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Il sobborgo trevigiano che per secoli ha legato 
  la sua vita al Sile è Fiera.
  Il nome gli deriva dalla fiera autunnale che, dal II secolo dopo il Mille, ogni 
  anno si teneva nell'ansa che il fiume disegnava in uscita da Treviso. Lì 
  arrivavano i raccolti dei campi della Marca, per ripartire in barca alla volta 
  di Venezia; lì le imbarcazioni trovavano ricovero e riparazione. 

Il borgo di Fiera cominciò a 
  svilupparsi così, sostenuto dall'indotto dell'attività portuale.
  Fiera era un luogo di frontiera: fuori dalle mura, visibilmente separato dalla 
  città anche dalla spianata difensiva voluta attorno a Treviso da Fra 
  Giocondo nel Cinquecento, non era un quartiere urbano, ma neppure un paese di 
  campagna, era un luogo particolare i cui abitanti erano un po' indisciplinati: 
  il Sile rappresentava una formidabile arteria di comunicazione, che attraversava 
  la campagna trevigiana veicolando merci, persone e idee; i barcari viaggiavano 
  e conoscevano altri mondi e tutto ciò non poteva che turbare la quiete 
  cittadina.  
  Il fiume aveva fatto crescere lungo le sue rive e i suoi più modesti 
  affluenti locali un reticolato di opifici 
  artigianali, che sfruttavano la sua insuperabile energia a basso prezzo. Su 
  quell'intreccio di canali e manifatture s'innesterà, da metà Ottocento, 
  lo sviluppo industriale del quartiere, giovandosi della facilità del 
  trasporto fluviale.
  All'inizio del XX secolo, 19 stabilimenti industriali trevigiani si servivano 
  dell'area portuale di Fiera, che si articolava nei quattro scali principali 
  di porto Makallè, della Rotta, del Cristo e della Gobba. Il tratto di 
  fiume che attraversava il quartiere era punteggiato da molti altri scali privati.
  Dietro gli scali stava spesso un'osteria, luogo d'attesa e di svago per gli 
  operai e i facchini del porto; la più celebre era quella del Makallè.
  Le famiglie contadine che non ce la facevano più a vivere del solo lavoro 
  dei campi e bussavano alle porte della città in cerca di fortuna, transitavano 
  per Fiera, dove potevano sperare di trovar lavoro. Il sobborgo nel primo ventennio 
  del secolo quasi raddoppia la popolazione registrando il più alto tasso 
  d'immigrazione di tutto il comune di Treviso.
  Il fiume, il porto, le fabbriche, le osterie, la mobilità, tutto congiurava 
  perché il quartiere conoscesse un'evoluzione politica a sua volta eterodossa. 
  A partire dagli ultimi anni del secolo XX a Fiera mette radici il Partito Socialista. 
  L'incontro tra i due mondi del fiume e della città accende le osterie 
  del porto nelle quali tra una discussione, una rissa e un bicchiere di vino, 
  nascono le prime forme di solidarietà operaia, come testimoniano le pagine 
  del "Lavoratore" d'inizio Novecento nella rubrica "Sottoscrizione 
  permanente a favore del Lavoratore". Nel 1900 operai del mulino Mandelli, 
  formano una società e raccolgono mensilmente la quota con cui costruire 
  una loro cooperativa. Quattro anni dopo, la società operaia ha una sede 
  vera e propria che diventa la prima "casa del popolo" della provincia.
  
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