| Ora sappiamo tutto dei 30.000 geni che costituiscono il nostro Dna. Ma la strada per arrivare al nocciolo della vita è ancora lunga |
Una conclusione? direi pro comincia il vero lavoro sul genoma umano», commenta così l'annuncio dello scorso 14 aprile del completamento della mappa del genoma umano Edoardo Boncinelli, genetista e direttore della Sissa, la Scuola internazionale di studi superiori avanzati di Trieste. A cinquant'anni esatti dalla scoperta della struttura a doppia elica del Dna da parte di James Watson e Francis Crick le parole di Boncinelli suonano come una doccia fredda. Soprattutto se si pensa che il Progetto genoma umano, inaugurato nel 1990 con un costo previsto di 3 miliardi di euro è stato concluso con due anni di anticipo e spendendo appena 2,7 miliardi di euro, tanto da diventare la success-story scientifica per eccellenza.
Grazie ai contributi di ricercatori di tutto il mondo il
consorzio di 18 istituzioni di ricerca pubbliche ha messo a punto la versione finale della mappa del 99% dei quasi 30 mila geni umani costituiti da tre miliardi di basi azotate, le unità fondamentali che costituiscono la sequenza. Una mappa che sarà presto accessibile gratuitamente via Internet da tutti i laboratori del mondo. Un'impresa salutata dallo stesso James Watson come «l'inizio di un nuovo benessere, un regalo straordinario al genere umano che grazie a esso vivrà meglio e più a lungo» e da Francis Collins, direttore del progetto come: «Una luce sul libro di istruzioni conosciuto per ora solo da Dio». Toni trionfalistici? Certamente, visto che l'imprenditore scienziato Craig Venter, che nel 2000 tentò di bruciare sul tempo la mappatura del consorzio pubblico, ha lasciato la scena del genoma umano per dedicarsi a quelli, più redditizi dei microrganismi. «Il risultato scientifico è stato certamente storico», osserva Boncinelli, «ma non illudiamoci di essere passati da una macchina normale a una Formula 1. È piuttosto come avere un nuovo additivo da mettere nella benzina. Da oggi tutti gli scienziati del mondo hanno lo strumento fondamentale per comprende-re le cause delle malattie provocate dalle interazioni da geni diversi e da fattori ambientali come il diabete, le patologie cardiocircolatorie e neurologiche e diversi tipi di cancro. Per le ricadute terapeutiche dovremo però aspettare anni, se non decenni».
I ricercatori non hanno certo la strada spianata perché la mappatura del nostro Dna ha rivelato che abbiamo qualcosa tra i 25.000 ed i 30.000 geni, e anche se molti credono che arrivino almeno a 40-50.000, restano sempre molti meno dei 100-125.000 prospettati, e quindi troppo pochi per spiegare l'esistenza delle quasi 400.000 proteine che compongono la complessità dell'organismo umano. Da «genoma» oggi la parola d'ordine sembra perciò diventata «proteoma» per scoprire come interagiscono tra loro le proteine prodotte dai geni e come intervenire per arrestare o curare una patologia.
Le difficoltà però non mancano: ogni proteina sarebbe in
grado di interagire con altre 5 o 10, fino a creare un'intricatissima mappa di interrelazioni che sta dando molto filo da torcere ai ricercatori impegnati a decifrarle. Una volta approntata una mappa del proteoma umano, il tempo di sviluppo di un farmaco, oggi intorno ai 7-8 anni promette di essere dimezzato. Il ventaglio di malattie che si potrà colpire con farmaci proteomici è vastissimo perché anche quando sono i geni a essere difettosi si deve sempre agire a livello di proteina. Non vi sono ancora esempi di questi farmaci post-genomici che promettono di essere fatti su misura per ogni individuo, ma la maggior parte promette di funzionare inibendo enzimi o parti di essi, mentre altri potrebbero inibire l'attività di interi complessi proteici. «Prima di poter attaccare efficacemente la ricerca sul proteoma» avverte Boncinelli, «dovremo trovare nuovi strumenti tecnologici come quelli che hanno permesso negli ultimi 6 o 7 anni di moltiplicare per 100 la velocità di sequenziamento dei geni».
La mappatura del genoma sembra destinata a rimanere uno dei principali risultati scientifici di tutti i tempi, come lo sbarco sulla luna o la scoperta dell'atomo, ma le idee su cosa fare dopo già dividono la comunità scientifica. «La proteomica sarà importante», spiega Boncinelli, «ma la strada più promettente e per ora meno reclamizzata sarà forse lo studio del trascrittoma, cioè di tutti quei processi di trascrizione in proteine delle informazioni contenute nei geni, perché è lì che c'è la vera vita».
Guido Romeo
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