Tradotto dal Gruppo SHIFTE-I | [ Paolo Piana (p.piana@ulm.it)] |
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Versione 1.1 | 01 Settembre 2002 |
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Mantieni la velocità,
lascia che il terreno salga e colpiscilo.
-- Modo di dire aeronautico
In questo capitolo si tratta dell'uso del trim, di come l'aeroplano risponda alle variazioni (od ai tentativi di variazione) dell'angolo d'incidenza e di come si possa uscire da una spirale in picchiata.
Per controllare l'assetto, la tecnica di pilotaggio convenzionale consiste nello spingere o tirare la barra finché l'aeroplano esegue ciò che si desidera, quindi si agisce sul trim per azzerare lo sforzo sulla barra, così "suggerendo" all'aeroplano quale sia il comportamento da tenere al momento.
Consideriamo le cose un po' più da vicino. Quale aspetto del comportamento dell’aereo dovrebbe dunque essere "ricordato" dal trim?
L'ultima ipotesi è di gran lunga la migliore: l'aeroplano viene trimmato per un determinato angolo d'incidenza. Come vedremo, il conoscere questo fatto comporta delle importanti implicazioni in termini di sicurezza. Si trimma per l'angolo d'incidenza!
Come già discusso nella sezione 2.12, in un tipico aereo leggero, l'anemometro è ciò che maggiormente si avvicina ad un indicatore dell'angolo d’incidenza, dunque per pesi e fattori di carico standard, trimmare per una determinata velocità corrisponde al farlo per determinato un angolo d'incidenza.
La stabilità dell'angolo d'incidenza è determinante per un modo di volare corretto. Questa stabilità può essere raggiunta senza necessità di alcuna parte mobile particolarmente complessa; anche un aliante giocattolo di balsa mantiene un determinato angolo d'incidenza. Per vedere come vanno le cose, iniziamo a considerare le forze che agiscono sulla bilancia illustrata nella figura 6.1.
Figura 6.1: Uno stato di equilibrio insensibile alla pioggia
Nella parte superiore della figura vediamo una semplice bilancia con due secchi d'acqua. Ogni secchio contiene quattro pollici d'acqua. Il secchio sulla destra ha un diametro doppio dell'altro, pertanto contiene il doppio dell'acqua rispetto al sinistro. Siccome il secchio più piccolo è posto ad una distanza doppia rispetto al perno, i momenti indotti dai due secchi risultano uguali ed opposti, pertanto si equilibrano l'un l'altro.1
Ora consideriamo cosa accadrebbe qualora una certa quantità di pioggia venisse a cadere sulla bilancia. La nuova situazione è illustrata nella parte inferiore figura 6.1. In entrambe i secchi, il livello dell'acqua è salito di un pollice, diciamo del 25% sul totale. Il sistema rimane in equilibrio.2
Ora proviamo a modificare lo stato della bilancia, come illustrato nella figura 6.2. La condizione iniziale è illustrata nel riquadro superiore. Questa volta, il secchio più piccolo, sulla sinistra, è riempito solo per un pollice, mentre quello più grande sempre di quattro pollici d’acqua. Per equilibrare la situazione, il secchio più grande deve essere portato più vicino al perno -- quattro volte più vicino di quanto fosse in precedenza e pertanto otto volte più vicino del secchio minore.
Figura 6.2: Uno stato di equilibrio sensibile alla pioggia
Consideriamo cosa accade quando piove su questo nuovo allestimento. Di nuovo, il livello dell'acqua sale di un pollice in entrambe i secchi. Questo corrisponde ancora ad un aumento del 25% per il secchio di destra, ma questa volta del 100% nel secchio di sinistra. La stessa aggiunta d'acqua ottiene pertanto effetti diversi. Il sistema non è più in equilibrio e la bilancia cade verso sinistra.
Ci si può chiedere cosa mai tutto ciò abbia a che fare con gli aeroplani. Bene, questo tipo di ragionamento è esattamente quanto ci serve per spiegare la stabilità dell'angolo d'incidenza di un aeroplano. La situazione è illustrata nella figura 6.3.
Figura 6.3: Un aeroplano sensibile alla variazione dell'angolo d'incidenza
Nel riquadro superiore, l'aereo sta volando livellato in aria calma. L'ala sta volando con un angolo d'incidenza normale per la crociera (quattro gradi), mentre la coda lo sta facendo con un angolo d'incidenza molto inferiore (solo un grado). Questa è un'analogia con i due secchi, l'uno con quattro pollici d'acqua, l'altro solo con uno.3
I momenti sono in equilibrio, poiché, anche se la coda sta "riposando" (ovvero sta producendo una portanza inferiore a quella di cui sarebbe capace), la stessa viene a trovarsi molto, molto più lontana dal punto di equilibrio. Si può controllare l'equilibrio in termini matematici: la coda possiede un coefficiente di portanza pari ad un quarto ed una superficie pari alla metà, ma dispone di un braccio di leva otto volte superiore, pertanto i momenti si annullano.
Il riquadro inferiore della figura 6.3 mostra quanto accade se l'aeroplano incontra un'ascendenza. A causa di quest'ultima, il vento relativo non arriva più esattamente di fronte, ma da una direzione più bassa di un grado rispetto all'orizzonte. Nel primo istante in cui l'aereo entra nell'ascendenza l'assetto non cambia (non ne avrebbe avuto il tempo) pertanto, almeno per un attimo, sia la coda sia l'ala avranno volato con un angolo d'incidenza di un grado superiore al precedente; rispettivamente due e cinque gradi. Questo rappresenta un incremento del 100% per la coda, ma solo del 25% per l'ala. Questo provoca un momento picchiante. L'aereo tenderà a picchiare verso l'ascendenza. Il bilancio dei momenti sull'asse di beccheggio ritornerà all'equilibrio solo quando l'angolo d'incidenza originario sarà stato ripristinato.
Lo stesso ragionamento si applica a qualsiasi altra situazione in cui l'aereo si trovi a volare con un angolo d'incidenza differente da quello per il quale è stato trimmato. Qualsiasi incremento o riduzione dell'angolo causerà un effetto sproporzionato sulla coda . L'aereo assumerà un assetto picchiato o cabrato fintantoché sarà ristabilito l'angolo d'incidenza trimmato.
La stabilità dell'angolo d'incidenza risulta da questo semplice principio: "quanto sta dietro vola con un angolo d'incidenza inferiore a quanto sta davanti". I progettisti di aeroplani utilizzano una definizione particolare per qualsiasi situazione in cui due superfici aerodinamiche hanno angoli d'incidenza differenti, si parla di decalage,4 dal termine francese per "variazione" o "disassamento"5. Quanto più grande sarà questo "decalage" fra ala e coda, tanto più vigorosamente l'aeroplano si opporrà ad ogni tentativo di modificare il suo angolo d'incidenza “preferito”.
Questa proprietà di un aereo di poter essere trimmato per un particolare angolo d'incidenza è davvero unica e non è condivisa da altre strutture cosiddette "aerodinamiche", come ad esempio le freccette (darts), le vere frecce o le bombe. Queste non possono essere trimmate per un angolo d'incidenza diverso da zero. Se si lascia cadere una bomba da una grande altezza, questa (con un'ottima approssimazione) si avviterà puntando direttamente in basso e scenderà essenzialmente con la maggiore velocità possibile per un oggetto delle sue dimensioni e peso. Per contro, una tipica costruzione aeronautica in un tipico volo planato si sposta orizzontalmente di dieci (o più) metri per ogni metro di caduta. La sua velocità all'aria risulta di dieci volte inferiore alla velocità massima prevedibile per un oggetto dello stesso peso e dimensioni, mentre la velocità di caduta è almeno centinaia di volte inferiore alla stessa velocità massima, o terminale.
Se si riduce l'entità della resistenza sulla bomba, questa cadrà più velocemente. Se si riducono le resistenze di un aereo, questo sarà in grado di scendere più lentamente.
Non lasciatevi dire da nessuno che la coda in un aeroplano funziona "proprio come" le penne su una freccia.
Consideriamo cosa accade ad un aeroplano che possiede un decalage insufficiente. E' assolutamente semplice creare una simile situazione, violando il limite posteriore del centraggio dell'aeroplano. Supponiamo di star trasportando un gruppo di paracadutisti corpulenti. Supponiamo che all'inizio il carico rientri nei limiti del centraggio, ma che poi i parà si portino uno alla volta verso il fondo della cabina. Man mano che il peso si accumula nella parte posteriore dell'aereo, il baricentro si sposta all'indietro ed il pilota lo deve contrastare con un trimmaggio sempre più a picchiare. La coda deve volare con un angolo d'incidenza sempre più grande per contrastare l'aumento di peso là dietro. Alla fine, si arriverà al punto in cui la coda e l'ala staranno volando allo stesso angolo d'incidenza -- senza alcun decalage. A questo punto l'aereo non cadrà necessariamente subito giù dal cielo, ma bisognerà prestare attenzione.
L'aeroplano non avrà più alcuna stabilità dell'angolo d'incidenza e non manterrà la sua velocità trimmata. (vi sono molte situazioni che possono alterare l'angolo d'incidenza, come ad esempio (a) un'ascendenza, come mostrato figura 6.4, in analogia con quanto detto in precedenza, oppure (b) una variazione di velocità, che causa una perdita di portanza, con una relativa variazione dell'angolo d'incidenza, come discusso nella sezione 5.2.) In questa situazione, se pensate di avere l'aereo trimmato per 180 Km/h ed un angolo d'incidenza di quattro gradi, sareste nelle stesse condizioni volando a 360 Km/h ed un grado d'angolo d'incidenza di un solo grado, oppure a 90 all'ora ed un angolo tale da stallare la macchina!
Figura 6.4: Baricentro troppo indietro
In una simile condizione, bisognerà prestare molta attenzione all'angolo d'incidenza. Sarà necessario intervenire costantemente per prevenire che la velocità oscilli verso valori pericolosamente elevati o bassi -- oltre la VNE o sotto la VS -- che potrà portare verso un cedimento strutturale in volo od un pericoloso stallo. Tutto questo è l’esatto contrario di quanto avviene su di un aereo normale, con una normale stabilità dell’angolo d'incidenza, che tenderà a mantenere quest'ultimo (e pertanto una velocità pressoché costante) in modo del tutto spontaneo.
Un aereo con il carico troppo spostato all'indietro non solo è più soggetto allo stallo di un aereo normale, ma lo stesso stallo sarebbe il peggiore che mai si possa immaginare. In uno stallo normale, solamente l'ala stalla, mentre la coda continua a volare normalmente. Il muso dell'aereo tende quindi a cadere e la ripresa dallo stallo inizia spontaneamente. La pressione in avanti sulla barra aiuta le cose a succedere. Ma nel nostro aereo sbilanciato all'indietro, la coda sta volando allo stesso angolo d'incidenza dell'ala. E' perfettamente possibile che la coda stalli per prima. Quando questo accade, il muso tenderà a sollevarsi! Questo garantisce che anche l'ala stalli poco dopo che lo ha fatto la coda. Ora avrete un aereo con sia l'ala, sia la coda stallate. Spingere avanti sulla barra non potrà che stallare ulteriormente l'aeroplano. Questa non è assolutamente una bella situazione.
A questo punto i parà non si faranno dire due volte di saltare giù dall'aereo. Dopo di questo potrebbe essere possibile riprendersi dallo stallo.
In un aereo con il baricentro troppo spostato posteriormente, lo stallo non è l'unica evenienza di cui preoccuparsi. Con altrettanta facilità, la velocità potrebbe salire a valori molto elevati, tali da portare ad un cedimento strutturale.
La morale della storia: non pasticciare con l'inviluppo di peso e centraggio. I costruttori dell'aeroplano hanno eseguito approfondite prove ed analisi, quindi hanno potuto definire il centraggio più ampio possibile, che è riportato sul Manuale Operativo del Pilota.
Ora prendiamo in considerazione quanto accade quando il baricentro si trova nel mezzo dell'inviluppo permesso. Supponiamo che abbiate a bordo un altro gruppo di passeggeri (poiché i paracadutisti della scena precedente non intendono più volare con voi, anzi si sono dedicati ad intrecciare cestini di vimini).
Di nuovo, supponiamo che il baricentro si trovi dapprima nel mezzo dell'inviluppo di centraggio, come già illustrato nella figura 6.3. Ora, mettiamo che alcuni dei passeggeri si spostino per qualche ragione verso la parte anteriore della cabina. La coda avrà un peso inferiore da sopportare. Se non si fa nulla, il muso si abbasserà e la velocità tenderà ad aumentare. Il vostro primo impulso sarà di mantenere la quota e la velocità tirando indietro sulla barra. Se i passeggeri tornassero improvvisamente al loro posto, sareste in grado di rilasciare immediatamente la trazione sulla barra. Ma immaginiamo che rimangano davanti.. Invece di mantenere la trazione sulla barra, di certo alleviereste il peso di questa dando un po' di trim a cabrare.
Quando il baricentro si sposta gradualmente in avanti, è necessario dare sempre più trim a cabrare, per mantenere l’angolo d’incidenza desiderato. Ad un certo punto il baricentro verrà a trovarsi più avanti del centro di portanza dell’ala, quindi la coda dovrà fornire una quantità di portanza negativa per equilibrare i momenti, come illustrato figura 6.5. Non c’è nulla di sbagliato in questo, di fatto la maggior parte degli aerei vola con una deportanza in coda per la maggior parte del tempo.
Figura 6.5: Baricentro moderatamente in avanti, scarico della coda
L’ala dovrà generare una portanza sufficiente a sopportare l’intero peso dell’aereo, più un piccolo extra per superare la forza verso il basso della coda. (Sia le forze sia i momenti sono in equilibrio.) Per contro, questo implica che l’ala produca un poco più di resistenza indotta, ma la perdita in prestazioni è così piccola che normalmente non viene apprezzata.
Il decalage sarà sempre sufficientemente grande da garantire un’abbondante stabilità dell’angolo d’incidenza. Questo si può vedere dalla figura.
Alcuni hanno l’errata impressione che, perché l’aeroplano risulti stabile, la coda debba sempre volare con un angolo d’incidenza negativo. Questo non è assolutamente vero. La vera regola è che quanto sta dietro deve con un angolo d’incidenza inferiore a quanto sta davanti. Se l’angolo è talmente basso da diventare negativo, va bene lo stesso, ma questo non è sempre necessario.
La quantità di stabilità di cui si dispone dipende dall’angolo d’incidenza della coda in relazione a quello dell’ala e non in relazione allo zero.
Una divertente conseguenza del decalage riguarda il centro di superficie ed il centro di portanza dell’aeroplano. Per trovare il centro di superficie in modo non matematico, bisogna realizzare un disegno in pianta dell’aeroplano (su un foglio di carta abbastanza rigida). Si ritaglia quindi lo sfondo, lasciando solo la sagoma dell’aeroplano e si ricerca il punto di bilanciamento. Questo punto sarà il centro di superficie.
La procedura matematica coinvolta è una generalizzazione di quella che si utilizza per calcolare la posizione del baricentro. Vari esempi di questa regola includono:
Tutte le distanze in questi calcoli sono dunque misurate da un punto scelto arbitrariamente, detto appunto di riferimento. (la scelta di questo punto non è influente, poiché si utilizza il medesimo per tutte le misure.)
In volo stabilizzato, l’aereo deve essere in equilibrio. Tutti i momenti si devono annullare a vicenda, come discusso nella sezione 19.7. Vi sono molti modi in cui possono insorgere dei momenti sull’asse di beccheggio; un esempio estremo è illustrato dalla figura 6.6. Il motore è montato in alto su un pilone, soluzione comunemente adottata negli idrovolanti. In particolare, la spinta viene generata un poco più in alto rispetto a dove si genera la resistenza. Ciò significa che abbiamo due forze ed un braccio – ovvero un momento.
Figura 6.6: La spinta non allineata con la resistenza genera un momento
Figura 6.7: Il peso non allineato con la portanza genera un momento
Il modo più ovvio di annullare questo momento è di avere il centro di portanza (riferito all’intero aeroplano) leggermente sfalsato rispetto al baricentro (sempre dell’intero aeroplano). Questo causa un momento picchiante – una coppia sull’asse di beccheggio – come mostrato nella figura 6.7.
L’entità del momento causato dal non allineamento fra trazione e resistenza dipende dalla quantità di potenza applicata. In particolare, aprendo la manetta, un idrovolante di questo tipo tenderà a picchiare e ad accelerare; sarà necessario tirare la barra e/o dare molto trim a cabrare per compensare la situazione. Questo tipo di comportamento non è certo molto gradevole. I progettisti di aeroplani cercano sempre di minimizzare la presenza di braccia di leva fra trazione e resistenza. Certamente, potendo scegliere, è meglio mettere la trazione leggermente sotto la resistenza, nel qual caso l’applicazione di potenza tende a far cabrare l’aereo ed a ridurre la velocità trimmata.
In ogni caso, il braccio di leva tra portanza e peso (Figura 6.7) è sempre molto più corto se paragonato con quello fra trazione e resistenza (Figura 6.6), poiché il peso e la portanza sono entità più grandi rispetto alla trazione e la resistenza.
Vi sono alcuni altri contributi al bilancio dei momenti sull’asse di beccheggio. Si tenga presente che qualsiasi superficie aerodinamica (anche il portone di una stalla) produce una certa quantità di momento – non solamente portanza. L’entità di questo momento cresce parallelamente all’aumentare dell’angolo d’incidenza, sebbene alcuni profili dimostrino la sgradevole caratteristica per cui il momento non risulta strettamente proporzionale alla quantità di portanza. Cambiando il profilo (ad esempio con la deflessione dei flaps) si modifica l’entità del momento.
I piani orizzontali di coda dispongono di un enorme braccio di leva ed il coefficiente di portanza può essere variato entro un ambito molto vasto. Ciò significa che, agendo sulla barra e/o il trim, il pilota può spostare di parecchio il centro di portanza dell’intero aeroplano. Per contro, questo produce un momento notevole per far fronte alle irregolarità cui si è fatto cenno.
Ripetiamo: il centro di portanza riferito all’intero aeroplano è sempre molto, molto prossimo al baricentro, altrimenti il velivolo non sarebbe in equilibrio.
D’altro canto, a causa della regola del decalage, il centro di superficie si troverà sempre dietro il centro di portanza (e pertanto dietro al baricentro). Questo accade poiché la coda “è pigra” e non contribuisce alla sua parte di portanza. La coda è molto lontana dal baricentro, pertanto dispone di un braccio di leva molto lungo. Ha pure una superficie piuttosto grande, sproporzionata alla portanza che produce. Questa è la ragione per cui il centro di superficie viene a trovarsi dietro al centro di portanza
Per riassumere: il baricentro si trova significativamente più avanti del centro di superficie, non del centro di portanza.
Un altro malinteso, sebbene un po’ meno distante dalla realtà, è il convincimento che il baricentro dell’intero aeroplano debba trovarsi davanti al centro di portanza della sola ala. Questa situazione si genera se la coda diventa deportante. Come abbiamo detto, questo è possibile, ma non necessario.
Qui di seguito si fornisce un esempio esplicito: io ho veramente fatto questo esperimento:
Il modo più facile per determinare se la portanza della coda sia positiva o negativa è quello di osservare la direzione del moto dei vortici di estremità. Questo può essere fatto applicando dei fili che pendano dal bordo di fuga dellequilibratore.
Alcuni velivoli hanno l’ala principale situata posteriormente. La loro stabilità è garantita da un’ala più piccola (detta canard) posta nella parte anteriore. Chi è convinto che “quanto sta dietro debba volare con un angolo d’incidenza negativo” troverà arduo capire come questa configurazione possa funzionare. “Quanto sta dietro” è ora l’ala principale, pertanto deve per forza volare con un angolo d’incidenza normalmente positivo.
In effetti, è possibile costruire tutta una sequenza di velivoli, trasformando gradualmente una configurazione canard in una convenzionale, rimpicciolendo l’ala posteriore ed ingrandendo quella anteriore. Se questo viene eseguito correttamente, in tutti i casi vi sarà della portanza positiva fornita dalla coda, e tutti i modelli saranno stabili – sempre per la stessa ragione.
Seguendo la regola del decalage, quanto sta davanti deve volare con un angolo d’incidenza maggiore. La configurazione a canard viene analizzata figura 6.8.
Figura 6.8: I canard funzionano secondo lo stesso principio
Nella parte superiore dell’illustrazione, l’aereo sta ronzando in aria calma. L’ala principale, posteriormente, sta volando con un normale angolo d’incidenza per la crociera, quattro gradi. Il canard sta volando con un angolo d’incidenza di dieci gradi. L’ala principale, posteriormente, vola con un normale angolo d’incidenza di quattro gradi, mentre il canard vola con un angolo di dieci gradi. Questo sta significare un decalage di sei gradi, che dovrebbe essere abbastanza: tutte le forze ed i momenti sono in equilibrio.
Quindi, come illustrato nel riquadro inferiore, l’aereo incontra un corrente ascendente, che agisce allo stesso modo sia sul canard, che sull’ala principale, aumentando entrambe gli angoli d’incidenza di un grado. Questo costituisce una variazione del 25% per l’ala principale, ma solo del 10% per il canard. L’aereo tenderà quindi a picchiare, come previsto. Il sistema ritornerà in equilibrio solo quando si tornerà all’angolo di incidenza originale (trimmato).
In un aeroplano con configurazione a canard, il baricentro si trova sempre davanti all’ala principale, ma non è questo che crea la stabilità. Il baricentro deve trovarsi al davanti del centro di superficie (compresa la superficie del canard). L’unico modo perché questo accada è che il canard produca una notevole quantità di portanza, sproporzionata alla sua superficie. La prossima volta che avete la possibilità di osservare da vicino uno di questi velivoli, prestate attenzione: noterete che il canard è installato con un angolo di calettamento notevolissimo.6
In quanto il canard deve volare con un angolo di incidenza maggiore rispetto all’ala principale, il suo stallo (del canard) costituisce sempre una preoccupazione nel corso di manovre che comportano un angolo d’incidenza accentuato, ad esempio durante l’atterraggio. Questo spiega perché i velivoli canard tendono ad avere velocità d’atterraggio elevate (con la relativa necessità di piste più lunghe): per atterrare ad una velocità gradevolmente bassa, bisogna avere la possibilità di far volare l’ala principale con l’angolo d’incidenza maggiore possibile; questo comporta la necessità di alcuni compromessi o conformazioni particolarmente complesse.
Il decalage è la caratteristica principale, ma non la sola, a condizionare la stabilità dell’angolo d’incidenza di un aeroplano. I seguenti punti vengono solo brevemente citati, poiché risultano interessanti più per i progettisti di aeroplani che per i piloti.
1.
Nelle manovre durante le quali l’aereo ruota attorno al proprio asse di beccheggio, bisogna prendere in considerazione lo smorzamento dell’assetto, come discusso nella sezione 6.1.8.
2.
La coda vola nel flusso dell’elica, molto di più di quanto faccia l’ala. Questo limita la stabilità, poiché riduce la ripidezza della curva di portanza della coda rapportata all’angolo di incidenza. Ricordiamo che la stabilità dipende dal momento per il fatto che, in occasione di una variazione globale dell’angolo di incidenza, il momento dovuto alla coda aumenta più velocemente di quello dovuto all’ala principale. Pertanto, il flusso dell’elica colpisce la coda allo stesso angolo, indipendentemente di come lo stia facendo il vento relativo, quindi la stabilità risulta ridotta.
3.
La coda vola nel flusso d’uscita delle ali. Nuovamente, questo riduce la stabilità, poiché riduce la ripidezza della curva della portanza della coda rapportata all’angolo di incidenza. L’aria che fluisce dalla parte posteriore dell’ala tende a muoversi in modo rettilineo dal bordo d’uscita, indipendentemente dall’angolo con cui ha incontrato il bordo d’attacco.
Al variare dell’angolo d’incidenza globale dell’aeroplano, le superfici posteriori possono quindi spostarsi dentro o fuori dell’onda generata dalle superfici anteriori. Questo modifica la curva di portanza dello stabilizzatore in un modo che è difficilmente prevedibile dagli stessi progettisti.
Nota: oltre ad influenzare l’entità della stabilità, le modificazioni nel flusso d’uscita delle ali spostano l’angolo d’incidenza ad un nuovo punto d’equilibrio. Sulla maggior parte degli aerei, la deflessione dei flaps abbassa la velocità trimmata, come se si fosse dato un po’ di trim a cabrare. Ciò avviene poiché i flaps deflessi impongono un angolo a scendere al flusso in uscita, che va quindi a colpire la coda. Sarà necessario dare un po’ di trim a picchiare per compensare questa situazione.
Su aeroplani con la coda conformata a “T” come il Piper Seminole, i piani posteriori sono meno influenzati dal flusso in uscita dalle ali, pertanto risulta tipico non aver bisogno di variazioni di trim in seguito alla deflessione dei flaps
4.
Anche la resistenza generata dai flaps può andare ad influire sul trimmaggio. Su di un aereo ad ala bassa, i flaps deflessi tendono a trattenere la parte bassa del velivolo all’indietro, forzando il muso a picchiare. Questo cancella parzialmente l’effetto sulla coda del flusso d’uscita dell’ala, più sopra menzionato.
Per contro, su di un aereo ad ala alta, la resistenza dei flaps tende a trattenere indietro la parte superiore dell’aeroplano, quindi forzando il muso a cabrare. Questo si aggiunge al predetto effetto del flusso in uscita dall’ala. Quindi c’è da aspettarsi che gli aerei ad ala alta necessitino di maggiori variazioni di trim secondarie alla deflessione dei flaps.
Se ci si stabilizza in volo livellato a 160 Km/h e si estendono gradualmente7 i flaps (senza toccare né manetta né trim), ci si possono attendere le seguenti variazioni nella velocità trimmata:
|
Cherokee |
Cessna 152 (2200 giri) |
Prima tacca |
9 Km/h |
18 Km/h |
Seconda tacca |
18 Km/h |
45 Km/h |
Terza tacca |
scarsa |
9 Km/h |
Totale |
27 Km/h |
72 Km/h |
In un Cessna152, l’estensione dei flaps con il motore a basso regime necessita di una minore variazione di trim, pertanto, nell’utilizzo corrente, non si avrà a che fare con le grandi variazioni illustrate nella tabella. D’ogni modo, al momento di una riattaccata, si avranno al tempo stesso potenza massima e flaps completamente estesi, pertanto una velocità trimmata pericolosamente bassa (all’incirca 81 Km/h di indicata). Attenzione dunque alle brutali richiamate nelle riattaccate! Lo Skyhawk (Cessna 172) e lo Skylane (Cessna 182) si comportano male allo stesso modo del Cessna 152.
5.
In una virata accentuata, l’angolo d’incidenza trimmato diminuirà leggermente, poiché le rotazioni non sono commutative, come discusso nella sezione 19.6.5.
6.
Il disco dell’elica davanti all’aeroplano riduce la stabilità, poiché il modo in cui il flusso aerodinamico attraversa il disco varia con l’angolo d’incidenza. (Le eliche spingenti aumentano la stabilità)
7.
L’ala a profilo positivo riduce la stabilità. Per contro, è possibile realizzare un’ala che non necessita di una coda per essere stabile, se si dà sufficiente profilo negativo; questo artificio viene utilizzato nei velivoli “tutt’ala”.
8.
Il coefficiente di forma di una superficie aerodinamica influenza la sua curva della portanza in relazione all’angolo di incidenza. Si ottiene maggiore stabilità da un’ala corta e spessa ed uno stabilizzatore lungo e sottile.
9.
L’angolo di freccia delle ali influisce sulla curva della portanza rapportata all’angolo d’incidenza.
10.
L’effetto-suolo modifica ogni cosa. Questo è importante, poiché è assai desiderabile che l’aereo si comporti bene durante il decollo e l’atterraggio, non solo durante la crociera.
11.
Come discusso nella sezione 6.1.7, i progettisti possono utilizzare molle e/o contrappesi per spostare leggermente l’aereo dal suo punto di trimmaggio puramente aerodinamico.
Riassumendo: il decalage è la via principale per creare una stabilità dell’angolo d’incidenza. Gli altri effetti menzionati in questa sotto-sezione determinano di quanto decalage vi sarà bisogno.
In aggiunta alle influenze puramente aerodinamiche discusse nella sezione 6.1, alcuni aerei dispongono di apporti non-aerodinamici. S’immagini un aereo che non risulti perfettamente trimmato da un punto di vista strettamente aerodinamico, tanto che si debba applicare una pressione sulla barra. Ora s’immagini di alleviare questa pressione con una molla connessa alla barra. L’aereo sarà ora trimmato in un senso più esteso. Risulta trimmato approssimativamente, ma non esattamente, per un dato angolo d’incidenza. Questo avviene poiché ad una velocità più elevata, la forza aerodinamica sulla barra risulterà superiore e vincerà la resistenza della molla, modificando così l’angolo d’attacco.
I progettisti possono anche utilizzare dei contrappesi per spostare leggermente l’aereo dal suo punto di trimmaggio aerodinamico. Questo porta l’angolo d’incidenza a dipendere sia dal fattore di carico, sia dalla velocità all’aria. I progettisti cercano generalmente di ideare un aeroplano che possa essere trimmato solo per via aerodinamica, ma talvolta l’adozione di molle e/o contrappesi costituisce un espediente per creare una “sensazione di controllo” accettabile.
Consideriamo che cosa accade durante una manovra in cui l’aeroplano stia ruotando attorno all’asse di beccheggio. Queste manovre includono i looping, le “fugoidi” (come discusso nella sezione 6.1.12) e le virate accentuate. Si noti che per ogni angolo di inclinazione superiore ai 45°, la virata comporta una rotazione maggiore sull’asse di beccheggio che su quello di imbardata.
Figura 6.9: Smorzamento dell’assetto
La Figura 6.9 mostra il comportamento del vento relativo durante una manovra a cabrare. L’angolo di incidenza della coda aumenta rispetto a quello dell’ala. L’effetto aerodinamico è simile a quello che si otterrebbe dando un po’ di trim a picchiare. Ovvero, l’aeroplano desidera volare ad un angolo d’incidenza inferiore di quanto farebbe in una situazione simile, ma senza cabrata. Questo effetto porta il contributo principale allo smorzamento dell’assetto. E’ utile, poiché fa sì che le oscillazioni delle “fugoidi” si smorzino dopo pochi cicli, ma per contro, rende le spirali “funebri” un poco più pericolose.
Terminiamo la nostra discussione sull’andamento dei momenti delle forze sull’asse di beccheggio, considerando che cosa accade se il baricentro è spostato troppo in avanti. L’aeroplano della figura 6.10 porta un peso eccessivo nel vano di carico anteriore. Perché i momenti siano in equilibrio, la coda deve volare con un angolo di incidenza spiccatamente negativo.
Figura 6.10: Baricentro troppo in avanti
In questa situazione, il problema non è la stabilità. Il velivolo possiede un notevole decalage e risulta pertanto ampiamente stabile. Se la situazione non è troppo estrema, l’aeroplano risulterà pilotabile fin quando sarà il momento di sollevare il muso per la richiamata in atterraggio. Quando si tirerà sulla barra, la coda andrà in stallo. Questa è la situazione speculare rispetto allo stallo convenzionale; la coda stalla poiché il suo angolo d’incidenza diviene troppo negativo. Più la coda è stallata, meno deportanza produce. Il muso dell’aeroplano scatterà giù come una trappola per topi.
Questo può avvenire ogni qual volta si eccedano i limiti anteriori dell’inviluppo del centraggio; non pensiate di essere in regola solo perché non avete letteralmente messo delle incudini nel bagagliaio anteriore.
Alcuni aerei hanno delle restrizioni molto drastiche in fatto di baricentro. I Beechcraft Sundowner ed i Bonanza con la coda a V sono chiari esempi in proposito; un Sundowner con i soli piloti ed il pieno di carburante risulta molto oltre il limite anteriore dell’inviluppo del centraggio. La soluzione corretta è quella di ricorrere alla zavorra. Per il Sundowner è tipicamente sufficiente una zavorra di 20 Kg messa nella parte posteriore del portabagagli.
Una volta conoscevo della gente a cui piaceva pilotare il Sundowner, ma a cui non piaceva preoccuparsi della zavorra; si lamentavano del fatto che l’aereo era complicato da manovrare in richiamata e si chiedevano perché mai dovessero ricorrere almeno ogni due mesi all’officina per riparare il carrello anteriore. L’aeroplano andò distrutto in un crash, pertanto il loro problema è stato completamente rimosso.
La zavorra può apparire poco tecnologica, ma fa bene il suo lavoro. Raccomando di utilizzare come zavorra una tanica piena d’acqua. In questo modo, se si ha bisogno della zavorra nel volo di andata, ma si deve disporre della capacità di pieno carico nel volo di ritorno (soddisfacendo ai requisiti di centraggio con il bagaglio ed i passeggeri nei sedili posteriori) è sufficiente svuotare l’acqua e tenere la tanica vuota; con altri tipi di zavorra bisognerebbe preoccuparsi di dove lasciarla o recuperarla.
Ecco uno sporco trucco che vi può salvare il collo in un’emergenza. Se vi succede di atterrare con un aeroplano con il muso troppo pesante, utilizzate la tecnica per i campi non compatti. Ovvero, mantenete un poco di potenza durante la richiamata: il flusso dell’elica sulla coda vi garantirà un poco più di autorità nel controllo e ne ritarderà lo stallo. D’altro canto, se si è sufficientemente brillanti da fronteggiare questa situazione, si dovrebbe essere altrettanto brillanti nel caricare correttamente il velivolo, in modo che questa situazione non venga a verificarsi.
Vi sono molti modi di violare i limiti dell’inviluppo del centraggio. Come discusso in precedenza,
Ulteriori cose di cui preoccuparsi includono:
All’equipaggio di un aereo di linea viene richiesto di controllare il peso ed il centraggio in dettaglio per ogni volo. In pratica, i piloti dell’aviazione generale spesso si basano su situazioni paradigmatiche. Ad esempio, io so che su uno dei velivoli che volo abitualmente, con due piloti (di qualsiasi taglia ragionevole) ed il pieno di carburante si è abbondantemente entro i limiti, pertanto non ho bisogno di controllare i dettagli.
Se sto volando un aereo che non mi è familiare, od in caso di missioni insolite (come portare tre donne cannone a bordo di uno Skyhawk), allora controllerò il peso ed il bilanciamento con molta attenzione. Ho un programma computerizzato che rende questo compito semplice e veloce.
Come abbiamo visto, è bene che l’aereo dimostri molta stabilità dell’angolo di incidenza; questo è relativamente facile da ottenere.
Infatti, il desiderio dell’aeroplano di ritornare al suo angolo d’incidenza trimmato è talmente forte, che in genere ritorna troppo in fretta ed oltrepassa la misura. Per dirla in termini un poco più tecnici, gli aeroplani essenzialmente non hanno mai tanto smorzamento sufficiente sull’asse di beccheggio quanto si desidererebbe.
Si può fare un esperimento per conto proprio e con relativa facilità. Trimmate l’aereo per un volo rettilineo e livellato ad una velocità ragionevole. Tirate indietro la barra, finché l’aereo rallenta di circa 20 Km/h, quindi lasciatela andare. L’aeroplano non solo tornerà alla sua condizione trimmata (assetto, velocità all’aria ed angolo di incidenza), ma picchierà ed accelererà in modo eccessivo. Ovviamente, l’aereo stesso “si accorgerà” di questo entro breve tempo, pertanto cabrerà e rallenterà nuovamente – ma sforerà di nuovo nell’altro senso. Questo è illustrato nella figura 6.11. Questi fenomeni sono definiti oscillazioni fugoidi. Dopo pochi cicli le oscillazioni si esauriranno8 e l’aeroplano tornerà alla sua condizione trimmata precedente.
Figura 6.11: Oscillazioni fugoidi
Più il baricentro si sposta in avanti, più si guadagna in stabilità, ma meno efficace risulterà lo smorzamento sull’asse di beccheggio, pertanto le fugoidi risulteranno più marcate
Fortunatamente, le oscillazioni fugoidi sono talmente lente da poter essere facilmente arrestate. Se al punto (1) della figura si picchia per livellare l’assetto, l’aereo sarà alla quota, velocità ed assetto corretti -- e la fugoide sarà finita. Parimenti, se al punto (3) si cabra per livellare l’assetto, la fugoide si interromperà istantaneamente. Se iniziando al punto (2) si livella l’assetto, l’aereo impiegherà un attimo ad accelerare alla sua velocità trimmata, bisognerà mantenere la trazione sulla barra finché ciò sarà avvenuto. Allo stesso modo, iniziando al punto (4) si potrà spingere la barra fin quando l’aereo non avrà rallentato alla sua velocità trimmata.
Di primo acchito, questa procedura può risultare poco intuitive, pertanto è bene provarla per un po’ di volte. Si veda anche la sezione 10.6.2 per una discussione generale su come riconoscere le oscillazioni e come contrastarle.
Ci si può attendere l’insorgenza di una fugoide ogni qualvolta la velocità o l’assetto dell’aeroplano vengono alterati dalla condizione trimmata di equilibrio. Una brusca azione sui comandi la causerà certamente. Inoltre, se si rilasciasse il controllo dei comandi, una serie di correnti ascendenti o discendenti potrebbe facilmente innescare una fugoide (se non si fa attenzione all’assetto). Questo comporta delle escursioni di quota e di velocità più ampie di quelle che vi sarebbero state se fosse si fosse mantenuto un assetto livellato.
Il 19 Luglio del 1989, il motore n° 2 di un DC-10 si disintegrò, danneggiando i sistemi idraulici che attivano gli equilibratori.9 I piloti riuscirono a portare la bestia fino all’aeroporto di Sioux City, controllandolo con le sole manette n° 1 e n° 3, gli unici controlli ancora disponibili. Ogni modificazione della potenza provocava alcuni cicli di oscillazioni fugoidi. A questi piloti non era mai stato insegnato nulla a proposito di fugoidi; dovettero quindi affrontarle “sul campo” (così per dire). Il comandante di questo volo, Al Haynes, ha tenuto alcune conferenze raccontando la sua esperienza. Esiste anche un videotape, la cui visione è altamente raccomandabile.
Se vi sembra strano il termine “fugoidi”, avete pienamente ragione. Le origini del termine sono molto divertenti. Apparentemente Lanchester (che fu il primo ad analizzare queste oscillazioni) voleva coniare un nome di fantasia, con origine greche. Partì quindi dal termine inglese “flight”, che però avrebbe sfortunatamente costituito un’omonimia. Da qui, andò a finire sul termine greco per “fleeing” (fuggire) invece di "flying" (volare). La stessa radice “fuge” (fughé) è giunta fino a noi, ad esempio, nei termini “fuggitivo” e “centrifuga”. Così, un termine che doveva significare “oscillazione aeronautica” vuol dire in effetti “oscillazione fuggitiva”. Interessante …
La gente pensa di sapere da che parte è l’alto, ma non è vero. I canali semicircolari nel vostro orecchio interno vi dicono quale è l’alto per alcuni secondi, ma dopo di questo non si può più giudicare senza vedere con gli occhi.
Se potete vedere l’orizzonte, questo vi dice da che parte è l’alto. Se potete vedere la terra sotto di voi, questa vi dice in che direzione state virando. Se avete un orizzonte artificiale ed un indicatore di virata e siete in grado di utilizzarli siete “a cavallo”. Ma supponiamo che stiate volando in nube, o sopra una zona non illuminata in una buia serata con cielo coperto. Se si allontana lo sguardo dagli strumenti, non si può avere idea su da che parte sia l’alto, o da che parte si stia virando.
Prima o poi l’ala si inclinerà e questa inclinazione andrà aumentando abbastanza rapidamente (a causa della tendenza all’accentuazione dell’inclinazione (overbanking),sezione 9.4).
Il risultato viene definito una spirale in picchiata, con l’appropriato nomignolo di spirale funebre. Ad eccezione dell’impatto contro un ostacolo, la spirale in picchiata è praticamente l’unico modo di distruggere inavvertitamente un aeroplano.10
Questa sarà una buona applicazione ed illustrazione di quanto abbiamo appena imparato sulla stabilità dell’angolo di incidenza. La seguente sotto-sezione fornisce un sintetico quadro della situazione; una discussione più dettagliata viene proposta nella sotto-sezione 6.2.3.
Figura 6.12: Le forze in una virata accentuata
Immaginate di aver inizialmente trimmato l’aereo per un volo rettilineo e livellato, diciamo a 180 Km/h. A questo punto entrate inavvertitamente in una virata accentuata. La Figura 6.12 mostra le forze che agiscono sull’aeroplano durante il volo livellato e la virata. Immaginiamo che l’aereo pesi esattamente una tonnellata. Durante il volo livellato, la forza di gravità diretta in basso viene esattamente cancellata dalla portanza prodotta dalle ali, che deve dunque essere pari ad una tonnellata.
Nella virata, invece, le ali devono produrre forza sufficiente non solo per sopportare il peso dell’aereo (verticalmente), ma anche per cambiare la direzione del moto dell’aeroplano (orizzontalmente). Le forze in gioco possono essere cospicue. In una virata a 60° sono necessarie due tonnellate di portanza, mentre in una virata a 75° sono necessarie quasi quattro tonnellate, come mostrato nella figura 6.13.
Figura 6.13: Le forze in una virata molto accentuata
Per produrre quattro tonnellate di portanza, l’aereo deve volare all’incirca a 360 Km/h, due volte la velocità trimmata in volo livellato.
Ora immaginiamo che, dopo aver spiralato per un po’, scopriate che cosa sta succedendo. La prima cosa da fare è livellare di nuovo le ali. Questo vi risolve il problema più urgente, ma non vi tira fuori completamente dal pericolo.
Ora pensiamo alla nuova situazione. L’aeroplano sta ancora volando all’incirca a 360 Km/h (rallenterà, ma non ha ancora iniziato a farlo). Il trim è impostato per la crociera. Pertanto le ali stanno ancora producendo quattro tonnellate di portanza. Il problema è serio: in precedenza, si avevano quattro tonnellate di portanza dirette quasi in senso orizzontale e che vi tenevano dentro alla virata. Ora avete quattro tonnellate dirette verticalmente e che vi tirano in un looping! La situazione è illustrata figura 6.14.
Figura 6.14: Uscita da una spirale in picchiata
Si noti che, in acrobazia, un looping eseguito correttamente comporta solo 4 g di carico alla base della figura. Non c’è dubbio che un aereo durante una spirale con un’inclinazione di 75° disponga di un’energia sufficiente per ribaltarsi sul dorso – a meno che si prenda qualche provvedimento, ad esempio una … “fugoide” dall’inferno.
Pertanto, in uscita da una virata accentuata, preparatevi a spingere sulla barra, per prevenire un assetto pericolosamente cabrato.
Le spirali in picchiata costituiscono un argomento veramente importante. Ora che sappiamo come stanno le cose, ritorniamo sull’argomento con maggiore dettaglio.
La prima fase della situazione comporta il trovarsi con un’ala abbassata. Vi sono molte cause per le quali questo può accadere. Se l’aereo non è ben trimmato sull’asse di rollio (forse perché si è consumato più carburante da un serbatoio rispetto all’altro, o forse perché i passeggeri ed il carico non sono distribuiti in modo simmetrico), un’ala può tendere a cadere appena si allentano i controlli. Anche se il trimmaggio è perfetto, la stessa turbolenza può far scendere un’ala.
Avere un’ala abbassata produce tutta una serie di conseguenze11, la prima delle quali è illustrata nella figura 6.15. L’aereo si è appena inclinato da una parte. La velocità è ancora la stessa di prima, semplicemente perché non ha ancora avuto il tempo di cambiare.
Figura 6.15: Conseguenze precoci dell’inclinazione
Vediamo che la componente verticale della portanza non è sufficiente a bilanciare il peso dell’aeroplano. (Confrontate questo disegno con la figura 6.12 o la figura 6.13.) Lo squilibrio delle forze causerà una perdita di quota dell’aeroplano. E’ la stessa cosa dell’”effetto albatross” discusso nella sezione 5.2. Quindi, non appena si sviluppa un’apprezzabile componente di velocità verticale, l’aereo tenderà a picchiare perché “vuole” mantenere il suo angolo di incidenza trimmato12, come discusso nella sezione 6.1.
L’effetto combinato dello smorzamento verticale e della stabilità dell’angolo d’incidenza farà accelerare l’aereo finche il vettore della portanza sia lungo abbastanza, in modo che la sua componente verticale possa bilanciare il peso dell’aereo, come illustrato nella figura 6.12. Il fattore di carico viene definito come il rapporto tra la portanza che l’ala sta effettivamente producendo e la portanza necessaria per un volo non accelerato.
Per dirla ancora in un altro modo, il fattore di carico specifica quanti “g” si “tirano” in una virata costante. Tale fattore cresce in modo esplosivo ad elevati angoli d’inclinazione, come mostrato nella figura 6.16.
Figure 6.16: Fattore di carico rapportato all’angolo d’inclinazione
La velocità trimmata aumenta in modo drammatico, come illustrato nella figura 6.17. In una virata a 60°, l’aeroplano tenderà a mantenere una velocità che è all’incirca il 141% della sua velocità trimmata ad ali livellate. In una virata a 75%, la velocità trimmata è pres’a poco il doppio del normale. In ogni aeroplano che io conosca, partendo da una velocità di crociera e poi raddoppiandola, ci si troverà molto al di là della VNE (velocità “never-exceed”). Questo crea l’immediato rischio di cedimento strutturale, specie se poi si fa qualche fesseria, come ad esempio tirare la barra a cabrare.
Figura 6.17: Velocità trimmata rapportata all’angolo d’inclinazione
La velocità trimmata cresce in proporzione alla radice quadrata del fattore di carico. La ragione è semplice: ricordate (ad esempio dalla sezione 4.4) la formula-chiave:
portanza = (½ r V²) x (coefficiente di portanza) x (superficie alare) (6.1)
Quando si entra in una spirale in picchiata, la superficie alare dell’aeroplano non cambia, la densità dell’aria (r) non cambia ed ancora il coefficiente di portanza13 non si modifica di molto.
Considerate la seguente situazione: si immagini di non essere idonei al volo strumentale e trovarsi a volare in nube od in una notte buia sul deserto. Molto presto si perderà la coscienza di da che parte sia l’alto.
Ad un certo punto ci si accorgerà che qualcosa non va, poiché ci si sente schiacciati nel seggiolino da un anormale carico di “g”. Quattro “g” non potranno certo passare inosservati. Dovreste anche essere in grado di percepire un rumore diverso del vento, mentre l’aereo accelera al doppio della sua normale velocità di crociera. Non si percepirà alcuna sensazione di trovarsi in virata. Anche se sospettate di star virando, non sarete in grado di dire da che parte lo state facendo, senza poter contare su riferimenti esterni o strumenti giroscopici.
A causa della intrinseca tendenza ad aumentare l’inclinazione (overbanking), l’angolo di virata continuerà a salire. La velocità, il rateo di discesa ed il fattore di carico aumenteranno di conseguenza. Non vi sarà alcuna significativa componente di scivolata.
Se ci si trova in una virata non abituale, in condizioni di discesa, la prima cosa da fare è decidere se ci si trova in una spirale in picchiata od in una vite. In una spirale in picchiata la velocità sarà elevata ed in aumento, in una vite la velocità sarà relativamente bassa. Inoltre, la velocità di rotazione in una spirale è molto inferiore, la velocità elevata significa che l’aereo possiede molta quantità di moto e non può quindi virare su una monetina.
Questa è la procedura corretta per uscire da una spirale in picchiata.14
Se si hanno dei buoni riferimenti esterni, si devono certamente utilizzare per ristabilire il livellamento delle ali e quindi l’assetto dell’aeroplano.
Se non si dispone di buoni riferimenti esterni, non bisogna fidarsi dell’indicatore di assetto (orizzonte artificiale). L’indicatore di assetto contiene un giroscopio montato su comuni cardani non infallibili, che possono sopportare una limitata escursione di angoli di inclinazione sui due assi. Una spirale stretta può far facilmente cadere il giroscopio, dopodiché saranno necessari parecchi minuti di volo relativamente rettilineo e livellato perché possa rimettersi in sesto da solo. Gli aerei militari sono dotati di giroscopi a prova di caduta, ma non ci si può aspettare di trovare simili strumenti su uno Skyhawk a noleggio. Pertanto, sarà necessario livellare le ali facendo riferimento all’indicatore di virata. (paletta).15 Il giroscopio di questo strumento non è libero come l’altro, è privo di cardani e non può quindi soffrire del blocco dei medesimi.
Ricordate: per uscire da un assetto inusuale, utilizzate l’indicatore di virata (paletta) per livellare le ali.16 Questo è un buon esempio del tipo di informazioni che si devono ottenere dai libri. Presumibilmente, durante la fase di istruzione non avete mai fatto nulla di così sbagliato da far inceppare l’orizzonte artificiale.
Controllare l’assetto senza far riferimento all’orizzonte artificiale richiede un uso attento dell’anemometro. Nel momento in cui le ali si sono appena livellate, la velocità sarà circa il doppio di quella che dovrebbe essere. Scenderà dapprima lentamente, quindi sempre più in fretta. Il vostro compito è di prevenire che la velocità possa scendere troppo. Scegliete ad esempio un rateo di 10Km/h per secondo e spingete sulla barra tanto quanto basta ad evitare che l’ago dell’anemometro scenda più velocemente di così.
Non preoccupatevi del fatto che spingere la barra possa far dirigere l’aeroplano verso terra. Il velivolo salirà e cabrerà per conto proprio, il vostro compito sarà l’evitare che cabri in modo eccessivo. Ricordate17 la legge dell’otto-volante: 30 metri di guadagno di quota per ogni 20 Km/h di riduzione della velocità – valida al di sotto dei 180 Km/h (sezione 1.2.1). Mentre si rallenta da una spirale ad alta velocità, la maggior parte dell’energia legata alla velocità viene riconvertita in quota. Prima di voler tornare alla propria quota desiderata, attendere quindi che la velocità ritorni entro valori ragionevoli.
Per aiutarsi a controllare l’assetto, si può anche utilizzare l’altimetro. Non appena la lancetta dell’altimetro inizia a salire, bisogna spingere sulla barra per evitare che questo avvenga troppo velocemente.
A meno di essere sicuri della propria confidenza con gli strumenti, non ci si deve fidare troppo del variometro, che possiede degli attenuatori interni tali da renderne talora difficile l’interpretazione.
Ben pochi piloti sono stati addestrati a fronteggiare correttamente una spirale in picchiata. In effetti, il Manuale ufficiale di Addestramento al Volo della FAA (riferimento 21) ancor oggi18 ripete ben quattro volte (alle pagine 65, 187 e 188) che la procedura di uscita dalla spirale in picchiata necessita di una trazione sulla barra. Dice che non bisogna tirare molto, ma comunque non dice che sarebbe meglio spingerla in avanti. Il Manuale di Volo Strumentale della FAA si occupa anche delle spirali in picchiata, senza dare la minima indicazione al fatto che potrebbe risultare necessaria una pressione in avanti sulla barra. La maggioranza degli altri manuali di pilotaggio suggerisce allo stesso modo una procedura scorretta.
Su alcuni aerei, inclusi molti addestratori, la riduzione della potenza porta ad una modificazione a picchiare dell’assetto, che può aiutare nell’uscita, quasi come una piccola spinta sulla barra. Benché ciò possa aiutare, non è detto che sia sufficiente in tutti i casi. La cosa peggiore è che su altri aerei (come riferito nella sezione 6.1.4), al contrario, la riduzione della potenza produce una modificazione a cabrare dell’assetto.
In una spirale non troppo ripida, non è così importante quale procedura d’uscita si utilizzi, ma più le cose si fanno serie, più risulta cruciale utilizzare la procedura corretta.
Consideriamo di nuovo che cosa accade se si adotta la procedura sbagliata. Mentre state ronzando in nube, vi ritrovante in una spirale in picchiata. Livellate allora dolcemente le ali (fin qui, tutto bene). La cosa successive che conoscete è che l’aereo cabrerà verso un assetto a muso spaventosamente alto. Se stiamo parlando di una vera spirale ad alta velocità, l’aereo non tarderà a ribaltarsi sul dorso. Se la spirale fosse stata più moderata, andreste solo incontro ad una scivolata di coda, ad una “Fieseler” od a qualcosa del genere.
Questa è l’ultima cosa di cui avete bisogno. Eravate in una spirale in picchiata, che era già una brutta cosa – ma ora vi ritrovate in un assetto orribilmente inusuale, stallati e/o capovolti, sempre nelle nuvole.
Se si utilizza la procedura corretta, l’uscita dalla spirale in picchiata risulta semplice. Se si adotta una procedura scorretta, può essere molto difficile uscirne.
Se si utilizza la procedura “standard” largamente insegnata e si tira sulla barra, le cose non potranno che andare peggio. Cabrare significa aumentare l’angolo di incidenza e pertanto il coefficiente di portanza. Questo può peggiorare di molto la situazione, per molte ragioni:
La corretta procedura di uscita è piuttosto anti-istintiva. Siccome l’aereo sta scendendo e poiché sta andando troppo veloce, il vostro istinto vi tenterà di sollevare il muso. Il problema è che “l’istinto” dell’aeroplano “gli dice” di fare la stessa cosa – e, se non interverrete, la cabrata sarà eccessiva.
Non dovete prendere le mie parole su quanto accade come il Vangelo. Potete andare su e fare qualche esperimento per conto vostro. Sarà probabilmente il caso che vi portiate un istruttore, ma non è assolutamente necessario se si presta sufficiente attenzione. Provate con lievi inclinazioni, prima di affrontare angoli realmente accentuati.
Iniziate a trimmare l’aeroplano per un volo livellato ad una bassa velocità di crociera, diciamo 180 Km/h e controllate che la zona sia libera. Inclinate l’aereo di 45° e lasciatelo scendere ed accelerare. Lasciate stare la manetta e non esercitate alcuna azione sulla barra. Date ancora alettone per evitare che l’inclinazione diventi superiore a 45° Aspettate alcuni secondi perché la velocità ed il rateo di discesa si stabilizzino, quindi livellate le ali e state a vedere che cosa succede.
Dopo che avete visto che cosa succede con un’inclinazione di 45°, provate a 50°, poi ancora a 55°. Non pensate comunque di superare i 60° senza avere a bordo un istruttore di volo acrobatico. Il margine tra una spirale “interessante” ed una vera emergenza diventa molto esile, come si può vedere nella figura 6.16.
Quando si esce dalle spirali a 55° e 60° il muso sarà di circa 15° sotto l’orizzonte. Se si lascia passare un secondo, l’assetto si sarà livellato. Dopo due secondi l’assetto sarà di 15° sopra l’orizzonte. Dopo tre secondi, sarà di 30° sopra, che è veramente molto. Sarete quindi soddisfatti a questo punto di afferrare i comandi e spingere giù l’aereo verso un assetto più ragionevole.
Ripetere l’esperimento sotto visiera è anche molto edificante.
Normalmente, quando entrate in una virata accentuata, la velocità non aumenta – infatti diminuisce. Questo accade poiché si agisce sul trim e/o si tira sulla barra, provocando un aumento dell’angolo di incidenza. Per contro, la nostra spiegazione della spirale in picchiata, presupponeva che si trattasse di un ingresso in spirale inavvertito, pertanto l’angolo d’incidenza rimane quasi invariato e può anche diminuire leggermente18. Una cosa è certa: le ali devono generare portanza sufficiente per sorreggere il peso effettivo dell’aeroplano (peso reale moltiplicato per il fattore di carico). Se il coefficiente di portanza rimane lo stesso, la velocità deve aumentare; quindi, se la velocità non si modifica, il coefficiente di portanza non può che essere aumentato.
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