Le strutture essenziali dei mulini operanti sotto
la dominazione veneziana sono rimaste sostanzialmente immutate per secoli.
Lo schema tecnico portante è lo stesso dei mulini medioevali, che, a
loro volta, avevano ripreso quello più antico descritto da Vitruvio.
Già i Romani, infatti, avevano risolto il problema fondamentale di trasmettere
il movimento dalla ruota verticale alla macina orizzontale con l'inserimento
di un gioco di ingranaggi, però questa invenzione si diffuse solo dopo
l'VIII secolo.
I mulini trevigiani sfruttavano le acque dei numerosi fiumi di risorgiva presenti
nel territorio, ma avevano anche bisogno di complesse opere di canalizzazione
e di arginatura per assicurare alla macchina un apporto costante di energia.
Le opere di canalizzazione
I mulini trevigiani si possono dividere in due categorie ben distinte:
- la prima è quella
che sfrutta direttamente l'acqua del Sile con mulini disposti a
cavaliere del fiume con ruote da ambo i lati;
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- la seconda è quella che utilizza la corrente di rami secondari con mulini disposti di fianco in modo da prendere l'acqua da un lato dove vengono poste le ruote. | ||
Questi ultimi hanno bisogno di importanti opere di canalizzazione: la prima è la rosta, un argine più o meno ampio a seconda della necessità, che convoglia la corrente fin sotto la ruota. | ||
Quella del mulino di Cervara era la più lunga (300 pertiche). La rosta è abbastanza ampia da permettere il passaggio di persone e animali e ai suoi lati si impiantano alberi (di solito salici e ontani) che con le loro radici la rendono più sicura. La sua manutenzione spetta al mugnaio che deve controllare che la ruota non trovi mai intoppi, per esempio erbe, che ne riducano la velocità. | ||
La gora e le bove
Per far funzionare al meglio i mulini ad impianto
fisso, occorre trattenere
l'acqua prima che giunga sotto la ruota, convogliandola in un condotto inclinato
e stretto in modo che ne vengano aumentate la caduta e la forza diretta contro
le pale.
Allo scopo vengono costruite sul fondale della gora
( la fossa che conduce l'acqua al mulino) delle condotte in legno o, raramente,
in muratura, che, assieme ai sostegni della ruota, costituiscono la parte esterna
dell'impianto, il "molin de fora".
La gora viene incassata nel "perfil"
del mulino, cioè in una serie di pali di rovere disposti sul suo letto
in posizione obliqua e rafforzati con sassi e ghiaia.
Attaccata al "perfil", in posizione più bassa, sotto la ruota
e orizzontalmente, c'è la "cuna",
praticamente la continuazione della gora dopo la caduta dell'acqua.
Tutte le strutture in legno immerse servono da supporto a quelle che emergono
e che sostengono la ruota e le bove
(paratoie di legno) che regolano l'afflusso dell'acqua e che vengono sollevate
e abbassate da un piccolo argano, il "mulinello".
La ruota , il fuso e gli ingranaggi
La ruota ha il compito di trasformare
la forza idrica in energia dinamica.
Le ruote del Sile sono tutte a pala, sono sempre verticali, perché girano
su di un asse disposto orizzontalmente, il fuso,
costituito da un lungo palo di rovere, alle cui estremità sono fissati
i mozzi in ferro.
All'altezza della "cuna" il fuso presenta
sei fessure rettangolari in cui si incastrano sei robusti assi rettangolari
di rovere, che formano i raggi della ruota.
Le pale sono tavolette di legno di larice, fissate
ai due cerchi della ruota nella stessa direzione dei raggi.
Il fuso è il pezzo di maggior valore, essendo costituito da un tronco
di ottimo rovere.
Il fuso della ruota entra nel mulino attraverso un apposito foro aperto nella parete e va ad appoggiarsi su una pietra concava, sotto il piano delle macine, nel cosiddetto "molin de sotto". In questa parte del mulino trovano ospitalità gli ingranaggi (lo "scudo" o lubecchio e l'"inzegnon" ) che permettono alla forza dinamica di passare dal piano verticale a quello orizzontale.
Le macine
Le due macine sono la
parte più importante
del "molin de sora";sono sempre in coppia
a forma di disco: una è ferma, giacente, con un foro al centro che permette
il passaggio all'albero del mulino; l'altra gira sempre sul suo asse, è
chiamata perciò anche "corrente", e presenta un foro al centro
da dove vengono introdotti i cereali.
La qualità delle macine è legata al tipo di pietra con cui sono
state sbozzate. Di solito, nei mulini del Sile, la macina girante viene chiamata
"bressana", perché proveniente
dal territorio bresciano; mentre quella giacente è detta "recoara",
perché sbozzata nelle cave del Vicentino; un terzo tipo è la "furlana".
Le macine di Brescia e del Friuli sono più preziose: lo testimonia il
cerchio di ferro che ne cinge la circonferenza.
Del diametro di 1,2 metri e del peso anche di 4000 libbre, le macine sono l'elemento
più costoso di tutto l'impianto, per questo vengono sempre tenute in
perfetta efficienza dal proprietario.
Le mole prendono il nome anche dal tipo di cereale che macinano: ne esistono
"de bianco" e "de zalo", a seconda che macinino frumento
o mais.
Le due facce interne delle mole non sono piani perfettamente levigati e paralleli
tra loro: la faccia della giacente è leggermente convessa, mentre quella
del "corrente" è concava. Delle scanalature facilitano la fuoriuscita
della farina e permettono l'ingresso dell'aria che raffredda i due palmenti
durante la macinazione.
Lavorando di continuo, le due macine possono diventare completamente lisce senza
più riuscire a ridurre il grano in farina. Per evitare questo inconveniente,
ogni settimana si deve procedere alla battitura della mole usando martelli speciali
con le estremità a punta o a scalpello.
Il lavoro necessario per riapprestare macine da grano richiede almeno una giornata
per palmento .
La cassa e la tramoggia
La cassa di legno a forma di tamburo
che racchiude le due macine si chiama mezal; essa
serve
per impedire alla farina di uscire dai bordi delle macine.
Sopra la cassa si trova la tramoggia, una scatola
di legno a forma di piramide rovesciata, che serve a introdurre il grano nel
foro della "corrente" con un flusso regolare. Questa è agganciata
ad una "stanga", una trave parallela al
piano delle macine e infissa sulle pareti del mulino.
Sul lato inferiore della tramoggia è legata la "caziola",
una tavoletta bordata sui tre lati, che serve a convogliare ordinatamente tutti
i chicchi dentro il foro della mola.
Dalla tramoggia pende anche una campanella che suona quando il grano sta per
finire e bisogna aggiungerne .
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