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Il
carro Renault 35 da 9,8 t
Il S.O.M.U.A. da 19,5 t
Una
rarissima immagine di un S.O.M.U.A. italiano
Una
foto dello Char B1 |
Alla fine del 1940, dopo le prime e pesanti sconfitte in terra africana, gli italiani si trovarono a dover far fronte ad un’impreparazione tecnica quasi imbarazzante. Le deficienze del carro M/11 e la produzione appena iniziata del nuovo M/13 lasciarono le nostre forze corazzate in balia dei nemici senza un’adeguata protezione. Dopo aver diretto quasi tutti i mezzi disponibili verso Bengasi per ricostituire i reparti M/11 ormai decimati dagli scontri e soprattutto dalle continue magagne meccaniche il nostro stato maggiore cominciò, a malincuore, ad auspicare un aiuto dall’alleato tedesco, preferibilmente di soli mezzi. Ovviamente il vero apporto sarà rappresentato dall’invio dell’Africa Korps ma, limitatamente al discorso in questione, bisogna anche ricordare che, durante l’inverno del 1940 la Germania, pur non essendo assolutamente disposta ad armare delle nostre divisioni corazzate con i suoi Panzer decise di accogliere parzialmente la richiesta italiana consegnandoci parte dei carri armati sottratti ai francesi. Il materiale offertoci non poteva di certo considerarsi all’avanguardia (anche perché i pezzi migliori tipo l’autoblindo Pahnard 178, molto simile alla nostra AB40, vennero prontamente incorporati nei ranghi tedeschi) ma comunque rappresentava un discreto passo avanti rispetto ai nostri deboli mezzi corazzati. Il Renault B2 (o Char B1/bis), ad esempio, era un discreto carro pesante da 30 tonnellate, dotato di un’ottima corazzatura fino 6 centimetri, una discreta velocità (27/28 Km/h) e un possente armamento (un 47 mm in torretta e un obice da 75 in casamatta). Cosa ben diversa era invece il Somua S35, uno dei migliori carri medi della prima parte del conflitto. Ben protetto da 4 cm di corazza (in fusione e non imbullonata a scudo), veloce (fino a 40 Km/h), ed ottimamente armato con il solito pezzo da 47; questo carro surclassava il nostro M/13 sotto ogni punto di vista. Infine il Renault 35 da 9,8 tonnellate, con il suo cannone semiautomatico in torretta da 37/20 abbinato ad un mitra Chatellerault da 7,5 mm, poteva essere considerato un valido carro leggero di riserva penalizzato solo dalla sua limitata autonomia (140 Km). Fatto sta che i carri francesi incominciarono a giungere in Italia nelle prime settimane del ’41 suscitando non poche speranze fra i generali italiani. Si pensò addirittura di costituire una compagnia su un plotone Somua, uno R35, e uno autoblindo, e di inviarla in Africa per testare la capacità operativa di questi due carri. Furono però solo parole; in realtà i carri francesi (che dalle corrispondenze del gen. Cavallero risultano essere stati 124 RE 35 e 32 Somua, più qualche B1/bis la cui presenza non è mai stata documentata con precisione) vennero riuniti nel 131° reggimento carri, costituito da due battaglioni R 35 (CI e CII) e da uno Somua (CC) ed inviati, i primi due in Sicilia e l’ultimo invece in Sardegna. Non disponendo di parti di ricambio questi mezzi non vennero praticamente mai sfruttati e, nel caso dei Renault dislocati in Sicilia, c’è da dire che molti di essi vennero utilizzati come batterie fisse durante lo sbarco alleato (risulta addirittura che alcune torrette di questi mezzi francesi vennero utilizzate per armare postazioni in calcestruzzo di difesa costiera). Così, mentre i tedeschi utilizzarono ampiamente i carri francesi, specie per compiti di difesa metropolitana delle aree occupate, gli esemplari che raggiunsero l’Italia (prontamente denigrati dai nostri esperti per la loro lentezza e scarsa capacità offensiva *!!*, tanto da scoraggiarne l’importazione) finirono per essere praticamente abbandonati al loro destino senza un effettivo utilizzo pratico.
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