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Estratto e adattato da La
vita di Pitagora di Porfirio (232 - 305 d. C.)
Le citazioni sono tratte dal libro: Pitagora, Versi Aurei,
Mimesis, 1996
Pitagora, copia romana di scultura greca
I luoghi dei pitagorici
La nascita di Pitagora
Pitagora nacque nell'isola di Samo, nel 580 a.C. e visse
circa 100 anni.
Il suo nome probabilmente deriva da "pithia", il
tempio di Apollo e "agorà", la piazza.
La famiglia di Pitagora
Presso la maggior parte degli autori vi è accordo nel dire
Pitagora figlio di Mnesarco.
Apollonio, nella sua opera dedicata a Pitagora, cita anche il
nome della madre, Pithaide.
Secondo altri biografi, Theanò, figlia di Pitenace, di
nazionalità cretese, diede a Pitagora un figlio, Teagene, e una
figlia, Myia.
Secondo la testimonianza di Timeo, la figlia di Pitagora,
quand'era fanciulla, fu a capo delle ragazze di Crotone,
parimenti, una volta fattasi donna, presiedette il consesso delle
donne.
La formazione di Pitagora
Ancora bambino, Pitagora fu inviato dal
padre per prendere lezioni presso un citarista, un maestro di
scuola ed un pittore.
Divenuto ragazzo, si recò a Mileto, da Anassimandro, da cui
imparò la geometria e l'astronomia.
A proposito della sua formazione, la maggior parte degli autori
afferma che egli avrebbe appreso le scienze chiamate matematiche
dagli Egizi, dei Caldei e dei Fenici: gli Egizi, infatti, da
tempi immemorabili, si erano occupati di geometria, i Fenici dei
numeri e della scienza dei calcoli, i Caldei dello studio del
cielo.
Riguardo al culto degli dei ed alle altre indicazioni concernenti
la vita di ogni giorno, affermano che abbia adottato la norma
propria dei Magi, quando fu loro discepolo.
Zalmoxi, lo schiavo di Pitagora
Egli aveva caro un altro giovane, che aveva acquistato in Tracia,
chiamato Zalmoxi, un nome originato dal fatto che alla sua
nascita gli fu posta indosso una pelle d'orsa: infatti i Traci
chiamano zalmos la pelle di un animale.
Pitagora l'aveva caro, e gli insegnò la scienza dei corpi
celesti, la teurgia e le altre pratiche concernenti il culto
degli dei.
Secondo quanto afferma Dionisifane, Zalmoxi divenne lo schiavo di
Pitagora, dopo essere stato catturato da alcuni pirati, i quali
gli apposero un marchio sulla fronte. Quando Pitagora fu vittima
di rivolgimenti politici e fu costretto a fuggire, egli si legò
alla fronte una benda per coprire il marchio schiavile.
La scuola di Pitagora
Una volta ritornato in Ionia, fondò
una scuola nella sua città d'origine, chiamata ancor oggi
l'Emiciclo di Pitagora, nel quale i Sami si riuniscono per
deliberare degli affari comuni. Fuori della città, deputò una
grotta a sede della sua filosofia, luogo dove trascorreva gran
parte del giorno e della notte, in compagnia di pochi discepoli.
Giunto all'età di quarant'anni, secondo il racconto di
Aristosseno, accortosi che la tirannide di Policrate si era fatta
troppo opprimente perché un uomo libero potesse sopportare un
potere così dispotico, decise di salpare per l'Italia.
Pitagora in Italia
Una volta giunto in Italia, si stabilì a Crotone, come scrive
Dicearco, e si recò in città come un uomo che aveva molto
viaggiato, ricco, ben dotato dalla sorte per quanto riguarda la
sua persona: un aspetto nobile, grande e ragguardevole fascino,
un'eleganza che si scorgeva nella voce, nel suo carattere e
in tutte le altre sue qualità. Dopo che Pitagora ebbe tenuto di
fronte al sinedrio degli anziani della città discorsi che
accesero d'entusiasmo i magistrati, intrattenuti da argomenti
nobili e degni, l'impressione suscitata nei Crotoniati fu così
intensa che egli, su invito dei magistrati, rivolse ai giovani,
discorsi confacenti alla loro età. In seguito, intrattenne con
discorsi i ragazzi, giunti in frotta dalle scuole; da ultimo parlò
alle donne, e un'associazione femminile fu costituita in suo
onore.
L'impegno alla segretezza
A causa di queste sue azioni, crebbe la
sua fama, ed accolse numerosi uditori da quella città, non
soltanto uomini, ma anche donne, delle quali è rinomato il nome
della sola Teanò. Quanto comunicava ai discepoli più stretti,
nessuno è in grado di riportare con sicurezza: in effetti,
presso di loro il silenzio era osservato con grande cura.
Le credenze più diffuse presso ogni adepto della setta sono
comunque queste:
Pitagora doma l'orsa di Daunia
Se bisogna prestare fede a chi ha composto scritti su Pitagora,
antichi e degni di fede, i suoi insegnamenti giungevano persino
agli animali privi di ragione. Egli infatti catturò l'orsa
di Daunia, che infieriva sugli indigeni, come raccontano, e
parlatole per lungo tempo, porgendole da mangiare una focaccia ed
alcune ghiande, le estorse il giuramento di non molestare più un
essere vivente, quindi la lasciò andare libera. Quella se ne
ritornò immediatamente alle selve, sui monti vicini, e non fu
vista in alcuna occasione attaccare neppure un animale privo di
ragione.
Pitagora convince un bue a non mangiare fave
Vide ancora a Taranto un bue, il quale,
in un pascolo ricco di erbe di varie specie, si cibava di fave;
avvicinatosi al mandriano, Pitagora gli suggerì di dire
all'animale di astenersi dalle fave. Di fronte allo stupore del
mandriano, il quale affermava di non sapere parlare la lingua dei
buoi, egli, accostatosi alle orecchie del bue, gli sussurrò non
solo di non cibarsi di fave, ma nemmeno di sfiorarle. Quel bue
visse per lungo tempo a Taranto, presso il tempio di Era, e fu
chiamato il "bue sacro", alimentato dalle offerte di
cibo che i visitatori gli porgevano.
Pitagora salva i pesci pescati
In un'altra occasione si pose
vicino a dei pescatori e, dato che la rete tirata a riva
conteneva una grande quantità di pesce, egli predisse il numero
esatto dei pesci da loro tirati a riva. Allorché quei pescatori
ebbero accettato di eseguire i suoi ordini, se solo la predizione
si fosse rivelata esatta, dopo che ebbero contato minuziosamente
i pesci, ordinò loro di gettare il pesce ancora vivo in acqua;
la cosa più stupefacente fu che nessuno dei pesci, pur rimasti
fuori dall'acqua, morì alla sua presenza, mentre veniva
compiuta la conta.
Pitagora ha il dono dell'ubiquità
In un solo e medesimo giorno, secondo
la testimonianza di tutti i biografi, egli si incontrò e si
intrattenne pubblicamente, a Metaponto in Italia e a Tauromenio
in Sicilia, con i discepoli delle due città. e si deve
considerare che la distanza tra i due luoghi, percorribile per
terra e per mare, era di molti stadi, e che il tragitto sarebbe
stato compiuto in non pochi giorni.
Pitagora prevede i terremoti, arresta le
catastrofi e cura le malattie
Si racconta che prevedette
infallibilmente terremoti, che prevenne tempestivamente lo
scoppio di epidemie, arrestò bufere di vento, impedì
inondazioni, sedò la furia di mari e di fiumi per permettere il
facile passaggio dei suoi discepoli.
Egli era in grado di incantare per mezzo di ritmi, di canti e di
incantesimi le sofferenze sia dell'anima, sia del corpo.
L'alimentazione di Pitagora
Il suo regime alimentare consisteva, a
pranzo, in cera o miele, a cena, in pane di miglio, focaccia e
legumi bolliti o crudi, raramente carne proveniente dai sacrifici
di animali, e non tutte le parti.
Perciò egli manteneva il medesimo regime, come regolato da una
bilancia, evitando di essere ora malato, ora sano, senza
diventare più pingue ed aumentare di peso, o, al contrario,
dimagrire e divenire esile. Anche il suo animo, a quanto era
possibile vedere, dimostrava la medesima indole. Non intendeva
infatti snervarsi nei piaceri, né deprimersi per effetto del
dolore. Neppure amava apparire in preda all'esaltazione o al
dolore, e nessuno lo vide mai ridere o piangere.
Pitagora ringrazia gli Dei per la scoperta
del teorema
Quando sacrificava non desiderava
riuscire molesto agli dei, dato che se li ingraziava offrendo
farina, una focaccia, dell'incenso o del vino dolce, senza mai
offrire animali, con l'eccezione dei galli e dei porcellini da
latte.
Secondo gli autori più accurati, egli sacrificò una figura di
bue, fatta di pasta, allorché ebbe scoperto che il quadrato dell'ipotenusa
era uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.
I matematici e gli acusmatici
Dei suoi discepoli, alcuni venivano chiamati matematici, altri
acusmatici.
E, mentre i matematici avevano appreso gli insegnamenti più
difficoltosi con grande sforzo, gli acusmatici avevano imparato
in maniera sommaria i fondamenti della dottrina, desunti dagli
scritti, senza una trattazione più precisa.
Le raccomandazioni di vita
Esortava a porre attenzione a due momenti: a quello che precede
il sonno, e quello del levarsi, dopo essersi destati. È infatti
buona cosa, affermava, dedicarsi in entrambe le occasioni all'esame
delle azioni compiute o che si ha in animo di compiere, perché
ciascuno possa dare un rendiconto delle azioni passate e fare una
previsione del futuro.
Prima di abbandonarsi al sonno ciascuno doveva cantare questi
versi:
Non permettere che il dolce sonno chiuda i tuoi occhi senza aver ripassato con te stesso ciò che hai fatto durante il giorno.
In che cosa ho sbagliato? Che cosa ho fatto? Ho omesso qualcosa che avrei dovuto fare?
Ripassa tutte le azioni che hai fatto, cominciando dalla prima e senza dimenticarne nessuna.
e, prima di levarsi, questi altri:
Dapprima, quando ti desti al sorgere del dolce sole, esamina bene cosa farai durante il giorno.
Viene quindi un altro genere di simboli:
L'invidia di Cilone contro Pitagora
Pitagora, per lungo tempo, con i suoi
discepoli si guadagnò tanta stima che perfino delle città
affidarono loro il governo della città. Infine contro Pitagora
si levò l'invidia, e scoppiò contro i Pitagorici una rivolta.
Cilone, cittadino di Crotone, fu eminente cittadino per nobiltà,
rinomanza della famiglia e per ricchezza del suo patrimonio, ma
assai superbo, violento ed ambizioso, abile nel rendere il suo
ascendente sugli amici e l'influenza derivata dalle ricchezze
mezzi per commettere ingiustizia. Per di più, egli si riteneva
degno di ogni cosa nobile, e si riteneva più che degno di essere
iniziato ai misteri della filosofia pitagorica.
Egli si recò dunque da Pitagora, esaltando la propria persona e
chiedendogli l'ammissione alla sua scuola.
Il filosofo, tuttavia, osservatane la fisionomia ed avendo il
potere di divinare il carattere di una persona dai segni che
offriva il corpo, gli consigliò di andarsene e di badare alle
proprie faccende.
Questa ripulsa fu per Cilone un grande dolore e si considerò
offeso, dato che era di carattere duro e collerico.
La rivolta contro i pitagorici
In seguito, dopo avere riunito i suoi
amici, egli accusò Pitagora e rivelò loro le insidie che
intendeva tendere a lui e ai suoi discepoli. Secondo quanto
riferiscono alcuni autori, una volta che i discepoli di Pitagora
si furono riuniti presso la casa dell'atleta Milone, durante
la sua assenza, i loro nemici li bruciarono e li lapidarono,
tanto che due soli discepoli sfuggirono al rogo, Archippo e
Liside, secondo quanto scrive Neante.
A detta di Dicearco e dei più attenti scrittori, Pitagora era
invece presente il giorno del disastro, e che quaranta dei suoi
discepoli, riuniti in una casa di un tale furono catturati con
l'inganno, mentre i restanti vennero trucidati ad uno ad uno
nella città, là dove essi venivano sorpresi.
Pitagora con molti degli antichi amici si rifugiò nel porto di
Caulonia e di lì di nuovo a Locri.
La morte di Pitagora
Si dice che Pitagora abbia trovato la
morte nella comunità di Metaponto, dopo essersi rifugiato nel
piccolo tempio dedicato alle Muse, dove rimase quaranta giorni
privo del necessario per vivere. Altri autori affermano che i
suoi amici, nell'incendio della casa dove si trovavano riuniti,
gettatisi nelle fiamme aprirono una via di uscita al maestro,
formando con i loro corpi una sorta di ponte sul fuoco. Scampato
dall'incendio Pitagora, raccontano ancora, si diede la morte, per
il dolore di essere stato privato dei suoi amici.
La fine dei pitagorici?
Dopo che sui Pitagorici si fu abbattuta una tale catastrofe, si
estinse anche la loro filosofia, che fino a quel giorno era
sempre rimasta serbata nei loro cuori, se non alcuni principi, di
difficile comprensione, a pena ricordati dagli acusmatici della
scuola.
Pitagora inoltre non lasciò alcuno scritto e i sopravvissuti
Liside ed Archippo e quanti per loro fortuna erano assenti
salvarono poche scintille della loro filosofia, oscure e
difficili a comprendersi.
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