Regia:

Sceneggiatura:

Musiche:

Produzione:

Distribuzione:

Ferzan Ozpetek

Gianni Romoli e Ferzan Ozpetek

Andrea Guerra

R&C Produzioni

Medusa

Le Fate Ignoranti

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IL REGISTA

 

«Ambientato tra i palazzi un po’ fatiscenti e i monumenti post-industriale del quartiere Ostiense, in una Roma alla vigilia del gay pride, “Le Fate Ignoranti” racconta i sentimenti della vita che viaggiano al di sopra di tutto – delle preferenze sessuali, delle decisioni, dell’etica. E anche di come tutti vogliono si il grande amore, ma quando viene il momento in ciascuno di noi scatta la Paura» così Ferzan Ozpetek descrive il suo ultimo film. Ma precisa che la pellicola «non è incentrata sul tema dell’omosessualità: il tema vero è nel percorso della protagonista, il suo cammino per accettare la verità, la sua attrazione per il ragazzo amato dal marito e la sua amicizia per i compagni d’appartamento di lui».

Nel film la morte di una persona a cui si è legati, rispetto a “La stanza del figlio”, diventa uno strumento conoscitivo non solo di verità prima taciuta, ma anche di una diversità di fronte alla quale misurare il proprio grado di comprensione e tolleranza. Il film, coprodotto con capitali francesi, è diretto da un regista che riprende nei climi ed ideologia, il cinema di Almodovar, con un riferimento particolare “Tutto su mia madre”.

Nel terzo film di Ferzan Ozpetek – dopo il “Bagnoturco” e “Harem Suarè” – è avvertibile la malinconica condizione dell’esule da una Turchia amata ma dove tuttavia non si può tornare. Forse l’alter ego del regista nel film è rappresentato dal ragazzo che arriva da Istambul per poi farvi ritorno. Ozpetek, nato proprio a Istambul, si è trasferito dalla Turchia in Italia per studiare, ma ha preferito il cinema riuscendo a diventare aiuto regista di Massimo Troisi, Ricky Tognazzi, Marco Risi. Già regista del bellissimo “Bagnoturco” «Tentativo di riscoprire le mie radici turche» e di “Harem Suarè” che «indagava il motivo per cui mi ero staccato dal mio paese», con le “Fate Ignoranti” «voglio capire perché sono qui e come vedo l’Italia di oggi».

Il regista turco racconta di una tribù di esiliati della normalità in cui, naturalmente, le regole delle relazione sono le stesse degli etero. Affronta perciò una storia non facile senza però cadere nella retorica, dimostrando un tocco delicato e sensibile.

 

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