Un "Bassotto" da 105/25 e un semovente M/40 da 75/18 a confronto


Un semovente L/3 da 47/32

(prototipo)

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Un semovente M/40 da 75/18

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Un semovente da 149/40

 

L'esigenza di fornire la nostra Arma di Artiglieria di pezzi semoventi fu sostanzialmente ed inspiegabilmente ignorata dal nostro Stato Maggiore almeno fino al 1941. Anche se non mancarono studi e prototipi sperimentali l'avvio di una produzione di serie di questa tipologia di mezzi coincise solo con i primi rovesci bellici, che sottolinearono l'insufficiente forza d'urto dei nostri carri armati. L'idea fu perciò quella di armare dei normali scafi tipo "M", opportunamente modificati, con pezzi d'artiglieria di calibro superiore e capaci quindi di assicurare ai nostri gruppi corazzati un adeguato volume di fuoco specie contro i carri medi avversari, pesantemente corazzati e praticamente immuni, se non a distanza molto ravvicinata, sia ai pezzi da 37/40 che a quelli da 47/32.

Il lavoro di approntamento di cannoni semoventi durò per buona parte del 1941 e solo a partire dai primi mesi dell'anno successivo i primi esemplari poterono essere impiegati sui vari fronti operativi (specialmente in Africa Settentrionale).

In linea di massima il nostro esercito puntò su tre fasce di modelli con le seguenti caratteristiche:

- Una serie capace di impiegare l'eccellente obice da 75/18;

- Una per l'impiego di pezzi da 47/40 con funzione essenzialmente di ricognizione ed appoggio a reggimenti di fanteria;

- Una infine predisposta per l'impiego di canno di elevata potenza come il 90/53, il 105/25 o il 149/40.

I frutti di questa nuova strategia si videro con l'entrata in servizio del semovente da 75/18 su scafo M/13 (o M/40). Il mezzo, semplice nella sua progettazione e dai costi relativamente contenuti, rappresentava un notevole salto di qualità in termini di potenza di fuoco. Sebbene il posizionamento del pezzo in casamatta ne limitasse il brandeggio il carro venne apprezzato dalle nostre unità specialmente per la sagoma bassa, la precisione e l'efficacia del pezzo. Nonostante le solite, croniche, magagne meccaniche dovute alla delicatezza della frizione e degli organi di trasmissione, tipica di tutti i mezzi della serie "M", il semovente da 75/18 diventò ben presto una valida alternativo del carro armato da 47/32, anche per la maggior semplicità realizzativa.

Utilizzati principalmente in Nord Africa gli M/40-41 da 75/18 fornirono un temporaneo sollievo ai nostri reparti corazzati ma con l'ingresso dei nuovi carri medi di produzione americana anche questo esiguo vantaggio si annullò rapidamente. La conseguente richiesta di pezzi d'artiglieria più potenti si materializzò nella realizzazione del semovente da 75/34, alloggiato su scafo M/42 ma le sorti italiane in l'Africa, ormai irrimediabilmente segnate ne impedirono di fatto l'utilizzo. Proprio per gli eventi che seguirono la resa in Tunisia l' M/42 da 75/34 e le successive produzioni (i semoventi da 90/53, 75/46, 105/25 e 149/40) trovarono un impiego sostanzialmente limitato, se non durante lo sbarco alleato in Sicilia, o dopo l'8 settembre sotto le insegne dell'esercito tedesco, che dimostrò in quegli ultimi due anni di guerra di non disdegnare affatto gli epigoni delle tanto denigrate "scatole di sardine".