"Il Lago Scuro"

de Il Sire

 

PROLOGO

 

 

"La strana vicenda della mia esistenza non è mai stata così colma di rabbia frustrata.

Dopo un’esistenza fatta di luce accecante

trascorsa nella perfetta armonia della Natura

dopo le splendenti foreste della mia terra,

dopo la vita. Prima della morte.

In quella zona di crepuscolo dove l’oscurità

ha il sopravvento sulla luce

quello è ora il mio regno…

dove la materia si polverizza nelle mani dei perdenti

ed il pensiero rende Grande l’umile."

 

Questi pensieri troveranno forma su carta e sarà possibile accedervi grazie a quelle menti che nella loro umiltà abbracceranno l’Universo e ne faranno una grossa sfera di vetro.

In essa, poi, osservare la vita, stupirsi della propria precarietà e della secolare indifferenza alla purezza dell’esistenza…di tante persone troppo deboli, ipocrite e bigotte per non sottrarsi a quel potere. Quel potere che li ha corrosi nel profondo rendendoli servi del tempo, all’oscuro della grande forza della mente.

Quelle presenze che sanno cogliere l’immagine di un vento notturno…ed il rumore delle foglie che cadono… potranno vedere le cose sotto un’altra ottica e rendersi forse conto che sia folle…ma non priva di dignità. Esistenza precaria, si, ma consapevole del suo antico potere…il pensiero.

Questa sarà, dunque, una semplice raccolta di pensieri e racconti che narreranno esperienze di due menti che vedono vivere il loro corpo senza vita…a metà fra la brama di esistere e poi finalmente morire e la voglia di essere per sempre e conoscere tutto il conoscibile.

Sono storie che delle volte sollevano l’anima, alcune volte la nascondono in un gioco sottile, altre volte la opprimono in un terrore serrato che non lascia scampo…sono scritti senza tempo che hanno fatto da cornice al mio vivere e spero possano in qualche modo far riflettere chi ascolta, senza presunzione alcuna, perché quello che vedo è in ogni momento accessibile a tutte le anime che sanno chiudere gli occhi su di un mondo artefatto.

Nulla di nuovo sicuramente…ma ascoltate bene…
Nulla di ciò che è stato detto sia chiamata verità.
Dalla mente umile si parte con un solo passo e si inizia a viaggiare attraverso verità personali, pure e dunque uniche.
La passione spinge a nuove scoperte, non ovvie ma semplici dapprima, indicibili poi.
Molti definiti da noi stolti sono quelli che pensano che oramai tutto è stato detto, pur potendo non affrontano se stessi con profonde ricerche, si accontentano della vana materia…ed in essa muoiono.
Non intendiamo però toccare coloro che o per malattie o per condizioni di misera vita non possono in nessun momento distaccarsi dai bisogni terreni.
Sarà possibile trarre conclusioni attraverso la volontà.
Sarà possibile elevare il pensiero fino a modificare qualsiasi tipo di futile sfaccettatura fisica.
Qualsiasi comportamento, difetto o vizio.
Tutto a testimonianza della proprietà di manipolazione, dell’inconsistenza e quindi dell’inutilità della materia e tutte le sue vicende terrene.
Ciò che è scritto in questo momento è il risultato di una crescita

costante…ogni frase dura nel tempo…ogni momento aggiunge qualcosa al libro…che sia all’inizio…o fra i dedali dell’enorme costruzione…o alla fine.
Chissà in questo momento quanto sarà cresciuta questa creatura…

 

 


 

 

CAPITOLO ZERO

 

 

E' tempo di scrivere.

Nell'alba di questo giorno la calma del fiume finalmente è caduta.

Dopo il guado. La battaglia sanguinosa ha visto fuggire la fredda calma.

Sottomessa e stremata dall’esercito del Caos affamato,

 

 

Un intero esercito di esseri deformi e bestiali a cui mai avrei potuto rivolgere la mia fantasia, mai avevo visto tante braccia contorte impugnare armi e scuotersi nell’aria con movimenti sconnessi... irregolari…la furia…che veniva verso di noi…appostati dall’altra sponda del fiume, sugli alberi…mentre il grosso del nostro esercito si preparava a caricare uscendo dalla boscaglia non appena quegli abomini avessero guadato il fiume…poteva essere un buon piano…contro qualsiasi esercito in terra…noi arceri avremmo fatto strage con le nostre frecce e gli spadaccini avrebbero disegnato delle opere d’arte sulle grasse pance di quelle bestie… in verità io mi trovavo distante dal mio esercito poiché fui esiliato molto tempo addietro…ero costretto a combattere per difendere la mia terra senza essere riconosciuto da nessuno dei due eserciti…senza poter cercare aiuto se non da me stesso.

dal Caos atroce, crudo…

 

Non appena vedemmo le nostre frecce colpire la massa deforme che avanzava…rimanemmo pietrificati nel vedere con quale violenza e mancanza di senno le bestie uccidevano i loro stessi feriti, come se fossero di intralcio alla furia del caos…
Alcuni usavano i cadaveri dei loro simili come scudo per continuare l’avanzata…altri invece…si fermavano ad infierire sugli agonizzanti con ferocia indescrivibile…

 

dal Caos frenetico.

 

Uno di loro stava martellando potentemente la testa ormai sotterrata della sua cavalcatura…un altro che sembrava aggrapparsi e spingersi da chi aveva attorno per andare più veloce…e per la prima volta rabbrividì quando vidi che avanzava agganciando i corpi degli altri con le sue due asce.

Erano veramente troppi…da dietro le colline non smisero di venire fuori almeno fino al tramonto…quando ormai già era stata spazzata via una gran parte dell’esercito degli Alti Elfi…come fossero cenere…incredibile…mi trovai nella battaglia dopo essere sceso dall’albero in fiamme…ma non potevo sperare di sopravvivere combattendo solo con il mio arco…la maggior parte di noi cercò di scappare…e non ricordo ora…con esattezza se vidi qualcuno realmente fuggire…vedevo morte ovunque…vedevo caos…sentivo il frastuono della battaglia…ma nonostante questo sentivo lo straziante urlo della foresta, il regno degli elfi, che stava morendo…correvo rapidamente sbattendo contro cento corpi vivi e morti, bestie ed elfi…e mi accorsi ad un tratto che qualcosa…stava calando un impressionante martello proprio su di me…mi avrebbe ricoperto tutto…avrei ricevuto il più rapido funerale della storia…ma vidi i suoi occhi, divenire improvvisamente neri, come fosse scesa una tenda di inchiostro nero ricoprendo le pupille…vidi l’espressione sorpresa della bestia che si ergeva enorme su di me…urlò fuori l’inferno stesso dal quale era stato sputato e cadde a terra iniziando un rapido processo di decomposizione…scappai via più velocemente possibile.

Dopo un periodo di quello che si potrebbe definire tempo mi ritrovai riverso nel fango, completamente immobile, cercai di non pensare a nulla, proprio come facevo da giovane quando il mondo diventava ossessionante. Non mi sono mosso per almeno un’ora temendo che solo il movimento degli occhi potesse attirare l’attenzione di quel buio malefico nel quale ero immerso.

Dunque scelsi un attimo in cui il vento soffiava un po’ più forte fra le foglie per girarmi silenziosamente verso l’alto.

Vidi il nulla…aloni azzurrognoli ovunque ed oscurità densa addosso. Solo un punto era più rossiccio alla mia vista, un punto lontano perduto nella nebbia, probabilmente gli ultimi bagliori di quella che un tempo era la terra degli elfi. Bagliori di alberi incendiati…forse di corpi…penso di aver visto ardere la terra stessa quella notte.


Al riparo finalmente dalla battaglia…coperto dalla nebbia.

Mi sedetti addosso ad una parete di roccia ad un passo da dove mi ero svegliato, e lì rimasi non vedendo altro che grigia foschia, stretto nel mantello, sentendo la mia pelle tirata, il mio volto cambiato dal gelo, non ero più lo stesso, ne ero certo, dovevo avere un aspetto molto diverso, ma cercai di non pensarci…inutile chiudere gli occhi nel buio, inutile riposare…quando si è morti.

L’alba non venne più.

Ad un certo punto mi accorsi che la nebbia si era diradata abbastanza. Vidi strisciare ombre, nel tramonto finale. Il cielo…così scuro e rosso, sembrava dovesse preannunciare un grande terremoto, sembrava cercarmi con i suoi sguardi bugiardi. Vidi menti nascoste dal tempo, dissolversi in quelle arcane rovine.

 

L’alba non venne più.
Esplose poi la tempesta
e per quella volta, la prima,
invece di sussurrare parole d’addio
il grido dell’anima cominciò.
Vidi per la prima volta il castello,
nascosto dalla bufera ondulante.
Sentii forte una presenza allora, nell’Universo.
Da qualche parte in quel castello
due occhi fissavano la notte fuori,
ed assaporarono la furia del vento.

 

Poi in pochi momenti la pioggia cessò, le nubi si diradarono, le gocce cadevano dalle foglie come fossero lacrime.
Finalmente vidi bene, gli alberi verdi scintillare al chiaro di luna, senza il velo della nebbia vidi monti intorno troneggiare sulla valle, senza la tristezza che smise di attanagliarmi lo stomaco…
Vidi il lago.

Scesi lungo il sentiero fino alle acque scure…e rimasi impressionato da tanta calma…tanta vastità…tanta bellezza…osservai il riflesso sotto…vidi me, invecchiato dai secoli che non vissi, vidi i lunghi capelli grigi di saggezza e la pelle di grinza umanità.
Cercai i miei occhi con le mani, in preda alla follia, preparandomi a vedere le lacrime cadere nel lago a formare dei cerchi che avrebbero abbracciato tutto lo specchio. Sentii le orbite girarsi verso il cielo in uno spasmo e non vidi più nulla, sentii la mia pelle e le ossa sciogliersi come abbracciate dal fuoco di un drago...in pochi attimi le mani divennero liquido scuro…e finalmente libero dal corpo sparii negli abissi sconfinati… diretto verso la corte gestante.

 

"La mia mente cerca costantemente spazio, sospesa nel vuoto del Multiverso…
Intrappolata negli innumerabili Grovigli composti
da carne, acqua, sangue ed escrementi.
Mentre la materia mi opprime nello spazio angusto della mente…
mentre sento l’irrazionalità soverchiarmi…
mi chiudo negli scuri abissi della mia prigione
e cammino a fianco degli attimi.
Tentando di prendere parte alla vicenda dell’esistenza
facendo del pensiero la mia cavalcatura
Galoppando nei verdi prati del tempo……."