Questa comprensione è
assolutamente determinata e univoca in quanto è sottratta al gioco
delle interpretazioni e dei rinvii semantici che sottende invece a
qualsiasi forma di sapere concettuale. Non c’è perciò un accesso più o meno
autentico alla verità dell’essere, e questo non nel senso che tutti i punti
di vista siano ugualmente validi e giustificati - come sostiene la moderna
scempiaggine relativista -, ma nel senso che la comprensione dell’essere non
può che essere una, univoca, e necessariamente vera. Se non ci intendessimo in
modo assolutamente univoco quando usiamo la parola ‘essere’ non ci
intenderemmo su nulla, nemmeno sull’ipotesi che la comprensione e la
comunicazione potrebbero anche non esistere. La Seinsverständnis, infatti, non
si dà se non in quanto comprensione condivisa dagli altri: la necessità che
l’altro intenda l’essere nello stesso modo in cui lo intendo io è
costitutiva del senso dell’essere stesso.