Lo
sguardo cadeva sull'orologio, le undici e mezzo.
E'
mattina, una calda mattina d'estate, dalle persiane della finestra entra
una luce chiara, che tinge i muri della stanza.
Gli
occhi di Andrea sono socchiusi, fissa l'orologio, sente nell'aria l'aroma
di caffè che viene dalla cucina.
Il
suo risveglio non è dei migliori, sente una strana sensazione addosso,
come quando senti che deve capitarti qualcosa, ma non sai cosa. Una volta
alzato, si guarda intorno, gli viene quasi da piangere guardando i vari
poster dei 'moto mondiale" attaccati al muro, ha il cuore in gola, un nodo
allo stomaco, come quando si deve lasciare un posto o una persona per sempre.
Sceso in cucina, le cose non cambiano, alla vista della madre gli vengono
gli occhi lucidi, durante il pranzo non parla, lui che ha sempre da ridire,
lui che è così polemico quel giorno restò in silenzio,
sempre con quella strana sensazione dentro.
E'
pomeriggio e Andrea s'incontra con gli amici al solito bar del paesetto,
piccolo, pieno di speranze per quella comitiva di poco più di quindici
anni. Lì, mentre scherzano, ridono e giocano al vecchio ma caro
biliardino, gli amici di Andrea si accorgono che qualcosa in lui non va
e, per tirarlo su di morale, ironizzano chiedendogli se egli si è
rotto il motorino.
Per
Andrea il motorino era tutto, la sua rottura sarebbe significata una morte
improvvisa, lui e il suo scooter, uno Zip, sono conosciuti in tutto il
paese; detiene tutti i record di velocità, ben centocinquanta chilometri
orari, record d'impennata, può camminare all'infinito su di una
ruota a qualsiasi velocità, detiene il record d'inclinazione, in
curva si appende fino all'estremo e per questa sua passione è stato
più volte punito dalla legge con multe salatissime, ma non importa,
questa era la sua passione.
Tutti
i giorni gli amici ammirano e commentano le sue performance, ogni giorno
diverse, ogni volta più emozionanti, emozioni che nient'altro gli
avrebbe potuto dare.
Quel
giorno però, quel maledetto giorno, sedendosi sul suo Zip sentiva
che qualcosa non andava e non dipendeva da parti meccaniche, ma da lui,
si sentiva strano, la stessa sensazione provata al mattino, ma, sprezzante
del pericolo, girò la chiave, mise in moto e partì a razzo
verso il destino che lo attendeva.
Forte
le mani tenevano il volante, forte il motore cantava, la lancetta dei contachilometri
saliva in fretta, troppo in fretta, la moto sembrava andasse da sè,
non lo sapeva che c'era la morte quel giorno che lo aspettava.
La
strada ti correva veloce come non mai, improvvisamente ti sei accorto che
quelle strade che conoscevi come le tue tasche in quel momento nascondevano
qualcosa di misterioso e così hai tentato di frenare, ma le tue
mani non volevano ascoltarti, ormai era troppo tardi. Non lo sapevi, ma
cos'hai pensato quando la strada è impazzita, quando la moto è
uscita di lato e sopra un'auto è finita? Non lo sapevi, ma cos'hai
pensato quando lo schianto ti ha ucciso, quando anche il cielo di sopra
è crollato, quando la vita è finita?
Vogliamo
però ricordarti com'eri, pensare che ancora vivi, pensare che, come
una volta scorrazzi in paese con il tuo chiassoso motorino, a folle velocità,
pensare che come una volta tu e la strada eravate una cosa sola, che non
c'erano segreti tra lei e te, pensare che come una volta ci ascolti, che
come una volta sorridi. La morte ti ha portato con sé, te ne sei
andato mentre facevi quello che hai sempre voluto fare, quello per cui
sei nato e, solo per questo, nel paese ti ricorderanno come un eroe, come
chi poteva tutto, ma alla fine ha osato troppo.
Al
tuo funerale c'era tutto il paese, tutti i tuoi amici piangevano, non parliamo
poi dei tuoi genitori, ormai non capaci più d'intendere e di volere.
Ti volevano bene tutti, eri
l'amico….?