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come determinare l'altezza di un muro basandosi sull'ombra
Ringrazio Roberto Doniez per la segnalazione di questo brano
Ecco il brano tratto
da "L'isola misteriosa" di Jules Verne
nell'edizione italiana integrale pubblicata da Mursia, 1966-1981
La traduzione è di Lorenza Ester Aghito
CAPITOLO XIV
LA MISURA DELLA MURAGLIA GRANITICA -
UN'APPLICAZIONE DEL TEOREMA DEI TRIANGOLI SIMILI -LA
LATITUDINE DELL'ISOLA -UNA ESCURSIONE A NORD - UN BANCO
D'OSTRICHE - PROGETTI PER L'AVVENIRE - IL PASSAGGIO DEL SOLE
AL MERIDIANO - LE COORDINATE DELL'ISOLA DI LINCOLN
L'INDOMANI, 16 aprile, domenica di Pasqua, i coloni uscirono
dai Camini allo spuntar del giorno, e provvidero a lavare la
loro biancheria e a pulire i loro abiti. L'ingegnere si
proponeva di fabbricare del sapone, appena avesse potuto
procurarsi le materie prime necessarie, soda o potassa,
grasso od olio. Anche l'importante problema del rinnovamento
del guardaroba sarebbe stato trattato a tempo e luogo. A ogni
modo, i vestiti sarebbero durati certo sei mesi ancora giacché
erano solidi e potevano resistere alla fatica dei lavori
manuali. Ma tutto sarebbe dipeso dalla posizione dell'isola
rispetto alle terre abitate: fatto, questo, che sarebbe stato
determinato in quello stesso giorno, tempo permettendo.
Ora, il sole, sorgendo su di un orizzonte limpido, annunciava
una giornata magnifica, una di quelle belle giornate
d'autunno che sono come l'estremo addio della stagione calda.
Si trattava, perciò, di completare gli elementi di
osservazione della vigilia, misurando l'altitudine
dell'altipiano di Bellavista al di sopra del livello del mare.
- Non vi occorre uno strumento analogo a quello di cui vi
siete servito ieri? - domandò Harbert all'ingegnere.
- No, ragazzo mio, - rispose questi, - procederemo
diversamente, ma in un modo quasi altrettanto preciso.
Harbert, che amava istruirsi su tutte le cose, segui
l'ingegnere, che s'allontanò dalla base della muraglia di
granito, discendendo sino alla spiaggia. Nel frattempo,
Pencroff, Nab e il giornalista si occupavano di vari altri
lavori.
Cyrus Smith si era munito di una specie di pertica diritta e
lunga circa dodici piedi*, che aveva misurata con la maggior
esattezza possibile confrontandola con la propria statura,
che conosceva con una buona approssimazione. Harbert portava
un filo a piombo, che Cyrus Smith gli aveva dato, vale a dire
una semplice pietra fissata all'estremità di una fibra
flessibile.
Arrivato a una ventina di piedi dal limite della spiaggia, e
a cinquecento piedi circa dalla muraglia di granito, che si
drizzava perpendicolarmente, Cyrus Smith conficcò la pertica
per due piedi nella sabbia e, rincalzandola con cura,
pervenne, a mezzo del filo a piombo, a rizzarla
perpendicolarmente al piano dell'orizzonte.
Fatto questo, indietreggiò di quel tanto ch'era necessario
perché, mettendosi egli prono sulla sabbia, il raggio
visivo, partito dal suo occhio, sfiorasse contemporaneamente
l'estremità della pertica e la cresta della muraglia. Poi
segnò accuratamente quel punto con un paletto.
Allora, rivolgendosi a Harbert:
- Conosci le prime nozioni della geometria? - gli chiese.
- Un po', signor Cyrus - rispose Harbert, che non voleva spingersi troppo oltre.
- Ricordi bene quali sono le proprietà di due triangoli simili?
- Sì - rispose Harbert. - I loro lati omologhi sono proporzionali.
- Ebbene, ragazzo mio, or ora, io ho costruito due triangoli simili, tutti e due rettangoli: il primo, il più piccolo, ha per lati la pertica perpendicolare e la distanza che separa il paletto dalla parte inferiore della pertica, e per ipotenusa il mio raggio visivo; il secondo ha per lati la muraglia perpendicolare, di cui dobbiamo misurare l'altezza, la distanza che separa il paletto dalla base di detta muraglia e il mio raggio visivo formante l'ipotenusa anche di questo secondo triangolo, la quale viene a essere cosi il prolungamento di quella del primo.
- Ah! Signor Cyrus, ho capito! - esclamò Harbert. - Come la distanza dal paletto alla pertica è proporzionale alla distanza dal paletto alla base della muraglia, così l'altezza della pertica è proporzionale all'altezza di questa muraglia.
- Proprio così, Harbert, - rispose l'ingegnere - e quando avremo misurato le due prime distanze, conoscendo l'altezza della pertica, non ci resterà da fare che un calcolo di proporzione, per aver l'altezza della muraglia, evitandoci la fatica di misurarla direttamente.
Furono prese le due distanze orizzontali, per
mezzo della pertica stessa, la cui lunghezza emergente dalla
sabbia era esattamente di dieci piedi.
La prima distanza era di quindici piedi, tra il paletto e il
punto ove la pertica era affondata nella sabbia.
La seconda distanza, fra il paletto e la base della muraglia,
era di cinquecento piedi. . Prese queste misure, Cyrus Smith
e il ragazzo tornarono ai Camini.
Qui giunto, l'ingegnere prese una pietra piatta, che aveva
raccolta durante una delle precedenti escursioni; specie di
schisto d'ardesia, sul quale era facile tracciare delle cifre
servendosi di una conchiglia aguzza. Egli stabilI, dunque, la
proporzione seguente:
15 : 500 = 10 : x
500 x 10 = 5.000
5.000/15 = 333,33
Da cui risultò che la muraglia di granito
misurava trecentotrentatré piedi di altezza:
Cyrus Smith riprese allora lo strumento che aveva fabbricato
il giorno prima, i due bracci del quale, per mezzo della loro
divaricazione, gli davano la distanza angolare dalla stella
alfa all'orizzonte. Egli misurò con grande esattezza
l'apertura di detto angolo su di una circonferenza, che
divise in trecentosessanta parti uguali. L'angolo così
ottenuto era di dieci gradi. Quindi, la distanza angolare
totale fra il polo e l'orizzonte, aggiungendo a essa i
ventisette gradi che separano l'alfa del polo antartico e
riportando al livello del mare l'altitudine dell'altipiano
sul quale era stata fatta l'osservazione, fu trovata essere
di trentasette gradi. Cyrus Smith trasse da ciò la
conclusione che l'isola di Lincoln era situata al
trentasettesimo grado di latitudine australe; oppure,
prevedendo un errore di cinque gradi, data l'imperfezione
delle sue operazioni, che essa doveva trovarsi fra il
trentacinquesimo e il quarantesimo parallelo.
Per completare le coordinate dell'isola, rimaneva da
conoscere la longitudine e questa l'ingegnere avrebbe tentato
di determinarla in quello stesso giorno, a mezzodì, cioè al
momento in cui il sole sarebbe passato al meridiano.
*Si tratta del piede inglese, che
corrisponde a 30 centimetri.
La versione originale in
francese (tratta dal sito BibM@th - http://www.bibmath.net/index.php3) Le
lendemain, 16 avril - Dimanche de Pâques -, les
colons sortaient des Cheminées au jour naissant, et procédaient
au lavage de leur linge et au nettoyage de leurs vêtements.
L'ingénieur comptait fabriquer du savon dès qu'il
se serait procuré les matières premières nécessaires
à la saponification, soude ou potasse, graisse ou huile.
La question si importante du renouvellement de la garde-robe
sera également traitée en temps et lieu. En tout cas,
les habits dureraient bien six mois encore, car ils étaient
solides et pouvaient résister aux fatigues des travaux
manuels. Mais tout dépendrait de la situation de l'île
par rapport aux terres habitées. C'est ce qui
serait déterminé ce jour même, si le jour le
permettait. " Ne vous faut-il pas un
instrument analogue à celui qui vous a servi hier ?
demanda Harbert à l'ingénieur. Harbert, aimant à s'instruire de
toutes choses, suivit l'ingénieur, qui s'écarta
du pied de la muraille de granit, en descendant jusqu'au
bord de la grève. Pendant ce temps, Pencroff, Nab et le
reporter s'occupaient de divers travaux.
Les deux distances horizontales furent
relevées, au moyen même de la perche, dont la longueur
au-dessus du sable était exactement de dix pieds. La
première distance était de quinze pieds entre le piquet
et le point où la perche était enfoncée dans le sable.
La deuxième distance, entre le piquet et la base de la
muraille, était de cinq cent pieds. Ces mesures terminées,
Cyrus Smith et le jeune garçon revinrent aux Cheminées.
15 : 500 = 10 :x D'où il fut établi que la muraille mesurait trois cent trente trois pieds de hauteur (il s'agit du pied anglais qui vaut 30 centimètres). |
Breve
riassunto de "L'isola misteriosa" Questo straordinario romanzo presenta non poche analogie con Robinson Crusoe, dello scrittore inglese Defoe, di cui Verne era un grande ammiratore. Anche qui, la situazione è press'a poco la stessa: alcuni naufraghi approdano fortunosamente su un'isola deserta e lottano disperatamente per sopravvivere. Ma se Robinson, di fronte alla natura selvaggia, incarnava l'uomo del '700, che si industria come può, ricorrendo ai piccoli espedienti suggeritigli dalla ragione, senza altri strumenti che le proprie mani, i cinque naufraghi protagonisti di questo libro incarnano la nuova idea dell'uomo "scientifico" qual era concepito nella seconda metà dell'800, l'uomo che domina ormai la natura in virtù di una tecnologia progredita che gli permette di trasformare rapidamente un'isola selvaggia in una colonia civile. Non a caso Robinson è un uomo comune, un marinaio, ed è solo, a lottare contro le forze cieche della natura, mentre qui siamo di fronte a una vera e propria équipe, composta da persone di estrazione e di competenze diverse, ma guidata da un ingegnere e scienziato, Cyrus Smith. Il punto di partenza della grande avventura è Richmond, una cittadina americana degli Stati del Sud, durante il periodo della guerra di Secessione. Di qui, realizzando un audacissimo progetto, cinque prigionieri dei sudisti riescono ad evadere, servendosi di un pallone aerostatico; giunto sull'oceano, l'aerostato viene investito da una tromba marina e i cinque vengono sbattuti su un'isola sconosciuta. Sono soli, senza mezzi, esposti a tutti i pericoli, Come Robinson. Ma li guida un ingegnere, un tecnico, il quale, sfruttando le proprie conoscenze scientifiche, li aiuta a rifarsi una vita il più possibile confortevole, fabbricando addirittura la nitroglicerina e costruendo un telegrafo elettrico... Eppure, su quell'isola selvaggia, che i naufraghi hanno ormai battezzato con il nome di Lincoln, avvengono alcuni fatti misteriosi, quasi che una invisibile "presenza" sorvegliasse momento per momento la vita di quegli infelici. E il primo segno inquietante è la scoperta in mare di una bottiglia con un messaggio. "Sull'isola Tabor, a qualche centinaia di miglia" dice il messaggio "c'è un altro naufrago..." È a questo punto che la vicenda si salda ai due libri precedenti, I figli del capitano Grant e Ventimila leghe sotto i mari, i quali, insieme con questo, compongono una specie di "trilogia del mare". Quel naufrago, ch'essi trovano sull'isola Tabor, è Ayrton, il pericoloso evaso che lord Glenarvan - come appunto si narra ne I figli del capitano Grant - ha abbandonato sull'isola per punirlo d'aver tentato d'impossessarsi del Duncan. I nostri protagonisti lo trovano ormaI abbrutito e ridotto allo stato selvaggio e durano non poca fatica per ricondurlo a condizioni di vita umana e civile. Ma c'è un'altra sorpresa, ancora più strana e affascinante. In un luogo remoto dell'isola, in cupe grotte basaltiche dove il mare si insinua spumeggiando, essi scorgono la scura sagoma del Nautilus e fanno conoscenza con il capitano Nemo. Così, finalmente, sono in grado di dare un corpo a quella "presenza" benefica e invisibile che avevano pia volte avvertita sull'isola. Il capitano Nemo, l'enigmatico protagonista di Ventimila leghe sotto i mari, è ormai allo stremo delle forze. Essi ne ascoltano in silenzio le ultime volontà, assistono alla sua morte, quindi lo seppelliscono, com'è suo desiderio, nel mostro d'acciaio, il Nautilus, che lentamente sprofonda negli abissi. Siamo ormai alle ultime battute del grande e complesso romanzo. Il Duncan, che appare nelle prime pagine de I figli del capitano Grant, si profila veloce all'orizzonte e riporta finalmente in patria, dopo lunghi anni di esilio, i poveri naufraghi. Apparso la prima volta nel 1875, il romanzo conclude la "trilogia del mare", spiegando motivi e personaggi che nei due precedenti volumi erano rimasti per così dire allo stato di abbozzo, in un drammatico e contrastato chiaroscuro. E tale spiegazione non ha soltanto valore sul piano della vicenda romanzesca, ma, assai più a fondo, acquista valore sul piano psicologico e morale. Si direbbe che Verne abbia voluto qui dissipare ogni ombra sui protagonisti più enigmatici dell'intera vicenda. Primo fra tutti il capitano Nemo, che nelle pagine finali di questo libro si riscatta del proprio operato. Ormai vecchio, prossimo alla morte, egli rievoca la sua tragica storia e vi dà un senso. E persino dopo la sua morte, i naufraghi beneficiano di un suo ultimo gesto di pietà e di bontà. Si deve infatti a lui se il Duncan riesce a rintracciarli e a condurli in salvo. L'altro personaggio che si illumina di una luce nuova e positiva è Ayrton. L'avevamo conosciuto come un pericoloso avventuriero, capace di tutto, senza scrupoli. Giustamente lord Glenarvan si era disfatto di lui, abbandonandolo tutto solo sull'isolotto sperduto nell'oceano. Qui lo incontriamo come un essere abbrutito dall'isolamento, un essere che ha persino perduto la coscienza della propria umanità. Ma avviene il miracolo. A contatto con i naufraghi, la sua coscienza affiora lentamente dalla barbarie ed egli ritorna uomo attraverso il rimorso. Le lacrime che riempiono i suoi occhi, al ricordo del male che ha commesso, lo restituiscono, puro e redento, alla società dei vivi. |
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