UNA VITA AD ALTA QUOTA     

 

Il mio nome è Davide, ma tutti mi chiamano” il sognatore” per la mia capacità di sognare nella realtà e di essere realista nei sogni.

Ho ventitre anni e fumo da quando ne avevo quattordici. A diciasette anni ho messo incinta una ragazza e successivamente ho deciso, con grande delusione da parte dei miei genitori, di interrompere gli studi che ho ripreso con grande difficoltà da circa un anno.

Tali comportamenti affondano le radici nella mia difficile infanzia.

Alle scuole medie venivo accompagnato da mia madre o da mio padre, perchè ero pallido, malaticcio, esile e fragile e spesso oggetto di prese in giro, di scherni

da parte dei miei compagni che mi chiamavano”pollastrello”.

Spesso mi ripetevo:” Devo ricorrere assolutamente ai ripari:

-devo diventare autonomo e attraversare le strade più trafficate;

-devo migliorare il mio fisico”.

Così un giorno mi presento a scuola con i piercing e con una sigaretta in bocca    e con un'altra sull'orecchio; rispondo a tutti con sfida e prepotenza;divento leader e vengo temuto da tutti;ficco l'indice sul mento e alzo la testa a coloro che sono sul punto di prendermi in giro. Insomma sono diventato” capo” della classe, dell'istituto e perfino “capo” del quartiere.

Nei primi anni del liceo ho sperimentato la forza necessaria per spezzare il braccio al mio compagno di banco EL PETISO (1) che si era permesso di fare un complimento alla mia ragazza. 


                                                

 Attualmente frequento la facoltà di geologia con vivo interesse per gli argomenti di studio. Sono diventato, difficile a credersi,uno studente modello. Siccome sono molto stimato dai professori, sono stato scelto ad andare ad effettuare una ricerca sull'Himalaya con tre professori e con altri dieci studenti provenienti da altre università europee.

I preparativi per il viaggio mi elettrizzano e non vedo l'ora di salire sull'aereo con i miei bagagli che contengono libri di vario genere, dizionari delle varie lingue orientali, un notebook e un ciondolo africano avuto in regalo dalla mia ragazza. La partenza e fissata per il 25 Maggio.

All'uscita dell'aereoporto di kathmandù sono stato investito da una folla di persone di tutte le età che, per pochi soldi, si offre per dare una mano a trasportare i bagagli dei viaggiatori.

Nel caotico trambusto di voci, colori, costumi e lingue diverse penso solo a tenermi stretto il carrello su cui ho caricato la parte più preziosa della strumentazione da utilizzare nella missione.

 

Non so come, mi ritrovo su un pulmino messo a disposizione dei ricercatori e la guida, infilatasi al collo una corona di fiori, ci dà un caloroso”BENVENUTI !” con un simpatico urlo.

Durante il viaggio e all'arrivo all'hotel mi appaiono ben visibili due mondi diversi: quello ricco e quello povero, riconoscibili nel vestiario e anche nell'andatura: sicura e spavalda quella dei ricchi; dimessa, umile e discreta quella dei poveri.

Molte sono le cose diverse e impensabili per un occidentale come me che è tutto preso dal buon esito della missione scientifica da portare avanti.

   Dopo dieci giorni di tappe di avvicinamento al ghiacciaio, oggetto dei nostri studi, siamo a quota 4.000 m, là dove il mondo sembra un paradiso di diamanti luccicanti al sole: gli occhi sono abbagliati, l'ossigeno scarseggia, la nebbia, all'improvviso, ci avvolge e le tormente di neve ci scoraggiano di proseguire la nostra permanenza, ricordandoci che tali altitudini sono consone solo a pochi esemplari di leggendari Yeti.

    Lo staff scientifico non si lascia scoraggiare dalle calamità naturali e mette le tende a 8.000 m., pur essendo spesso assalito dal mal di montagna.

Dopo varie missioni e scambi di opinioni con altri studiosi, sono arrivato alla seguente conclusione:”Lo scioglimento significativo dei ghiacciai negli ultimi decenni provoca la formazione di piccoli laghi destinati col tempo ad unirsi in accumuli di masse d'acqua che vengono trattenute da sbarramenti naturali glacio-morenici”.

Io in particolare mi sono interessato a questo tipo di fenomeno, misurando lo sbarramento morenico del Tchola e lo sbarramento che forma il lago Imja con una pofondità di circa 100 m che incombe su un largo settore del Parco Nazionale del monte Everest. 

 

 Con il mio ultimo studio ho voluto sperimentare la tecnica del Laser Scanner per il rilevamento della parte bianca di alcuni ghiacciai di cui abbiamo ricostruito la geometria con rilievi ”A distanza” senza doverci arrampicare sulla massa di ghiaccio.

Del mio soggiorno su queste alte montagne è rimasto il ricordo delle cime più belle che si possono ammirare dalla parete sud del Lotse da cui si può osservare la maestosità della cima dell'Everest che in parte annulla la stanchezza accumulata durante il viaggio e le ricerche ad alta quota.

 


  

                                                     

Dopo aver comunicato il resoconto delle mie ricerche effettuate sull'Himalaya, come mi aspettavo, dopo alcuni giorni ho ricevuto un fax dall'Università, incaricandomi di tenere un convegno per esporre le ricerche scientifiche, effettuate ad alta quota, ai laureandi e ai laureati in vista di una loro futura esperienza da ricercatori.

Diapositive e fotografie sono state utili per catturare l'attenzione dei presenti.

Tutti, affascinati dalla mia relazione, dai risultati delle mie scoperte e del mio modo di esporli, hanno preso parte al dibattito. Una ragazza che mi fissava con interesse, mi ha evocato per tutto il tempo uno stato d'animo che ho provato una sola volta nella mia vita...

Il dibattito è stato lungo e interessante. Sono stato catturato soprattutto dall'intervento della ragazza tanto interessata al mio lavoro...

Nel sentire la sua voce ho preso coscienza di una realtà magica confermata dalla vista del ciondolo che portava al collo simile a quello che ho sempre portato con me!

Nel momento delle congratulazioni le ho chiesto di entrar a far parte del mio gruppo di studio. La sua risposta, affermativa, ha causato in me gioia, speranza, timore, ansia..., insomma, uno stato d'animo provato in alta quota che ti inebria l'animo di INFINITO.

 

           

 

(1)-EL PETISO: in spagnolo “il piccolo”

 

 

 


ANNO SCOLASTICO 2003/04

 

CLASSE I SEZ. B

 

racconto ideato e trascritto da:

Amerigo Della Cuna - Stefano Di Camillo - Fabio Di Cesare
Giuseppe Fontana - Giuseppe Moretti
 

 


                           

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