivevano in rapporto di totale dipendenza dalle macchine.

Quando Waazer ed i suoi fratelli furono progettati il Patriarcato aveva in mente un solo scopo: generare macchine belliche perfette. Macchine biologiche capaci di mimetizzarsi in modo ottimale e di inserirsi tra le fila nemiche senza essere riconoscibili ed allo stesso tempo immortali e indistruttibili. Ecco il perché era stato necessario dare ai guerrieri biosintetici sembianze e biologia umana.

Erano stati fatti centoquarantaquattro guerrieri come lui e la loro efficienza bellica fu di gran lunga superiore alle aspettative del Patriarcato che li aveva prodotti.

Tuttavia il Patriarcato non aveva previsto alcune cose:

I) Gli Uomini Macchina imparano dall'esperienza ed il loro comportamento non è determinato solo dalla logica, ma anche da una capacità intuitiva che consente loro di cogliere l'essenza delle cose e delle situazioni, rendendoli imprevedibili nelle azioni belliche e non.

II) A causa di questa loro caratteristica creativa gli Uomini Macchina non riconoscono padroni e non sono controllabili dal punto di vista psicologico.

III) Gli Uomini Macchina esprimono curiosità ed emozioni.

Quest'ultimo elemento aveva mandato completamente in tilt tutto lo staff di ricercatori che li avevano progettati ed addestrati perché usciva fuori da qualunque possibilità di interpretazione teorica.

Ma il motivo era semplice: gli Uomini Macchina erano consapevoli. La loro consapevolezza di se stessi era ignota ai loro costruttori.

Waazer rifletteva nella sua cabina, se ne stava in piedi nudo di fronte alla parete panoramica che si apriva nell'oscurità del cosmo. Per un osservatore esterno era una scena davvero strana; intorno alla testa del guerriero orbitavano, in giochi di movimento bizzarri, due sfere di metallo nero. Queste erano armi che lui usava in battaglia, si muovevano grazie alla sua capacità telecinetica e venivano scagliate allo stesso modo ad altissima velocità. Quando lui era pensieroso giocherellava facendole ruotare nello spazio in quel modo, per Waazer era come picchiettare le dita su un tavolo.

La cabina era grande, se paragonata alle cabine delle navi da battaglia, era lunga circa quattro metri e larga due. All'interno c'erano un letto gravitazionale, un piano di lavoro con una consolle ad oleverghe collegata alle banche dati della nave. L'arredamento era completato da un armadietto nero.

L'aspetto spartano era mitigato dai dipinti e dalle sculture disposte in modo armonico lungo le pareti. Le opere artistiche erano sue, le aveva create nei lunghi periodi di inattività cui era costretto tra una battaglia e l'altra.

La luce era diffusa in maniera uniforme dal soffitto, mentre la parete panoramica che in quel momento era trasparente poteva divenire opaca escludendo lo scenario immenso dell'universo, a fianco alla porta di accesso era ricavato un vano con i servizi igienici ed una doccia.

Waazer pensava al giorno in cui durante una battaglia aveva risparmiato un nemico perché lo aveva incuriosito.

Era la prima volta che non uccideva un nemico da quando aveva completato il suo addestramento sul pianeta freddo di Orion 3. Ciò che aveva frenato la sua mano fu il fatto che il nemico portava al collo un amuleto strano. Ma più ancora lo aveva colpito la mancanza di paura negli occhi della donna che stava per uccidere.

"Che cos'è?"

Aveva chiesto lui indicando l'amuleto e dopo essersi sfilato il casco spaziale nero che non lasciava intravedere i lineamenti del volto.

La donna valutò il guerriero; non aveva un grande aspetto. Statura media, robusto, con occhi dolci ma determinati e con una strana tonalità azzurrina nella pelle, i capelli erano corvini e corti. Eppure, nonostante l'aspetto innocuo, quel guerriero aveva massacrato con precisione quindici guerrieri bene addestrati dell'esercito degli Uomini con le sole mani e si stava accingendo ad uccidere lei.

"Che cos'è?"

Ripeté Waazer indicando di nuovo l'amuleto. La donna si riscosse, si rese conto che era ancora viva, trasse un respiro e rispose:

"Un amuleto."

La voce di lei colpì Waazer come un pugno allo stomaco; era calda e melodiosa e non tradiva paura. Egli sapeva bene che cosa fosse un amuleto; nella sua prodigiosa memoria c'era ogni forma di conoscenza scientifica storica ed umanistica sia del patriarcato che del Popolo degli Uomini.

"A cosa serve?"

Chiese ancora Waazer.

"Aiuta a morire."

Rispose lei.

"E' per questo che non hai paura?"

"No. Gli Uomini sanno che la morte è solo un passaggio da una condizione ad un altra che è più evoluta, se mi uccidi non fai che accelerare la mia evoluzione".

Waazer sapeva tutto delle filosofie e delle religioni che si professavano nell'universo conosciuto, ma la donna esprimeva un concetto che lo stupì più di quanto si aspettava. Fin dai primi anni della sua infanzia la morte aveva esercitato su di lui un fascino misterioso ma nessuno dei suoi istruttori era stato in grado di dare una risposta soddisfacente ai suoi interrogativi.

Certo gli avevano parlato degli eventi che si verificano nel corpo dopo la morte, ma niente di più, solo reazioni chimiche. Nulla di ciò che succede alla coscienza. Ed ora, questo nemico gli diceva che la morte rappresenta una evoluzione.

Dopo un istante disse: "Tu sei mia prigioniera. Voglio che mi insegni la tua filosofia in relazione alla morte."

La donna restò ferma e domandò: "Non mi uccidi?"

"No!" Rispose laconico il guerriero.

Un istante dopo la sonda computerizzata che lo accompagnava in battaglia per verificare le reazioni degli uomini macchina disse in modo perentorio:

"Unità Waazer, devi sopprimere i nemici e non fare prigionieri. Esegui gli ordini."

Waazer si voltò, guardò con aria indifferente il detonatore al plasma che la sonda di controllo gli puntava addosso minaccioso e, con un puro e semplice atto di volontà, distrusse la sonda facendola esplodere in una palla di luce silenziosa, interrompendo per la prima volta nella sua lunga vita, più di seicento anni, i contatti con il Patriarcato.

Si mise in contatto telepatico con i suoi centoquarantatre fratelli ed in una frazione di secondo li informò della sua decisione di non combattere più fino a che non avesse scoperto il significato della morte.

I suoi fratelli compresero ed in centoquarantatre punti diversi dello spaziotempo altrettante sonde di controllo esplosero in una palla di luce.

Quando si riunirono al largo del mare di polvere della costellazione della Vergine, su un planetoide privo di atmosfera; decisero che avrebbero studiato la natura della morte. Per farlo dovevano mettersi in relazione con il Popolo degli Uomini.

L'unico legame era il prigioniero di Waazer. Galein trasalì quando la porta della sua cella si apri e comparve Waazer nudo (come era uso tra gli Uomini Macchina quando erano tra di loro).

"Qual' è il tuo nome?" Chiese l'uomo;

"Galein." Rispose lei;

"Parlami della morte." Disse lui.

Lei fu stupita dalla dolcezza che aveva la voce del guerriero e dopo una pausa rispose:

"Non saprei che cosa dirti. E' un argomento molto complicato che solo gli Sciamani del Popolo degli Uomini sanno affrontare."

"Come faccio per vedere uno sciamano?"

La risata di lei lo colpì come una doccia fredda; erano secoli che non vedeva ridere qualcuno e ne rimase affascinato.

"Perché ridi?"

Domandò lui con aria corrucciata e perplessa.

"Tu sei senza dubbio il guerriero più formidabile che io abbia mai visto… Ma come fai ad essere cosi scemo da non capire che non tradirò mai il mio popolo? Non penserai che ti porti da uno Sciamano col rischio di farlo uccidere da un nemico?"

La risata era diventata quasi isterica e sfociò in un pianto dirotto. Si era appena resa conto dii essere scampata alla morte e di essere l'unica sopravvissuta dell'equipaggio che quell'uomo strano aveva massacrato incurante dei raggi laser che lo colpivano, dilaniandogli la carne. Ed ora era prigioniera.

Waazer fissò la donna pensieroso ed affascinato; pensò che la donna aveva ragione. Ora gli Uomini Macchina non avevano più alcun popolo ed erano rimasti soli contro tutti.

Il Patriarcato li stava braccando perché disertori estremamente pericolosi, il Popolo degli Uomini li stava cercando per distruggerli perché loro rappresentavano l'arma più pericolosa del Patriarcato. Uscì dalla cella dopo aver provveduto alle necessità fisiche di Galein. Prima di lasciarla, più per istinto che per ragione, accarezzò teneramente la testa della donna che smise di piangere e rassicurata sorrise.

Egli subito dopo si chiese perché provava pietà per un nemico, era la prima volta che gli accadeva… Chiese ai suoi fratelli di incontrarsi per discutere il da farsi. Fu una riunione molto strana e lunga, almeno secondo il loro metro; durò quasi quindici minuti.

Era una riunione silenziosa poiché gli Uomini Macchina preferivano il linguaggio telepatico a quello parlato. Il Patriarcato non sapeva delle qualità ESP degli Uomini Macchina. Essi fin dall'infanzia avevano tenuto nascosto ai loro istruttori su Orion 3 le loro doti, per il fatto che avevano letto i loro pensieri ed avevano visto che gli uomini del Patriarcato vivevano nella paura ed erano violenti contro tutto ciò che non capivano. Per cui, i centoquarantaquattro fratelli senza genitori, finirono per avere una loro vita segreta che li portava ad amarsi anche di più che se fossero stati fratelli di sangue.

Waazer comunicò il contenuto del colloquio che aveva avuto con Galein. E tutti compresero la stranezza della loro situazione, ma anche le implicazioni belliche. Kraid, una donna dagli occhi chiari e dai corti capelli biondi, che era stata sintetizzata circa due secoli dopo Waazer, dopo un attimo di riflessione disse:

"Il problema della morte è molto importante per noi Uomini Macchina, noi non abbiamo avuto una madre e quindi nemmeno una vera nascita, il nostro organismo è in grado di sopportare danni che sarebbero mortali per qualunque essere vivente nell'universo conosciuto, e non invecchiamo. Tuttavia la nostra è una misera esistenza, che si svolge in continue battaglie per una guerra che non abbiamo scelto di combattere. Quando il Patriarcato ci ha progettati non sapeva che saremmo diventati individui autonomi e quando lo ha scoperto ci ha messo alle costole le sonde di controllo per accertarsi che noi facessimo il nostro dovere di macchine belliche. Ma vi siete mai chiesti perché è scoppiata la guerra? Per quale motivo due gruppi di umani appartenenti alla stessa specie animale si dia battaglia da quasi ottocento anni? Avete mai visto gli occhi di un nemico mentre muore per mano vostra? Non vi è mai capitato di sentire una strana onda telepatica che si prolunga oltre la morte della vostra vittima? Io voglio capire che cosa capita e voglio provare a morire."

Il silenzio seguì quelle parole. Il gigantesco Urad, il più forte degli Uomini Macchina, era calvo e con la pelle lattiginosa, alto circa due metri e mezzo e pesava oltre duecentocinquanta chili, i suoi occhi castani erano tristi, si alzò in piedi e con voce di basso cavernosa disse:

"Io ho seicentocinquanta anni, più di seicento li ho passati, ad uccidere e sono stanco di farlo, anche se ormai è una abitudine. Anch'io vorrei conoscere che cosa c'è dopo la morte. L'ho già cercata. Una volta mi sono fatto decapitare in battaglia, ma i sistemi di sopravvivenza del mio cervello hanno ricostruito il mio organismo solo usando l'energia cosmica che aveva intorno. Quello che ho vissuto è stato solo un sonno di qualche giorno, niente a che vedere con l'onda telepatica di morte di cui parla Kraid. Io dico che è necessario conoscere uno Sciamano del popolo degli Uomini per farci insegnare la via che porta alla conoscenza della morte."

Erna era la preferita di Urad, era una donna piccolina che non superava i cinquanta chili di peso ed era bruna con splendidi occhi verdi.

Waazer si era sempre chiesto divertito come facessero quei due a far sesso insieme e pensava che Erna doveva avere una notevole dose di masochismo per preferire di accoppiarsi con un gigante come Urad.

Mentre Waazer faceva queste considerazioni tra se e se Erna parlò:

"Non è così semplice trovare un sciamano del Popolo degli Uomini ed è ancora più difficile trovarne uno disposto ad insegnarci qualche cosa. Noi siamo stati loro nemici per molti secoli ed abbiamo ucciso la loro gente con una ferocia tale da non lasciare spazio a considerazioni amichevoli. Se mai riuscissimo a trovare uno sciamano egli ci considererà nemici."

"A meno che noi non si riesca a convincerlo della nostra buona fede."

Disse la voce allegra di Menel, la donna che Waazer considerava, insieme alla bionda Tai, sua sorella più degli altri. Era una donna dagli occhi neri e con un fisico atletico tanto feroce in battaglia quanto dolce a letto, a volte passava un ombra di tristezza nei suoi occhi, i suoi lunghi capelli neri erano acconciati in modo da formare una lunga coda che le conferiva un'aria sbarazzina. Non abbandonava mai la sua spada di semplice acciaio, anche se, come ogni Uomo Macchina, non ne aveva alcun bisogno.

"Che cosa intendi proporre a riguardo?" Chiese Urad il gigante.

"Propongo di inviare la prigioniera Galein dal suo popolo indenne, con un messaggio e con la richiesta di un contatto di studio reciproco in territorio neutrale… Ammesso e non concesso che ci sia un territorio neutrale."

"E' vero che rimandare indietro la prigioniera indenne è un atto di per se unico, visto che non abbiamo mai fatto prigionieri, ma Gli Sciamani potranno pensare ad una trappola."

Disse Jodiel; il più vecchio degli Uomini Macchina.

"Questo è vero. Ma se noi non parteciperemo più ad azioni belliche contro il Popolo degli Uomini in breve tempo… diciamo venti o trent'anni, il Popolo degli Uomini dovrà convenire che non siamo più schierati con il Patriarcato." Disse Menel.

"Non abbiamo tempo." Disse Waazer;

"Ho scrutato l'universo per diversi giorni e i segni che ho visto mi dicono che il Patriarcato vincerà la guerra anche senza di noi e tra breve tempo. La flotta stellare del Grande Patriarca si sta muovendo verso un braccio esterno della galassia, là dove si dice che il Popolo degli Uomini ha il suo quartier generale. La flotta ha una nave da battaglia nuova che è in grado di annullare il tempo e lo spazio, spostando le navi avversarie nel nulla energetico. Prevedo che la guerra finirà entro cinque anni. E se vincerà il Patriarcato noi saremo costretti ad una vita eterna, non voluta e senza senso…"

Quei pensieri, espressi in modo privo di emozione, piombarono i presenti in un silenzio mentale fatto solo di disperazione.

Per un tempo che pareva infinito, le uniche cose in movimento erano le spie luminose della grande sala in cui lo strano gruppo era riunito. I guerrieri stavano seduti su consolle e tavoli di comando oppure su sedili a gravità o sul pavimento della nave da battaglia in modo disordinato e nudi, la luminosità era molto bassa. Davano l'impressione di una ciurma di pirati, non certo di guerrieri evoluti. In quel momento, a peggiorare il loro aspetto, l'espressione degli Uomini Macchina era a metà tra la tristezza e la rabbia che prelude alla furia aggressiva.

"C'è un modo per convincere gli Sciamani della nostra buona fede e guadagnare tempo per poter imparare la loro scienza." Disse Kadal il più giovane.

Questa affermazione catturò l'interesse immediato degli Uomini Macchina, che divennero attenti come un branco di predatori che annusa una preda.

Dopo un istante egli continuò:

"Distruggiamo la nave che annulla lo spazio-tempo del Patriarcato"

"HIAAAAAAAAA"

L'urlo selvaggio che questa volta scaturì dalle bocche dei presenti era un urlo di guerra e di approvazione.

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