UN CONTRATTO DA RESPINGERE
L’ipotesi di rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le Poste, che arriva con un ritardo di tre anni, non soddisfa le aspettative dei lavoratori postali.
Sul piano economico:
perdita del recupero per l’anno 1998 ed aumenti lordi (per l’area operativa)
di 160 mila lire con uno scaglionamento che supera la validità contrattuale (e
che quindi presuppone lo slittamento del prossimo rinnovo contrattuale).
160 mila lire delle quali solo 110 mila sono reali
aumenti per effetto del contratto (insufficienti a coprire la perdita dovuta
all’inflazione), mentre le restanti 50 mila entreranno in busta paga per
effetto della decontribuzione verso l’Ipost (decisa con la legge Finanziaria).
Sul piano normativo le innovazioni sono tutte
orientate a favorire il processo di ristrutturazione aziendale verso la
privatizzazione ed il conseguente smembramento in più società.
Maggior precarizzazione del rapporto di lavoro (ai precari attuali si aggiungono gli “apprendisti” sotto pagati), maggior flessibilità oraria con il “conto ore individuale” (obbligo di prestazioni aggiuntive non remunerate come straordinario), mobilità anche fuori della provincia.
Sul piano della contrattazione vi saranno nuovi
limiti all’azione sindacale, con la definizione di percorsi di
“raffreddamento” delle vertenze che superano addirittura i limiti già posti
dalla legge 196/90 e dalle modifiche successive.
Sul piano della rappresentanza minor democrazia con
la costituzione di una delegazione regionale sindacale tutta mirata ad escludere
le rappresentanze RSU elette in OO.SS. non firmatarie del contratto (Cobas)
indipendentemente dai voti ottenuti nelle elezioni. Delegazione regionale che
andrà a trattare temi importantissimi come la distribuzione dei premi, che
quindi varieranno da regione a regione, creando una sorta di “contratti
d’area”.
Il potere delle RSU a livello di unità produttiva
sarà quindi ulteriormente ridimensionato, limitandosi alla informazione e
consultazione su decisioni già prese a livello superiore.
IN SOSTANZA UN CONTRATTO CHE CEDE SIA SOTTO L’ASPETTO ECONOMICO, SIA SOTTO L’ASPETTO NORMATIVO.
La scadenza contrattuale è stata storicamente
vissuta dai lavoratori come quella fase nella quale si definiva l’avanzamento
dei lavoratori in fatto di salario, di diritti e tutele. Da molti anni, però, i
rinnovi contrattuali sanciscono il predominio delle aziende e del padronato
verso i lavoratori, in cambio di sacrifici che vogliono far credere necessari
per il “risanamento” delle aziende.
“Risanamento” che passa attraverso la drastica
riduzione di personale (70 mila in 5 anni), rapporti di lavoro sempre più
precari, flessibilità e mobilità, cessione e dismissione di servizi (con la
prossima cessione totale della consegna Raccomandate).
TUTTO CIO’ ATTRAVERSO LA “CONCERTAZIONE”, CIOE’ LO STRUMENTO ATTRAVERSO CUI I SINDACATI (TUTTI) DECIDONO COME VENIRE INCONTRO ALLE ESIGENZE DELL’AZIENDA SENZA RENDERE CONTO AI LAVORATORI.
C’è una grave carenza di democrazia alle Poste.
Anche per questo contratto, sul cui ritardo ed andamento della contrattazione
non è stata spesa neanche un’ora di assemblea, non è previsto il voto
tramite Referendum da parte dei lavoratori, come avviene nelle altre categorie.
Noi crediamo che questo contratto vada respinto, e
vada riaperta la contrattazione almeno sui punti palesemente peggiorativi. Ma
per respingerlo c’è una sola strada:
il REFERENDUM NAZIONALE VINCOLANTE gestito dalle RSU.
E’ per questo che già sono stati costituiti
Comitati per il Referendum che stanno raccogliendo le firme per la sua
richiesta.
Ed è per questo che invitiamo tutti i Rappresentanti RSU a prendere posizione aderendo al documento già sottoscritto da molti altri.