UN ATTIMO... UNA VITA
Trenta maggio 1987: dieci anni fa. Io all’epoca avevo appena nove anni, ma ricordo ugualmente la drammatica vicenda illustrata dalle foto-sequenza riportate sulla rivista Moto Sprint. Le foto raccontano la caduta di un giovane pilota, Mario Ceccoli, morto a ventitré anni proprio in quel giorno maledetto. Sul giornale c’è scritto: "… nell’impatto con il suolo gli si è sfilato il casco e i successivi ripetuti colpi sull’asfalto a capo scoperto hanno avuto un effetto devastante". Ceccoli è certamente morto sul colpo, riportando trauma cranico con sfondamento della scatola cranica e fuoriuscita di materiale cerebrale, trauma cervicale, trauma chiuso del torace e frattura del braccio destro. Il giorno dopo c’era chi diceva che il casco era di misura troppo grande, altri sostenevano che era allacciato male, altri ancora parlavano di sfortuna. Oggi i ragazzi dicono: "Io il casco me lo metto perché mio padre mi sgrida" oppure: "Me lo metto perché all’incrocio ci stanno i Carabinieri".
Io invece me
lo metto per me e solo per me. I miei amici mi dicono sempre "Andrè
hai vent’anni e sul cinquantino porti ancora il casco"; io gli rispondo:
"Imbecille, ho vent’anni perché a quindici portavo il casco".
Mi rivolgo soprattutto ai ragazzi dell’I.T.I.S.: io vi capisco quando fate
le impennate, quando all’uscita di scuola fate a gara a chi arriva prima
in Pietrosa, vi capisco perché lo faccio anch’io, ma il casco un
giorno lo rimpiangerete perché, ricordatevi, che chi va in moto
prima o poi ci sbatte le corna e se porti il casco, al 99% ti salvi. Cadono
tutti, cade Cadalora, cade Doohan, cade Capirossi, cade Biaggi; è
caduto Rainey è caduto Agostini è caduto il povero Ceccoli,
sono caduto io… . A voi auguro di non cadere mai, ma il casco ve lo dovete
mettere, ve lo dice uno che è caduto parecchie volte, sempre con
il casco, e sempre con il casco continua ad andare in moto.
A. Primomo