Nel numero di ottobre di “Dimensioni nuove” ho letto un articolo molto interessante sulla fede dei giovani francesi dal titolo “La fede in archivio”. Il titolo dice già tutto. I giovani francesi hanno archiviato la fede come un pezzo da museo e si stanno costruendo una loro religione laica in cui si mescolano elementi di cristianesimo con “frammenti di astrologia, di magia, di religioni orientali”. La religione è ridotta ad una emozione di fronte ad un tramonto, ad un paesaggio in montagna, ma non la collegano ad un Dio creatore. E dalla scienza che si attendono le grandi risposte sul mondo più che dalla fede. Non per questo sono degli anticlericali, piuttosto degli “umanisti” laici, neo-illuministi, che hanno messo in soffitta ogni trascendenza e puntano tutto e unicamente sull’uomo. Un umanesimo indifferente al problema religioso, ritenuto “irrilevante”.
Per la religione prevale il soggettivismo: ognuno la definisce come più gli garba. E’ la “religione fai-da-te” come giustamente la chiama l’articolista di “DN”. E con la religione anche la morale diventa un “fai-da-te”: ognuno si regola esclusivamente secondo la propria coscienza, senza alcun riferimento al magistero ecclesiastico. E’ il trionfo del relativismo morale: la Verità non esiste più, ci sono tante verità particolari quanti sono i soggetti che pensano. Siamo in pieno post-critianesimo.
Questa situazione è tipica solo della Francia o è un fatto comune a tutte le società occidentali? L’ultima indagine sui giovani in Italia (IARD 1993) rileva che l’80% dei giovani non partecipa a nessuna organizzazione religiosa. Anche se una proporzione altrettanto alta si dichiara credente, chi va a messa regolarmente è circa il 22% e chi ritiene che la religione abbia moltissima importanza nella propria vita è solo il 10%. Ma la cosa che deve far riflettere è il brusco calo di partecipazione nell’età compresa tra i 18 ed i 20 anni.
Cosa fanno, dove vanno alla Domenica questi ragazzi che non vanno più in chiesa? In un’inchiesta condotta personalmente su giovani frequentatori di discoteche in alcune delle principali città ho ricevuto tra le altre questa risposta:
- Prima, la domenica mattina era da passare in Chiesa un'ora. Poi, col passare degli anni, che so' diventato più grande, ho cominciato a giocare a pallone con una squadra, per cui la domenica ero impegnato a fare partite con questa squadra, il campionato; poi anche perché prima forse ero costretto da mia madre, dai miei genitori ad andare in Chiesa. Poi non ne ho più trovato il bisogno, anche perché non è che io andando in Chiesa riuscivo a concludere qualcosa. (Mario, 17 anni)
Dalle descrizioni del loro modo di passare il tempo libero emerge un modo vario, ma forse un po’ scontato di passare il tempo libero. Non c’è più spazio nella loro vita per le celebrazioni liturgiche, per l’impegno religioso.
- La maggior parte del tempo libero lo passo giocando a pallone - gioco in una squadra- e quello che mi resta, al sabato pomeriggio, a volte in discoteca, a volte al boowling, così. Non sono uno di quelli che ha degli schemi: tutti i sabati in discoteca, oppure tutti i sabati da un'altra parte. Io vario, a seconda delle giornate.(Umberto, 18 anni)
La Domenica ha perso qualsiasi riferimento religioso. E’ un tempo dedicato esclusivamente al divertimento, allo svago.
- Alla domenica generalmente vengo a ballare oppure
vado allo stadio: quando gioca la Juve. E poi ascolto musica, guardo la
televisione, gioco al pallone.
(Dino, 17 anni)
La maggior parte di giovani identifica il Sabato sera e la Domenica un tempo in cui celebrare le nuove forme liturgiche, scandite dai riti collettivi dello stadio, della discoteca. Anche il ritrovarsi insieme, chiacchierare, cercare dei locali dove passare il tempo assumono l’aspetto di una nuova ritualità.
- Passiamo i pomeriggi interi in giro così... quando
siamo chiusi in un bar a giocare a carte, quando si va a ballare come oggi
pomeriggio, alla sera solitamente andiamo a visitare locali... cioè regolare,
normale... poi si va a fare il giro in centro.
(Daniele, 18 anni)
Anche lo shopping,
i giri in centro per vedere e farsi vedere fanno parte di questa ritualità
givanile.
- Vado in piazza con dei miei amici oppure... vado a
vedere un po' i negozi, a fare un po' di compere.
(Liliana, 15 anni)
Questo non vuol dire che il discorso religioso non interessi. Ho trovato parecchi giovani interessati a questo argomento, a volte erano essi stessi ad iniziarlo. Ma la loro religiosità tende a sganciare il loro credo religioso da ogni riferimento ufficiale. In fatti la maggioranza dei frequentatori di discoteche afferma di credere (50% su un 80% che ha risposto) e solo un quinto si dichiara non credente. Ma quando si chiede della pratica religiosa le percentuali scendono rapidamente. La maggioranza dichiara tranquillamente di non praticare e solo un 11% di praticare con un certa regolarità.
Non è che non credo, però non sono praticante; prima sì, adesso non ci trovo niente. Forse perchè sono piccola, non lo capisco. Non è che non credo che non ci sia un Dio, però momentaneamente, per esempio, la Messa non... non lo so, forse non lo capisco.... Non critico chi ci va, però io personalmente, per ora... Credo che ci sia un Dio, però... (Sara, 15 anni)
C’è quindi un certo riferimento alla fede cristiana tra questi giovani, ma vissuta in termini molto soggettivi e privati. C’è una forte tendenza a farsi una religione per contro proprio, in cui ci sono alcuni riferimenti al vangelo e alle cose apprese quando si era piccoli, ma prevalgono criteri soggettivi nella selezione delle verità da credere. Sono molto pochi coloro che accettano integralmente l’insegnamento della chiesa (4,5%), la maggioranza tende a farsi un Dio su misura, che “non rompa” (sic!), che “lasci liberi”.
Nel caleidoscopio delle idee ed immagini di Dio che ognuno si fa, tende a prevalere l’aspetto psicologico-intimista della religione.
- Specialmente la sera, non so se è la coscienza, io, ogni tanto succede, qualcosa mi viene da chiedere, da parlare, forse col mio interiore, però per me è Gesù, che ne so. Ma una cosa che mi delude è la Chiesa e la messa. (Moony, 16 anni)
Religione è “sentirla dentro”, oppure è “un aiuto per andare avanti”. Questo soprattutto da parte delle ragazze, che sono le più sensibili al problema religioso e più praticanti. Ma in loro la dimensione religiosa assume questi tratti di intimismo per cui la religione è ricercata per “sentirsi bene” non per aprirsi all’Altro, al trascenente. C’è come una specie di visone utilitaristica della religione: si cerca solo ciò che porta vantaggio, e questo percepito immediatamente. La grande spinta della religione a trascendersi, a cercare la propria realizzazione al di fuori di sè viene completamente ignorata. Si preferisce il ripiegamento intimista, la ricerca del benessere psicologico, senza curarsi del mondo esterno. Si spiega così la diffusione anche in Italia del Buddhismo (vedi Baggio) e di altre religioni orientali che di questa ricerca dello star bene con se stessi sono i modelli più eclatanti.
A questa luce vanno anche ridimensionati alcuni entusiasmi che vedono troppo facilmente dei segni di ripresa religiosa. Certe forme apparentemente religiose, come la preghiera, il misticismo, la contemplazione, vanno presi con cautela perché a volte possono mascherare una specie di ricerca narcisistica di se stessi più che di Dio.
Questa dimensione soggettiva può trovare anche altri modi di espressione più centrati sul sociale. Anche se quest’orientamento era una caratteristica di generazioni passate, essa rimane in alcuni, soprattutto maschi, almeno come pretesto per scusare la scarsa frequenza alla pratiche religiose.
- Io sono religioso, ma uno deve andare in chiesa quando se lo sente, e poi essere religiosi vuol dire anche aiutare la gente: è questo più importante. Se uno va in chiesa e poi fa del male non serve a niente. (Luca, 19 anni)
A questo proposito alcune volte abbiamo chiesto a quale età avessero smesso di credere o frequentare la chiesa. La maggioranza ha detto di aver smesso prima dei 15 anni: la disaffezione religiosa comincia nel periodo della scuola media, quando giunge a completamento anche il processo di formazione religiosa di base. Quello che dovrebbe costituire il sigillo sulla definitività dell’appartenenza cristiana (cresima), diventa sovente l’ultimo atto dell’impegno religioso.
- C'era un periodo che praticavo un po', ho fatto anche la Comunione, stavo facendo la preparazione alla Cresima, poi me sono stufata: basta! (Roberta, 15 anni)
I motivi addotti a giustificare tale passo sono numerosi e non sempre ben precisati. Generalmente sembrano rifarsi al processo di maturazione personale e di acquisizione di autonomia di pensiero e azione che contraddistingue l’adolescenza.
- Sono atea, ho fatto la comunione e poi ho cominciato a pensare con la mia testa. (Barbara, 19 anni)
Molti dicono che il fatto di non credere è dipeso da una scelta personale. Altri dicono che sia dipesa dallo sviluppo, quasi fosse automatico il collegamento tra autonomia sociale ed abbandono della religione. Qualcuno indica nella reazione alle costrizioni precedenti il motivo dell’abbandono religioso.
- Posso credere in una persona superiore ma non nella Chiesa.Il motivo fondamentale è che sono stato dalle suore da quando sono nato e mi hanno scassato veramente..., cioè mi hanno costretto a fare delle cose che non volevo, per esempio andare in Chiesa, confessarmi, fare la comunione per forza e questo non mi è stato bene, perché penso che uno deve decidere le cose da solo e non tramite i genitori. Quindi una confessione penso, anche un battesimo una persona lo deve avere quando è responsabile delle sue azioni. (Alberto 16 anni)
In questo processo di chiarificazione religiosa, seguita sovente dalla scelta di non credere, hanno però inciso anche altre ragioni di tipo più razionale, per esempio l’impatto con la filosofia ed il ribaltamento della mentalità religiosa tradizionale, come appare da queste testimonianze.
- Studiando filosofia riesci a capire più cose. A 17 anni comincio a capire il mondo, ed allora la religione comincio a rifiutarla. Non so se ho fede: a volte dico "Dio aiutami!" Altre volte dico che non può esistere, perché succedono tante cose... (Luciana, 17 anni)
Oppure è l’eterno problema del male, la difficoltà di conciliare un Dio che si dice ‘buono’ e ‘onnipotente’ con l’esistenza del male, con sciagure e disgrazie, come già accennavamo.
- Non credo tanto, no. Questo perché un anno fa mi è mancato un amico carissimo: è morto di meningite fulminante. Un amico, che io.... per me è stato tutto: è stato il mio ragazzo, il mio amico, il mio fratello, è stato tutto. Ed io, già prima credevo poco e adesso, poi ho perso tutto.... perché queste cose sono un po'.... uno la perde la fede, secondo me, a mio giudizio. (Veronica, 18 anni)
Infine possono anche esserci stati scandali, difficoltà che hanno turbato una fede ancor fragile e l’hanno fatta naufragare. Uno dei motivi che adducono per la scarsa fede e la ridotta pratica religiosa è sovente la sfiducia nella Chiesa per le incoerenze di preti, suore...
Mentre invece altri ammettono tranquillamente di aver fatto una scelta di comodo: pigrizia o altri impegni.
Questa situazione giovanile è un campanello d’allarme per tutti i cristiani. Se vogliamo che la fede non scompaia dalle nostre terre è necessario prendere sul serio l’appello del Papa per una «nuova evangelizzazione. Non si può procedere tranquillamente come se nulla fossecambiato. Se la fede è sempre la stessa, ci sono nuove situazioni che la interpellano, nuovi linguaggi che esigono una presentazione diversa del messaggio. Sovente le comunità cristiane sembrano immobili, passive, soddisfatte della loro fede tranquilla. Ci si dimentica dell’importanza di evangelizzare, che si deve essere missionari anche lì dove si vive.
I giovani ci sfidano. L’ultimo capitolo dei salesiani ha affrontato proprio il tema dell’educazione alla fede ed ha dato delle valide indicazioni. Anche la chiesa italiana si sta interrrogando su questo argomento. Ma è necessario che queste tematiche passino dal livello teorico alla realizzazione pratica. In questo sono ingaggiati tutti i cristiani, nelle loro parrocchie, oratori, associazioni, movimenti. Riusciranno a dare il loro contributo anche gli Exallievi salesiani?