IL REGISTA

«Ambientato
tra i palazzi un po’ fatiscenti e i monumenti post-industriale del quartiere
Ostiense, in una Roma alla vigilia del gay pride, “Le Fate Ignoranti”
racconta i sentimenti della vita che viaggiano al di sopra di tutto – delle
preferenze sessuali, delle decisioni, dell’etica. E anche di come tutti
vogliono si il grande amore, ma quando viene il momento in ciascuno di noi
scatta la Paura» così Ferzan Ozpetek
descrive il suo ultimo film. Ma precisa che la pellicola «non è incentrata sul
tema dell’omosessualità: il tema vero è nel percorso della protagonista, il
suo cammino per accettare la verità, la sua attrazione per il ragazzo amato dal
marito e la sua amicizia per i compagni d’appartamento di lui».
Nel film la morte di una persona
a cui si è legati, rispetto a “La stanza del figlio”, diventa uno strumento
conoscitivo non solo di verità prima taciuta, ma anche di una diversità di
fronte alla quale misurare il proprio grado di comprensione e tolleranza. Il
film, coprodotto con capitali francesi, è diretto da un regista che riprende
nei climi ed ideologia, il cinema di Almodovar, con un riferimento particolare
“Tutto su mia madre”.
Nel terzo film di Ferzan Ozpetek
– dopo il “Bagnoturco” e “Harem Suarè” – è avvertibile la
malinconica condizione dell’esule da una Turchia amata ma dove tuttavia non si
può tornare. Forse l’alter ego del regista nel film è rappresentato dal
ragazzo che arriva da Istambul per poi farvi ritorno. Ozpetek, nato proprio a
Istambul, si è trasferito dalla Turchia in Italia per studiare, ma ha preferito
il cinema riuscendo a diventare aiuto regista di Massimo Troisi, Ricky Tognazzi,
Marco Risi. Già regista del bellissimo “Bagnoturco” «Tentativo di
riscoprire le mie radici turche» e di “Harem Suarè” che «indagava il
motivo per cui mi ero staccato dal mio paese», con le “Fate Ignoranti” «voglio
capire perché sono qui e come vedo l’Italia di oggi».
Il regista turco racconta di una
tribù di esiliati della normalità in cui, naturalmente, le regole delle
relazione sono le stesse degli etero. Affronta perciò una storia non facile
senza però cadere nella retorica, dimostrando un tocco delicato e sensibile.