- Vanni De Simone -

presenta





A S G A R D






uno




Asgard strapiomba nel mare della baia di Monteverità uguale a una S P 1000 gigantesca. L'ombra del promontorio dà all'acqua una tinta ferro, e la Piramide della Macchina della Memoria Globale che buca le onde avanti diventa un giocattolo su una superficie incrostata di scuro. Ai Vogel vecchi deve ricordare qualcosa, da come la guardano, ma non ne parlano mai. Non per diffidenza o paura ma dopo avere decretato l'inutilità di ogni memoria devono sentire una morsa stringere dentro. E forse un'angoscia per certi pensieri perduti che compaiono e scompaiono come i rivolgimenti del tempo, come le pareti della Piramide i giorni del ghiaccio o quelli del sole bianco. Dalla città esce un accecamento di colori come se anche lei parla la lingua cromatica dei Vogel, rosso sangue dai muri dei cubi case, marmo candido sulle gradinate degli anfiteatri e ocra sui tetti; e poi il bianco degli occhi sbarrati di vecchi ritratti che segnano in serie continua la parte interna dei muraglioni di cinta della difesa: facce stinte di antichi contadini con pupille dilatate da una superbia che gli è calata addosso senza neanche loro sapere come, inchiodati a un tempo dimenticato.
In alto, la direzione irregolare dei muraglioni forma una macchia che chiude la rete delle strade nelle serie concentriche di molte fasce interne, e poi in altre esterne prive di confini apparenti che sembrano alludere a una ragnatela superiore, una utopia bloccata da immaginare soltanto per esistere. Così i basoli delle strade, i colori delle statue e delle iscrizioni, e le luci che sfrigolano nella pioggia sono il simbolo della sua natura irreversibile. Una perfezione colorata innestata sui Vogel abitanti interni, sui sacerdoti Tresviri e su ogni altro essere chiuso dentro. 

In discesa diagonale centinaia di metri sul livello dell'acqua, un anello di occhi di vetro avvolge il settore supremo della Cuspide. Gli oblò giganti delle celle degli Aspiranti al Consiglio Supremo fissano le linee che chiudono i confini di Asgard. Da dietro i trasparenti finestre una sagoma nera incappucciata segue i voli delle S P e poi scruta a oriente il fondo del sole bianco, e poi in alto e poi ancora il mare finché il colore del cielo affonda nel blu stinto della baia. L'oblò rotondo è la parete esterna della cella, e la luce schiaccia l'interno dentro un vortice. Sotto il cappuccio i raggi del sole tentano di accendere la faccia cerea di Akrut, ma lui non porta mai occhiali scuri e sbatte le palpebre e si passa una mano sulla fronte. Pare a disagio così illuminato, forse crede di stare bene solo quando gli sconvolgimenti atmosferici rovesciano Asgard e appare ghiaccio nel sole e fuoco nella pioggia.
Quei giorni il mare si frantuma sulle linee diagonali della Piramide e nel salso qualche gabbiano ostinato racconta storie che capisce solo lui. Storie passate, da come le dice malinconico, per questo Akrut intuisce di che cantano i gabbiani. E riesce a leggere anche i colori della tempesta e la spuma delle onde, e a capire il suono di vento e acqua contro le pareti della Macchina Globale. Solo i Tresviri hanno la conoscenza della memoria, ma lui che ha scoperto di capire la lingua dei gabbiani, riesce a leggere oltre i colori di Asgard. 
E stacca gli occhi dal profondo azzurro e si allontana rinchiuso nel cappuccio da Aspirante per un corridoio squadrato immerso in un ronzio stabile. L'interno Piramide è un groviglio di condotti su piani verticale-orizzontali collegati da montacarichi ed elevatori, e forma un mondo fuori tempo, e giorno e notte marcati dagli strumenti si fanno un'astrazione. Uguale al più gigantesco cargo del mondo in viaggio per portare l'Utopia realizzata attraverso il tempo. Scorrono prese d'areazione e file di ingressi perfettamente identici perché l'interno non dà riferimenti ma solo punti luce e tracciati ovali di centinaia di portelli. Qualunque apertura può chiudere la cella di un Aspirante o aprire la voragine a infinito di un montacarichi di scorrimento o anche buttarsi giù per le scalette di ferro dei condotti di collegamento. Memorizzare la configurazione interna è la condizione essenziale per un Aspirante e Akrut ha nella memoria i circuiti planimetrici di tutta la Piramide e i codici accesso di centinaia di portelli. Ognuno comandato da uno spettroflash o un suono archelingua differente, e non è mai successo che un Aspirante abbia dimenticato un flashcolore o un codice o sia finito in un ambiente sbagliato. 


* * *

Il Fisher si rigira su una cuccia seminata di macchie sospette avvolto dalla tana penombra. Lo scuro si mescola ai capelli uguali al ghiaccio e confonde una figura accanto a lui con una faccia tipo i tramonti sul mare. Ma di colpo il Fisher fa volare la coperta sottile di reflox e sbarcolla nella stanza attento a non inviare segnali di avviamento agli oggetti nella tana. Ha lo sguardo fisso come se cerca un punto equilibrio del corpo una volta massiccio e adesso diventato pelle tesa su una specie di telaio da androide. Una cicatrice su una guancia, una sulla fronte e occhi neri strabici tagliati da un'esistenza di strappi e sussulti che lo hanno traversato dentro e ora lo stringono da fuori. Ma nessuno deve capire il significato reale del colore dei capelli o dei segni in faccia. 
Urla qualcosa in archelingua all'organismo Outer femmina accanto, una bellezza da megavideo interattivo, quello dove le immagini pure più vere del reale diventano finte se prendono consistenza concreta. - Bastarda con tutte le tue storie!... 
- Come significa questo..., fa la Outer, Forse tua benzedrina... Ma il Fisher si gira e di colpo attorno alla fronte lampeggia un kromaton che fa brillare una chiave appesa al collo. Flash di bestemmie in cromatico e i riflessi inondano la faccia bruna della Outer che sgrana gli occhi, e la pelle scura e il taglio strano dei capelli rilucono alle flash intermittenze. La Outer strilla che non è colpa sua e si copre la faccia ma il Fisher la colpisce due o tre volte e si raschia dalla gola gli scaracchi di benzedrina. Roba pura, non la merda che spaccia lui nel foro, ma sa bene che gli incubi non arrivano dalla benzedrina ma da storie che ha raccontato la Outer di dei e di circoli attorno al fuoco, orrori fatti della stessa materia dei sogni, e il mondo con un aspetto orrendo, rotondo, azzurro.
E poi dal kromaton parte un segnale che illumina un baule borchiato e il Fisher lo apre con la chiave. Tira su il coperchio massiccio e infila una mano nella bocca spalancata e mostra il pugno chiuso alla Outer.
- Vedi questa roba? fa in archelingua, L'ho avuta da un tipo che non immagini... Sul palmo appare una fialetta e il Fisher sospira a si accosta al trasparente della finestra. Con un rutto cromatico accende un segnale giallo a lato del trasparente e l'appannamento si annulla lento. All'esterno un sole bianco e distante incollato sopra un blu diafano. Bippa il videofono e il Fisher nero - giallo - giallo - blu grugna 'Che c'è!' Sul riquadro videofono la faccia butterata di Vaiolo riverbera nella stanza. Ok ok, il Fisher brontola. Un gesto e la Outer alza il velo leggero della termica reflox e mostra due tette aguzze con in cima capezzoli buio marrone. La più bella puttana di Asgard, il Fisher ghignoflasha, e anche la Outer sorride. Ma con la bocca, solo.



due




Gli occhi azzurri nervosi di Akrut seguono sullo schermo interattivo della cella i dati di una notizia strana su una specie di racconto che i Vogel si direbbero di nascosto. E una falda del cappuccio cala avanti e lui tira su una mano dalla tastiera con un gesto smarrito e dal cappuccio spuntano capelli rosso oro fluenti. Dati in cromatico macchiano la cella di sfumature e toni diversi che gli dipingono la faccia. Ma poi Akrut digita simboli misteriosi in archelingua e le sfumature del cromatico spariscono e sullo schermo compare l'archelingua. Ad Asgard non la parla quasi nessuno perché i Vogel flashano il cromatico dai bulbi dei kromaton che innestati sulla testa li fanno uguali agli androidi, e captano la realtà esterna attraverso un video finestra. Stessi segnali colorati e una procedura identica ai moduli-comunicazione delle macchine, così dentro Asgard esiste un'interfaccia macchine-umani e umani-umani in base ai colori. Ma qualcuno ha ereditato l'abilità con l'archelingua, anche se la usa con un senso di vergogna e in disparte, anche se poi si vergogna ancora di più perché si scopre tra sosia mostruosi, e alla fine sente un odio violento per quella capacità. Ma solo i Tresviri o gli Aspiranti al Consiglio sanno decifrare sul serio l'archelingua del Grande Fratello. Il mondo complesso di Asgard non era riducibile in segni limitati o poveri come l'alfabeto degli antichi, per questo dopo la terminazione del Grande Fratello e la conquista del potere cibernetico i Tresviri elaborarono il cromatico.


* * * 

Non ancora artificiali ma quasi a-umani i Vogel non toccano mai terra e si muovono solo sulle S P. Come se tutti vagano in uno spazio geometrico di perfezione riferito all'unico mondo possibile, il presente. Invece al tramonto il foro brulica sempre di Vogel di Asgard e delle colonie oltre le Colonne di Ercole. Sembra che corrono uno addosso all'altro spinti da una forza interna che devono controllare bene, in realtà, perché nemmeno si sfiorano. Sfrusciano gli svolazzi e i vestiti schioccano profumi di stoffe nuove. Salutano con un inchino e le donne allungano le dita piene di anelli massicci. Sostituiscono i kromaton. Probabile che credono di essere diverse da un androide in quella maniera. Flashano dalle dita affusolate sequenze intere o sezioni di discorso su argomenti già pronti. Così quando si incontrano non devono sforzarsi a scegliere i colori della frase ma dialogano dentro un sistema comunicazione a colpi di segmenti programmati.
Il Fisher ingrugnato sputa a terra e segue strabico le donne dall'ombra delle colonne della parte più nascosta del foro. Non deve reggere bene il bianco del sole in discesa, e chissà dove pensa con l'aria stravaccata da una parte. Ogni tanto dà un'occhiata oltre le colonne alla piazza, e intanto palpa nervoso in una tasca gli aghi di benzedrina. Ruota gli occhi attorno ma nel campo visivo entra solo la faccia butterata di Vaiolo. Della benzedrina si diverte a flashare che è la sua 'missione' e ripete 'missione' e sghignazza nel naso. E aggiunge 'in questa posto di merda' e le flashsmorfie storcono una risata oscena. Deve pensare intenso quando fa il numero, cose che girano più veloci dei programmi intercettazione della Safe. 
Il Fisher non tratta solo benzedrina ma anche organismi Outer femmina da spedire a battere nel settore del Muraglione di Cinta, e lo aiutano tre sclassificati con facce fuori serie, Vaiolo filosofo, Kresta Astrologo e Koda Poeta. 'Fratelli di lotta', ha detto di loro una volta mostrando un ago di benzedrina. Di merda, probabile.
La Outer femmina della tana truccata su toni rosso cupo, viola scuro e argento si guarda attorno e fa la sciolta ma non deve sentirsi sicura, da come sta incollata al Fisher. Ma il Fisher urla in archelingua e la spintona contro una colonna. La Outer smorfia di delusione e i tre della scorta fanno un paio di passi avanti tutti assieme e poi si guardano in faccia. Il Fisher fa una sequenza in cromatico sugli occhi bovini di Vaiolo filosofo, 'Un iguana, sembri!' e ride-non ride assieme. Vaiolo si becca nella faccia butterata lo splash colorato del cromatico e filosofa 'La vita ci separa ma la morte ci unirà...'
Ma il messaggio del Fisher era a tutta la squadra, e il Koda che stava a sgraffiare in archelingua su 'fogli' ingialliti e crocchianti, intanato dietro le colonne del foro e bevendo piscio da una fiaschetta di pelle di diavolo, si mette a declamare lamentoso, 

ah-orpheo
quale-follia
ci-ha-perduto 
che-indietro 
il-fato-richiama
e-il-sonno-vela
di-morte-gli-occhi 
retro-fata-vocant
retro-fata-vocant

Ma a un tratto il Fisher schiocca 'alzate il culo' e veloce il Krestha fa segno sì. 'Sempre svelto a dire sì al Fisher' borbotta il Koda e infila i fogli in una vecchia borsa di pelle. 
- Sta zitto, porco, tu e la tua skrettura del cazzo! sputa a terra il Krestha e poi vorrebbe farsi venire in mente una bella parola e invece la testa gli si spappola. Il Fisher guarda e ride ma dentro è sempre inquieto perché non riesce a scordare l'incontro di questa notte, e vorrebbe spaccare la bocca allo stronzo del Koda che agita la fiaschetta sul grugno del Krestha. Invece sputa a terra anche lui e scosta brusco Vaiolo e si avvicina alla Outer e la Outer lancia un grido strozzato e il Fisher sbotta a ridere e alla fine ride tutta la banda meno il Koda. Si sente dalla parte della Outer lui, e odia il Fisher e anche gli altri e se stesso, e sa bene perché. Ma poi abbassa la testa e si rimette a sgraffiare sui fasci ingialliti.
Vaiolo neanche ha riso riso, probabile non gli va che il Fisher alza le mani sulla Outer e lo buca negli occhi storti tirando su con il naso. Ma il Fisher abbraccia la Outer dalla pelle bruna e la palpa in mezzo alle gambe e poi tira giù una spallina e bacia una tetta davanti agli altri che strillano come se toccano loro la roba. Koda continua a stare zitto e il Fisher alza la destra.
- Chi si occupa di questa stanotte, sflasha verso la Piramide dalla Cuspide scintillante, Io ho da fare. E si guarda attorno. - Tranquillo Fisher, fa il Koda roco e per tentare di uscire da un labirinto mentale dove si è ficcato alza la testa dal foglio giallo e tira giù un sorso lungo dalla fiaschetta di pelle di diavolo. 
- Dei dannati! fa il Krestha e sputa a terra e sbotta a ridere. Il poeta butta per aria i fogli gialli e scatta addosso al Krestha e lo prende per il collo e...
- Basta! il Fisher rabbioflasha e fa segno a Vaiolo di separarli ma Vaiolo diventa filosofo proprio adesso e gesticola di lasciare perdere. Così il Fisher si avvicina e sputa un colpo gunlaser tra i piedi e tutti fanno un salto chi qua chi là e si torcono dal ridere. E il Fisher anche gli viene da ridere ma invece stringe le labbra e gli esce una specie di sfiato e allora si gira a guardare il buio dopo il colonnato.
La Piramide morde il cielo oltre i tetti ocra del foro deserto, sopra una linea scuroazzurra increspata di bianco. Idioti bastardi... mormora ricomposto e incazzato per la debolezza.
- Toccava al Koda, il Krestha piagnucola, Era nei patti la divisione dei compiti.
Il Fisher si volta al Koda e il Koda abbassa gli occhi e dice sì. - Allora ci vai tu..., fa sospettoso, Ma se gli metti mezzo pensiero addosso... E si guardano lui e il Koda e fanno un duello con gli occhi ma il Koda deve solo fissare la punta della Piramide un paio di gradi per reggere quelli sbiechi del Fisher. E il Fisher ci casca sempre perché pare che il Koda li regge sul serio e diventa nervoso e dice tetro - Muto. Vero allora. Pensavi di fartela...
Ghiaccio.
- Non sbaglio allora!
E stanno in quel modo e il Krestha fa un raschio. - Via, Fisher, una puttanella così che mette a rischio il contatto della Pira...
- Zitto, bastardo! il Fisher ringhia e il duello diventa un incrocio di sei occhi che non si incontrano mai, tutti storti di qualche grado per fare finta di reggere i suoi. Solo la Outer è distaccata perché la squadra ha fatto scambi in linguaggi che non dovrebbe conoscere. E poi il Fisher caccia una mano sotto il giustacuore verde e anche il Koda infila una mano a un bozzo a sinistra sotto il giubbotto di pelle rossa e il Krestha si accuccia di colpo e stanno a guardarsi e alla fine il Fisher scoppia una risata greve. - Stanotte ci penso io, flasha alla linea azzurra, La voglio tastare un po' prima di sistemarla...
- Che sistemarla, brontola il Koda con uno sputo di sospetto. - Che sistemarla, scimmiesca il Fisher, Sbatterla al Muraglione, no?... E sibila ssstronzo nella lingua.


* * *

Video


Apro gli occhi disteso sul pavimento con dentro le orecchie un groviglio di note di citar elettronico, e negli occhi la visione di un oceano di zampe di insetti ondeggianti alle aperture chiusure di una musica - che di colpo gli insetti diventano teste braccia e mani di cinquecentomila Vogel scatenati dagli assolo serpente del mio citar. E mi passo una mano in faccia e la stanza si accende di una grande luce. Cifre diagonali stanno sospese nel vuoto e io penso 'Giorno'. 
Ma oltre i trasparenti finestre nel cielo brilla qualcosa che pare la luna, come se il sole si fosse messo con la luna e mi tiro su a fatica dalla stuoia che gli Outer chiamano 'vimini'. Le cifre adesso non sono più sospese ma segnano il tempo incastrate sotto il quadro ovale del monitor del megaschermo interattivo da dove arriva la luce, rimasto in autocontrol sul concerto di due notti fa. Cazzo di benzedrina mi ha dato stavolta il Fisherbastardo, caduto stecchito sul pavimento due notti di fila dopo il concerto. 
Mi tiro su a fatica ma urto la tastiera e il megavideo esce dall'autocontrol. L'occhio camera adesso è aperto su una panoramica esterna con immagini della fascia esterna di Asgard, pianura arancio sparsa di pietre spaccate dal ghiaccio-sole; saguari gonfi e tane di tarantole immerse in un oceano di polvericia che precipita oltre l'orizzonte. Poi l'occhio si appiattisce su una linea prolungata oltre il punto della linea finale del mondo, là dove comincia il primo confine dell'universo. Allungo la mano nello schermo e tocco il fango di uno scolo fuori da una massa di baracche cartone e cespugli rinsecchiti. Outer cuccioli gonfi guardano a occhi sbarrati un punto indefinibile oltre lo schermo, dalla mia parte. Ma poi qualcuno tira su una stuoia all' ingresso della baracca più vicina e strascina dentro per una zampa il primo cucciolo urlante. Uno agitato più degli altri batte i pugni dietro il vetro del megaschermo. Alle spalle la faccia di un altro, e la bocca di un altro ancora e alla fine solo gli avambracci degli ultimi. Ma l'ultimo degli ultimi stringe in alto un gioiello di mitragliatore a onde laser e lancia intervalli di raffiche che accendono l'aria di verde diamante. 

Audio

Come un segnale gli Outer si mettono a fare una specie di danza attorno a un fagotto per terra mentre uno agita una lama a mezzaluna tutta rugginosa. La massa ondeggia strattonata qua là da una forza interna, e l'occhio camera buca la massa e i corpi si aprono pochi attimi e si richiudono. Il fagotto apre-chiude la bocca e ficca gli occhi nel primo piano. E' una Outer femmina che tenta di pararsi il basso ventre proprio un istante prima che cali la mezzaluna, e un istante dopo uno schizzo di sangue rovente splasha lo schermo. Poi il fagotto sussulta e sotto si allarga una macchia scura mentre un Outer gli butta addosso la bandiera arcobaleno di Asgard e lenti tutti i colori si fondono in un'unica ombra rossa.
E un altro Outer sbuca da un punto impreciso e versa un liquido giallo luminoso da un bidone, e quando lo schermo si incendia con un crepitio la cosa è finita. Il punto ripresa deriva in alto, e si vede solo un velo trasparente di fumo e una mano che si scuote sul limite inferiore dello schermo. Dietro i bulbi degli occhi una pressione discreta, e mi viene in mente la faccia schizzata del Fisher, e la pressione sugli occhi sparisce e capisco che la benzedrina ha finito il risucchio e risalgo lento alla luce diafana dell'alba di Asgard.

Tempo reale


Oltre il trasparente la baia scura su un mare acciaio. Intorno alla Cuspide Piramide ballano le luci di navigazione delle S P. Sulla punta un mega faro invia segnali diversificati secondo le loro frequenze spettroflash. Fanno ridere gli atterraggi delle S P cargo di ritorno dall'altra parte della piattezza del mondo sulle piattaforme a incastro della Piramide. Suonano una partitura policroma che a un certo punto esce di sincronia e diventa uno scambio rabbioso incrociato in una logica tutta interna, non facile da seguire ma che deve esserci. I raggi sottili del cromatico sono la sola lingua che capiscono i comandi, proprio come i Vogel, che vedono il mondo esterno solo da uno schermo finestra e parlano in cromatico con protesi innestate in testa.
Sempre la stessa procedura. L'androide pilota saetta da tre bulbi frontali sul pannello comandi gli spettroflash A P A, Avvio Procedura Atterraggio. Litanie da un tono all'altro dello spettroflash cromatico - da 'vuoto base neutrale' all'opposto più vibrante. I raggi sottili colpiscono gli input del pannello che prende vita, e i comandi si mettono a funzionare autonomi. Poi l'automatico si scollega da solo e spegne le sequenze spettroflash. In basso la tinta acqua acciaio sparisce e vuol dire l'inizio della fase A P A. Ma anche la S P cargo muta colore in base alle frequenze tonali dell'androide pilota. Altre procedure standard, ogni colore indica un momento preciso - rosso acceso, rosso stemperato, rosso porpora e poi marrone cupo, nero universo e alla fine blu mare quando la S P sta in verticale sulla piattaforma. E poi l'androide pilota flasha al pannello in cabina comandi quattro, cinque, sei spettroflash, e la S P tocca di prua la piattaforma atterraggio...
Ora di muoversi.


tre




Una volta Akrut nella Memoria Globale ha visto in dettaglio il processo di autoliquefazione del Grande Fratello, qualcuno lo aveva spinto e lui era precipitato senza forza. Doveva già essere marcio, un tempo che sulla terra esisteva ancora una circolarità, anche se nessuno si illudeva di niente. Restava l'illusione di un sogno e ribelli ostinati contrari all'Utopia globale. Era successo durante una rivolta inaspettata nel 1984, e solo a fatica i membri in alto del Partito erano riusciti a riprendere il controllo dei territori di Oceania, a nord delle Colonne d'Ercole. Avevano giurato di non volere più Grandi Fratelli, ma per eliminare ogni possibilità si doveva sostituirlo con un Fratello collettivo in grado di controllare meglio la complessità del mondo di Asgard, e continuare a tenere nascosto il segreto del bispensiero alla base del potere.
Al posto del Partito era stato creato il Consiglio Supremo, e i vecchi membri erano diventati i Tresviri. Sapevano di avere in mano il controllo di tutto, ma bisognava vincere in una mossa sola e spazzare via gli ultimi illusi. Il segreto erano poche parole in archelingua fuse nel bronzo e tenute nascoste nel santissimo del vecchio comitato del partito, il tempio, una verità troppo importante per farla conoscere alla massa Vogel. Per loro bastava l'utopia globalizzata di Asgard. L'organizzazione per modificare i sistemi di trasmissione delle notizie era stata modificata dopo la rivolta del 1984. Avevano imparato a non schiacciare più gli abitanti di Oceania con il terrore. 'Convinzione' e 'Libera Scelta' erano programmi più sicuri e veloci.


* * *

Il bianco sui capelli del Fisher è calato di colpo, e da quel momento non hanno più ripreso e la vita gli è sgusciata tra le dita e lui si è accorto che per sopravvivere doveva ridursi all'interno di un campo ridotto. I suoi meccanismi erano bloccati su una certa configurazione, come. Doveva lasciare un'impronta triangolare, e le punte erano lui, una entità onnipotente e un terzo essere esterno di cui gli altri due diventavano un messaggero unico. Riuniti in una figura che alla fine era tre forme diverse incastrate in una sola. Aveva cominciato allora a prendere ordini da questa figura, poteva succedere per scelta o in modo casuale o girando a turno, come, durante le incursioni che l' entità ordinava di compiere. 'Che cazzo di signore potente è mai! aveva fatto una volta il Karothén astrologo che con tutta la sua scienza dava di testa dietro i flashcolori confusi del Fisher.
L'ente signore di me stesso! il Fisher aveva detto.
Doveva diventare il signore di se stesso, dissolta la prima entità, o identità, il primo involucro dove aveva vissuto fino a un certo momento. Solo dopo avere creato una macchina invisibile che permetteva di muoversi meglio poteva inventare conclusioni infinite, progetti infiniti e infinite vie di uscita, e le cose incastrarsi nel suo progetto. 

E il progetto è all'inizio, pensa davanti al grande triangolo della Memoria Globale con la punta agitata da strane falene, i segnalatori rosso verdi di navigazione delle S P Safe che incrociano i ponteggi di attracco sparsi sulle pareti. Il messaggio E mail in archelingua diceva 'Inviata fiala campione. Massima prudenza. Seconda convocazione in quadratino E. Y2. Punto di incontro Bunker Uno Cinque'. Il Fisher non sa da dove è partito il messaggio ma ha abbastanza fantasia per pensare alla Memoria Globale. Aveva pensato a un tiro di qualcuno, ma la fiala era arrivata sul serio, materializzata in una cassaforte a sicura che poteva aprire solo lui. Solo, è pentito di avere detto della fiala alla Outer femmina, anche se è un organismo che parla un'archelingua straniera. Doveva essere più prudente ma non riesce a resistere alla rabbia fuori controllo che gli sbatacchia le tempie. Deve resistere, restare lo strumento di se stesso per tornare tra i Vogel, via dall'inferno dove è condannato. 
Il primo messaggio era chiaro, 'Ricompensa per la missione: Reintegrazione alla Classe Vogel da cui Radiato Trenta Anni fa per Indegnità. Stato 'Sclassifica' Annullato per Meriti Speciali a Termine Missione.' Ma i bastardi non dicevano il termine della missione.
Ma in fondo non può essere un caso che a un tratto il mondo si è ricollegato dentro la sua carcassa, ingrandita come un universo. Solo in quel modo forse riuscirà a raggiungere l'obbiettivo cercato nella benzedrina o dietro le puttane Outer. 

Quadratino E. Y2 sta in un settore oltre i muraglioni pieno di gobbe grigie spremute dalla terra, bunker nucleari abbandonati dopo la vittoria di Oceania. Una riserva di organismi Outer che dormono lì al coperto invece di annidarsi tra i ruderi delle mura di cinta. Ad Asgard nessuno ha idea da dove spuntano quelli che vagano all'interno delle mura perché per certi Vogel gli Outer non hanno una consistenza reale, mentre per altri sono clandestini che bucano i confini pagando la Safe. Ma i più vecchi scuotono la testa e parlano di organismi contaminati fatti filtrare apposta per spargere veleno. Dicono che escono di notte da certe zone d'ombra e prendono forma di colpo e poi la mattina si dissolvono al bianco del sole o al grigio della pioggia.
E dicono che la definizione organismo Outer viene dall'attaccamento al loro mondo di origine e tutti i Vogel li percepiscono uguali, stessi colori e stesse tenute, coperti di simboli che li rendono riconoscibili in ogni momento. E gli Outer non parlano mai tra loro ma si spremono fuori dalla pieghe della città, e sulle strade formano immagini non programmabili. Pericolose. Sono i Tresviri che li lasciano filtrare per motivi non chiari, forse distrarre i Vogel stanchi di spiare dai megaschermi interattivi il punto oltre le Colonne d'Ercole dove la piattezza del mondo fonde il cielo. Ma qualcuno dice che gli Outer vivono la loro esistenza in modo trasparente, e si dissolveranno per caso come in un incidente di percorso e alla fine resterà solo il ricordo confuso della loro ombra. 

Nebbia su dalla baia, i bunker spariscono e gli occhi si perdono in una cortina bianchiccia ma stanotte dopo un uragano che ha sommerso Asgard qualcuno ha inserito le stelle, e dalla cabina della S P il Fisher osserva strabico un pulviscolo brillante e puntinato attorno alla Cuspide della Piramide. Ore che aspetta ma il messaggio indicava vagamente 'Dopo tramonto', e di lasciare inserito il terminale di bordo. E non si stupisce quando sul video si forma un' archelingua che dice di stare pronto e di colpo una luce dall'alto inonda la S P, e sulla dritta una sagoma S P grande tre volte le altre manovra in atterraggio.
La figura davanti al Fisher ha un cappuccio da Tresviro tirato sulla faccia e riempie il quadro dall'alto e anche se è più bassa lui crede di vederla alta, e sente una voce dal tono ghiaccio che fa, 
- Che visioni hai nella testa!
- Co... cosa?
- Perché bestemmi di un mondo rotondo!
E il Fisher volta indietro la testa sconvolto nella mente dall'immagine di un mondo rotondo e azzurro. - E' un racconto di un maledetto organismo Outer femmina...
- Hai mantenuto il silenzio?
- La regola del silenzio assoluto è ancora valida? 
- Lo dico io se cambia una regola! 
Il Fisher bestemmia qualcosa e si maledice e si odia perché si vergogna di mentire. 
- Dillo da solo con chi hai parlato! Dice la voce dal cappuccio. Il Fisher tenta di riprendere il controllo di sé e vagoflasha di soci di lavoro ma il Tresviro intima di spegnere il dannato kromaton. Dice in archelingua che proprio con la gentaglia che traffica lui deve tenere il silenzio. Traffico? Ma il Tresviro sibila di non fare l'imbecille e ruota la testa due gradi alla sagoma offuscata della Piramide per bucarlo negli occhi storti e sussurra che non tollera più sbagli. Ultima possibilità, e se sbaglia perde tutto. - Tutto, capisci?
- Capi...to.
- Accetti?
Storie, lo sa che se rifiuta non esce vivo dal quadratino E. Y2 e si maledice per non essere riuscito a mentire al cazzo di Tresviro e dà la colpa al triangolo che si è preso la sua vita.
- Accetto...
- Seconda parte della missione procurare un organismo Outer. Non importa se femmina maschio o cucciolo. Non importa l'età, importa il buono stato. E non importa il sistema di provenienza ma importa che sia un Outer.
- Asgard è piena di Outer, perché lo volete da me. Basta uno schiocco di dita e...
L'incappucciato alza una mano. - Non importa quello che pensi tu, dice, Ma importa che sei già fuori strada.
- Va bene...
- Soprattutto importa che sia trattato.
Il Fisher torce la bocca e gira la testa per cercare di guardare il vuoto del cappuccio.
- Non sei il Fisher? Non sei il buffone sclassificato senza paura che oltraggia i Tresviri e sputa sulla religione di Asgard?
- Una terminazione è sempre una terminazione, anche di un Outer...
- Ho detto trattamento non terminazione. Un lavoretto con il contenuto della fiala. Come benzedrina ma non è benzedrina. Non importa sapere come funziona. Importa che deve essere presa come benzedrina. Semplice per uno come te. Allora? 
- Ma così, su due...
- Ti sei giocato mezza reintegrazione per la lingua lunga e il cervello lento. Non giocare anche la pelle. Il tempo è scaduto.
- A..ccetto.
- Aaha!.. sibila il Tresviro, E non scordare mai, non scordare che la nebbia è sempre fitta. Ma l'ultimo messaggio sono flash in un tono strano e il Fisher non capisce di che nebbia parla ma chiude gli occhi d'istinto per il bruciore sabbia, e si mette a strofinare e lacrimare e ripete tra le lacrime 'Non importa, importa, non importa, importa' e poi si asciuga con il dorso delle mani e apre gli occhi e non c'è nessuno.



quattro




Nel nuovo sistema non c'era bisogno della struttura di controllo precedente al 1984 perché alla fine qualcuno si ribella, e l'oppressione è sempre antieconomica. I primi Tresviri avevano capito che il segreto del comando era spezzare la circolarità del mondo che nessun Grande Fratello avrebbe mai potuto realmente interrompere. Ora invece pochi punti fermi e massima libertà, perché se tutti partivano dall'auto convinzione che il sistema doveva rimanere piatto, sarebbe durato all'infinito. Serviva a questo l'intrico di comunicazioni dentro la Memoria Globale, e i megaschermi interattivi seminati per tutta Asgard, all'interno e all'esterno dei cubi-case, nelle strade e dentro la testa dei Vogel. Rassicuravano sul mondo e sul sistema di comando perché erano i Vogel a osservare invece di essere osservati. Milioni di Grandi Fratelli blindati in spicchi di potere con l'unico problema di vivere una vita intera al presente. I Vogel non sapevano chi aveva progettato la Memoria Globale, si limitavano a entrare e uscire dall'intrico dei canali della rete interattiva. Prendevano le immagini dei megaschermi come l'unica verità immaginabile, e sui visori appariva l'unica realtà possibile, un sistema eterno, con la circolarità mai più riconnessa e il comando reso immutabile, il segreto del Grande Fratello lo conoscevano tutti. I Vogel erano arrivati a pensare in un solo modo, senza differenze di pensiero, niente più 'bispensiero' o necessità di usare la storia come palinsesto perché nessuno si preoccupava della storia. 

Ma un giorno Akrut ha captato un tremito impercettibile ingigantito a una magnitudo insostenibile. Gli pareva che una forza vicina al pensiero puro lo facesse uscire da sé e aleggiare nella sua cella dentro la Piramide. Non un fenomeno di sdoppiamento della personalità ma uno doloroso della realtà esterna, un ingresso in una dimensione differente. Che non era una quarta o una quinta dimensione ma un piano fisico innestato nella Asgard di ogni giorno. Come la scoperta improvvisa di una parte in ombra dove credeva ci fosse stata sempre la luce. Una sovrapposizione che stava tra Asgard e lui stesso, forse perché gli pareva di scoprire proprio dentro se stesso una diversità. Ma non un vero sé, Akrut entrava e usciva da un primo a un secondo mondo in un movimento continuo la prima volta durato molte ore, una doppia realtà che doveva avvolgere Asgard come casualmente. Un loop che sovrapponeva i due estremi Akrut-Asgard identificati in un elemento unico dove la crisi del primo diventava caos della seconda.

* * *

La notte è tiepida e strana, e l'aria oleosa scivola sotto il giubbotto sintetico illuminato da una luce autonoma. Ma sullo sfondo sirene, scrashi, ronzii e riverberi segnalano che Asgard non è rilassata, tanto che senza isolamento acustico non si potrebbe sopravvivere e anche dopo la sua scomparsa probabilmente continuerà la sua eco. Penso 'scomparsa' e flasho forte e i colori del kromaton si azzerano nel vuoto.
La S P è ancora nel punto di tre notti fa, dietro la parete posteriore del cubo-casa inclinata forte sui carrelli a sinistra e quelli di dritta rientrati. Ha una forma a otto, una biposto argento - biposto per non perdere la speranza - larga sui fianchi e con i pannelli del motore solare sopra cofano anteriore e posteriore. Un vecchio ferro da stiro più leggero dell'aria.
Abbasso gli occhi e un solco umido manda odore di terra e allora vuol dire che sono atterrato sui carrelli di sinistra invece di espellerli assieme. Bestemmio duro e spero di non avere spezzato le pompe idrauliche. Le antenne radio curve è segno che qualcuno ha provato a torcerle e dico forte che cazzo ho combinato dopo il concerto tre notti fa, mentre le luci di posizione mi rossoverdeggiano in faccia con un tic tac stanco.
Sotto il portello d'ingresso sollevato la luce del cruscotto illumina scheletri di lattine luccicanti, due aghi da benzedrina, e fa uscire uno stantio di alcool e piscio, e sul sedile di pilotaggio il velo medusa di un pack-pack trasparente annodato. Butto fuori tutta la merda e le lattine rotolano tin tan nel silenzio buio. Chissà chi ha acceso le luci di navigazione, ma probabile le ho dimenticate io e chissà se le batterie solari hanno tenuto. Mi schiaccio la testa nel casco e bestemmio perché dentro qualcosa che ha appiccicato tutto mi cola sugli occhi. Poi a un tratto la spettro-radio di bordo ronza una zzzz-voce aggrovigliata da fruscii e colori. Phe-roos, Phe-roos...io, Brain ...gente, tuo agent.... tre giorni cerco.... cerco.... congratulazioni.... videosistemi del concert....sei fort... pazzoide.... doppia vita.... fai una doppia vita... si può sapere che cazzzz....o..purechiamabruttobastardo!.. E' Brain il mio agente, e sul pannello comandi del calcolatore di volo pesto sigla 'Accesso-accensione yctf1-u35' e il motore reagisce con un ronzio di calabrone ubriaco e un singhiozzo verso l'alto. Poi spiaccico 'Espulsione Carrelli di Dritta' per sollevarla all'assetto di volo 'Bolla Zero Verticale'. Se le pompe idrauliche sono fuori uso, stanotte non... Invece il comix-design della S P starnuta e sussulta e cigola e si tira su con un ruggito. Digito sulla tastiera comandi 'Macchine a Salire - Bolla Zero - Avanti Adagio', '4° a Salire' e la S P si ficca decisa nello scuro in un lampeggio rosso verde.

A quest'ora le strade di Asgard sembravano il duplicato o il doppio di altri posti come se dietro Asgard ce ne fosse un'altra più grande o strana, una falsa sotto una Asgard reale, una città fantasma sul confine di una zona ombra/luce dove la prima non esisteva già più e dove la seconda cominciava dalla fine dell'altra.
Il Fisher spacciava merda ma già mi serviva lui e la sua benzedrina, appena fuori da due o tre giorni di viaggi e già sentivo il bisogno di quella dimensione che sempre offriva nelle vene, liquida a liquido. Non mi facevo mai domande sul senso, non mi riguardava, e seguivo Phe-roos dall'esterno, lo vedevo andare in alto, suonare acclamato da migliaia di Vogel che deliravano sull' 'Uomo che bloccava gli androidi' e poi a testa in giù nel vuoto senza nessun sospetto che fosse la stessa persona. Due figure scollegate, io da una parte, lui dall'altra. La percezione di Asgard come dimensione doppia aveva risucchiato l'io Phe-roos. Mi vedevo osservarmi riflesso in uno specchio uguale al gioco delle rifrazioni, una prospettiva a incastri che finiva nella dispersione di un infinito nulla. Ma senza certezza che la visione fosse falsa, e la prospettiva a incastri irreale. 
Proprio fuso, flasho all'aria verde scuro - verde bottiglia - verde mare - davanti al cruscotto comandi della S P. Ma se c'é qualcosa oltre il maledetto specchio?



cinque




A quest'ora il Fisher doveva stare al cy-bar Hi-Fi, dalle parti dei moli di attracco dei giganteschi Galactica, gli unici carghi rossi e neri che in volo diagonale di accosto avevano il permesso di superare le barriere invisibili che facevano da filtro, allarme e protezione a incursioni esterne improbabili. Le pareti della Piramide della Macchina Globale immerse nel mare della baia mandavano flash messaggi che visti dal molo e mescolati al rosso della luna facevano lo stesso effetto di un pugno improvviso su un occhio. 
L'Hi-Fi è un posto di merda dove neanche la Safe ficca il naso molto, un porto franco e zona smercio di benzedrina spesso schifosa ma a volte buona sopra la norma. E ricovero anche degli Outer peggiori, quelli felici di rigirarsi nell'Utopia reale, e di Sclassificati di tutte le specie, masse di centinaia di organismi che si spostano a un ritmo ossessivo, tipo

Brucia sirio violento
sole di fuoco,
brucia alito secco,
palla di fuoco
che inonda la terra

Anche qua dentro gira questa roba, mi dico, un pezzo di un po' di anni fa, ma hanno spezzettato la musica e le parole adattate su una nota unica escono spiaccicate. Non sarà facile beccare il Fisher, e mi metto a girare tra tavoli rovesciati e cocci di vetro. Sul pavimento una pellicola di resine si appiccica al fondo dei fangastivali. In giro grappoli di organismi Outer stanno sbattuti di benzedrina fino al buco del culo, l'unico sistema per tenere il ritmo satanico che schizza contro pavimenti e soffitti. Ogni tanto due androidi da recupero si cliccano tra tavoli e sedie per trascinare via i mezzi morti.
Ma l'Hi-Fi è anche una zona multivisor, con uno schermo interattivo gigante ridotto da fare schifo, pieno di graffi e lacerazioni di gente impazzita. Spande una luce azzurrina e a tratti appare una striscia verticale blu intenso, segno di morte imminente. Ma gli Outer piantati a bocca spalancata credono di rintracciare pezzi della loro vita passata e non riescono a staccarsi, pronti a cacciarsi nel vortice di immagini sbiadite.
Chissà il Fisher dove sta ficcato.
E in quell'attimo percepisco qualcosa strano, tipo una vibrazione tutta pelle e vedo la sagoma pidocchio del Fisher e dietro tutta la sua banda. Filo dritto verso il branco e cerco di fare lo sciolto e il più bel sorriso armonioso, e davanti a un grosso specchio mi do un paio di pizzichi per fare il rilassato, fare vedere che sono lì per caso, che Asgard, per gli dei, quanto è piccola, e 'Salve, caro' flasho - quando in penombra dietro una delle sue bestie con il codino capto il profilo dell'organismo Outer femmina più bello mai visto. Poteva passare per una Vogel dall'aria distaccata e gelida, pelle brunata e un taglio strano di capelli che si accende nel buio dell'Hi-Fi. E si alza e prende tutti di sorpresa, anche il Fisher, e mi butta uno sguardo velluto ma come a una bottiglia rotta e sguscia nella pista. Occhi scuro blu o anche neri o verdi, forse, e brillanti, ma sono sicuro che ha indugiato troppo per essere casuale.
Ma scade subito il tempo per la Outer femmina, il Fisher morde con gli occhi il Koda che si accosta e si stravolge in uno dei numeri preferiti. Su una mano. Io alzo la mia. Si avvicina con lo sguardo fisso. Io tengo duro. Si gira a scatto e si mette a seguire certe figure sfasate del megavideo interattivo, una giungla, selvaggi e capanne di fango e cani sonnolenti. Tra le montagne in mezzo alla giungla sprofondano caverne senza fine, e in giro pupazzi si spighe di grano, e davanti alle grotte Outer cuccioli con le trippe piene di vermi. - Salve, Phe-roos, dice in archelingua il Fisher, e io faccio segno sì verso le immagini del megavideo. - Ecco la nostra fine...
Ma sa bene che voglio in realtà, e uno dei tre della banda con la testa rasa si accosta ma il Fisher lo ignora e torna al tavolo, e io filo dietro al Fisher umile e sottomesso perché fa parte della procedura. Il Fisher si sistema, e ogni tanto guarda verso la pista e pare nervoso. Credo che è per la Outer femmina, ma strano che si fa prendere da queste cose, anche se è un pezzo forte. E appena sistemato sono sicuro che il bastardo fa un segno al gorilla rasato che tira su le zampe e le mette di traverso su un seggiolino, tra me e lui. E io allora dovrei fare la mia parte, un calcio al seggiolino dove sta sbivaccato il rasato per farlo sculare nella poltiglia dell'Hi-Fi. Invece il Fisher si alza e si accosta. Sto pronto ma deve essere fuori fase perché schiocca le dita e il rasato tira giù solo metà zampa dalla sedia. Il Fisher dà un calcio alla sedia e il rasato crolla in mezzo al liquido olioso del pavimento ridendo come un maiale. Buon umore, penso, e allora non farà storie con il prezzo. Comincio a prenderlo alla larga, dico che l'ultima era merda assoluta ma il Fisher ha l'aria triste e non mi guarda e a un certo punto mi metto a flashare in cromatico perché forse non capisce.
- Proprio tu! scoppia in archelingua nel roar del megavideo interattivo, e non capisco se è il rumore ma tempo di un fiato che i tre compari si materializzano intorno. Ma pare fuori tono il Fisher, come dietro qualche storia e io solo per caso capitato in mezzo, tanto che a un certo punto dice 'Complimenti per il concerto, grandioso' e fa un segno ai gorilla che torcono la bocca in un ghigno anche loro.
Non ce l'hanno con me.

* * *

Dopo la prima crisi, per un pezzo non era successo niente e la quiete del ghiaccio o la luce del sole sempre più neutro avevano quasi convinto Akrut di avere sognato. Così un periodo non riuscì più a dormire perché credeva che se avesse chiuso gli occhi, e il buio se lo fosse preso, lui si sarebbe diviso. Era stato così dalla volta che una notte era saltatto su sentendo metà di lui e poi l'altra metà di un Akrut differente andare in due direzioni opposte. E di giorno tutto era sembrato normale ma poi quando il sole bianco era sparito e si era alzata la luna di Asgard, lui in piena notte si era messo a sedere sul giaciglio della cella e dopo di allora per un lungo periodo era successo che Akrut si dividesse in due parti, da una parte un Akrut reale, dall'altra un Akrut che era reale lo stesso, ed era questo allora che lo spaventava di più, che tutte e due le figure avevano lo stesso peso e valore, e questa era una cosa che gli entrava nelle budella torcendole. Ma poi durante uno di quei periodi che i colori di Asgard parevano prendere fuoco era successo ancora, e di nuovo Akrut aveva attraversato il velo che separava la prima Asgard dalla seconda. Questa volta con un dolore non forte ma diverso, come.

- Naturale che esiste un rapporto tra il clima e la psiche, Auran sorride, I popoli del sud sono, per così dire, portati all'inerzia in maniera armoniosa. La forza di Asgard invece è dentro i mutamenti repentini che non permettono mai di adagiarsi in nessun involucro. Ma sarei di poco conto se dicessi che è solo questo...
E fa un altro sorriso e guarda dalla finestra della cella di Akrut e Akrut stringe appena gli occhi ai raggi bianchi. Auran ha i capelli argento annodati sulla nuca e occhi celesti più profondi del cielo che doveva esserci quando il sole era giallo. Non è facile reggerli se parla duro o anche dolce, perché allora fa sentire ancora più idioti. 
- Non dovevate venire voi, qui da me...
- E perché mai... Tra poco non ci saranno più differenze. Ma perché questi dubbi alla vigilia dell'ingresso nel Consiglio.
Il Tresviro Auran guarda benevolo l'Aspirante Akrut e sbotta una gran risata e Akrut abbassa lo sguardo a disagio.
- Il più brillante Aspirante degli ultimi cinquanta anni...
- Non c'è una vera ragione...
- Akrut, Akrut, cosa dite, c'è sempre una ragione...
Sempre una ragione nelle cose, certo, Akrut pensa, e troverò questo senso, devo arrivare alla fine del percorso, e vedere cosa c'è alla fine della strada che sarà lunga e alla fine forse non troverò niente… 

Ed è passato altro tempo e lo stato di Akrut è diventato una specie di malattia in agguato che attacca in momenti inaspettati ma sempre in qualche modo 'ufficiali', cerimonie religiose o sedute esterne del Consiglio Supremo. Una nebbia densadolce che lascia una lucidità torpida. Akrut ormai era sicuro che esisteva qualche passaggio in comunicazione con quella seconda Asgard. Ma non era mai riuscito a spingersi all'interno del tunnel, o non aveva osato arrivare fino alla fine dove credeva di vedere la luce. Aveva percepito un chiarore lontano ma si fermava prima. Aveva paura, ma era sicuro che alla fine esisteva un significato diverso, perduto nella prima Asgard. Non poteva essere soltanto la percezione della distorsione della follia e anche se ci aveva pensato sapeva che Auran non dubitava un istante della sua lucidità.
E se per Auran non era pazzo - e Auran sapeva vedere attraverso - perché non riusciva a vedere attraverso di lui? Perché non capiva come pensava? Immaginava che non era pazzo ma non aveva spiegazioni. Eppure aveva parlato aperto, non credeva di vedere cose che non esistevano ma la realtà, una seconda Asgard che usciva dalla prima come l'ombra di un oggetto o una copia capovolta. Aveva immaginato tutte le combinazioni possibili su cosa mettesse in azione il neccanismo. Le processioni dei Tresviri, le cerimonie, i sacrifici; o le variazioni violente del tempo, sempre più improvvise e degenerate, sole-ghiaccio, secco-bagnato; o le notti veloci e le albe nebbiose o il ghiaccio nel sole o il fuoco nella pioggia e tutto sempre nascondeva altro. Aveva continuato a chiedere ad Auran se le variazioni atmosferiche e i cambiamenti climatici potessero influire sulla coscienza di un individuo o la personalità. Le risposte erano state tutte uguali, naturalmente è così. Ma anche il contrario. E poi lo guardava divertito o meravigliato ma mai come un pazzo.
Akrut non sentiva sospetti neanche nelle parole degli altri Tresviri, forse non riuscivano a immaginare il male in uno dei loro ma sicuro sapevano che dentro Asgard esisteva una zona buia. Ma poi gli ingressi erano cominciati anche in momenti 'normali', assurdi, senza più nessuna logica apparente e Akrut aveva finito per vivere una sorta di esistenza in apparenza normale, in realtà sospesa in continuazione tra questi due ingressi tra la prima e la seconda città.