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AEROMODELLISMO: un pò di storia. | ||
I modelli volanti sono nati prima dei veri velivoli, per dimostrare la possibilità di realizzare delle macchine volanti e, nello stesso tempo, costruire un mezzo per la verifica pratica dei fenomeni fisici che intervengono durante il volo. Una volta realizzato il “più pesante dell’aria” (il velivolo dei fratelli Wrigh del 1903), il cui progresso è stato quando mai sorprendente e veloce, gli aeromodelli, pur mantenendo in parte una funzione di studio, sono diventati in maggioranza piccole macchine volanti atte a svolgere attività sportiva agonistica o a dilettare esclusivamente i costruttori. Con il passare del tempo e con le nuove tecniche a disposizione è stato necessario classificare i modelli in classi e categorie, secondo il tipo e lo scopo del volo, ottenendo risultati sempre più altisonanti. Una classe recentemente consolidatasi, ed incasellata tra le altre con appositi regolamenti sportivi, è quella delle riproduzioni, vale a dire di modelli che riproducono in scala velivoli esistenti o che siano esistiti. L’evoluzione Il desiderio di costruire modelli somiglianti ai velivoli veri è stato sempre molto comune ed è abbastanza normale che il principiante agli inizi della sua carriera modellistica sia attratto da questa possibilità. Sin dagli albori dell’aeromodellismo tali modelli cominciarono a destare interesse e ad essere costruiti, ma non ebbero grande diffusione e soltanto poco prima della 2° Guerra Mondiale furono organizzate apposite gare, soprattutto negli Stati Uniti. A quell’epoca i modelli erano soltanto a volo libero (VL), cioè una volta lanciati dovevano effettuare il volo senza alcuna possibilità di intervento da parte del costruttore per modificarne l’assetto, qualora necessario. In altre parole dovevano avere capacità di auto stabilità e quindi provvedere in proprio per eventuali correzioni che potessero regolare il volo se disturbato da cause esterne. In genere venivano costruiti modelli ad elastico, la propulsione era fornita da un’elica azionata da una matassa di fili di elastico, ma successivamente fu il motore a scoppio che diventò popolare come propulsore e le riproduzioni non poterono che trarne vantaggi. Il volo sia dei modelli ad elastico che di quelli con motore a scoppio era molto semplice e limitato: una volta esaurita la forza propulsiva il modello effettuava delle planate senza possibilità di manovrare. Vi furono tentativi di applicazione di automatismi per effettuare qualche virata comandata e addirittura looping, ma i successi non furono adeguati. Il fatto dell’iniziale mancata diffusione delle riproduzioni è comprensibile, considerando i fattori costruttivi di tali modelli in confronto con quelli delle altre classi. Tenendo fisso il principio basico delle riproduzioni, che è la riduzione in scala di un velivolo in modo da riprodurre nell’aspetto e nel volo l’originale, si possono mettere in rilievo i lati negativi di tale condizione. 1) Con la riduzione delle superfici gli effetti aerodinamici cambiano valore pur essendo basati sulle stesse regole. Per esempio, se per un velivolo la superficie del piano orizzontale è sufficiente a svolgere la sua funzione durante il volo, può non esserlo più per il modello; questo perché dimensioni, superfici, peso, velocità non possono ridursi con lo stesso rapporto. Ecco quindi che il volo del modello potrebbe essere critico o comunque richiedere una messa a punto molto complessa. Nei modelli delle altre classi, a parte alcune limitazioni dettate dai regolamenti, le dimensioni, delle superfici, ecc., sono realizzate con ampia flessibilità e quindi proporzionate tra loro per ottenere il miglior risultato in base alla funzione. 2) La struttura dell’aeroplano è difficile da riprodurre, occorrono quindi adattamenti per simularla; sono necessarie una progettazione accorta ed una scelta oculata dei materiali per ottenere un peso accettabile compatibile con una sufficiente robustezza. A peggiorare il problema esiste la necessità di riprodurre tanti particolari – per la fedeltà di scala – che in realtà sono del tutto inutili per il volo, vedi per esempio l’armamento (mitragliatrici, bombe, ecc.). 3) Per poter realizzare la struttura ed i particolari già menzionati occorre un’abilità manuale non necessariamente richiesta per la costruzione di normali modelli. Basti pensare, ad esempio, alla realizzazione in scala di un carrello retrattile, di un cruscotto, di un simulacro di motore. Con l’avvento dei modelli volanti “U-Control” (Under Control) durante la 2° Guerra Mondiale, e con la loro rapida diffusione nell’immediato periodo post-bellico, la possibilità di comandare il volo – almeno del solo piano verticale – offrì maggior respiro alle riproduzioni. In questo nuovo tipo di modello, il costruttore è collegato ad esso tramite due cavi fissati ad una manopola tenuta in mano dall’aeromodellista, ed attaccati all’altra estremità ad un sistema di comando all’interno del modello. In questo modo il modello è costretto a volare lungo un cerchio il cui raggio è costituito dai cavi, ma può evoluire nel piano verticale poiché movendo opportunamente la manopola, e con essa spostandosi i cavi, si riesce a comandare il timone di profondità permettendo variazioni di quota e manovre anche acrobatiche (looping, volo rovescio, ecc.). Da questa condizione nacque la dizione “volo circolare comandato” (VCC), e per queste nuove possibilità, un po’ in ogni parte del mondo, si cominciò a vedere un numero maggiore di riproduzioni che offrirono prestazioni più interessanti. Ma fu il radiocomando che fece esplodere il successo delle riproduzioni; si sviluppò in modo sempre più massiccio dopo la 2° Guerra Mondiale ed attualmente è in grado di permettere con molta sicurezza l’effettuazione del volo nel modo più verosimile possibile a quello degli aeroplani. Con tale volo non vi è più la costrizione dei cavi, e il modello può evoluire in ogni direzione; ricevere gli impulsi radio da un apparato delle mani del pilota, i quali vengono elaborati da una piccola ricevente a bordo del modello e sono trasformati in comandi alle superfici mobili che fanno effettuare al modello le manovre volute. Questa volta gli sforzi per superare tutti gli ostacoli, dei quali si è già parlato e che rimangono con le stesse difficoltà, sono di gran lunga compensati dai risultati. Finalmente si possono vedere dei bei voli realistici! Durante il periodo di maturazione si cominciarono ad organizzare, nelle varie nazioni, delle competizioni con regole ancora non uniformate ma con lo stesso spirito: il modello doveva riprodurre a terra ed in volo il velivolo selezionato.
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