Editoriali

I cambiamenti si operano dall'interno


       C'è una cosa che non ho mai capito e che mai capirò: il desiderio di cambiare il mondo per mezzo di movimenti di piazza.

       Quando si fa una panoramica sulla nostra società ci si accorge che tante cose non vanno. A questo punto si può assumere un atteggiamento passivo o uno attivo, si può cercare di lavorare per ottenere dei risultati o si può far finta che il problema non esista o che non ci tocchi.

       Frequentemente si cerca di forzare il sistema ad accettare il cambiamento, ma questo sistema è violento, scorretto e (cosa ancora più importante) non da sempre grandi risultati (o li da a prezzi troppo alti).

       Quando si vuole realmente fare qualcosa, occorre cercare di entrare in contatto con il sistema stesso, studiarlo e vedere come si muove. Occorre entrare in esso, farne parte e, solo a questo punto, sfruttare la posizione raggiunta per far tutto il possibile per favorire un cambiamento.

       Un esempio potrebbe essere quello del mercato del lavoro. Oggi la flessibilità sta creando problemi a tante persone. Impedisce a chiunque di farsi una famiglia, comprarsi una casa, tutelarsi e perpetrarsi. I movimenti no-global hanno deciso di intervenire con manifestazioni spesso violente che minano la pace delle città e del paese. E' questo il modo di agire? Neanche a dirlo, a mio avviso la risposta è no.

       Permettetemi di usare una metafora medica. La strada scelta dai no-global ricorda tanto il tentativo di curare un tumore con la chemio. Il risultato a volte si ottiene, ma a che prezzo. Ha senso devastare un organismo (società) per curare una malattia? Non esistono altri modi?

       Il discorso è tutto qui. Posso agire con violenza e clamore per ottenere un qualcosa ma, nel contempo sconvolgere una società creando problemi ed offendendo la pace cittadina.

       In alternativa posso operare dall'interno. Posso darmi da fare, studiare ed impegnarmi per divenire un tassello di quella classe dirigente che, a mio avviso, sta commettendo un certo errore. Allora, ma solo allora, potrò far si che le cose (nel piccolo, per amor del cielo!) cambino. Quando lo avrò fatto il risultato sarà lo stesso, ma il tutto sarà stato più progressivo e meno traumatico.

 

Luca Vezzaro

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