Breve Storia Di Ceccano

Dall' epoca romana al Novecento                 


PG 1

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Le prime forme di vita associativa a Ceccano si hanno in epoca preistorica, quando era un piccolo villaggio. Anticamente, prese il nome di Fabrateria Vetus, dal fiume che toccava l’insediamento:Trero o Tolero (il Sacco).

Nel VI secolo a.C. fu conquistata dai Volsci e nel 330 a.C. giurò fedeltà a Roma. Le cose andarono più o meno così…In quel tempo, i Sanniti rappresentavano una autentica minaccia per Roma e anche i Fabraterni temevano di essere prima o poi attaccati. Tuttavia, essi vedevano con chiarezza crescere, lentamente ma inesorabilmente, la potenza romana. Non c’era che una cosa da fare, il più in fretta possibile: alcuni ambasciatori furono inviati a Roma ad offrire la sottomissione e l’obbedienza di Fabrateria Vetus, in cambio della rassicurante protezione romana.

Il Senato di Roma accettò l’offerta. Durante l’età imperiale sorsero a Fabrateria numerose ville e ricche terme; ne offriva pure luogo propizio il fiume Sacco - detto Tolerus dagli antichi - il quale qui precisamente si stende con più ampio corso. I patrizi romani dunque sceglievano Fabrateria come luogo di soggiorno e di riposo. Probabilmente anche gli imperatori Antonino Pio e Marco Aurelio trascorsero qui alcuni momenti di "ozio". Quando morì la moglie di Antonino Pio, un tempio venne eretto a suo nome e ricordo sulle rive del fiume; sulle fondamenta di questo tempio, molti secoli dopo, fu innalzata la chiesa di Santa Maria a Fiume, quasi a simboleggiare (come spesso accadde in altre parti d’Italia) la vittoria cristiana sui riti del paganesimo.

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Arrivò intanto la decadenza dell’Impero e, a causa dei difficilissimi tempi, la popolazione diminuì ovunque nell’Europa "romanizzata". Giunsero i barbari e, tra questi, i Goti di Teodorico. Fu durante il suo regno che in una residenza posta tra Fabrateria e Frosinone, a quanto pare nell’attuale contrada della Cantinella, nacque il Papa Silverio, poi diventato Santo. Decenni dopo, quando al governo bizantino era succeduta nella maggior parte della penisola l’occupazione dei Longobardi, Fabrateria Vetus cambiò la sua denominazione con quella di Ceccano, dal nome di Petronio Ceccano, autorevole signore del luogo. Intanto andava sempre più acquistando importanza la Chiesa di Roma. Essa, fin dai tempi del cosiddetto "Patrimonio di San Pietro" si era andata costituendo come la più importante proprietaria terriera dell’Occidente. Era dunque del tutto scontato e prevedibile che le questioni riguardanti le terre più vicine a Roma stessero particolarmente a cuore alle alte gerarchie ecclesiastiche romane…

I movimenti dei Longobardi, i quali miravano alla conquista totale dell’Italia, si facevano sempre più vicini e minacciosi: purtroppo, non tardò il momento in cui giunse a Roma, sul tavolo del Papa, un documento che attestava la devastazione e l’occupazione di Ceccano. Dovettero intervenire i Franchi per rimettere le cose a posto, bloccando i tentativi espansionistici dei Longobardi, anche se la cosa non fu né semplice, né rapida.
Alla fine Ceccano, come prima e più di prima, tornò sotto il controllo del Pontefice romano.

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Dalla breve primavera carolingia la società scese nel buio dei periodi seguenti. Sulle coste del Tirreno comparvero i Saraceni, i quali, occupata Gaeta ed altri luoghi, tennero a lungo il Lazio sotto il terrore delle loro scorrerie. Nell’anno 900 circa essi probabilmente attaccarono Ceccano. In seguito, i Saraceni vennero cacciati, ma l’autorità papale risultava ormai in qualche misura intaccata: il potere era passato nelle mani dei forti feudatari. Sulle rive del Sacco, intanto, le antiche ville romane si trovavano ormai in completa rovina e abbandono.

I conti di Ceccano erano feudatari del Papa , anche se spesso gli si schierarono contro. Tra i primi conti vale la pena ricordare Uberto e Gregorio. Sotto il Papato di Innocenzo III, il conte Giovanni I da Ceccano giurò fedeltà alla Chiesa. Siamo a Ceccano, nel periodo di tempo compreso tra il 1189 e il 1227: dal castello edificato sul punto più alto della cittadina, i conti controllavano un feudo che arrivava fino a Gorga, Maenza, Carpineto, Patrica, Arnara, Villa S. Stefano, Amaseno, Prossedi.

 


(documento curato dal professor Tiziano Germani)