L' URAGANO SPIKE
 

 

 

 

 


Decidemmo io e Giada, mia moglie, di comprare un cane di piccola taglia. Appena entrati al “piccolo zoo”, fummo catturati dal tenerissimo sguardo di un cucciolo. Era un bastardino di colore marroncino con la coda scura e il petto bianco. Le sue zampette bianche e capricciose cercavano di aprire insistentemente la sua gabbia con l ’ intenzione di allargare le sbarre sottili. Le orecchie vellutate per il suo agitarsi spesso gli coprivano gli occhi e al minimo rumore si rizzavano come due antenne….

Lo acquistammo e lo chiamammo Spike, pensando che nell’ arco di due, tre giorni, avrebbe imparato a portarmi le pantofole, a stare accanto a noi. Invece, fu tutto il contrario. In pochi giorni distrusse tre paia di pantofole, azzannandole in ogni parte: gomma, tessuto…Stanco di masticare e sbavare ogni cosa che scovava in tutti gli angoli della casa, non faceva altro che saltellare da una parte all ’ altra sopra le poltrone, su cui lasciava peli, bava, avanzi di oggetti distrutti… Era un vero ciclone!

   Più di una volta mi venne voglia di buttarlo fuori dalla finestra. Dopo circa un mesetto di coabitazione con Spike, decidemmo di andare in famiglia al mare a prendere un po’ di aria fresca. Non lo lasciammo a casa perché è facile immaginare come l ’ avrebbe ridotta: come minimo, per dispetto o per solitudine, avrebbe fatto i suoi bisogni in tutte le stanze, avrebbe strappato il tappeto del salotto e tutti i cuscini delle camere da letto sarebbero stati “ innaffiati”.

Dopo una nottata di guaiti e di zampate graffianti alla porta della camera da letto, partimmo per il mare. Il viaggio in macchina fu terrificante! Spike saltellava tra me e Giada al punto che mia moglie decise di legarlo con la cintura di sicurezza.

Arrivati sulla riva, parcheggiammo l ’ auto, una vecchia FIAT 500 “scassata” , scaricammo l ’ ombrellone, le sedie e anche il “pazzo demoniaco”. Ci dirigemmo verso la spiaggia deserta e ci piazzammo a circa un metro dall’acqua marina. La “belva” si era placata: stava tranquillamente in dormiveglia vicino a noi esausti e assonnati sotto           l ’ ombrellone, forse per recuperare le energie spese durante il tragitto in macchina. Nel frattempo la spiaggia si riempì come quella che si vede nel famosissimo film Bay Watch.

Spike, che non aveva mai visto tante persone, subito moltiplicò, triplicò, quadruplicò la sua euforia, manifestandola con una lunghissima corsa.

   Mia moglie dormiva, mentre io svegliato di sobbalzo vidi il cane lontano due chilometri e gridai: “ Oh San Crispino! Che diavolo ha in corpo quel cane?“ A sessant’anni, con un infarto in agguato non potevo permettermi di fare neanche quattro metri di corsa. Pensai tra me e me: “Con quello che mi è costato, non lo posso lasciare andare..” Mi tirai su le brache, presi il mio “macinino” e inseguii il cane. Con la quarta marcia riuscivo a malapena ad andare a cinquanta chilometri orari. Dopo sette chilometri di rincorsa, scorsi il cane in mezzo alle fratte.

Lo recuperai e ritornai sulla spiaggia, dove era avvenuta la “fuga” e vidi elicotteri, motoscafi e jeep intorno al mio ombrellone. Mia moglie, non vedendo né me, né il cane, si mise le mani nei capelli e disperatamente chiedeva aiuto.

   Mortificati per lo scompiglio creato e stanchi per la concitata avventura, tornammo a casa, lasciando i bagnini al loro lavoro ed i villeggianti ad abbronzarsi mentre si raccontavano la nostra disavventura.

   Da quel giorno l ’ uragano Spike si placò, trascorrendo una vita serena e noi, da allora in poi, lo portammo sempre al guinzaglio.  

 

 

                                                                Giancristofaro Fabio 

        


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