Il fumo è appena cominciato a dissolversi dal tragico scenario del World Trade Center e dal Pentagono, quando le cronache sono già ricche di notizie su maltrattamenti e aggressioni a musulmani, o persone prese per musulmani, capri espiatori per fanatici incolleriti che li considerano un tutt'uno con i presunti terroristi. Le moschee e i centri della comunità islamica di Chicago, San Francisco, Los Angeles e Dallas hanno ricevuto minacce di bombe, le loro finestre sono state colpite da sassi e da colpi di pistola. Ma ancora più inquietante degli attacchi di singoli agli arabi americani è l'incombente minaccia di un attacco ufficiale ai loro diritti civili.
Già prima dei dirottamenti di martedì, i gruppi per la difesa dei diritti civili avevano raccolto un numero sempre più elevato di casi di passeggeri arabi richiamati in aeroporto dalla polizia per interrogatori e perquisizioni umilianti. Una simile pratica di segnalazione basata sulla fisionomia delle persone potrebbe concretamente affermarsi se la Federal Aviation Administration decidesse, come insistono molti esperti, di intensificare l'uso dei sistemi informatici per il controllo dei passeggeri. Questi sistemi, sviluppati con l'aiuto del Dipartimento Federale di Giustizia, analizzano i dati personali dei viaggiatori in base a criteri che possano indicare un potenziale terrorista. I funzionari di polizia non dicono quali sono i criteri impiegati, ma gli avvocati per i diritti civili avvertono che siamo di fronte a un chiaro pericolo di discriminazione. Se, per esempio, uno di questi criteri sarà quello di cercare persone che viaggiano spesso in Medio Oriente, ecco che verranno segnalati soprattutto gli arabi americani.
E questo sarebbe solo l'inizio. Nel nome della lotta al terrorismo, il Congresso abbandonerà molto probabilmente il disegno di legge che vieta il riconoscimento da parte della polizia in base a criteri razziali, farà fallire l'idea di istituire carte d'identità nazionali, approverà ingenti aumenti di bilancio per Fbi, Cia e altre agenzie federali, amplierà i loro poteri per condurre operazioni di controllo, fare intercettazioni e incarcerare gli indiziati. Il bersaglio principale di questo aumento dei controlli ufficiali saranno senza dubbio gli americani figli di arabi.
Il timore che il governo e i servizi di polizia possano prendere per bersaglio gruppi razziali ed etnici ha già precedenti chiari e recenti. Le rivolte nei ghetti che scoppiarono in centinaia di città americane negli anni '60 scatenarono una forte escalation del potere della polizia, culminato poi nel cosiddetto "Omnibus Crime Control and Safe Streets Act" che portò a una più ampia autorità degli ufficiali giudiziari per eseguire controlli e intercettazioni contro gruppi e individui considerati una minaccia alla sicurezza nazionale. I gruppi di militanti neri venivano maltrattati, intimiditi e neutralizzati da parte dell'Fbi.
La lotta alla droga condotta dall'amministrazione Reagan nei primi anni '80 inaugurò una nuova forte espansione del potere poliziesco. Molti americani erano pronti a rinunciare sia alle garanzie per un giusto processo che alla privacy pur di sradicare il flagello della droga, ma solo fino a quando i bersagli erano neri e latinos. Le conseguenze di queste violazioni dei diritti civili presero la forma di una diffusa distinzione razziale da parte della polizia locale, sequestri e perquisizioni illegali, sfratti, incarcerazioni di massa. Tutte cose che in modo sproporzionato colpivano persone di colore.
Con la rivoluzione fondamentalista iraniana del 1979, l'intensificarsi del conflitto tra israeliani e palestinesi, gli attacchi terroristici contro il personale militare statunitense in Libano, e la guerra del Golfo nel 1990-91, i musulmani americani vennero sempre più guardati con sospetto negli Stati Uniti. Sensazionali servizi televisivi imposero nell'immaginario di molti americani, l'idea che "arabo" e "terrorista" erano la stessa e unica cosa. Negli anni '90, in tanti film di Hollywood, i terroristi arabi hanno sostituito i sovietici nel ruolo di malvagi e pazzi. Le bombe al World Trade Center del 1993, piazzate da militanti islamici, non ha fatto altro che accrescere la paura verso gli arabi.
Sin dalla guerra del Golfo, i leader arabo-americani sono stati presi di mira con insulti, maltrattamenti e minacce sul lavoro, nelle scuole e per le strade. Hanno denunciato che la polizia ha aumentato la sorveglianza durante le preghiere e nei loro incontri e che i musulmani che si trovano a viaggiare sono ordinariamente presi di mira per controlli di identità, perquisizioni dei bagagli, e sorveglianza negli aeroporti.
Il presidente Clinton ha reso la situazione ancora più buia nel 1995 con la legge anti-terrorismo, dove sono stati dati all'Fbi più ampi poteri per infiltrarsi nei gruppi, per annullare le donazioni dall'estero, monitorare i viaggi aerei, confiscare i registri alberghieri e ostacolare i processi grazie alla permesso di poter espellere gli immigrati. I gruppi di difesa dei diritti civili avevano denunciato questa legge come una chiara licenza data all'Fbi per attaccare i diritti e la privacy di ogni individuo o gruppo additato come minaccia. Ma il Congresso, ignorandoli pubblicamente, in un periodo di grande tensione che seguiva gli attentati a Oklahoma City nel 1995, ha fatto passare la legge sull'anti-terrorismo l'anno seguente. Tanto quell'attacco non aveva niente a che fare con loro, che gli arabi americani si opposero in modo vigoroso a quella legge, temendo che ne sarebbero diventati il primo bersaglio. Quel timore si è ora intensificato dopo la strage di New York.
I vergognosi attacchi terroristici al World Trade Center e al Pentagono sono stati un tragedia che ha colpito al cuore gli americani. Ma perseguire gli arabi americani per le azioni folli di pochi significherebbe solo aggravare la tragedia.
Earl Ofari Hutchinson