Nei primi anni del XVIII secolo
l'astronomo Halley, confrontando la posizione di alcune stelle con quella
assegnata loro dal catalogo di Tolomeo, scoprì che nell'intercorso periodo di
quindici secoli tali stelle si erano mosse.
Solo in tempi più recenti, con l'ausilio di perfezionati e precisissimi
strumenti di misura, si è riusciti a determinare con maggiore esattezza lo
spostamento angolare degli astri. In genere si registrano spostamenti annui medi
inferiori al secondo d'arco, ma anche spostamenti sensibilmente superiori.
Procione e Sirio hanno per esempio uno spostamento annuo pari a circa 1,3";
quello di Arturo è eguale a 2,3". Proxima Centauri, la stella a noi più
vicina, è animata da un notevole moto pari a circa 3,2". In ordine
crescente si susseguono, poi, la 61 del Cigno, con 3,7"; la 1830 Grombridge,
con circa 7"; il Corridore, con 9,3"; la stella di Barnard, nella
costellazione del Serpente, con 10,3".
La costellazione dell'Orsa Maggiore
La conseguenza più rilevante dello
spostamento delle stelle è soprattutto lo sconvolgimento delle distanze
reciproche degli astri appartenenti a una medesima costellazione, e quindi il
mutamento di forma di quest'ultima. Si consideri per esempio l'Orsa Maggiore, il
cui aspetto un tempo era simile a una croce; la sua attuale forma di carro
potrebbe tra 50 000 anni assumere le fattezze di una semplice linea spezzata. Ciò
che accade all'Orsa Maggiore succede a tutte le altre costellazioni.
Come è possibile misurare gli spostamenti delle stelle? Immaginiamo di collegare idealmente con una retta la Terra con una qualsiasi stella. Misurando l'ampiezza dell'angolo formato dalla nuova posizione in cui si trova l'astro rispetto alla precedente, ci si potrà rendere conto dei suoi spostamenti. Questi si definiscono spostamenti angolari. Si chiamano invece spostamenti radiali quelli che l'astro compie in modo da rimanere sempre nella stessa direzione della Terra, sia che si avvicini sia che se ne allontani. In questo caso, mancando angoli da valutare, gli strumenti ottici risultano del tutto inutili. Serve invece il preziosissimo e semplice spettroscopio. Grazie a questo strumento, come sappiamo, si può effettuare l'analisi chimica delle stelle, stabilendo quali elementi compongono la loro massa. Ma c'è di più: attraverso lo spettroscopio si può anche valutare la velocità di spostamento, sfruttando il principio dell'effetto Doppler in ottica.
Un grande scienziato, Christian Doppler, studiando il comportamento delle sorgenti sonore in movimento, scoprì un fenomeno caratteristico, denominato appunto effetto Doppler. Una sorgente sonora, come il fischio di una locomotiva, emette un suono più acuto mentre si avvicina all'ascoltatore e un suono più grave mentre se ne allontana. Ciò significa che la frequenza di un dato suono aumenta o diminuisce quando l'emittente del suono stesso si avvicina o si allontana dall'ascoltatore. Supponiamo di conoscere esattamente la frequenza del fischio di una locomotiva e di sapere che essa rimane costante nel tempo. Misurando le variazioni di frequenza del suono che si ode, sarà possibile stabilire, anche senza vederla, se la locomotiva si allontana o si avvicina e a quale velocità si muove.
Effetto Doppler e velocità delle stelle
Nello spettroscopio la luce in arrivo
viene scissa nei suoi componenti da un prisma. Questo seleziona gli impulsi
luminosi scomponendoli e deviandoli nella zona del rosso o in quella del
violetto della banda colorata, a seconda che si tratti di vibrazioni a bassa o
ad alta frequenza: è quello che viene denominato spettro della luce esaminata.
La luce della stella, causata dall'eccitazione delle particelle dei gas che ne
compongono la massa, dà uno spettro caratteristico: una banda colorata solcata
da righe scure proprie di ciascun gas presente nella stella, dove ogni riga
occupa la posizione corrispondente alla sua frequenza. Se la stella presa in
esame dovesse avvicinarsi o allontanarsi si verificherà esattamente quello che
ha descritto Doppler a proposito del fischio della locomotiva: le frequenze
luminose delle varie righe dello spettro risulteranno aumentate rispetto al loro
valore normale se la stella ha un movimento che la avvicina alla Terra
(spostamento verso la banda del violetto o violet-shift); risulteranno diminuite
se l'astro è animato da un moto di allontanamento dalla Terra (spostamento
verso la banda del rosso o red-shift). Una volta conosciuta la distanza di una
stella si può stabilire di quanto e in quale direzione si sia mossa
semplicemente confrontando il suo spostamento radiale con quello angolare.
Dalle misure effettuate risulta che le stelle si muovono in tutte le direzioni e
a velocità diverse. Si avvicinano al sistema solare stelle quali Sirio, alla
velocità di 7 km/s; Vega, della costellazione della Lira, a 14 km/s; Alpha del
Centauro, a 22 km/s. Al contrario se ne allontanano Betelgeuse, a 21 km/s;
Capella, della costellazione dell'Auriga, a 29 km/s e Aldebaran, della
costellazione del Toro, a 54 km/s.
Il moto di traslazione delle
stelle
I moti angolari e radiali sono le componenti di un unico movimento delle stelle,
quello di traslazione. Vi sono alcune stelle che si muovono solidalmente, pur
non appartenendo ad alcun sistema di doppie o di multiple. Tali astri hanno
avuto, probabilmente, origine da un unico, sconvolgente evento cosmico, che li
ha "generati" insieme. Tra questi gruppi di stelle il più noto è
quello delle Pleiadi, che comprende circa 130 astri. Un altro gruppo è quello
delle Iadi, distante dalla Terra all'incirca 133 anni luce. Vi sono infine dei
gruppi di stelle che, pur muovendosi in modo solidale, stanno discosti l'uno
dall'altro, come pesci trasportati dalla corrente.
Il fenomeno delle "correnti" stellari coinvolge migliaia di stelle,
misteriosamente convogliate in gruppi verso determinati punti, nei quali
convergono altre correnti altrettanto imponenti e nutrite. Forse, è proprio per
effetto di queste correnti che nel cosmo avvengono ciclopici scontri tra stelle,
dai quali nascono nuovi astri, nuovi gruppi, nuove correnti, in un incessante e
straordinario alternarsi di eventi.
L'astronomo Ipparco, come si è
visto, fu il primo a tentare una classificazione delle stelle in base alla loro
distanza, grandezza e luminosità.
Si deve a lui il primo catalogo stellare, in cui si ha una prima suddivisione
delle stelle per ordine di grandezza su una scala da 1 a 6. La suddivisione di
Ipparco teneva conto della luminosità apparente della stella, cioè le stelle
erano catalogate secondo varie classi a seconda del loro splendore agli occhi
dell'astronomo.
Oggi però si preferisce sostituire al termine grandezza quello di magnitudine,
che si riferisce al grado di luminosità delle stelle. La luce di una stella
osservata dalla Terra non dà però alcuna indicazione sull'effettiva luminosità
dell'astro, cioè sulla reale energia emanata da esso. La luminosità dipende
infatti dalla distanza della stella dal punto di osservazione. La luminosità,
così come appare ai nostri occhi, viene perciò detta magnitudine
apparente, mentre la luminosità effettiva viene chiamata magnitudine assoluta.
Quest'ultima corrisponde alla magnitudine apparente che la stella avrebbe se
fosse situata a una distanza convenzionale di 32,6 anni luce (10 parsec).
Se una stella si trova proprio a quella distanza, si dice che le sue due
magnitudini corrispondono. Se invece si trova più lontano, la sua luminosità
apparente, cioè quella che percepiamo dalla Terra, è inferiore a quella che
effettivamente viene emanata dall'astro. Per esempio, Sirio, che è molto vicina
a noi (solo 8,6 anni luce!), è molto più luminosa di Betelgeuse che dista ben
650 anni luce. È chiaro però che questo effetto di luminosità dipende dalla
distanza degli astri dal punto di osservazione.
Esistono coppie di stelle in posizione talmente ravvicinata tra loro da formare un sistema unico, per effetto del quale entrambe risultano indissolubilmente legate da reciproci rapporti di attrazione. Tali stelle, dette appunto doppie, ruotano vicendevolmente l'una attorno all'altra e si spostano insieme nello spazio. L'esistenza di stelle doppie è stata accertata dall'astronomo inglese William Herschel nel 1800 circa. Le stelle doppie reali si distinguono in: a) sistemi binari visuali, ossia sistemi osservabili per via ottica, scoperti da Herschel; b) sistemi binari spettroscopici, rilevabili solo per mezzo dello spettroscopio; c) sistemi binari fotometrici, in cui la duplicità è colta solo attraverso variazioni di luminosità per le reciproche eclissi dei componenti del sistema. Attualmente si contano alcune decine di migliaia di stelle doppie. Vi sono delle coppie costituite da un astro maggiore con un compagno di piccole dimensioni. Si pensi per esempio a Procione, nella costellazione del Cane Minore, intorno alla quale si muove una stella di tredicesima grandezza.
Si conoscono poi dei casi singolari. Sirio, la stella più fulgida, è accoppiata a Sirio B. Questa non solo impiega 50 anni per compiere il suo giro di rotazione intorno a Sirio, ma è anche responsabile, data la notevole massa di cui è dotata, delle sue oscillazioni nel cielo. L'osservazione del cielo ha messo in evidenza anche l'esistenza di stelle multiple, in un sistema formato da tre o più stelle. Tali sono la stella tripla di Andromeda, la stella quadrupla della Lira, quella tripla del Cancro e moltissime altre ancora. La maggior parte di queste stelle è stata individuata attraverso lo spettroscopio poiché gli astri minori di uno stesso sistema multiplo vengono sommersi dalla luminosità degli astri maggiori, risultando quasi invisibili ai mezzi ottici.
Le stelle doppie richiedono l'uso di uno strumento in grado di raggiungere ingrandimenti elevati quindi focali lunghe e alta qualità nelle ottiche. Gli strumenti più indicati per osservare le doppie quindi sono i rifrattori, ma anche i riflettori vanno benissimo. L'unica cosa da sconsigliare è di usare un binocolo che non è in grado di separare due oggetti molto vicini. Una delle stelle doppie più famose da vedere ad occhio nudo è Mizar-Alcor nell'Orsa maggiore. Ma le stelle doppie con separazione di pochi secondi d'arco richiedono l'uso di un telescopio. Importante risulta essere anche il diametro delle lenti dell'obiettivo da cui dipende la risoluzione raggiunta dallo strumento. Uno strumento di 60mm di diametro riuscirà a distinguere oggetti distanti tra loro minimo di 2 secondi d'arco, mentre uno strumento di 120mm raggiungerà anche un secondo d'arco. Nonstante non sia teorica esiste una formula che permette di stabilire la massima raggiungibile da uno strumento e risulta essere sep=120/D dove sep è la separazione D è il diametro dello strumento. Infine un'ultima cosa importante da tenere in considerazione prima di osservare una doppia è la differenza di luminosità tra le due componenti. Infatti una differenza maggiore fa si che la luce della stella più forte "nasconde" quella della più piccola che, pertanto, non risulta visibile.