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Giochi con la crittografia - I cifrari di sostituzione
Per i seguenti esercizi ho utilizzato le storie del libro: Giufà, il furbo, lo stolto, il saggio, Mondadori, 1991.
Esercizio 1 - Facile
Nel seguente testo alcune lettere dell'alfabeto sono state sostituite con le
cifre. A cifra uguale corrisponde lettera uguale. Decifratelo, ricostruendo il
testo originale.
Le due mogli di Giufà
Giufa' a2e2a due 7og8i. Un gio5no, 9he e5ano anda3e a fa5g8i 2i4i3a, 8a 6iu'
gio2ane g8i 9hie4e:
"A7i 6iu' 7e o 8ei?"
E 4ubi3o do6o 8a 6iu' an1iana g8i fe9e 8a 7ede4i7a do7anda. e5ano due donne
de2o3e, e Giufa' 4i 35o2a2a in un 3a8e i7ba5a11o 9he a88a fine de9i4e di
5i46onde5e a7bigua7en3e:
"2i a7o 3u33'e due a88o 43e44o 7odo!"
7a 8e donne non 4e7b5a2ano 6e54ua4e de88a 5i46o43a, e 8a 6iu' gio2ane 8o
in9a81o' 9on un'a835a do7anda:
"4e 9i 35o2a44i7o in 7e11o a un 8ago e fo44i7o 4u8 6un3o di annega5e, 9hi
4a82e5e43i 6e5 65i7a: 7e o 8ei?"
Giufa' e4i3o' un 6o9o. 6oi, a44u7endo un a33eggia7en3o 4e5io e i76a51ia8e, 4i
5i2o84e a88a 6iu' an1iana di9endo:
"95edo 9he 3u 4a66ia nuo3a5e, non e' 2e5o, 9a5a?"
Per facilitare il vostro lavoro potete utilizzare il seguente schema. Ad ogni simbolo ._. corrisponde una lettera.
Le due mogli di Giufà
Giufa' a._.e._.a due ._.og._.i.
Un gio._.no, ._.he e._.ano anda._.e a fa._.g._.i ._.i._.i._.a, ._.a._.iu'
gio._.ane g._.i ._.hie._.e:
"A._.i ._.iu' ._.e o ._.ei?"
E ._.ubi._.o do._.o ._.a._.iu' an._.iana g._.i fe._.e ._.a ._.ede._.i._.a
do._.anda.
E._.ano due donne de._.o._.e, e Giufa' ._.i ._._. o._.a._.a in un ._.a._.e
i._.ba._.a._._. o ._.he a._._. a fine de._.i._.e di ._.i._._. onde._.e
a._.bigua._.en._.e:
"._.i a._.o ._.u._._. 'e due a._._. o ._._. e._._. o ._.odo!"
._.a ._.e donne non ._.e._.b._.a._.ano ._.e._._. ua._.e de._._. a ._.i._._.
o._._. a, e ._.a ._.iu' gio._.ane ._.o in._.a._._. o' ._.on un'a._._._.a
do._.anda:
"._.e ._.i ._._. o._.a._._. i._.o in ._.e._._. o a un ._.ago e fo._._.
i._.o ._.u._. ._.un._.o di annega._.e, ._.hi ._.a._._. e._.e._._. i ._.e._.
._._.i._.a: ._.e o ._.ei?"
Giufa' e._.i._.o' un ._.o._.o.
._.oi, a._._. u._.endo un a._._. eggia._.en._.o ._.e._.io e i._._. a._._.
ia._.e, ._.i ._.i._.o._._. e a._._. a ._.iu' an._.iana di._.endo:
"._._. edo ._.he ._.u ._.a._._. ia nuo._.a._.e, non e'._.e._.o,
._.a._.a?"
Esercizio 2 - Il metodo di Cesare Augusto
Nel seguente testo tutte le lettere dell'alfabeto sono state
sostituite con altre lettere.
Decifratelo, ricostruendo il testo originale.
La camicia di Giufà
Vob wpmub vo vpnp ejttf b Hjvgb':
"Ip tfoujup vo vsmp qspwfojsf eb dbtb wptusb".
Hjvgb' sjtqptf:
"Mb njb dbnjdjb è dbevub ebmm'bmup."
"F' dbevub ebmm'bmup? F bmmpsb.?"
"Tuvqjep dif opo tfj bmusp, ofmmb dbnjdjb d'fsp jp!"
Esercizio 3 - Una cifratura misteriosa
Nel seguente testo tutte le lettere dell'alfabeto sono state
sostituite con altre lettere.
Decifratelo, ricostruendo il testo originale.
Ib hozs qvwsgs o Uwito':
-Obrobrc or ib tibsfozs, rsjc qoaawbofs rojobhw c rwshfc
oz qcfhsc?
Fwgdcgs Uwito':
-Bcb sggsfs rsbhfc zo qoggo s dcw qoaawbo rcjs hw dofs.
Esercizio 4 - L'alfabeto carbonaro
Nel seguente testo alcune lettere dell'alfabeto sono state sostituite
con altre lettere.
Decifratelo, ricostruendo il testo originale.
Giufà compra 10 asini
Ceuvo' ofifo ganbloda teige ozeme.
Namda' zablo o uma i ze offea' filza gozo dladdilirromtaem
gato or plomga.
Taba um ba' te dinba tigezi te gamdolre no izzimtaze
tenimdegoda tirro pizdeo zu gue namdofo, cre lezurdolama
zara mafi ozeme. Zgizi torr'ozema bliagguboda i leganemgea'
ro gamdo: iloma teige. Lezore' zurr'ozema, dalma'
o gamdolre: mafi.
Taba ofil lebiduda beù fardi quizdo abiloseami, ze tezzi:
"I’ nicrea omtoli o beite i cuotocmoli um ozema, beuddazda ghi
biltilmi uma bil zdoli zituda!"
I gaze ze emgonnema' teidla oe zuae ozeme, ollefomta em boizi
zdomga nalda.
Cos'è la crittografia? - Alcune definizioni
Le seguenti definizioni si riferiscono soprattutto alla crittazione e
decrittazione di testi.
Alcuni famosi cifrari di sostituzione
Il cifrario di Cesare Augusto
Ad ogni lettera si sostituisce la sua successiva nell'alfabeto. Inoltre al
posto della Z si sostituisce la A.
Chiaro Cifrato |
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z A |
Il cifrario di Giulio Cesare
Svetonio nella Vita dei dodici Cesari racconta che Giulio
Cesare usava per le sue corrispondenze riservate il seguente codice di
sostituzione: ad ogni lettera si sostituisce quella che la segue tre posti più
avanti nell'alfabeto. Inoltre al posto di X, Y, Z si sostituiscono
rispettivamente A, B, C.
Chiaro Cifrato |
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z A B C |
Più in generale si dice codice di Cesare un codice nel quale la
lettera del messaggio chiaro viene spostata di un numero fisso di posti, non
necessariamente tre.
I cifrari che comportano una "rotazione" dell'alfabeto (ad es. Caesare,
Augusto, Albam) sono detti anche cifrari ROT n, dove n è il
numero di posizioni di cui bisogna spostarsi nell’alfabeto per ricostruire il
messaggio in chiaro. Così, Cesare si chiama anche ROT 3 e Augusto ROT 1.
Sembra che il termine ROT n sia apparso per la prima volta in
Usenet nel 1984.
L'alfabeto carbonaro
Si scambiano le coppie A/O, B/P, C/G, D/T, E/I, F/V, L/R, M/N, S/Z,
lasciando invariate le H, K, J, Q, U, W, Y, X.
Nell'alfabeto carbonaro le lettere cifrate assomigliano a quelle originali e
quindi permettono di tenere il cifrario a memoria facilmente.
Chiaro Cifrato |
A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | O P G T I V C H E J K R N M A B Q L Z D U F W X Y S |
Frequenze della lingua Italiana
Frequenze (%) delle lettere in tutte le storie di Giufà presenti
in questa pagina web
per un totale di circa 6.000 caratteri
Note
Il seguente testo è tratto dal sito "Cryptography" (http://telemat.die.unifi.it/book/1997/cryptography/)
di Cecconi Alessia e Gallileo Giovanni. Revisori: Franco Pirri e Maurizio
Lunghi.
Il sito è un'ottima introduzione alla crittografia odierna.
Storicamente l'utilizzo della crittografia è stato proprio di
4 diversi gruppi di persone: i militari, i corpi diplomatici, i diaristi e gli
amanti.
I militari hanno sicuramente giocato il ruolo più importante in quanto la
crittografia applicata a scopi bellici ha rappresentato per molti secoli un'arma
determinante nelle mani di coloro che sapevano come usarla.
Una delle principali limitazioni al suo uso era rappresentata dal fatto che
coloro che erano addetti alla cifratura (un gran numero di impiegati vista la
mole dei messaggi da inviare) dovevano adoperare mezzi inadeguati (non erano
ancora presenti i computer) e lavorare in condizioni oltremodo scomode, ad
esempio in mezzo ad un campo di battaglia.
Come se non bastasse la crittografia poteva rivelarsi un arma a doppio taglio
nel caso in cui un addetto alla codifica cadeva nelle mani del nemico: se ciò
accadeva era necessaria una immediata modifica del metodo crittografico, e
questo richiedeva, tra l'altro, il riaddestramento di un gran numero di persone.
Ma non si pensi che la crittografia sia una pratica attuata soltanto negli
ultimi secoli; in verità essa è una delle scienze più note sin dai tempi
remoti.
Criptare è una parola che viene dal greco "cryptos",
nascosto; si hanno traccia di applicazioni di crittografia (in special
modo sulle comunicazioni) risalenti persino agli antichi egizi. Uno dei più
antichi cifrari che si conoscano è il "Cesareo", utilizzato
dagli imperatori romani.
Cesare Augusto, ad esempio, scriveva i suoi messaggi sostituendo ogni
lettera con quella successiva, cosi che "CESARE" diventava "DFTBSF",
mentre Giulio Cesare sostituiva ogni lettera con quella che la segue tre
posti più in là nell'alfabeto codificando "CESARE" come "FHVDUH".
Questi semplici metodi fanno parte della categoria dei cifrari
di sostituzione. Se ne vedranno di seguito alcuni tra i più importanti, che
sono stati adoperati con una certa frequenza negli anni addietro ma ai quali
oggi nessuno si sognerebbe di affidare i propri messaggi riservati.
Generalizzando il cifrario di Cesare se ne può costruire uno nel quale
l'alfabeto del cifrario sia traslato di "k" lettere invece che sempre
di tre.
Un miglioramento successivo consiste nello stabilire una corrispondenza
arbitraria fra i simboli del testo chiaro (come le 26 lettere dell'alfabeto) ed
i simboli del testo cifrato; ad esempio:
testo chiaro: a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | | testo cifrato: q w e r t y u i o p a s d f g h j k l z x c v b n m
Questo sistema generale è noto come sostituzione
monoalfabetica, in cui la chiave è la stringa di 26 lettere corrispondente
all'alfabeto completo.
Tale cifrario potrebbe sembrare sicuro perché anche se il crittoanalista,
scoprisse che è stato adottato il metodo di sostituzione lettera per lettera,
sarebbe lo stesso difficile per lui trovare la chiave giusta fra tutte quelle
possibili (che sono 26!=4*(10^26)).
In realtà è facile attaccare il cifrario: basta conoscere le proprietà
statistiche del linguaggio con cui il testo chiaro è stato scritto, per esempio
le lettere, i digrammi, i trigrammi più ricorrenti in quel particolare
linguaggio e sostituire quindi queste lettere a quelle più ricorrenti nel testo
cifrato. In questo modo non bisogna fare molta fatica per rivelare esattamente
tutto il contenuto reale del crittogramma.
Si potrebbe a questo punto pensare di appianare le differenze
nelle frequenze delle lettere del testo cifrato introducendo più alfabeti da
usare a rotazione, ottenendo un cosidetto cifrario polialfabetico.
Un esempio è il cosidetto cifrario di Vigenére che consiste di una
matrice quadrata contenente 26 alfabeti di Cesare.
La prime riga chiamata riga "A" contiene l'alfabeto reale; la seconda
riga (riga "B") contiene l'alfabeto traslato e ruotato di una
posizione (BCDE....XYZA) e così via fino all'ultima riga detta riga
"Z" che contiene la sequenza ZABC....WXY.
La chiave questa volta è una singola parola o frase, possibilmente facile da
ricordare che viene ripetutamente scritta sopra il testo da cifrare. Ad esempio,
con la chiave "lavorare":
lavorarelavorarelavorarelavorarelavorarelavorarelavorarelavorarelavorare |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||| LafaticasisanonpiaceatuttimaèdifficilechesenzafaticaqualcunopossapiacereLa lettera della chiave sopra la lettera del testo chiaro determina la riga da usare per la cifratura. In questo modo una lettera del testo chiaro sarà rappresentata da lettere diverse nel testo cifrato, a seconda della sua posizione nel testo chiaro.
Dall' analisi di questi metodi crittografici classici si
evince che il computer sia un potente strumento nelle mani di un crittoanalista,
attraverso il quale si può decifrare un testo crittato.
La crittografia moderna si basa sulle stesse idee di quella tradizionale, cioè
sostituzione e trasposizione, ma la sua importanza è diversa.
Tradizionalmente i crittografi hanno utilizzato algoritmi molto semplici e si
sono affidati a chiavi molto lunghe per la loro sicurezza. Oggi invece la
tendenza si è invertita: si cerca di rendere l'algoritmo di cifratura così
complicato che anche se il crittoanalista disponesse di enormi quantità di
testo cifrato di sua propria scelta, non sarebbe in grado di trovarci alcun
senso.
Le seguenti note sono tratte dall'ottimo sito del Liceo Foscarini, La Crittografia da Atbash a RSA.
(Svetonio - Vita di Cesare §56) | |
Extant et ad Ciceronem, item ad familiares domesticis de rebus, in quibus, si qua occultius perferenda erant, per notas scripsit, id est sic structo litterarum ordine, ut nullum verbum effici posset: quae si qui investigare et persequi velit, quartam elementorum litteram, id est D pro A et perinde reliquas commutet. | Restano quelle [le lettere] a Cicerone, così come quelle ai familiari sugli affari domestici, nelle quali, se doveva fare delle comunicazioni segrete, le scriveva in codice, cioè con l'ordine delle lettere così disposto che nessuna parola potesse essere ricostruita: se qualcuno avesse voluto capire il senso e decifrare, avrebbe dovuto cambiare la quarta lettera degli elementi, cioè D per A e così via per le rimanenti. |
(Svetonio - Vita di Ottaviano Augusto §88) | |
Orthographiam, id est formulam
rationemque scribendi a grammaticis institutam, non adeo custodit ac
videtur eorum potius sequi opinionem, qui perinde scribendum ac loquamur
existiment. Nam quod saepe non litteras modo sed syllabas aut permutat
aut praeterit, communis hominum error est. Nec ego id notarem, nisi mihi
mirum videtur tradidisse aliquos, legato eum consulari successorem
dedisse ut rudi et indocto, cuius manu "ixi" pro ipsi scriptum
animadverterit. Quotiens autem per notas scribit, B pro A, C pro B ac deinceps eadem ratione sequentis litteras ponit; pro X autem duplex A. |
Non rispettava l'ortografia, cioè l'arte
di scrivere le parole correttamente seguendo le regole dei grammatici, e
sembrava piuttosto seguire l'opinione di coloro che pensano che si debba
scrivere come parliamo. E infatti cambiava o saltava non solo lettere,
ma anche sillabe intere, che sono errori comuni degli uomini. Ed io non
ne parlerei nemmeno, se non mi sembrasse incredibile quello che alcuni
raccontano e cioè che avrebbe sostituito un legato consolare
considerandolo rozzo e ignorante, perché aveva scritto "ixi"
al posto di "ipsi". Tutte le volte poi che scriveva in codice, sostituiva la A con la B, la B con la C e con lo stesso criterio le altre lettere; e la X veniva sostituita da una doppia A. |
Sempre nelle note storiche, ho il piacere di
aggiungere questo interessante testo sul gergo carbonaro, inviatomi da Enrico
Delfini.
Ho visto la parte dedicata alle crittografie,
tra cui quella intitolata ai carbonari. Si dà il caso che un mio
bis-bis-bisnonno, Giuseppe Delfini sia stato uno di essi, arrestato a Fratta di
Rovigo nel 1821, e condannato a morte (poi tramutata in 10 anni di carcere duro
a Lubiana). Trattandosi di persone colte, sia lui dal carcere in Venezia e poi a
Lubiana, che il fratello a Ferrara hanno conservato decine di lettere che si
sono scambiate. Ci sono davvero molte cose interessanti, dal punto di vista
storico, umano, culturale, di costume, e familiare. Una lettera, uscita non si
sa come dai Piombi di Venezia, contiene un guida ai "gerghi" cioè ai
linguaggi cifrati. Non si tratta di crittografia nel senso tecnico (non sarebbe
passata al vaglio della censura!), ma credo e spero tu la possa trovare gustosa.
Nel soggiorno del mio infortunio amerò di essere
di quando in quando informato delle cose del Mondo, specialmente degli
avvenimenti politici d'Europa. Ciò non potrà ottenersi che mediante una
corrispondenza convenuta: quindi mi studierò di stabilire un gergo più
semplice possibile per avere sotto la coperta del medesimo tutte le notizie.
Nella lettera che si scriverà dev'essere indicato il gergo, quando vi sia, onde
non nascano degli equivoci e delle confusioni, e possa essere intesa: per ciò
bisogna ben essere attento in questo punto. Io intenderò adunque che nella
lettera siavi il gergo, quando vedrò incominciata l'intestatura con il saluto
di AMATISSIMO FRATELLO o CARISSIMO FRATELLO, AMICO ecc. I superlativi di
amatissimo o carissimo che precederanno sempre il nome, o la qualità, titolo
ecc. sarà il segno che chiamerà la mia attenzione ai SEGNI, o alle PAROLE del
gergo, che qui appresso saranno indicate. Le dette parole dunque di AMATISSIMO o
di CARISSIMO non si debbono usare nella salutazione della lettera, cioè
nell'alto, che allorquando si daranno notizie, che non debbono essere che da me
intese.
Nel gergo quando la data della lettera è di sopra cioè al principio vorrà
dire, CHE NULLA AVVI DI NUOVO IN POTITICA, e che tutto è in quiete, quando la
data sarà sotto la lettera, cioè dopo lo scritto, indicherà in genere, CHE VI
SONO DELLE NOVITA' Si dovrà far uso di questo quando soltanto le novità siano
positive, sicure e interessanti.
Quando sotto il millesimo vi sono due segni vorrà dire CHE CI SONO FONDATE
SPERANZE PER UNA GRAZIA O MITIGAZIONE DI PENA PER ME; per esempio 1822 (doppia
sottolineatura) quando invece vi sa una sola linea, p.es. 1822
significherà che NULLA ANCORA SI CONOSCE IN PROPOSITO. Quando poi sarà segnato
sotto anche il GIORNO vorrà dire, CHE NON SI HANNO SPERANZE assolutamente o di
grazia o di mitigazione, p.es. 16 Gennaio. In questo caso è inutile,
come si vede da sé, di segnare sotto il millesimo. Il saluto con cui si chiude
una lettera è una sorgente di grandi gerghi, cioè può annunciare molte cose.
VI ABBRACCIO: vorrà dire che Sua Santità, o il Governo della Santa sede prende
parte in favore dei suoi sudditi.
VI ABBRACCIO DI CUORE: vorrà indicare che fu presentata a S. Beatitudine o al
Gov. Pontif. una supplica da spedire all'Imperatore per la grazia.
VI ABBRACCIO AFFETTUOSAMENTE significherà, che la supplica fu spedita
all'Imperatore.
ADDIO IN FRETTA: esprimerà che nulla fu ancora rescritto dalla M. d. I. al
ricorso per gli Esteri. Se il ricorso sarà fatto… all'Imperatore fuori del
mezzo del Governo Pontificio, o direttamente a Vienna, o mediante il Gov. veneto
si dirà: ADDIO ADDIO. ADDIO MIO CARO esprimerà che il rescritto fu negativo.
ADDIO CON TUTTA L'ANIMA vorrà indicare che il rescritto è favorevole a già in
questo caso potrà scriversi tutto liberamente e senza mistero.
ADDIO FATEVI CORAGGIO significherà che la pubblica opinione ci ha presente e
brama la nostra miglior sorte.
STATE DI BUON UMORE, indicherà che è vicino il miglioramento del nostro
destino.
Se finirete la lettera con CREDETEMI PIENO D'AFFETTO significherà che Cesare
Armani (?) tenuto ancora soggetto ad inquisizione sarà stato messo in libertà.
CREDETEMI AL SOLITO, esprimerà che fu condannato per delitto, cioè per quello
preteso delitto per cui noi fossimo (fummo) scelti da immolare alla ragione di
stato. CREDETEMI CON TUTTO IL CUORE indicherà, che fu condannato per
trasgressione di polizia. CREDETEMI CON TUTTA L'ANIMA vorrà dire che fu
consegnato al Gov. Pontificio per essere processato, siccome non si ritrattò.
CREDETEMI CON TUTTO IL SENTIMENTO, esprimerà che dal Gov. Pontif. fu l'Armani
assolto; CREDETEMI CON AFFEZIONE esprimerà che ebbe condanna. Allorché sarà
annunziata la decisione sopra il secondo processo per darmene le notizie direte:
QUA LA STAGIONE E' PIOVOSA e significherà vi furono delle condanne,
aggiungendovi E' PIOVOSA DA GIORNI N° vorrà indicare il numero de'
condannati; se la condanna è capitale si aggiungerà SICCHE' NON FAVORISCE IL
LAVORO CAMPESTRE, e quando avesse tale fataliss. condanna esecuzione su
qualcuno, continuerete a dire E PROVO MOLTO DANNO; e per indicare il numero
degli infelici seguirete a dire
PERCHE' MI RITARDA DA GIORNI...O MESI...UN IMPORTANTE LAVORO D'AGRICOLTURA.
Tali notizie me le darete ogni volta che segue qualche condanna o pubblicazione
di sentenze; l'espressione GODIAMO BUON TEMPO o BUONA STAGIONE esprimerà che
non vi furono condanne. Se venisse condannato o assoluto certo Caporali, direte
HO PERDUTA UNA LITE e vorrà dire che fu condannato; HO VINTA UNA LITE indicherà
che fu assolto.
Già capite che la parola STAGIONE PIOVOSA o BUONA è il gergo per indicare
emanazione di sentenze contro o a favore de' Carbonari.
CON AFFETTO vorrà dire che il rescritto lascia speranze, ed anche allora si
potrà forse tutto liberamente comunicare.
Vi SALUTO AMOROSAMENTE significherà che presso il pubblico corre voce che possa
esservi grazia. VI SALUTO semplicemente vorrà dire che si crede pubblicamente
di no.
Se venisse pubblicata o fatta la grazia per cualcheduno dei condetenuti si userà
la seguente frase. VANNO BENE I MIEI FAMIGLIARI INTERESSI, e per indicare subito
dopo la persona graziata si soggiungerà subito una delle seguenti particelle
congiuntive; se Canonici si dirà IMPERCIOCCHE'; se io, MENTRE; se Caravieri
GIACCHE'; se Solera AVVEGNACHE'; se Munari POICHE'; se Monti di Fratta PERCHE';
se Villa PER CUI; se Fortini ONDE; se Rinaldi COSI' SPERO; se Foresti TALCHE' HO
FIDUCIA; se Oroboni SICCHE'.
VI DO' MILLE BACI, esprimerà che discorresi esser disposte le sovranità
italiche ad alleviare la sorte in genere dei Carbonari. CONSERVATEVI SANO, vorrà
dire che prosiegue la persecuzione contro i carbonari. Datimi i due segni del
gergo di novità politiche in corso, che si esprimono colla data della lettera
sopra o sotto lo scritto della med.a, e dell'esistenza del gergo, che viene
indicato dalle parole Amatissimo o Carissimo scritta per intero con due punti
dopo: allora s'indicheranno le novità nel seguente modo.
IO HO I MIEI SOLITI INCOMODI vorrà dire che in Italia vi sono delle sommosse;
se nel Napoletano si dirà AL BRACCIO DESTRO; se in Sicilia ALLA DESTRA; se nel
PIEMONTE, al BRACCIO SINISTRO; se negli Stati del Papa PER LA SCHIENA; se nella
Toscana AL BASSO VENTRE; se nel Veneto ALLA GAMBA SINISTRA; se nella Lombardia
ALLA GAMBA DESTRA; se nel Modenese AL PIEDE DESTRO; se nel Parmigiano AL PIEDE
SINISTRO. Se saranno estese a tutta l'Italia si dirà NEL CORPO IN GENERALE o se
in parte s'indicheranno le parti rispettive. Se l'esito è bene in corso si
aggiungerà MA SPERO DI RIAVERMI ALLA MEGLIO, se contrario, DISPERO AFFATTO DI
RISTABILIRMI. Nascendo qualche innovazione nella nostra patria mi direte HO
CAMBIATA LA CASA IN UN'ALTRA ed esprimerà che l'Austria se ne impossessò
interamente e fu la provincia distaccata dagli Stati Romani. STO PER FAR CAMBIO
DELLA MIA CASA vorrà indicare che la provincia sta per essere ceduta, o vi sono
dubbi perchè lo sia. L'Austria trionfa o vince d'appertutto s'indicherà alla
semplice espressione: RACCOMANDATEVI AL SIGNORE. L'Austria perde dappertutto,
RACCOMANDATEVI A DIO.
Io pure vi darò delle notizie sul mio stato nel luogo dove sono destinato ecc.
Il segnale del gergo per la mia lettera nella quale scriverò in modo coperto
sarà FRATELLO AMATISS.° così abbreviato e con due segni.
ME LA PASSO DISCRETAMENTE indicherà che il trattamento mio e degli altri è
cattivo; ME LA PASSO SUFFICIENTEMENTE vorrà dire che il trattamento è buono;
SONO DI POCA VOGLIA indicherà che fummo messi ai ferri; SONO DI UN UMORE
DISCRETO esprimerà il contrario. VIVO COME PORTA IL MIO STATO significherà che
la nostra condiz. fu peggiorata; VIVO COME POSSO dirà che fu migliorata.
VI PROFESSO GRATITUDINE vorrà dire che sono solo e così sono gli altri miei
compagni; SENTO PER VOI TUTTO L'AFFETTO indicherà che siamo in compagnia.
CONTINUATEMI LE VOSTRE NUOVE significherà che ci è accordato il passeggio;
DATEMI PRESTO VOSTRE NOTIZIE indicherà il contrario; PAZIENTATE PEI DISTURBI
CHE SOFFRITE PER ME vorrà significare che abbiamo notizie nel nostro luogo di
una vicina minoraz. di pena,o di totale liberazione; MI DUOLE CHE SOFFRIATE
TANTI DISTURBI PER ME dirà che il locale donde siamo destinati è buono;
SOFFRITE CON PAZIENZA I DISTURBI ECC.. darà segno che il luogo è poco buono.
Vi descrivo altre maniere delle quali potrete usare per darmi delle notizie
estese e di dettaglio.
Scriverete col latte fresco nella parte della lettera che sarà in bianco. Nello
scrivere però conviene usare una penna temperata di nuovo e che sia solamente
tenuta per adoperarla col latte. Io pure scriverò in questo modo; e voi per
rilevarne i caratteri prenderete della carta bruciata, e fregarete sulla carta
scritta col latte il carbone di detta carta bruciata, per la cui operaz.si
manifesteranno le parole. Questo modo è poco conosciuto,nè sì facile a
scoprirsi. Gli altri acidi sono più noti. Si ha certezza che una tale preparaz.
non si dilegua almeno per dieci o dodici giorni. Di una più lunga non so dire
cosa alcuna, ma l'esperimenteremo. Per dar a conoscere che avrete scritto col
latte userete del segno seguente dopo la vostra sottoscrizione. Per es, Ant.°
Delfini
Altra maniera che può usarsi
Facendosi digerire nell'acqua reggia una tenue quantità d'ossido di Colbate
ossia zaffera (?) si ha una soluzione un poco diluta con la quale si fa a
piacere de' caratteri, che compariscono solamente allorchè si scalda la carta,
e che spariscono raffreddata.
Usando di questo mezzo darete il seguente segno // adoperandolo così // Ant.°
Delfini //
Con una soluzione di ossido di bismuto si scrivono caratteri che sono invisibili
quando sono asciutti. Posta la carta in un vaso in cui siavi stato dell'idrogeno
zolforato tosto i caratteri compariscono di color nerastro. Il segno per questo
sarà / usato così / A D /
Eguali segni saranno da me adoprati ogni qualvolta facesi uso di qualcuno de'
suddescritti metodi.
MIO FIGLIO VI SALUTA vorrà dire che le condanne politiche furono minorate; se
la grazia riguarderà Caprara aggiungerete al saluto E MIA FIGLIA, se Tisi E LA
SORELLA e se Viviani E LA CUGINA.
Ultimo aggiornamento: marzo 2005
Esercizio 1 - Facile
Le due mogli di Giufà
Giufà aveva due mogli. Un giorno, che erano andate a fargli visita, la più
giovane gli chiese:
"Ami più me o lei?"
E subito dopo la più anziana gli fece la medesima domanda. Erano due donne
devote, e Giufa' si trovava in un tale imbarazzo che alla fine decise di
rispondere ambiguamente:
" Vi amo tutt'e due allo stesso modo!"
Ma le donne non sembravano persuase della risposta, e la più giovane lo
incalzò con un' altra domanda:
"Se ci trovassimo in mezzo a un lago e fossimo sul punto di annegare, chi
salveresti per prima: me o lei?"
Giufà esitò un poco. Poi, assumendo un atteggiamento serio e imparziale, si
rivolse alla più anziana dicendo:
"Credo che tu sappia nuotare, non è vero, cara?"
Esercizio 2 - Il metodo di Cesare Augusto
La camicia di Giufà
Vob wpmub vo vpnp ejttf b Hjvgb':
"Ip tfoujup vo vsmp qspwfojsf eb dbtb wptusb". Hjvgb' sjtqptf:
"Mb njb dbnjdjb è dbevub ebmm'bmup."
"F' dbevub ebmm'bmup? F bmmpsb.?"
"Tuvqjep dif opo tfj bmusp, ofmmb dbnjdjb d'fsp jp!"
I miei alunni hanno intuito che Hjvgb' fosse "Giufà" e da lì
hanno capito che il cifrario era ROT 1.
La decrittazione si fa applicando ROT -1.
In certi casi, conoscere la decrittazione di una parola o anche di una sola
lettera, può essere utilissimo.
La camicia di Giufà
Una volta un uomo disse a Giufa':
"Ho sentito un urlo provenire da casa vostra". Giufa' rispose:
"La mia camicia è caduta dall'alto".
""È caduta dall'alto? E allora.?"
"Stupido che non sei altro, nella camicia c'ero io!"
Esercizio 3 - Una cifratura misteriosa
Nel seguente testo tutte le lettere dell'alfabeto sono state
sostituite con altre lettere.
Decifratelo, ricostruendo il testo originale.
Ib hozs qvwsgs o Uwito':
-Obrobrc or ib tibsfozs, rsjc qoaawbofs rojobhw c rwshfc oz
qcfhsc?
Fwgdcgs Uwito':
-Bcb sggsfs rsbhfc zo qoggo s dcw qoaawbo rcjs hw dofs.
Il cifrario utilizzato è ROT 13.
Un tale chiese a Giufa':
- Andando ad un funerale, devo camminare davanti o dietro al corteo?
Rispose Giufa':
- Non essere dentro la cassa e poi cammina dove ti pare.
Esercizio 4 - L'alfabeto carbonaro
Giufà compra 10 asini
Giufa' aveva comprato dieci asini. Monto' sopra a uno e si avvio' verso casa
trotterellando in coda al branco.
Dopo un po' di tempo decise di contarli ma essendosi dimenticato della bestia su
cui montava, gli risultarono solo nove asini. Scese dall'asino preoccupato e
ricomincio' la conta: erano dieci. Risali' sull'asino, torno' a contarli: nove.
Dopo aver ripetuto più volte questa operazione, si disse:
"È meglio andare a piedi e guadagnare un asino, piuttosto che perderne uno
per stare seduto!"
E cosi si incammino' dietro ai suoi asini, arrivando in paese stanco morto.
Vi sono piaciute le storie di Giufà?
Eccone alcune altre.
Giufà e il gatto
Un giorno Giufà andò al suq, acquistò due libbre di carne di montone e le
portò a sua moglie, dicendole:
- Preparale per pranzo. - E se ne andò a dormire.
Nel frattempo la moglie macinò la carne, preparò la semola e le verdure, e
quando il cuscus fu pronto mangiò tutto quanto.
Poco tempo dopo, Giufà si svegliò affamato e chiese di mangiare, ma la donna,
fingendosi afflitta, gli rispose:
- Il nostro gatto ha mangiato tutta la carne!
Furibondo Giufà prese una bilancia, afferrò il gatto e lo pesò: erano due
libbre giuste. Allora disse alla moglie:
- Se qui c’è tutta la mia carne, dov’è il gatto? E se questo è il gatto,
dov’è andata a finire la carne?
Giufà e i tre ceci
Una giorno la mamma di Giufà, uscendo per andare a messa, disse:
- Giufà io sto uscendo. Fra un po' metti due ceci in pentola, in modo che
quando torno siano pronti per mangiare.
Uscita la mamma, dopo un po', Giufà fece esattamente quello che la madre gli
aveva detto.
Quando la madre tornò a casa vide che la pentola dell'acqua era sul fuoco che
bolliva. Ma alzando il coperchio, restò di stucco non vedendo nessun legume
dentro l'acqua.
- Giufà, figlio sventurato, - disse - ma non ti avevo detto di mettere i ceci
in pentola?
- Così ho fatto mamma
- Ma come non vedi che non c'è niente?
- Non ho colpa mamma. Anzi io ho fatto meglio di come mi avevi detto. Invece di
due ceci in pentola ne ho messi tre. Poi per controllare la cottura, ne ho
assaggiato uno, per vedere se era giusto di sale ne ho assaggiato un altro e per
vedere se fosse ancora duro ho assaggiato l'ultimo. Per questo motivo non ne
sono rimasti.
La mamma di Giufà, senza dire altro, prese un cucchiaio di legno e gliene
suonò di santa ragione sulle gambe.
Giufà e i beduini
Giufà viaggiava con il suo asino nella campagna, quando incontrò un
accampamento di beduini. Essi gli offrirono ospitalità, ma trascorsi tre
giorni, poiché Giufà non mostrava alcuna intenzione di andarsene, lo shaihh lo
andò a trovare e con aria triste gli disse:
- Mio povero Giufà, tua madre è morta. Parti dunque, offrile un degno funerale
e che la misericordia di Allah sia su di lei!
Giufà si mise a piangere e si lamentò per lungo tempo. Infine disse:
- Se questo è il volere di Allah, cosi sia! Ormai sono orfano, mantenetemi voi.
Giufà e i tre monaci
Un giorno tre monaci partirono in cerca degli uomini più sapienti del
Paese. Arrivati al villaggio di Giufà chiesero:
- C'è un sapiente in questo villaggio?.
La gente rispose affermativamente. Poi andò a chiamare Giufà.
Poco dopo, sul dorso del suo asino giunse Giufà, a cui un monaco pose un
quesito:
- Dov'è il centro della terra?
Giufà rispose:
- Esattamente dove il mio asino posa il piede destro. Se non mi credi, misura la
terra!.
L'interlocutore stralunò. Allora il secondo monaco chiese a Giufà:
- Quante sono le stelle?.
- Tante quanti sono i peli del mio asino. Se non ci credi puoi contare sia le
stelle che i peli!.
- Ma si contano i peli dell'asino? - esclamò stupefatto il monaco.
- E si contano le stelle in cielo? - ribatte Giufà.
Il terzo monaco domandò:
- Quanti sono i peli della mia barba?.
- Tanti quanti ne ha il mio asino sulla coda. Se non ci credi strappa i peli
della tua barba e poi quelli dell'asino: dividili in due mucchietti e contali!
Vedremo chi di noi ha ragione!.
I tre monaci ripartirono affascinati dalla sagacia di Giufà e soddisfatti delle
sue risposte acute.
Giufà e le uova
Un giorno, Giufà decise di andare a cercare fortuna in un paese lontano.
Prima di lasciare il suo villaggio, si fece prestare da un mercante una dozzina
di uova sode per nutrirsi durante il viaggio.
Passarono sette anni e Giufà tornò a casa con un bel mucchio di monete d’argento.
La notizia del suo arrivo si sparse per il villaggio e giunse alle orecchie del
mercante che aveva con lui un credito in sospeso. Egli si recò da Giufà e gli
chiese cinquecento dinari in pagamento delle uova acquistate sette anni prima.
Giufà si rifiutò di pagare e la questione fu portata davanti al qadi.
Il giorno stabilito, Giufà si presentò in tribunale con molto ritardo e l’udienza
ebbe inizio solo nella tarda mattinata. II giudice, spazientito, chiese ai due
litiganti di esporre le loro ragioni.
Per primo parlo il mercante:
- Ho chiesto a Giufà di pagarmi cinquecento dinari, perché dalle dodici uova,
che egli acquistò a credito, sarebbero potuti nascere dodici pulcini. Questi
sarebbero divenuti galli e galline e si sarebbero moltiplicati, dando origine ad
almeno altri ventiquattro pulcini: dopo sette anni io avrei ora un enorme
pollaio!
- Hai ragione - disse il giudice - Sentiamo comunque cosa replicherà Giufà, il
quale ci spiegherà innanzitutto il motivo del suo ritardo.
- Che Allah ti conceda lunga vita! Avevo in casa delle fave bollite, e questa
mattina mi sono attardato a seminarle nell’orto per avere un buon raccolto l’anno
prossimo, in sha Allah
- Tu sei uno sciocco, Giufà - replicò il giudice - Da quando in qua le fave
bollite danno un raccolto?
- Da quando le uova sode danno origine a dei pulcini! - rispose Giufà.
E vinse cosi la causa.
Giufà fa il medico
Giufà andò a trovare il suo amico che era molto malato e decise di
chiamare il medico. Il medico chiese al malato di mostrare la lingua e disse:
- Tu hai mangiato troppe focacce con tanto burro, non dovresti farlo più.
Giufà si stupì della rapida diagnosi del medico e gli chiese:
- Come ha fatto a diagnosticare tutto in pochi istanti?
Il medico rispose:
- Sapevo che gli faceva male lo stomaco, ho visto briciole di focaccia sotto il
letto, così ho capito tutto.
Quando Giufà tornò a casa non fece altro che pensare alla semplicità di
questa professione: fare il medico era una cosa davvero facile.
Così un giorno Giufà andò a trovare un altro amico, lo trovò triste perché
suo padre era malato e voleva andare a chiamare il medico.
Giufà disse:
- Non c'è bisogno dei medico, ci penso io.
L'amico cercò di far capire a Giufà che egli non poteva far niente per suo
padre, ma fu tutto inutile perché Giufà volle entrare nella stanza dei malato
a qualsiasi costo.
Quando Giufà entrò nella stanza guardò sotto il letto e vide un paio di
scarpe; disse allora al suo amico:
- Non ti preoccupare, tuo padre guarirà in pochi giorni, ma deve smettere di
mangiare le scarpe.
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