Circolo di Rifondazione Comunista di Palata (Cb)
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I temi in discussione a Seattle


L'obiettivo della Conferenza di Seattle era di fissare le regole del meccanismo del commercio mondiale. L'importanza cruciale del millenuim round risiede non solo nella natura economica della regolamentazione, ma nella validità generale (in un certo senso si potrebbero definire norme primarie in una sorta di ordinamento mondiale) che i Trattati sul commercio hanno. Un esempio su tutti è la questione della carne agli ormoni americana: il rifiuto da parte dell'Unione Europea di importarla ha legittimato gli USA a imporre sanzioni alle imprese europee che hanno provocato danni diretti agli agenti economici e a singoli imprenditori, non già agli Stati dell'Europa. Quindi non solo norme per il commercio, ma norme che, seppur in taluni casi solo in modo indiretto, regolano ogni aspetto socio-economico: libero scambio, deregolamentazione totale riguardo a luogo di produzione dei beni, materiali o ingredienti, sanità degli stessi. L'attegiamento dei Parlamenti europei è in questo senso imbarazzante: pronti a protestare di fronte a sanzioni o limitazioni della produzione, non hanno sottoposto (è il caso del parlamento italiano) la ratifica degli accordi sul commercio mondiale (5000 pagine di norme e regolamenti) ad attente discussioni, per sviscerarne la reale natura e valutare le conseguenze che queste norme (di carattere sovranazionale), stanno inevitabilmente portando.

Agricoltura
Le pressioni USA sull'Unione Europea tendono ad ottenere i tagli agli aiuti economici che l'UE da alle imprese agricole. In questo modo si vorrebbe favorire l'importazione massiccia dei prodotti USA geneticamente modificati. Bisogna anche dire che gli Stati Uniti, nella loro politica transgenica, hanno finora fornito aiuti economici solo a pochi grandi gruppi ( multinazionali !).
La più grande realtà organizzata, tra i vari organismi non governativi, a livello mondiale è VIA CAMPESINA che raggruppa 70 organizzazioni (associazioni di piccoli e medi produttori e coltivatori, delle donne rurali, delle comunità indigene) provenienti da 37 nazioni. Le loro principali rivendicazioni parlano di sovranità alimentare per tutti, riforma agraria globale, cancellazione del debito estero, accesso alle tecnologie, emancipazione delle donne, protezione della terra e agricoltura sostenibile, messa in discussione dei meccanismi di distribuzione allo scopo di favorire i produttori su piccola e media scala. La loro posizione sul vertice WTO è la più radicale: l'immediata fuoriuscita della questione agricola dall'agenda di discussione del WTO. La strategia adottata da VIA CAMPESINA è quella di un continuo rafforzamento delle associazioni e anche di una sempre maggiore pressione sui governi e sulle altre organizzazioni internazionali.
Rilevante è anche la presa di posizione della NATIONAL FAMILY FARM COALITION (Coalizione nazionale dei piccoli coltivatori) contro l'agricoltura transgenica. La NFFC chiede agli USA di improntare una vera politica agricola che eviti l'estinzione dei piccoli coltivatori a favore dell'agrobusiness e a scapito dei consumatori e dell'ambiente. Per quel che riguarda il transgenico non solo c'è un cambio di rotta, e quindi il rifiuto alla coltivazione di OMG, ma vengono addirittura chiesti al governo i fondi per riconvertire i raccoli transgenici. inizio pagina

Sicurezza alimentare
Gli USA vogliono meno restrizioni sui prodotti biotecnologici (carne agli ormoni, cibi transgenici) e proprio a Seattle è stato deciso di mettere insieme un gruppo di lavoro che tratterà direttamente tra USA e WTO per fissare le norme in materia di biosicurezza, commercio biotec e forse anche sulla questione brevetti. Questa decisione invalida di fatto la richiesta, presentata dalla Comunità Europea, di rimandare la questione alle Agenzie delle Nazioni Unite che comunque cercano di far rispettare la Convenzione sulle biodiversità firmata da quasi tutti gli stati europei meno che dagli USA. "Si chiamano Accordi sui diritti di proprietà intellettuale (TRIPS) e sono l'arma con cui l'Organizzazione mondiale per il commercio cerca di imporre il sistema dei brevetti al mondo. Sono uno dei punti caldi del millennium round perchè, se dovessero passare, le conseguenze economiche, sociali e ambientali sarebbero pesantissime.
Dal 1980, quando negli Stati Uniti è stato concesso il primo brevetto su un batterio manipolato geneticamente, sono almeno 80 gli animali transgenici di interesse medico registrati presso gli uffici del Patent Office (Pto). Si va dagli oncotopi, portatori di geni tumorali umani per effettuare la ricerca scientifica di base, ai cosiddetti bioreattori, organismi modificati allo scopo di produrre proteine o principi attivi necessari alla fabbricazione di alcuni farmaci, fino a quelli ideati per un utilizzo prettamente commerciale, come gli animali a crescita accelerata che potrebbero rivoluzionare l'industria dell'allevamento. Una volta che il brevetto è stato accettato dal Pto gli inventori, sempre che così si possano chiamare, possono pretendere il pagamento dei diritti sulle loro "opere", anche quando queste siano state ricavate dagli esseri umani.
E' il caso, ormai famoso, della milza di John Moore, guarda caso cittadino di Seattle. A questo signore era stata diagnosticata una rara forma di tumore per la quale era stato curato alla UCLA, l'Università della California. Lì avevano scoperto che il tessuto della sua milza produceva una proteina del sangue ad azione antitumorale. A partire dalla milza di Moore è stata prodotta una linea cellulare, brevettata nel '84 dalla casa farmaceutica Sandoz, che ha un valore attuale stimato intorno ai tre milioni di dollari. La causa, intentata dal signor Moore è stata persa quando, nel '90, la Corte suprema ha emesso un verdetto sconcertante: non esiste un diritto esclusivo sui tessuti del proprio corpo.
Follie americane? Non solo. Da quando l'Organizzazione Mondiale per il Commercio si è assunta il ruolo di poliziotto commerciale del mondo, le leggi sui brevetti sono una faccenda che riguarda tutti quanti. Quale che sia l'opinione espressa dal governo di uno stato e quali che siano i limiti che un Parlamento democraticamente eletto ha deciso di porre sulla brevettabilità non importa: l'OMC che decide per tutti, a suon di ricatti e ritorsioni commerciali. Lo sa bene l'India, la cui legislazione non prevede, almeno finora, diritti di copyright su farmaci e alimenti. Lo ha imparato a proprie spese il presidente Mandela quando, come rappresaglia al suo tentativo di rendere più accessibile la cura per i malati di Aids, una vera e propria epidemia in Sud Africa, si è visto imporre dall'OMC il ritiro dei farmaci più economici. Umanitaria iniziativa dei fedeli della Chiesa ultraliberista.
E' all'interno di questa logica che nascono i trattati sulla proprietà intellettuale, noti come TRIPS (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights, ovvero, Aspetti relativi al commercio dei diritti di proprietà intellettuale), con l'esplicito scopo di estendere le norme di brevettazione degli Stati Uniti a tutto il resto del pianeta. Poco importa se ci sono culture che non concepiscono la possibilità di brevettare forme di vita, né è importante che alcuni non arrivino nemmeno a concepire una proprietà che non sia collettiva. I TRIPS costringono tutti i paesi membri dell'Organizzazione mondiale per il commercio ad applicare gli standard sulla proprietà intellettuale, e quindi a pagare le royalties, per tutte le aree che vanno dal copyright, ai brevetti, ai marchi, al disegno industriale.
E' importante sapere che i TRIPS, anche se nascono all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio, in realtà sono stati partoriti da una cerchia molto ristretta: una coalizione industriale formata da transnazionali statunitensi, europee e giapponesi del calibro della Monsanto, Du Pont, General Motors e Mitzubishi, la cui potenza di fuoco ha operato una pressione senza precedenti sui governi. Che i TRIPS rappresentino gli interessi delle multinazionali, è palese. Qualsiasi accordo sulla proprietà intellettuale trae vantaggio del totale squilibrio fra i paesi del Nord e quelli del Sud del mondo che mentre possono vantare pochissimi brevetti sono quelli dove risiede la maggior biodiversità globale, una risorsa dalla quale derivano la maggior parte dei brevetti agricoli e farmaceutici. Questo squilibrio, insieme alle preoccupazioni etiche sulla privattizzazione della vita, hanno fatto sì che, da subito, i TRIPS venissero avvertiti come una vessazione inaccettabile dalla maggior parte dei paesi in via di sviluppo. L'opposizione, infatti, è stata subito durissima sia per quqanto riguarda i brevetti farmaceutici (che oltre a far salire i prezzi alle stelle impediscono qualsiasi decisione politicasulla gestione della spesa sanitaria) che per quelli relativi all'agricoltura.
Si chiama articolo 27.3(b) quella parte dei TRIPS che obbliga gli stati a garantire una qualche forma di tutela del diritto di proprietà intellettuale sulle varietà vegetali. Un articoletto quasi invisibile per il quale, da Nuova Delhi a Caracas si sono fatte le barricate. Infatti, sebbene il 27.3(b) sia stato pensato come una sorta di compromesso perchè, con il concetto di "protezione sui generis", dovrebbe lasciar spazio alle legislazioni nazionali, molte Organizzazioni non governative ne chiedono la cancellazione. L'articolo, dicono da più parti, è un cavallo di Troia: se si fa passare il fumoso compromesso bisogna accettare in blocco l'idea che vegetali, animali o cellule umane possono venire brevettate.
Per questo i TRIPS sono forse il terreno di scontro più aspro nei colloqui del prossimo vertice (annunciato o clandestino che sia). Se l'imposizione generalizzata dei brevetti farmaceutici significa l'esclusione dalle cure di una notevole quota di umanità, dal punto di vista agricolo può avere ricadute anche peggiori. L'imposizione delle norme sui brevetti a tutto il pianeta costringerà ogni agricoltore, in ogni luogo del mondo, a pagare una royalties su ogni seme, transgenico o meno, che sia stato venduto da una multinazionale dell'agrochimica oppure derivato da una pianta nata da tale seme. Significa quindi consegnare l'approvvigionamento alimentare globale nelle mani di quattro o cinque conglomerati industriali che agiranno in regime di quasi monopolio. E comporta un mutamento culturale, etico e sociale senza precedenti nella storia dell'umanità: la privatizzazione di ogni forma vivente, a qualsiasi latitudine.
(da LIBERAZIONE venerdì 3 dicembre 1999)
Le Organizzazioni non governative rivendicano la possibilità di sostentamento delle popolazioni locali, la protezione sia delle specie vegetali autoctone che della conoscenza, da parte delle popolazioni indigene, delle piante medicinali. Lottano, attraverso il monitoraggio e la denuncia, contro i progetti di ricerca scientifica che minacciano le comunità indigene sparse per il pianeta, cercando di renderle meno ricattabili e più consapevoli della propria ricchezza genetica e culturale.

Cultura
L'Europa intende difendere l'eccezione sottoscritta a Marrakech a tutela della produzione culturale ed audiovisiva dei singoli paesi, mentre gli USA spingono per una liberalizzazione che favorirebbe i potenttati di Hollywood. I paesi non europei comunque daranno battaglia agli USA per difendere la loro spiccata tradizione culturale.
In gioco è la qualità della vita. La libertà come possibilità concreta che voci autonome, spazi produttivi reali, contenuti ed idee non omologati, possano non solo sopravvivere ma recuperare dignità da investire sull'uomo del terzo millennio. Bisogna saper incarnare i desideri di espressione, la voglia di parlare, raccontare le libertà, annunciate e sperate di milioni di persone, che la forma mercantile capitalista nega alla sua radice.