Itinerario istruttivo
per ritrovare con facilità tutte le
Magnificenze di Roma
e di alcune città, e castelli suburbani.
Quinta Giornata
Chiesa di s. Andrea della Valle
Prese un tal nome questa magnifica chiesa dalla valle in cui siede; o secondo altri dal palazzo della famiglia
Valle, che è ivi presso. Fu eretta ad istanza di D. Costanza Piccolomini, la quale donò ai chierici regolari
Teatini un palazzo, che quivi aveva, e però fu principiata l'anno 1591. dal Card. Alfonso Gesualdo
Napoletano col disegno di Pietro Paolo Olivieri; e fu seguitata dal Card. Alessandro Montalto, e
poi terminata dal Card. Francesco Peretti suo nipote, col disegno di Carlo Maderno; il prospetto però è del
Cav. Rainaldi. E' notabile, che nel cavare i fondamenti di questo, dalla parte verso Campo di fiore
furono trovate le rovine della curia di Pompeo Magno, ed il Nardini asserisce di averne vedute sotterra
due grosse colonne di marmo. Fabbricolla quivi Pompeo, come diremo nella settima giornata appresso
al suo teatro, acciò in tempo di spettacoli teatrali si potesse per maggior comodità del popolo tenere
Senato in essa: ma in essa fu poi seguita la grande tragedia sopra il fondatore dell'Impero Romano
Giulio Cesare, il quale nel tempo, che vi teneva Senato fu assalito da' congiurati, e con replicate
ferite fu lasciato estinto a pie' della statua di Pompeo; di che sdegnato il popolo abbrugiò la curia, e
poi perseguitò a morte i congiurati.
Questa chiesa oltre la magnificenza della fabbrica, è riguardevole: per le nobilissime cappelle ornate di
marmi, e sculture, ed ancora per le celebri pitture del Domenichino e del Lanfranco: onde per dare piacere
al mio Lettore, principieremo dalla prima cappella a destra incrostata tutta di bellissimi marmi;
evvi sull'altare la Fuga in Egitto scolpita di tutto rilievo da Antonio Raggi; e ne' laterali due depositi
con statue, ed altre sculture opere di Alessandro Rondone; nella seconda cappella similmente tutta
ornata di preziosi marmi col disegno del Buonarroti, si vede sull'altare la ss. Vergine con Gesù Cristo
morto in seno, e due statue laterali tutte di bronzo, ricavate da' modelli del medesimo Buonarroti, ed
ancora sono ammirabili le quattro urne di marmo nero, e le dodici colonne con capitelli e basi di metallo
dorato, ed insieme li due gran candellieri con altri di simil metallo. Il s. Carlo nella cappella, che siegue, è
pittura del Crescenzi, ed il s. Andrea Avellino nella crociata è del Lanfranco, il quale dipinse a fresco la
gran cupola. Il martirio di s. Andrea Apost. e i due laterali nell'altare maggiore, sono del Cav. Mattia
Calabrese; i due però posti sopra gli archi uno è del Cignani, e l'altro del Tarsi Bolognese, e tutte le
pitture sopra del cornicione, e nelli spartimenti della gran tribuna, ed ancora i quattro Evangelisti sotto
la cupola sono opere, celebri e stupende del gran Domenichino. E' notabile ancora la penultima
cappella dedicata a s. Michele Arcangelo per essere tutta ornata di marmi preziosi, ma di pitture
solamente vi è il s. Principe colorito dal Cav. Cristofano Roncalli; l'ultima poi è ornata di marmi, pietre
dure, e varie sculture, e dove è la piccola cappelletta di s. Sebastiano, si crede da molti, che
corrispondesse la chiavica, di dove il corpo del s. Martire fu levato dalla s. Matrona Lucina:
perciò il Card. Maffeo Barberino, che poi fu Papa Urb. VIII. nel fare la nobilissima cappella, fecevi
tale memoria. La statua di s. Maria, è del Mochi, il s. Gio. Evang. del Malvicino, il s. Gio. Batista, di
Pietro Bernino, la Maddalena, di Cristofano Santi, il quale fece ancora le due statue a sedere nella detta
cappelletta; ed il quadro sull'altare con i laterali e lunette, sono del Cav. Passignani.
Nell'uscire dalla porticella laterale vedesi la chiesa di s. Elisabetta della confraternita de' Fornari
oltramontani, i quali l'hanno ornata di marmi finti e varie pitture; ed eravi prima un monastero di monache.
Prima di uscire dall'altra porticella evvi a sinistra il deposito del Conte Tieni fatto col disegno di
Domenico Guidi, il quale fece le due statue, ed altri lavori di marmo; uscendo poi evvi a destra la
seguente
Chiesa del ss. Sudario de' Savojardi
Era qui presso una chiesa antica spettante alla badia di Farfa, la quale avendo nell'an. 1537.
ottenuta la confraternita de' Savoiardi, l'eressero di nuovo col disegno del Cav. Rinaldi nell'anno 1605.
e ora l'hanno ornata di marmi, stucchi dorati, e pitture; il quadro nell' altare maggiore è di Antonio
Gherardi; il san Francesco di Sales, di Carlo Cesi, ed il Santo incontro, di Paolo Perugino; il ss. Sudario
però fu fatto sulla stessa misura di quello, che sta in Torino, e dall'Arcivescovo Alfonso Paleotto
fu donato a Clemente VIII. il quale poi lo donò a questa chiesa.
Palazzo Caffarelli
Dinanzi alla suddetta chiesa si vede questo bel palazzo eretto col disegno di Raffaelle da Urbino, e nel
di lui cantone evvi una brutta statua entro una nicchia, che per dispregio si dice l'Abate Luigi, e pochi
passi dopo evvi a destra la
Chiesa di s. Giuliano e lo spedale della nazione Fiamminga
E' questa molto antica, mentre da Roberto Duca di Fiandra fu ristaurata insieme collo spedale l' anno 1094.
quando passò da Roma per andare alla ricuperazione de' luoghi santi di Gerusalemme. Fu poi nel 1575.
rinnovata ed ornata di marmi, sculture, e pitture di buoni autori, e sopra la porta, vi fu messa la statua del
Santo. Poco più oltre si vede a destra il teatro di Argentina, ed incontro il
Palazzo Cesarini, e chiesa di s. Niccolò
Dalla nobilissima famiglia, che lo possiede, porta questo il nome, ed ancora lo da alla chiesa di s. Niccolò,
che li sta in seno, anticamente detta delle calcare, come interpetrano alcuni delle calcare di calce,
che ivi si facevano de' marmi del magnifico portico di Gneo Ottaviano console, che quivi era, ornato di
colonne con capitelli di metallo.
Fu questa conceduta ai Chierici Somaschi l'an. 1695. in ricompensa di quella, che avevano sul monte
Citorio, demolita per la fabbrica della Curia Innocenziana. Incontro a questa fu eretto anni sono il
collegio Calasanzio de' chierici Scolopj.
Palazzo Sonnino Colonna, e chiesa di s. Elena e
de' ss. Cosimo e Damiano
A sinistra del palazzo Cesarini, evvi quello de' Sonnini Colonna con bell'architettura, e dall'altra parte
il palazzo Cavalieri, e nel vicolo la chiesa de' ss. Cosimo e Damiano de' Barbieri, e poi nella strada in mezzo
ad amendue, la piccola chiesa di s Elena, ora custodita dalla confraternita de' Credenzieri; e dipoi
proseguendo il cammino per la strada a sinistra, si giunge alla piazza dell'Olmo, e poi alla seguente
Chiesa di s. Lucia alle Botteghe oscure, e di s. Stanislao
Sopra un tempio di Ercole fu eretta questa piccola chiesa da' primitivi Cristiani , e prese un tal nome dalle
botteghe ricavate nelle scure rovine del famoso Circo Flaminio, che quivi fu eretto da Caio Flaminio
console per celebrarvi i giuochi Tauri, e Apollinari.
Principiava questo dalla riferita chiesa di s. Elena, e seguitava verso quella di s. Caterina, che or ora
mostreremo, fino alla piazza Morgana tutto circondato da magnifici portici a due ordini, con sedili
per li spettatori; e per quello, che si vide ne' secoli passati occupava di larghezza tutto il sito de' tre
palazzi Mattei, per la fabbrica de' quali furono atterrati alcuni avanzi, che vi erano. Furonvi intorno
de' tempj dedicati ai falsi Dei, e sopra uno di questi fu alzata la chiesa di s. Lucia, che poi dal
Card. Domenico Ginnasi fu unita al suo palazzo, ridotto ad istanza di Caterina sua sorella, in
parte per monastero delle religiose Carmelitane, che ora stanno appresso la
chiesa de' ss. Pietro e Marcellino, e in parte per collegio di fanciulli studenti, e sì l'uno, che
l'altro furono detti de' Ginnasj. Rimane ora la chiesa, comecchè è parrocchiale, in cura del suo
Paroco, ed è ornata di marmi, e pitture diverse.
Incontro a questa è l'ospizio per li poveri Preti forestieri, ed incontro al collegio, evvi la
chiesa di s. Stanislao de' Pollacchi con il loro spedale. Ma poi tornando addietro, vi è il
Palazzo Mattei, Paganica, e Costaguti
Il più nobile e magnifico de' suddetti tre palazzi è quello de' Mattei, posto a destra
di s.Caterina de' Funari, nel quale sono delle statue, busti, bassirilievi, colonne, e varie altre cose
antiche, specialmente nel cortile, nel portico, e nelle scale, ed ancora negli appartamenti superiori,
ornati insieme di pitture nelle volte dell'Albani, del Lanfranco e del Domenichino. Il terzo palazzo sta a
destra di questo, il cui prospetto fu dipinto da Taddeo Zuccheri; ma ora solamente si vede quella
parte nel vicolo laterale a lato del palazzo Paganica. Incontro a questo palazzo evvi una piccola chiesa
dedicata ai ss. Venanzio e Sebastiano, ed è molto celebre per essere stata ivi la casa di questo
secondo santo.
Nella piazzetta de' Mattei si vede il nobilissimo fonte con quattro bellissime
statue di metallo, che
siedono sopra altrettanti delfini di marmo, e che reggono sulla tazza superiore 4. tartarughe similmente
di metallo fatte da Taddeo Landini Fiorentino per ordine del Senato l'anno 1585. Corrisponde su
questa piazza il palazzo Costaguti, nel quale sono pitture a fresco del Lanfranco, del Guercino, del
Domenichino, e del Cav. d'Arpino, e nel palazzo Boccapaduli, che li sta appresso, si vedono i celebri
quadri rappresentanti i sette sagramenti dipinti dal Pussino.
Chiesa e Monastero di s. Ambrogio della Massima
Entrando poi nel vicolo accanto alla fontana, che sembra non aver riuscita, si trova questa antichissima
chiesa insieme col monastero delle monache Benedettine. Fu già quivi un'antica chiesa dedicata a
s. Stefano, ed appresso fuvvi la casa di s. Ambrogio arcivescovo di Milano, la quale essendo dalla
sua sorella ridotta in forma di monastero, lo fece poi erede di tutto il suo avere. Indi Celestino I. nell'
anno 432. avendo avuto nuova, che il Concilio Efesino aveva dichiarato, che la ss. Vergine era Madre di
Dio, aggiunse alla salutazione Angelica quelle parole: Santa Maria Mater Dei, ed in onore di lei edificò
alcune chiese, fra le quali fece questa di nuovo, e la dedicò alla ss. Vergine Madre di Dio, e fu detta
in Ambrogio. L'anno poi 1606. fu nuovamente fatta da D. Beatrice Torres coll'ajuto però del Cardinale
suo fratello Arcivescovo di Monreale, e fu ornata di belli altari con pitture, e marmi. La statua di
s. Ambrogio nel primo altare a destra è di Orfeo Rufelli fatta sul modello di Francesco Fiammingo;
la deposizione dalla Croce nell'altare, che siegue è del Romanelli, e il quadro sull'altare maggiore, di
Ciro Ferri. Le pitture nella volta sono del Cozza, e quelle nella cappella della Madonna,
del Cav. d'Arpino; il s. Stefano però nell'ultima cappella è opera insigne di Pietro da Cortona.
Credono queste monache di avere nella loro chiesa il corpo di santa Candida; ma non sanno poi se da
Cartagine fosse qui portato, o se ella venne a morire in questo monastero. Quindi facendo ritorno al
palazzo Mattei, evvi a sinistra la
Chiesa e Monastero di s. Caterina de' Funari
Questa chiesa ne' secoli andati stava in mezzo del riferito Circo Flaminio; e se ne vedeva ancora la forma
de' seditori sopra alti portici, e però dicevasi in Castro aureo: ma dipoi servendosi di quel gran sito, allora
disabitato, per lavorarvi le funi, prese la chiesa e la contrada il nome de' Funari. Ottenne poi questa
chiesa s. Ignazio di Lojola l'an. 1536. da Paolo III. per unirci un conservatorio di povere fanciulle, e le
pose sotto la disciplina di alcune religiose osservanti la regola di s. Agostino; perciò l'anno 1544. il Card.
Federigo Cesio eresse dà fondamenti la chiesa con disegno di Giacomo della Porta, ed ornolla di varie
pitture a fresco, e a olio, fra le quali evvi la s. Margherita da Annibal Caracci ridotta da una copia, che era
tratta da un suo quadro di s. Caterina, e mutandogli la rota in drago, fecela originale; il Cristo morto
nell' altra cappella con altre pitture nella volta sono del Muziani, e le pitture a fresco intorno all'altare
maggiore sono di Federigo Zuccheri. Quindi prendendo il cammino per la strada a sinistra, si giunge a
piazza Morgana; ma entrando nell'altra, si passa nella
Piazza di Campitelli, co' palazzi Paluzzi,
Serlupi, ed altri
Corrottamente si dice questa piazza dal Rione, che doverebbe dirsi Capitolio, in cui oltre i suddetti palazzi,
vi è quello de' Capizzucchi, e Patrizj già, ed in mezzo un fonte. Non molto lontano da questa fu il tempio di
Bellona eretto da Claudio Console circa l'anno di Roma 457. in cui il Senato si congregava per li
consigli di guerra, e perciò innanzi al medesimo era la colonna bellica tenuta con tanta superstizione, che
volendo dichiarare la guerra a qualche nazione, si appressava ad essa, o pure, secondo alcuni, vi montava
sopra un sacerdote di quella deità, e coll'asta vibrava un colpo verso quella parte in presenza del Console.
A fianco de' suddetti palazzi evvi il
Monastero di Torre di Specchi, e chiesa di s. Andrea in Vinchis,
e di s. Orsola
Quest'insigne monastero fu eretto l'anno 1475. da s. Francesca Romana, per le donne vedove e nobili
sotto la regola di s. Benedetto, ma senza voti; ora però si ricevono delle donzelle della primaria
nobiltà di Roma; e perchè ne' voti vi è clausura, non hanno chiesa pubblica, ma dentro il medesimo,
ed è dedicata alla ss. Nunziata.
Incontro evvi la chiesa di s. Orsola eretta nel Pontific. di Paolo III. da una Confraternita di devoti
della s. Vergine; e poco più in giù quella di s. Andrea detta in Vinchis, ed ancora in Mantuccia, forse
dal tempio di Giunone Matura, che ivi si crede essere stato. La tengono in cura li Scarpellini, e Statuari,
i quali volendo nell'anno scorso fare qualche bene alla chiesa, fu scoperto l'antico pavimento tassellato
l'altare con alcuni corpi di ss. Martiri. Or ritornando alla piazza di Campitelli, si osserva la magnifica
Chiesa di s. Maria in Campitelli
Era quivi anticamente una piccola chiesa col medesimo nome, la quale da Paolo V. fu conceduta ai
Chierici regolari Lucchesi detti della Madre di Dio. Essendo poi quella Città nell'anno 1656. travagliata dal
male contagioso, per voto fatto alla ss. Vergine dal Popolo Romano, fu riedificata con magnificenza sotto
Alessandro VII. con disegno del Cav. Rainaldi, e vi fu trasportata la celebre immagine di s. Maria in
Portico. È questa scolpita sopra una gemma di zaffiro, che ha circa un palmo di grandezza, filettata di
oro, e in due smeraldi vi sono effigiate le teste di s. Pietro, e di s. Paolo, la quale immagine in tempo
di Gio. I. mentre Teodorico Re de' Goti tiranneggiava l'Italia, apparve a s. Galla figlia di Simmaco
Console il giovane, e però fu collocata nel suo palazzo, come fra poco diremo; e perciò è stata sempre
tenuta in somma venerazione dal Popolo Romano. Vi fu similmente trasportata una colonna di alabastro
trasparente, e di gran valore, che si vede posta in un finestrino della cupola. Sono in questa nobilissima
chiesa maravigliose colonne, e cappelle di marmi; il quadro di s. Anna nella crociata è di Luca Giordani,
e quello incontro del Baciccio; le pitture però nella volta dell'ultima cappella sono del Passeri, ed il
bassorilievo sull'altare con li sepolcri laterali sono di Lorenzo Ottone. Uscendo poi da questa, e voltando
pel vicolo a sinistra, evvi la
Chiesa di s. Michele Arcangelo in Pescheria
Le anticaglie, che qui si vedono, sono credute del portico di Giunone, il quale essendosi abbruciato,
fu ristaurato da Settimio Severo, Marco Aurelio, e Antonino Pio; ora per il sito basso, ed umido
quì fa capo ogni sorta di pesce, e poi si sparge all'altre piazze. La chiesa di san Michele Arcangelo,
che si vede fra quelle rovine, fu eretta da Bonifazio II., e fu detta in Summo Circi, cioè come spiegano,
in capite Circi Flaminii, la quale poi per la demolizione del Circo rimasta desolata, fu riedificata
quivi forse da Stefano III. che fu nell'anno 752. il quale l'arricchì di alcuni corpi di ss. Martiri levati
da una chiesa, che era sulla strada di Tivoli, e furono li ss. Getulio, e Sinforosa sua moglie con
sette loro figliuoli, e però si vedono in essa più memorie antiche, che ornamenti moderni.
Quindi voltando a sinstra, evvi il deformato
Teatro di Marcello, e Palazzo Orsini
Da Ottaviano Augusto fu costruito questo nobilissimo teatro per dare divertimento alla nobiltà
Romana, e ancora per eternare il nome di Marcello figliuolo di Ottavia sua figliuola, e fu di tale
magnificenza, e perfezione d'arte, che quel poco, che è rimasto intiero, ha servito di scuola ai primi
maestri d'architettura de' nostri secoli. Era capace di trentamila spettatori, e nella prima festa
dopo la morte di Marcello vi furono uccise 600. fiere Affricane. Sulle rovine di questo
vi fu poi adattato un magnifico palazzo, prima dei Pier Leoni, poi de' Principi Savelli, ed ora
de' Duchi Orsini, ornato di statue, di busti, e bassirilievi antichi con molte altre rarità
moderne degne di un Principe.
Piazza Montanara
Da' montanari, che concorrono in questa piazza, affine di trovare giornata, e partito di lavorare, prese un
tal nome, e però Innocenzo XII. vi eresse il fonte coll'acqua, che avanza dal Campidoglio.
Nella vicinanza di questa fu l'antichissima porta di Roma detta Carmentale, da Carmenta madre di Evandro
famosa donna indovinatrice, che ivi ebbe la sua casa; e non molto lungi fu il foro Olitolio, in cui si
vendevano gli erbaggi, ed altresì fuvvi la colonna lattaria, presso alla quale portavano i bambini, per
trovare chi li allattasse. Poco più oltre evvi a destra la
Chiesa di s. Niccolò in Carcere
Molto antica, e celebre è questa chiesa dedicata, secondo alcuni, al s. Vescovo di Mira, secondo
altri, al Pontefice s. Niccolò I. e fu detta in carcere, per lo carcere, che quivi era stato, non già il
Tulliano, come erroneamente si dice; ma quello della plebe eretto da Appio Claudio, e perchè era
nimico della plebe, lo chiamò Casa della Plebe; egli però fu il primo, che per aver forzata Virginia vi
morì uccidendo se stesso; e però carcere di supplicio lo dice Livio; onde in questo si crede, che sia
stato il celebre vecchio condannato a morir d'inedia, e che dalla figliuola veniva industriosamente,
fingendo di andare a trovarlo, nutrito ogni giorno col latte delle proprie mammelle: per il qual atto di
pietà filiale fu quivi presso eretto un tempio da C. Quinzio, e M. Attilio Consoli, e vi fu posta una
statua dorata, la quale fu la prima, che si vedesse di quel metallo in Roma; ma poi fu demolito da
Augusto per la fabbrica del divisato teatro. Questa chiesa conserva la sua antichità, ed è ornata
di colonne striate, e tabernacolo di marmo, sotto di cui sono de' corpi di santi Martiri. Fu altresì
detta la chiesa di Pier Leone poichè quì presso ebbe quella nobilissima famiglia la sua casa, e
però in essa è il suo sepolcro. Quindi camminando poco più oltre, e voltando a sinistra, si vede la
Chiesa di s. Omobono
Anticamente dicevasi questa piccola chiesa s. Salvatore in Portico, forse per il vicino portico di Ottavia,
come diremo nel ritorno. L'anno 1573. l'ottennero i Sartori, i quali la riedificarono, e vi mantengono il culto
divino. Dopo pochi passi si vede la
Chiesa di s. Maria della Consolazione
Era quivi nella strada pubblica un'immagine della ss. Vergine, e compiacendosi Iddio circa l'anno 1470. di
dispensare delle grazie, e miracoli ai fedeli, che ricorrevano con devozione a quella s. Immagine, le fu
edificata la chiesa sotto il titolo della Consolazione: e sempre più crescendo le offerte, dopo aver
provveduto di tutto il bisognevole alla chiesa, ne furono eretti due spedali, uno per gli uomini, e l'altro
per le donne, ora destinati per li soli feriti, e ferite. Con disegno di Martin Lunghi il vecchio fu
poi fatta di nuovo la chiesa, ed adornata di nobili cappelle con marmi, e pitture, notandosi, che
nella prima a destra evvi la prima opera fatta a fresco da Taddeo Zuccheri.
Altra antica immagine della ss. Vergine si custodisce in una cappella, che sta appresso lo spedale
degli uomini, detta delle Grazie, e che prima stava presso del Laterano. Quindi incamminandosi per il
vicolo accanto alla divisata chiesa, si trova in primo luogo la
Chiesa di s. Eligio
Era questa anticamente delicata a ss. Giacomo, e Martino, e vi era unito un conservatorio di povere
donne: ma poi ottenuta dalla Confraternita de' Ferrari nell'an. 1563. riedificarono la chiesa
da' fondamenti, ed ora l'hanno ornata con nobilissime cappelle di marmi e pitture. Poco più oltre si
vede a destra la
Chiesa di s. Giovanni Decollato
Prima dicevasi questa chiesa s. Maria della Fossa, perchè in essa si dava sepoltura a' giustiziati, che
allora si facevano morire sul vicino monte Caprino Ma essendo nell'an. 1487. da Innoc. VIII. approvata la
Confraternita della Misericordia eretta, e composta di nazionali Fiorentini, fu di nuovo edificata la
chiesa, e dedicata a s. Gio. Batista col titolo di Decollato, e comecchè il loro istituto è di assistere a ben
morire i condannati a morte, e dar loro sepoltura, vi eressero il cimiterio cinto di portici. Sonovi nella
chiesa, e sagrestia delle pitture del Vasari, del Salviati, del Pomarancio del Naldini, ed altri. Quindi
camminando a destra si vedono le rovine del
Giano Quadrifonte
Si ravvisa questo antichissimo edifizio tutto formato di marmo con quattro archi aperti ne' quattro
prospetti, ed in ogni prospetto dodici nicchie, e viene creduto essere il tempio di Giano Quadrifronte,
ma è più verisimile esser uno delli due fornici adorni di statue di oro, che fece Stertinio nel foro
Boario, che quivi si stabilisce dall'iscrizione, che ancor si legge
nell'arco fatto dagli Argentarj, e negozianti del medesimo foro Boario, quale ancora si vede
appoggiato alla
Chiesa di s. Giorgio in Velabro
Si dice in velabro questa chiesa a vehendo, poichè fu quivi una palude o stagno del vicino Tevere, in
cui furono spinti i due fanciulli Romolo, e Remo dalle onde in quel tempo fluttuanti, e però si tragittava
colla barchetta; seccata poi la palude da Tarquinio Superbo, vi fu eretto il foro Boario, in cui fu alzato un
vitello di bronzo dorato, in memoria di aver ivi Romolo coll'aratro tirato da un bue, ed una vacca
principiato il solco per segnare le mura di Roma.
Fu quivi la casa di Scipione Affricano, la quale comprata poi da Tito Sempronio, vi edificò una
basilica, che fu detta Semproniana, sopra le cui rovine essendo edificata la chiesa s. Leone II. la
dedicò a s. Sebastiano, ed avendola poi il Pontefice s. Zaccaria ristaurata, vi aggiunse il titolo di
s. Giorgio, per essere entrambi difensori della Chiesa. Fu da principio collegiata insigne, ma ora vi è
unito un convento di frati Agostiniani Scalzi. Si legge, che quivi, come dicemmo, nel foro Boario
stette per tre giorni insepolto il cadavere di s Bibbiana. Lo scavo, che si vede sotto la cartiera, è
avanzo della Cloaca massima, e l'acqua è del fonte di Giugurta.
Chiesa di s. Teodoro
Pochi passi a sinistra si vede l'antico tempio rotondo, mezzo sotterra, il quale in oggi è dedicato a
s. Teodoro; e si crede essere stato quello eretto a Romolo, e Remo in memoria di essere stati ivi
portati dalle onde del Tevere, essendo stata presso a questo trovata la lupa con i due gemelli
lattanti fatta in metallo, che ora si vede in Campidoglio nel palazzo de' Conservatori. Ritornando
poi indietro si vede a sinistra la
Chiesa di s. Anastasia
Circa l'anno 300. si tiene, che fosse fabbricata quivi una piccola chiesa da Appollonia Matrona
Romana per dare sepoltura alla santa Vergine, e Martire, e fu tenuta con tanta venerazione da' Sommi
Pontefici, che nella notte del ss. Natale di Gesù Cristo, dopo aver detta la prima messa in s. Gio. Laterano,
venivano in questa a celebrare la seconda nell'aurora. Si conservano in essa il pannolino, con cui
la ss. Vergine involte il ss. Bambino, parte del mantello di s. Giuseppe, ed ancora il calice, col quale
celebrava s. Girolamo, mentre vi dimorò da Prete. Fu poi eretta a tre navate ornata di belle colonne
di marmo antiche, e da Urb. VIII. fu rinnovata col disegno del Cav. Bernino, il quale fece il nobile
prospetto; dal Card. Nunno d'Acunha Portoghese essendone titolare, fu adornata notabilmente anco
la sagrestia. Nella tribuna si vedono de' marmi, e busti di metallo, e due preziose colonne; le pitture
sono di Lazzaro Bardi, e la statua della Santa a giacere sotto l'altare fu l'ultima opera di Ercole Ferrata,
terminata però da Francesco Aprile Milanese.
Presso di questa chiesa essendosi nel 1526. scoperta una nicchia con conchiglie marine, si suppose
essere stata del tempio di Nettunno; ma è sicuro, essere stata quì presso l'Ara Massima, cioè quel
gran sasso, o altare drizzato da Ercole in compagnia di Evandro dopo l'uccisione di Cacco, e dicevasi
così, perchè veramente era grandissimo, e fu celebre sopra tutti gli altri, perchè drizzato alla Fede, che
davasi di amistà reciproca. Questi siti, che ora vediamo occupati da' fenili, orti, e vigne, erano in quei
tempi, che la Romana Repubblica fioriva, li più abitati, e perciò pieni di edifìzj stupendi, e memorabili;
ma comecchè anderebbe troppo alla lunga, se almeno volessimo accennarli, ci contenteremo per ora
delle principali, e più rimarchevoli. Dal divisato tempio di Romolo e Remo principiava la famosa Via
Nuova, e andava ad unirsi colla Appia; e nello tra quel tempio e l'Ara massima, tra la Regia di Numa,
la casa di Tarquinio Prisco, ed il gran ponte di Caligola fatte per andare dal Palatino al Campidoglio.
Circo Massimo, come era
anticamente
Tutta la valle, che poi vediamo tra il monte Palatino, e l'Aventino ora occupata da orti, e rozzi edifizj,
era il sito del famoso Circo Massimo, in cui si facevano li spettacoli, e feste di Romani. Furono queste
istituite da Romolo, allora quando li suoi cittadini cercavano moglie, e però, come dicemmo,
concorrendovi fra gli altri i Sabini colle loro donne, in un tratto lasciato il giuoco, ognuno de' Romani
si provvide di moglie, perciò restando celebre il ratto delle Sabine appresso di loro, seguitarono in ogni
anno a celebrarne con pubblici giuochi la memoria nel medesimo luogo.
Tarquinio Prisco fu il primo, che ivi eresse il Circo ornato di portici, che prima facevasi ogni volta informa
di semplici palchi di legno. Giulio Cesare lo ampliò, ed Ottaviano Augusto lo adornò maravigliosamente;
ma poi in tempo di Trajano, essendo caduto, lo ristaurò, e fecelo maggiore, ed Eliogabalo lo arricchì di
colonne, e d'indorature grandissime, facendovi ancora il pavimento di una certa sorte di arena di color
d'oro, chiamata crisocolla; vi erano nel mezzo due obelischi egizj; uno è quello, che vedemmo drizzato
sulla piazza del Popolo, l'altro sulla piazza di s. Gio. Laterano; ed insieme eranvi varie statue, e tempj; da
capo, e da piede eranvi le mete, affinchè i cavalli e carri potessero correre con metodo; d'intorno era
circondato di sedili, sopra de' quali era un portico di tre ordini con colonne, e nel difuori vi erano tutte
botteghe, e scale da salire, non essendovi altro, che un solo ingresso nobile, e magnifico.
Era lungo passi 375., e largo 125. e vi capivano duecento sessantamila persone, senza, che uno impedisse
l'altro, e però il popolo vi andava con più desiderio di vedere la bellezza, e magnificenza del luogo, che
per osservare i giuochi, che vi si facevano, tal volta con orti, leoni, e simili fiere, ed è rimarchevole, come
scrive Aulo Gellio, che essendovi condannato a combattere contro un leone, un certo Androdo servo,
questo in vece di essere sbranato, fu dalla fiera accolto, ed accarezzato, del che maravigliatisi gli
spettatori, seppero, che Androdo in una spelonca dell'Affrica l'aveva guarito da una ferita, e per tre
anni continui erano convivuti insieme; onde quì riconosciutisi rinnovarono l'amicizia: per lo che Augusto
non solamente donò a Androdo la vita, e la libertà, ma ancora il leone, che egli poi conduceva per la
Città legato con una piccola funicella a guisa di un ciucciarello, ed il popolo con risa diceva, questo
è il leone albergatore dell' uomo, e quello è il medico del leone. Or di tanta magnificenza non rimane
altro, che alcuni voltoni dalla parte del monte Palatino, ed il nome alla contrada, che corrottamente dicesi
Santa Maria a Cerchi
Questa piccola cappelletta fu eretta dalla famiglia Cenci in orrore della ss. Vergine, e sta in custodia
di un Eremita. Quindi lasciando per il ritorno l'osservare i santuarj, che da questo luogo si vedono sul
monte Aventino, passeremo a mirare le grandi macerie, che si vedono intorno a questa cappelletta.
Rovine del palazzo Imperiale
detto Maggiore
Da quei laceri avanzi, che si vedono sulla schiena del monte Palatino, si può facilmente comprendere
quanto grande sia stati la mole del palazzo de' Cesari, e a quanto sia giunto il lusso degl'imperatori Romani,
specialmente di Nerone, il quale per la troppa estensione, e vastità lo rendè quasi non meno difficile ad
abitarsi, che a credersi da noi le sue magnificenze. Nel vestibolo, o vogliamo dire primo ingresso vi era il
colosso di metallo alto 120. piedi, i portici erano a tre ordini di logge sostenute da colonne, e si
distendevano per un miglio di cammino; la sala principale, dove si cenava, era rotonda, ed il soffitto era
ornato di stelle, e notte e giorno si rivolgeva, e sopra a' commensali spargeva fiori, ed acque odorifere; le
tavole erano di avorio, i palchi delle stanze intarsiati di oro con lavori, e scompartimenti di gemme, e di
madreperle; i marmi, i metalli, le statue, e le ricchezze delle tapezzerie di questo furono tali, che prese il
nome di palazzo Aureo: nondimeno quando Nerone andò ad abitarlo, disse: io ho pure cominciato ad
abitare come uomo. Eravi in particolare un tempio della Fortuna tutto costruito di alabastro di tanta
chiarezza, che eziandio colle porte chiuse, riluceva come di mezzo dì.
Nell'an 1720. fu scoperta una sala lunga palmi dugento, e larga cento trentadue, ed era di si superba
magnificenza, e struttura, e sì ornata di statue, di colonne, di marmi,. e di tal grandezza con due altre
parimente nobili, e sorprendenti, che le sole statue, che stavano nelle nicchie erano alte palmi 22., e
lavorate in basalto egizio, dal che possiamo comprendere di qual pregio, e valore sia stato il resto.
Ora tutte quelle superbe magnificenze sono ricoperte di orti, e giardini, come dicemmo nella prima
giornata, eretti dal Pontefice Paolo III.
Settizonio di Settimio
Severo
Nel fine della valle de' Cerchi sono delle mole da macinare il grano, voltate coll'acqua della marrana,
la quale si crede comunemente essere l'antica calabra. Ivi presso fu il settizonio di Severo, cioè un
edifizio con sette piani ornato di colonne, alcune delle quali erano di porfido, ed altre di marmo striate.
Sino al tempo di Sisto V. ne stette in piedi tre ordini; ma perchè minacciavano rovina il medesimo
Pontefice feceli buttare a terra, servendosi di quei marmi per altre fabbriche. A sinistra poi si vede la
Chiesa, e Monastero di s. Gregorio Magno
Siede questa chiesa sul pendio del monte Celio, anticamente chiamato Clivus Scauri, dove propriamente
il s. Pontefice ebbe la casa paterna, la quale egli ridusse in monastero, e vi abitò anche egli da religioso,
menando una vita sì austera, che solamente si cibava di una scodella di legumi, macerati nell'acqua,
mandatigli ogni giorno da santa Silvia sua madre abitante alla cella nuova. Vi eresse ancora una chiesa
in onore di s. Andrea Apostolo; ma dipoi essendo riedificata, fu dedicata al medesimo s. Gregorio.
Il Card. Scipione Borghese nel 1633. vi fece il gran prospetto e portico con disegno di Gio. Batista
Soria, ed ultimamente i monaci Camaldolesi, che vi risiedono, hanno rinnovato il chiostro, e la chiesa;
sotto i portici sonovi varj depositi ornati di marmi, e di metalli, e nella chiesa delle pitture di buona mano.
Il quadro nella seconda cappella è di Franc. Imperiale; quello sull'altare maggiore di un Bolognese, e
quello nell'ultima e di Pompeo Battoni.
E' riguardevole però il quadro di s. Gregorio posto nella cappella presso la porticella laterale, per essere
opera di Annibale Caracci. Sieguono dopo di questa le tre celebri cappelle, una
distinta dall'altra, e furono
rinnovate dal Card. Baronio, e ornate di pitture dal suddetto Card. Borghese; la statua di s. Silvia nella
prima cappella è opera del Franciosino, e li due quadri a fresco nella seconda, cioè quello, che
rappresenta s. Andrea condotto al martirio, è opera insigne di Guido Reni, e l'altro incontro è del gran
Domenichino; il quadro però sull'altare è del Pomarancio; la statua di s. Gregorio nella terza cappella fu
principiata dal Buonarroti, e poi terminata dal mentovato Franciosino, e le pitture intorno sono del
Viviano da Urbino. La tavola di marmo, che sta in mezzo a questa cappella, si crede esser quella, su
cui il s. Pontefice soleva dare da mangiare a dodici Poveri, fra i quali apparve più volte un Angiolo in
forma di povero per compire il numero di tredici. Quindi ritornando sulla strada, che tralasciammo, e
seguitando il cammino per l'alberata, si vede a destra sull'ultima cima del monte Aventino la
Chiesa di s. Balbina
Si ascende a questa chiesa per un vicoletto molto erto, e dalla struttura di essa si ravvisa la sua
antichità. È stato creduto da molti, che questa sia quella eretta da s. Marco Papa sulla via Ardeatina,
perchè qui sono i corpi della s. Titolare, di s. Quirino suo Padre, e di cinque altri santi Martiri; ma
essendo quella via fuori delle mura della Città, ciò non può essere; e però solamente si fa di sicuro,
che fu consagrata da s. Gregorio Magno. Stette sotto la cura digli Eremiti di s. Agostino; ma ora la
tengono i chierici Pii operarj. Questa contrada anticamente dicevasi Piscina pubblica, ed era la parte
più abitata della Città, specialmente nel tempo, che Annibale stava vicino a Roma, e la strada
dicevasi Via nova, sebbene alcuni pensino, che da questo luogo principiasse la celebre Via Appia. Or
su questa camminando si vede dopo pochi passi la
Chiesa de' ss. Nereo, ed Achilleo
Quella chiesa fu edificata, come si crede, dal Pontefice s. Giovanni I. sopra un tempio d'Iside, e fu
detta in fasciola per la memoria, che vi tenevano i Cristiani di una fascietta quivi caduta a s. Pietro,
quando per il timore di Nerone fuggiva da Roma, colla quale teneva legata la gamba impiagata
da' ceppi, tra i quali stette nella prigione. Il Ven. Card. Baronio, essendone titolare, la ristaurò nella
miglior maniera, affinchè si conservasse l'antica forma di basilica con colonne, pulpiti di marmo, e
ciborio, ed avendovi collocato sotto i corpi de' santi Titolari, e fattevi dipingere le muraglie da
Niccolò Pomarancio, nell'anno 1597. a sua istanza fu data in cura ai Preti della Congregazione
dell'Oratorio. Dietro di questa si vedono le rovine delle
Terme di Antonino Caracalla
E' sentimento di tutti gl'intendenti di architettura, che queste terme, che Antoniane furono dette, siano
state le più magnifiche, e ben ordinate nell'arte, ed altresì le più ricche di statue, e marmi preziosi; poichè
sotto di queste ruine furono trovati il Toro, e l'Ercole Farnesiano, con quasi infinite altre rarità, che si
vedono in Roma. Incontro evvi la
Chiesa di s. Cesario
Si disse questa chiesa ne' secoli passati in Palatio, ma se veramente vi fosse stato palazzo, o pure
erroneamente fosse così detta per le vicine terme di Caracalla, tenute per palazzo, non si sa risolvere;
ben è vero però, che essendo stata data ai monaci, greci venuti dall'Oriente nell'anno 687. quivi fu creato
Papa Sergio I. e fu una delle 20. Abazie di Roma; ma ridottasi poi quasi in abbandono, Clemente VII. la
rinnovò, e creolla Diaconia Cardinalizia; ora sta in cura de' chierici Somaschi del collegio Clementino,
che godono parte del sito delle accennate Terme.
Due strade quì c'invitano al cammino; ma lasciando quella a destra, che guida alla porta Capena,
intraprenderemo l'altra a sinistra, che ci conduce alla
Porta Latina, e chiesa di s. Giovanni Evangelista
Prese un tal nome questa porta dalla Via, che porta al Lazio celebre provincia de' Romani, ed è antica,
ne' mai ha mutato sito o nome, sebbene in oggi il Lazio dicesi Campania. Appresso a questa si vede la
chiesa di s. Giovanni, che dagli Scrittori Ecclesiastici si dice ante portam latinam, la quale bisogna dire,
che sia molto antica, mentre fu ristaurata da Adriano I. che fu del 772. Da prima fu collegiata, e però nel
1044. essendovi Arciprete un tale Giovanni, secondo altri, di Graziano, fu eletto Papa: indi vi stettero
le monache Benedettine, e poi i frati Trinitarj scalzi; oggi però vi abitano i frati Minimi di s. Francesco di
Paola.
A sinistra della divisata porta si vede una cappella rotonda dedicata al medesimo santo Evangelista, la
quale si dice in oleo, perchè ivi fu posto nella caldaia di olio bollente, dalla quale egli uscì senza ricevere
lesione alcuna. Fu rinnovata l'anno 1658. col disegno del Borromini, e si dice essere in essa li strumenti
del martirio del Santo, e de' capelli e sangue sparso nella rasura del capo. Senza tornare addietro,
uscendo la porta Latina e camminando pochi passi a destra, si giunge alla
Porta Capena, o di s. Sebastiano
Teneva un tal nome questa porta, perchè portava al tempio o bosco delle Camene fatto da Numa, o secondo altri alla città di Capena,
che Italo fabbricò presso Alba; in oggi però prende il nome dal cimiterio e basilica di s. Sebastiano, che
poco più di un miglio le sta discosto. Da questa porta principiava la celebre via Appia, lastricata da
Claudio Appio Censore fino a Capua, e poi da altri distesa fino a Brindisi in Calabria, spianando monti
ed inalzando valli, per renderla agiata e comoda a' passaggieri, e alle spedizioni, che continuamente
facevansi per levante; e però vi erano ad ogni miglio poste delle colonnette, che indicavano il
numero delle miglia, come oggidì si costuma; ed ogni tanto vi erano de' seditori di marmo e comodi
opportuni, e sopra tutte era ornata di magnifici edifizj di tempj, e tombe sepolcrali di nobili famiglie.
Or camminandosi per questa via, si trova in primo luogo la piccola
Chiesa di Domine, quo vadis?
Appresso a questa piccola chiesa fu il tempio dedicato a Marte, sostenuto da cento maravigliose
colonne, la maggior parte delle quali cadde, come dicemmo, allor quando vi fu
martirizzato s. Sisto Papa. Sulle rovine di questo fu dipoi eretta una chiesa in
onore della ss. Vergine col titolo delle Palme, per le palme delle quali era circondato
l'antico tempio. E perchè quivi presso, come è tradizione, apparve il divin Redentore
colla croce in spalla a s. Pietro, mentre fuggiva l'ira di Nerone, il quale maravigliato
gli disse, Domine, quo vadis? e Gesù Cristo per istruirlo, che era sua volontà, che egli
in Roma soffrisse volentieri la morte, li rispose; Eo Romam iterum crucifigi; e lasciando
impresse le vestigie de' suoi santi piedi fu di una pietra, disparve; perciò conservarono
i Cristiani per molto tempo quivi la memoria di un tal fatto, e la pietra colle sante
pedate. Ma poi vi eressero una cappelletta, che, secondo alcuni scrittori, è quell'altra
rotonda, che poco lungi si vede discosto da questa, e che nell'an. 1536. fu rinnovata
dal Card. Reginaldo Polo Inglese; umilmente stando questa per cadere nel 1610.
fu ristaurata, e per maggior devozione vi fu posta la copia delle pedate ricavate
dalla vera, che si custodisce nella basilica di s. Sebastiano, a cui ci incammineremo.
Basilica di s. Sebastiano fuori delle mura
Dopo non poco cammino si trova sulla medesima via questa chiesa, la quale fu eretta, come
si crede, da Costantino Magno sopra il cimiterio di s. Calisto Papa, e fu dedicata a
s. Sebastiano, come protettore della Chiesa, ed ancora perchè quivi da s. Lucina matrona
Romana fu portato il di lui cadavere. Fu ristaurata da s. Damaso, da Adriano I. e da
Eugenio IV. finalmente poi fu rinnovata dal Card. Scipione Borghese. Prima la custodivano i
monaci Benedettini, ora però sta in cura di quei di s. Bernardo. Nella prima cappella a
destra si vede il sasso colle pedate di Gesù Cristo imprese, come dicemmo, quando apparve
a s. Pietro: il bassorilievo nella cappella di s. Fabiano è opera di Francesco Papaleo
Siciliano; il quadro a destra è del Cav. Ghezzi, e quello incontro, del Passeri;
le pitture nell'altare maggiore sono d'Innocenzo Tacconi allievo del Caracci; la
cappella privilegiata, ove è il corpo di s. Sebastiano, è disegno di Ciro Ferri, e la
statua del Santo a giacere sotto l'altare è del Giorgetti. La porta, che siegue dopo
la cappella di s. Francesca conduce al celebre
Cimiterio e catacombe di s. Calisto
Le sepolture de' ss. Martiri dicevansi Are, Grotte, ed ancora Arenarie. Sono queste
come vie sotterranee alte circa due uomini, e larghe quattro piedi, facendo varie guide,
ed aprendo diverse strade; onde se uno non viene accompagnato da pratici, e provveduto di
lumi accesi, indispensabilmente si perderebbe, e più non ritroverebbe la porta: onde in
alcuni luoghi vi è stato fatto un muro, acciò non vi si entrasse. Nelle pareti tanto
a destra, che a sinistra sono incavati i sepolcri a tre ordini, in forma di cassoni
con tavole di marmo, o di terra cotta, trovandosi in alcuni scolpite palme, croci,
e talvolta il nome di quel martire con una ampolla del suo sangue, ed ancora li
strumenti del martirio, contandosi, che in questo cimiterio siano stati sepolti 170.
mila martiri, e vi stettero ancora per qualche tempo i corpi de' ss. Pietro e Paolo
Apostoli. Similmente in questo luogo si congregavano i fedeli col sommo Pontefice
in tempo delle persecuzioni de' Gentili, per celebrare i divini Misterj, e si vede
ancora il sito più largo e so, nell'uscire della porta laterale della chiesa, con
l’altare, e sedia Pontificale fatta di semplice marmo. S. Filippo Neri frequentava
spesso questo santuario, e vi si tratteneva le intere notti in sante orazioni;
perciò nel medesimo luogo ebbe diverse grazie da Dio, e lasciò a noi l'esempio di
visitare questa chiesa, che è una delle sette privilegiate.
Molte anticaglie sono nelle vigne di questi contorni, ed è maravigliosa quella,
nella vigna a sinistra, e poi seguitando si vede la
Torre di capo di bovi
Uno de' sepolcri, che stavano sulla via Appia, fu questo eretto da Metello Cretico
per seppellirvi la sua figliuola Cecilia Metella, e fu di tanta magnificenza, che
ancor dura il gran masso formato di travertini a guisa di torre sopra cui si alzava
il nobile edilizio; e perchè vi si vede scolpita una testa di bue, da questa oggi
porta il nome. Appresso evvi il
Circo di Caracalla
Rimane solamente di questo Circo, che da alcuni viene stimato per opera di Gallieno,
un masso di materia laterizia, che era l’ingresso principale, ed il piantato d'intorno
al Circo, in mezzo del quale fu ritrovato l'obelisco egizio, che ora si vede sul
nobilissimo fonte da piazza Navona. Non molto lungi si vede, ancora la
Chiesa di s. Urbano alla Caffarella
Fra le molte rovine, che si vedono in queste campagne, sono notabili quelle di un
tempio creduto di Bacco, posto in un sito alto nella tenuta della Caffarella, che sino
al Pontificato di Urb. VIII. stette coperto di spine, e siepi. E' questo fatto di mattoni,
ed ha un portico con colonne marmoree scannellate: di sotto poi vi è l'oratorio ove
s. Urbano catechizzava, e battezzava i nuovi fedeli. Nel basso di questo colle si
crede essere stata la celebre Fonte di Egeria e delle Camene.
Appresso al fonte era il bosco, e la spelonca, in cui Numa
soleva segretamente trattenersi per dare a credere d'aver notturni congressi con quella
Dea, e però i Sacerdoti vi andavano per sagrificarvi alla Fede.
Chiesa della ss. Nunziata
Non molto discosto siede questa chiesa, presso cui ne' primi tempi del cristianesimo
fu eretto un ospizio per li poveri pellegrini, che venivano in Roma a visitare i sagri
Limini, acciocchè stessero lontani da' Gentili. Nell'an. 1270. essendo rinnovata, e
consagrata la chiesa, fu poi conceduta alla Compagnia del Confalone. Quindi camminando
per quelle campane inzuppate del sangue di tanti ss. Martiri, cioè di quei Cristiani,
che lavorarono nelle terme Diocleziane, i quali in ricompensa, e per odio della santa
Fede furono fatti morire, detto perciò da varj Scrittori Campus trucidatorum, si giunge
poi alla
Chiesa di s. Paolo alle tre fontane
Dicevasì anticamente questo sito ad aquas salvias, ed ancora ad guttam jupiter manantem:
in cui l'Apostolo s. Paolo fu condotto, e decapitato. Tre chiese sono in questo luogo
la prima fu eretta da Onorio I. l’anno 626. e fu dedicata ai ss. Vincenzo ed Anastasio.
Leone III. la riedificò da' fondamenti, e Carlo Magne la dotò di città, castelli, molte
terre, e poderi. Innocenzo II. nel 1140. la concede ai Monaci Cisterciensi, e vi edificò
un monastero, in cui il primo Abate mandatovi da s. Bernardo, fu eletto Papa col nome di
Eugenio III.
La seconda cappella, o chiesa rotonda, che le sta di fianco era prima dedicata
a s. Gio. Batista; ma celebrando una volta in essa s. Bernardo per li fedeli defunti,
fu rapito in estasi, e vide, che per una scala lunga sino al cielo salivano le anime
liberate dal purgatorio; onde essendo poi dal Card. Alessandro Farnese alzata di
nuovo la chiesa col disegno di Giacomo della Porta, e poi terminata dal Card.
Pietro Aldobrandini, fu dedicata alla ss. Vergine col titolo di Scala Coeli.
Si vede sotto di questa l'antichissimo cimiterio di s. Zenone, dove furono
sepolti dieci mila corpi di ss. Martiri, e si crede che siano stati di que'
Cristiani, che, come dicemmo, dopo aver lavorato nelle terme Diocleziane,
quivi furono fatti morire.
La terza cappella o chiesa, è quella poco discosto, eretta nel sito ove s. Paolo
fu decollato, e si vedono ancor perenni le tre fontane nate miracolosamente ne' tre salti,
che fece il suo sagro capo. Il riferito Card. Aldobrandini rinnovò tutto col disegno
del mentovato Giacomo della Porta, e fece metter la colonna, a cui si crede, che il
s. Apostolo fosse legato, appresso al primo fonte, per indicare il primo salto, che
fece la testa subito recisa. La Crocifissione di s. Pietro, che vede sull'altare, è
opera insigne di Guido Reni, la Decollazione di Paolo, che sta incontro è di
Bernardino Passerotto, e le due statue sul prospetto sono del Franciosino.
Prendendo poi la strada verso Roma, si entra nella celebre via Ostiense, nella quale
vedremo in primo luogo la
Basilica di s. Paolo fuori delle mura
Dal Gran Costantino fu eretta questa vasta basilica ad istanza di s. Silvestro Papa in
un podere di Lucina Matrona Romana, perchè in esso era stato sepolto il corpo del
s. Apostolo. Dipoi fu rinnovata da Onorio Imperatore, e poi da Eudossia moglie di
Valentiniano ristaurata, ed in seguito ornata da molti Sommi Pontefici. E' formata
questa a cinque navi con 4. ordini di colonne tolte dalla mole di Adriano, oggi
Castel s. Angelo; quelle nella nave di mezzo sono di preziosi marmi, e striati, e
quelle delle navi laterali di granito; quelle però della crociata sono di maravigliosa
grandezza, ed in tutto sono numero cento quaranta.
La lunghezza della chiesa senza la tribuna è di palmi trecento cinquantacinque, ed
è larga duecento tre; le tre porte sono di metallo antico, storiate, ed il gran pavimento
è tutto coperto di frammenti di marmi con varie iscrizioni antiche; il ciborio in mezzo
alla crociata è sostenuto da 4. colonne di porfido, e sotto l'altare si conserva la metà
de' corpi di s. Pietro, e di s. Paolo, di altri santi Martiri, e di alcuni ss. Innocenti.
Il mosaico nella tribuna fu fatto ultimamente a similitudine dell'antico,che vi era
stato fatto da Pietro Cavallini, il quale fece ancora quello sopra il portico. Il quadro,
che rappresenta la sepoltura di s. Paolo nell'altare maggiore è di Lodovico Cigoli
Fiorentino, e li quattro ovati con fatti del medesimo sono di Avanzino Nucci; le
pitture a fresco nella cappella del Santissimo sono del Lanfranco; quelle però nella
volta sono di Anastasio Fiorentino. L'Assunzione della ss. Vergine nella cappella della
crociata presso la sagrestia è del Muziani, ed il martirio di s. Stefano è di Lavinia
Fontana; la conversione di s. Paolo dall'altra parte è di Orazio Gentilaschi, ed il
s. Benedetto accanto, è di Gio. de' Vecchi. Il ss. Crocifisso nella cappella, che
siegue è tenuto in somma venerazione, perchè si crede, che parlasse a s. Brigida, e
l'immagine della ss. Vergine, che sta da piede è quella medesima, alla cui presenza
s. Ignazio di Lojola fece la professione de' voti del suo ordine. D'intorno alla nave
di mezzo erano dipinti i ritratti de' Sommi Pontefici fino ai
tempi di s. Leone, e Benedetto XIV. feceli seguitare fino al presente.
La piccola colonna storiata, che si vede dietro della basilica vi fu posta
l'anno 1606. da Monaci Benedettini, che uffiziano la chiesa, ed occupano il celebre
monastero, già abitato da s. Odone Cluniacense.
Ripigliando poi il cammino verso la Città, si trova a destra la
Cappella de' ss. Pietro e Paolo
Per antica tradizione si sa, che quivi, ove è la cappella, si licenziarono i ss.
Apostoli Pietro e Paolo, quando furono condotti al martirio, dicendo il primo al secondo ‘
vade in pace predicator bonorum, mediator salutis, & Dux justorum ’, ed il secondo al
primo: ‘ Pax tibi fundamentum Ecclesiarum, & Pastor agnorum, & ovium Christi ’.
Poco più lungi è la vigna di s. Francesca Romana, in cui ella esercitò vari atti
di umiltà, e di carità, e operò molti miracoli; e seguitando più avanti il cammino,
prima di giungere alla porta della Città, si vede a sinistra altra piccola cappella o
Chiesa del ss. Salvatore
Fu eretta questa in memoria d'avere ivi s. Paolo chiesto a s. Plautilla madre di s. Flavia
il velo, che portava in capo per bendarsi gli occhi quando gli fosse troncata la testa,
promettendole di restituirlo, come poi effettuò dopo il suo martirio. Teodoro I. vi edificò
la chiesa, e poi il Card. Gio. Torrecremata Spagnolo la rinnovò; e sta ora unita a quella
di s. Sabina. Accanto si vede la
Piramide sepolcrale
di Cajo Cestio
Questa fu eretta da Cajo Cestio Prefetto degli Epuloni per serbarci le sue ceneri,
e per fare onore al suo nome. È formata di marmi quadrati larga nel suo nascere palmi
130. per ogni parte, e palmi 160. alta fino alla sua punta tutta liscia, e semplice,
toltone le iscrizioni. Nell'interno evvi una stanza quadrata alta palmi 19., e 26.
larga, ornata tutta di pitture. Aless. VII. fece ristaurarla, e scuoprire la sua
base, alzandovi le due colonnette, che furono ivi trovate. Pochi passi dopo si vede la
Porta s. Paolo
Questa anticamente chiamavasi Porta Ostiense, come la via, perchè alla città di
Ostia guidava; e prima che le mura della Città si distendessero fino alla divisata
piramide, questa porta stava più addietro, e dicevasi Trigemina, dalla quale uscirono
i suddetti santi Apostoli Pietro e Paolo. Ed è notabile, che da questa porta fino alla
basilica di s. Paolo, abbenchè vi corra più di un miglio, vi era un portico sostenuto
da colonne di marmo, e coperto di lamine di piombo, per guardare dalla pioggia,
e da' cocenti raggi del Sole quei, che andavano a visitare quella basilica.
Entrando poi per la porta, non si vede già la Città, ma il baluardo fatto da Paolo
III. per difesa della medesima, e ci vengono avanti due strade, una a sinistra coperta
di alberi, che conduce all'abitato di Roma; l'altra, che viene di faccia, giunge
fino a s Gio. Laterano; entrando però in questa, si vede nel primo vicolo la
Chiesa e
Monastero di s. Sabba Abate
Fu questa col monastero data a monaci Greci de' quali nell'anno 772. fu creato
Papa Adriano I. ma poi mancando i Greci, fu eretta in commenda, e finalmente da
Gregorio XIII. fu unita al collegio Germanico in s. Apollinare. Nel portico di questa
evvi un sarcofago antico, che si crede essere stato di Tito, o di Vespasiano Imperatore.
Quivi appresso fu la cella nuova di s. Silvia madre di s. Gregorio Magno, e di quì mandava
per cibo al suo figliuolo in ogni giorno, mentre era monaco, come dicemmo, nel clivo di
Scauro una scodella di legumi macerati nell'acqua. Quindi proseguendo il cammino per il
clivo incontro alla divisata chiesa, si trova a destra la
Chiesa e
Convento di s. Prisca
Molto celebre è questa chiesa, non già per il famoso tempio di Fauno, e di Diana,
che quivi quivi presso furono, nè per il magnifico palazzo di Trajano, o per le terme di
Decio; ma per essere stata qui la casa s. Prisca figliuola di un Console Romano,
illustrata poi dalla presenza del Principe degli Apostoli, il quale vi battezzò molti
gentili convertiti alla fede, fra' quali la s. Titolare, ed il di lei padre.
E perchè ella nell'età di 13. anni, e nell'anno XIII. di Claudio I. sofferse,
gloriosamente il martirio per amore di Gesù Cristo, fu chiamata Protomartire di
Occidente nel suo sesso, poichè s. Tecla diceva dell'Oriente, perchè martirizzata
nel V. anno di quell'Imperatore. Perciò fu quivi in suo onore eretta la chiesa,
la quale nell'an. 772. fu ristaurata da Adriano I., e poi da Calisto III.
nel 1455. il quale vi pose alcuni versi pieni di erudizione. Finalmente
nell'anno 1600. fu rinnovata dal Card. Benedetto Giustiniani Genovese
conservando però l'antico altare sotterraneo, e consessione di marmo,
sotto cui stanno i corpi de' ss. Aquila, Priscilla, e Prisca. Il quadro
dell'altare è del Passignani, ed il convento è abitato da' frati Agostiniani.
Camminando più oltre, e voltando a sinistra, si giunge alla
Chiesa e Convento di s. Sabina
Ecco che inavvedutamente ci troviamo sull' alto del monte Aventino, uno de' sette
colli, aggiunto a Roma da Anco Marzio. Prese, secondo alcuni, il suo nome da Aventino
Re di Alba quivi sepolto, o secondo altri ab avibus, che in esso Remo ebbe di augurio;
o pure ab adventu; perchè dal Lazio i popoli solevano quì concorrere all'accennare
tempio di Diana atto da Servio Tullio. Vi abitò il Re Italo, e vi ebbe poi la casa
Vitellio Imperatore, e tanti altri soggetti principali della Repubblica.
La chiesa di s. Sabina fu eretta l’anno 425. sulla casa paterna della medesima
s. Titolare, o come alcuni vogliono, sopra le rovine del divisato tempio
di Diana, da un Prete per nome Pietro di Schiavonia, e perchè s. Gregorio
Magno le concedè la stazione nel primo giorno di quaresima, solevano i Sommi
Pontefici andarvi a dispensare le ceneri, e però vi fu fabbricato un palazzo,
in cui abitarono alcuni Pontefici, e vi furono fatti de' Conclavi. Onorio III.
avendo approvato l'ordine di san Domenico, si concedè questa chiesa,
e parte del palazzo pontificio; ora però que' frati godono tutto.
Questa chiesa è molto grande, e ornata con due ordini di colonne
a guisa di basilica; sotto l'altare maggiore sta il corpo della
s. Titolare, di s. Serapia sua maestra, di s. Evenzio, e di altri
ss. Martiri. Evvi un bel quadro nella cappella a sinistra della
tribuna rappresentante la ss. Vergine con s. Giacinto, ed alcuni
putti per aria, opera di Lavinia Fontana, ed in mezzo alla chiesa si vede un
sasso legato con una catena, che dicesi fosse gettato dal Demonio contro
s. Domenico, mentre di notte faceva orazione in chiesa; ed appresso evvi la
Chiesa e Monastero di s. Alessio
Fu similmente su questo monte il tempio di Ercole detto Aventino, sopra le rovine
del quale si legge, che edificò il suo palazzo Eufemiano Senatore Romano padre di
s. Alessio, sotto le scale del quale visse poi sconosciuto per molti anni il
santo Pellegrino, ed essendovi dipoi eretta la chiesa, vi stettero i monaci di
s. Benedetto, fra' quali in tempo di Giovanni XV. prese l'abito religioso il
vescovo di Praga Adalberto, che poi fu martire di Cristo. Fu una delle 20.
Abazie privilegiate di Roma, e poi succedutivi li monaci Girolamini, nell'anno 1582.
rinnovarono la chiesa; ma ultimamente dal Card. Angelo Quirini titolare della
medesima è stata fatta di nuovo, insieme col monastero. Sotto l'altare maggiore
sono i corpi di s. Bonifazio, di s. Alessio, e di s. Aglae; e
l’immagine della ss. Vergine, che sta nel tabernacolo, fu portata da Edessa di
Soria. Appresso evvi la
Chiesa di s. Maria del Priorato
Nell'estrema parte del monte Aventino, ove è questa chiesa, si tiene esservi stato il
tempio della Buona Dea, alla quale sagrificavano le sole donne. Perciò i fedeli per
rivoltare il profano in sagro, v i eressero la chiesa in onore della ss. Vergine,
che per essere stata una delle 20. Abazie di Roma, bisogna dire, che vi fosse unito
monastero di monaci. Fu ristaurata da s. Pio V. che vi fece l'abitazione contigua,
e fu data in commenda ai Cavalieri Gerosolimitani col titolo di Priorato.
Prima di scendere da questo monte, farebbe bene fare ricerca, ove fosse la spelonca,
nella quale Ercole ritrovò li suoi bovi, che rubati li aveva Cacco famoso ladro di
quei contorni, il quale per non essere scoperto aveva condotti i bovi per la coda,
perchè camminando all'indietro, non si riconoscesse dalle pedate ove fossero andati.
Ma lo scaltro Ercole invece di andare esaminando il termine delle pedate, andò
appresso al principio delle medesime, e sentendo poi muggire i bovi, che chiusi
erano nella spelonca, rovesciò la porta, uccise Cacco, e vittorioso si riportò
i suoi bovi. Questa grotta o tana, non potè essere altrove ,che in una delle due
salite a questo monte, una verso la Bocca della verità, e l'altra presso il baluardo
di Paolo III. Intanto scendendo da questa parte torneremo a pigliare il tralasciato
cammino appresso la sopradetta porta s. Paolo, e vedremo a sinistra la
Fabbrica della Polvere
Era prima la polveriera presso la chiesa di s. Bonaventura sul monte Palatino; ma per
ovviare ad ogni inconveniente, e pericolo, per ordine di Benedetto XIV. fu eretta in questo
gran prato solitario, e lontano dall'abitato, presso il maraviglioso
Monte Testaccio
Molto in uso furono negli antichi tempi i lavori di creta, credo io, perchè non era
ancor in tanta copia lo stagno, il rame, e l’argento, come nei nostri secoli si vede;
perciò ne formavano non solo le tegole, le pentole, ed altri utensili di cucina, ma
facevano ancora maravigliosi vasi, urne sepolcrali, e statue, ornandone tempj e
prospetti di case magnifiche; onde il Re Numa ai sette collegj, che erano in
Roma aggiunse quello de' siguli, e per comodo loro assegnò ad essi il luogo
vicino al Tevere, tanto per prevalersi delle acque, quanto per buttarci gli
avanzi inutili; ma accortosi il popolo Romano, che a poco a poco si sarebbe
impedito il corso delle acque, fu decretato, che non più nel Tevere, ma nel sito,
ove ora vediamo il monte si gettassero i rottami de' lavori di creta, che testa
dicevasi in latino. Fu perciò in tal modo accresciuto il masso, che si formò un
monte alto 160. piedi, e di circuito un terzo di miglio, e dicesi corrottamente monte
Testaccio: vi erano ancora i vetrari, e i legnajuoli. Ultimamente poi vi sono state
incavate delle grotte per conservarvi del vino, che vi si mantiene freschissimo:
onde nell'estate vi concorre del popolo a gustarlo. Appresso furono li
Navali antichi
Nella spiaggia tra il monte Aventino, ed il Testaccio furono gli antichi navali,
cioè lo sbarco delle navi, che venivano dal mare cariche di mercanzie; perciò
eravi un continuo emporio, ornato di portici con statue, e quantità di magazzini,
granarj, e botteghe di merci, vedendosene ancora presso la spiaggia le rovinate mura
con porte, e finestre; e sulla strada si vede l'
Arco di s. Lazzaro
Questo rozzo, e cadente arco fatto di materia laterizia sembra essere molto antico,
e ne' secoli passati si diceva de' sette Vespilloni; ma poi essendovi fatta accanto
una cappella dedicata a s. Lazzaro prese il di lui nome. In vicinanza a questo si
crede essere stata la porta Trigemia, per cui uscirono i ss. Apostoli quando furono
menati al martirio, e poi vi ritornò s. Pietro per essere crocifisso sul monte
Gianicolo, e però dovendo passare per sopra il Tevere, tragittò facilmente il celebre
Ponte Sublicio
In questa spiaggia fa ora bel vedere il grande ospizio di s. Michele, con la dogana,
ed il moderno sbarco de' navigli, che vengono dal mare, ed in mezzo al Tevere si
vedono le rovine dell'antichissimo ponte Sublicio, così detto da ilex albero forte,
e resistente all'acqua, o pure da' legni grossi, con i quali era costruito, che sublices
dicevansi. Era questo formato tutto di legno fin da' tempi più antichi, e da esso solevano
gettare ogni anno nel Tevere 30. uomini Greci; ma a persuasione di Ercole fu mutata
tale usanza, ed invece di uomini vi si buttarono dipoi figure di uomini fatte di paglia.
Questo fu quel ponte, che Orazio Coclite discese contro l'impeto de' Toscani,
mentre dall'altra parte veniva tagliato da' Romani, e poi gettatosi nel fiume col
suo cavallo passò a nuoto da' suoi. E perchè un tal valore venne attribuito ad
opera divina, e perchè in quella necessità fu tagliato con difficoltà, fu dipoi rifatto
senza chiodo alcuno, e fu dato in cura ad alcuni sacerdoti con ampia facoltà di ristaurarlo
e rifarlo quando bisognasse, onde questi furono detti Pontifices, ed il maggiore tra loro
Pontifex Maximus, la cui autorità fu di tanta possanza, ed onore, che poi se l'appropriarono
gli stessi Imperatori. Questo ogni anno si riattava con simile materia, e con grande
superstizione; e però fu ancora detto Ponte Sagro. Fin al tempo di Augusto, di Vespasiano,
e di Antonino fu conservato di legno: ma perchè spello rovinava, fu alla fine da Adriano
fatto di pietra, non già nel medesimo sito, ma poco discosto, perciò a distinzione di
quello, che egli fece presso il suo sepolcro, si disse ponte Emilio.
Rovine nel clivo dell'Aventino
Nessuno ha saputo dire di che sorta di edifizj fossero le grosse muraglie, che si vedono
appoggiate al monte Aventino; ognuno però vede, che sono avanzi di opere magnifiche degli
antichi. Poco più oltre camminando,evvi
La Salara nuova
E' questa una fabbrica, ove si purifica il sale, che si lavora sulla spiaggia del mare,
e sta appunto dove erano l'antiche saline. Quivi sulla strada fu ancora un arco eretto
per ordine del Senato al nome di Orazio per aver difeso, come dicemmo, il suddetto
ponte, e conservata la libertà alla patria. Poco più avanti si vede a piedi della
salita del monte Aventino la
Cappella di s. Anna
Questa piccola chiesa, quando il Papa abitava nel palazzo di s. Sabina era custodita
da' Palafrenieri: ma avendo poi edificata quella presso il palazzo Vaticano, restò
questa unita alla chiesa di s. Sabina, i cui frati vi tengono un Eremita per custodia.
Dopo pochi passi evvi la
Chiesa di s. Maria in Cosmedin
Colla parola greca cosmedin, che significa ornamento, fu chiamata questa celebre chiesa,
cred'io, perchè era ricca di sagri ornamenti; si disse ancora scuola Greca, non tanto per
li monaci Greci, che quivi stettero, quanto perchè quivi anticamente si insegnava quell'idioma.
Il Fondatore di questa chiesa fu il Pontefice s. Dionisio, il quale per distruggere la
superstizione de' Gentili, la eresse sopra il tempio della Pudicizia di cui ancora se
ne vedono entro le pareti ella chiesa le colonne di marmo molto belle, e fu ristaurata
da Adriano I.. Vi abitarono alcuni Sommi Pontefici, ed è ancora tradizione antica che
quivi s. Agostino insegnasse rettorica, prima che andasse a Milano, e si facesse Cristiano.
Dopo i monaci Greci vi stettero i Benedettini fino all' anno 1513. ora però è insigne
collegiata, e parrocchiale, e conserva la venerabile sua antichità nell'altare isolato,
ed amboni di marmi intarsiati di pietre dure. Si vede nel portico un gran marmo rotondo,
coll'immagine, secondo appare, di Giove Ammone, e dicesi, che fosse della famosa
Ara Massima, a cui i Gentili conducevano i testimonj per giurare il vero; ma considerato
il marmo, e la figura, che ha gli occhi, e bocca forati, da alcuni fu creduto che fosse
servito in qualche magnifico cortile per ornamento della chiavica. Fu nell'an. 1718.
rinnovata la chiesa da Clemente XI. il quale fece ancora il prospetto, e fonte sulla piazza.
Chiesa di s. Maria del sole
Con maggior decoro, e stima dovrebbesi tenere il tempio rotondo, che quivi si vede sulla
spiaggia del Tevere, non solo per l'unione de' marmi e colonne ben regolate, ma ancora per
la bella sua forma circolare. Si crede da' più, che fosse della Dea Vesta, diverso
però da quello, che era nel Campo Vaccino; altri lo dissero del Sole; ma poi purgato
dalla folle superstizione de' Gentili fu dedicato in onore della ss. Vergine col
titolo del Sole, ed ancora a s. Stefano Protomartire, dalla famiglia Savelli,
e si disse ancora delle carrozze.
Tutta questa spiaggia fino alle saline fu talmente ornata di marmi, e di vaghi lavori
da Tarquinio Prisco, che dicevasi Pulcrum littus: e si vede ancora presso il suddetto
tempio lo sbocco della chiavica massima fatta dal medesimo Tarquinio. Siegue dopo la
Chiesa di s. Maria Egiziaca
Per la rozza struttura, che si vede nel di fuori di questo antico edifizio, si crede
essere un tempio de' primi tempi di Roma dedicato alla Misericordia, invece del famoso
Asilo, o come altri vogliono, alla fortuna virile, di cui si legge, che bruciando con
tutto quello, che vi era dentro, solamente la statua di legno indorata postavi da
Servio Tullio fu trovata illesa. L'anno 872. nel Pontificato di Giovanni VIII. fu
dedicato alla ss. Vergine, e poi nel 1560. venendo a Roma Sapher Abagaro Ambasciatore
del Re di Armenia in tempo di Pio IV. li fu data una chiesa per la sua nazione: ma
essendo poi distrutta per dare luogo al nuovo Ghetto degli Ebrei, s. Pio V.
li concedè questa, e però vi fu eretto l'ospizio per li pellegrini di quella nazione,
e nella chiesa vi fu formato il modello del s. Sepolcro del nostro Salvatore
Gesù Cristo. A destra si vede il
Palazzo di Pilato
Molto rozza, e curiosa è la struttura di quella poca fabbrica, che dal volgo viene
chiamata palazzo di Pilato, dicendo aver quivi abitato quell'ingiusto Presidente,
quando fu chiamato a Roma da Claudio Imperatore, per aver condannato a morte Gesù
Cristo; ma perchè non vi è alcun documento d'un tal fatto, resterà nella sua incertezza.
Incontro a questo si vedono le
Rovine del ponte di s. Maria, detto Rotto
Questo si disse da alcuni ponte Senatorio, da altri Janiculense, e fu il secondo ponte,
che fosse eretto presso Roma, e però tutta la spiaggia, che era tra il suddetto ponte
Sublicio, e questo dicevasi inter duos pontes: perciò quivi deve intendersi essere stata
la statua di Simon Mago, che descrive s. Giustino martire, e non fra li due ponti
dell'isola Tiberina, come fin ora si è creduto. Ebbe principio questo ponte da
Marco Fulvio Censore, e poi fu compito da Publio Scipione Africano, e L. Mammio Censori;
dipoi essendo per la vecchiezza in parte rovinato, da Giulio III. fu rifatto; ma
avendo altra volta pericolato, fu fatto di nuovo da Greg. XIII. l'an. 1575. e
finalmente nel 1598. seguendo una grande inondazione rovinarono due archi, e
perciò rimanendo in abbandono, dicesi Ponte rotto, ed ancora di s. Maria per la divisata
chiesa, che sta da questa parte.
Quindi seguitando il cammino per il vicolo, o pure entrando nella strada, si vede la
Chiesa ed ospedale di s. Galla
Questa chiesa dicevasi anticamente s. Maria in Portico, perchè quì fu il magnifico
portico di Ottavia edificato da Augusto, ed insieme li due tempj fatti da Metello,
uno ad Apollo, e l’altro a Giunone. Quivi avendo il suo palazzo s. Galla figliuola
di Simmaco persona Consolare, che fu fatto morire da Teodorico, mentre la s. Donzella
si esercitava in fare la carità ai poverelli, dando loro da mangiare e ricetto nella
medesima sua casa, le apparve un'immagine della santissima Vergine, e fattone
avvisato il Papa, che allora era Giovanni I. venne questi a prenderla, e convertendo
la medesima casa in chiesa, la Santa le assegnò tutto il suo avere, ritirandosi
ella in un monastero presso il Vaticano. Fu tale la devozione del popolo Romano
verso quella sagra Immagine detta di s. Maria in Portico, che in ogni bisogno
ricorreva a lei; perciò, come dicemmo, fu poi trasportata nel magnifico tempio,
che si dice in Campitelli; e la chiesa fu dedicata a s. Galla, aggiungendovi lo
spedale per li poveri, che non hanno dove dormire.
Indi voltando a sinistra presso il palazzo Orsini, si vede la
Chiesa di s. Gregorio della divina Pietà
Dirimpetto ai due portoni del Ghetto sta questa piccola chiesa, la quale essendo
nel Pontificato di Benedetto XIII. riedificata, vi fu dipinto sopra la porta il
s. Titolare genuflesso a piedi del ss. Crocifisso, e sotto vi furono posti
alcuni versi della Scrittura, che rimproverano la perfidia ed ostinazione
degli Ebrei. Fu conceduta questa chiesa alla Confraternita della divina
Pietà, la quale ha per istituto di ajutare le povere famiglie civili.
A sinistra di quella evvi il
Ponte quattro Capi
Fu questo ponte chiamato Fabrizio, perchè da E. Fabrizio fu eretto per
congiungere l'isola tiberina colla Città: ora per alcuni termini o giani
quadrifronti, che vi sono stati posti, dice ponte quattro Capi. Si vede appresso a
questo la costruzione di grossi macigni fatta da Tarquinio Prisco per tenere a
dovere le acque del Tevere, e passato questo eccovi la
Chiesa di s. Giovanni Calibita, e spedale de' Benfratelli
Nel sito di questa chiesa aveva la sua casa il s. Titolare, la quale essendo poi convertita
in chiesa, da prima fu unita ad un monastero di monache; ma essendo queste trasferite
presso s. Anna de' Funari, fu questa con il convento conceduta ai religiosi spedalieri
di s. Giovanni di Dio, dati i Benfratelli, i quali vi eressero lo spedale per li
poveri civili e nobili. Quindi volendo nell'anno 1600. rinnovare la chiesa, trovarono
alcuni corpi di Santi, fra' quali quello del s. Titolare con altre reliquie e poi
nell'anno 1742. fu ornata di marmi, stucchi dorati, e pitture assai vaghe. Il quadro
sull' altare maggiore è di Andrea Generelli detto il Sabinese, e i laterali sono di
Corrado Giaquinto, il quale ha fatto tutte le pitture a fresco nella volta, ed anco
il quadro di s. Antonio nell'altare a destra. Nel convento evvi la natività del
Signore creduta opera di Raffaelle da Urbino. Ed incontro si vede la
Chiesa e Convento di s. Bartolommeo all'isola
Da principio fu questa chiesa dedicata a s. Adelberto martire; ma poi nell'an. 983.
essendovi dall'Imperatore Ottone III. trasportato, fra gli altri il corpo di
s. Bartolommeo Ap., a questo fu dedicata. Risedeva quì nel palazzo contiguo il Vescovo
di Porto, e come in sua Diocesi amministrava i Sagramenti, e però fu collegiata;
ma poi nel 1513. essendo conceduta ai frati Osservanti di s. Francesco,
questi convertirono il palazzo in convento. Nell'urna di porfido sotto l'altare
magg. ornato con quattro colonne similmente di porfido si conserva il corpo del
s. Apostolo, e nel pozzo incontro furono trovati i corpi di s. Paolino vescovo
di Nola, di s. Essuperio, e di s. Marcellino confessori, con altri Santi.
Nel piccolo chiostro si vede affissa al muro la lapide ritrovata nello scavare
presso questa chiesa nel Pontificato di Gregorio XIII. la quale ha dato motivo
ad alcuni dr dire, che s. Giustino martire abbia sbagliato quando asserisce, che
in Roma fosse stata la statua di Simon Mago eretta da' Romani inter duos pontes:
ma ciò è avvenuto perchè non avvertirono, che il sito chiamato dagli antichi inter
duos pontes era quello, come dicemmo, che restava tra il ponte Sublicio e il Senatorio,
e non questo fra li due ponti dell'isola. E’ certamente venerabile il sito
intorno a questa chiesa; mentre quì presso si tiene da alcuni, che anticamente
fossero le carceri pubbliche, vicine al fiume, ed in luogo più separato
dalla Città, e perciò sicuro. Comecchè in esse erano poste le persone più
vili, e di tal condizione essendo in quei tempi stimati i Cristiani da' Gentili,
perciò furono santificate colla stentata, e penosa dimora, che vi fecero molti
santi Martiri, ed in particolare s. Quirino, di cui trovasi fatta menzione negli
atti de' ss. Mario, Marta e loro figliuoli Persiani, i quali venuti da paesi così
lontani per venerare i sagri Limini, ed i luoghi santi di Roma, con una fervente
carità, e viva fede andavano cercando e consolando i poveri Cristiani carcerati;
e leggesi che vennero a questa prigione di Trastevere, e trovando in
essa s. Quirino con molti altri fedeli, vollero fermarsi nella prigione per
otto giorni, servendoli e lavando loro anche i piedi, con gettar quell'acqua
per devozione sopra i corpi loro, e de' loro figliuoli. Questi dopo gli otto giorni,
essendo andati a seppellire altri santi Martiri nella via Salara, quando ritornarono
alla prigione, non vi ritrovarono s. Quirino; ed avendo inteso da un prete chiamato
Pastore, che la notte era stato ucciso, e gettato nel Tevere, ma che il corpo era stato
arrestato nell'istessa Isola, essi la notte seguente lo presero, e lo seppellirono
nel cimiterio di Ponziano. Moltissimi altri simili fatti si leggono; ma per
non prolungare più oltre il viaggio di questa giornata, a bella posta si tralasciano.
Isola Tiberina
Sorse quest'Isola dopo scacciato da Roma Tarquinio Superbo, che per le iniquità sue,
e del proprio figliuolo si era renduto odioso non meno al popolo che al Senato Romano;
Onde essendogli confiscati tutti i beni, certo grano, che egli aveva nel Campo Marzio
parte tagliato, e parte da tagliarsi, in vendetta fu buttato nel Tevere, il quale
trovandosi per i caldi di quella Ragione più basso del solito, riuscì facilmente,
che le paglie col peso del grano andassero al fondo dell'acqua, e fermatosi in
quella parte, ove oggi è l'Isola con altre brutture, che vi sopraggiunsero,
fece posatura tale, che aggiungendovisi poi l’industria, e l’opera umana,
divenne un' Isola, e fu chiamata Mesopotamia, cioè fra due fiumi. Approdando
poi in quest'Isola la nave cogli Ambasciatori, che da Epidauro portavano
il Serpente, tenuto da loro per Esculapio Dio della medicina, a lui fu consagrata
e però fu formata a guisa di nave, ed ove abbiamo veduto la chiesa di s. Bartolommeo,
fu edificato un tempio, e vi fu posto il Serpente, che da' Sacerdoti veniva
custodito ed alimentato con somma superstizione, e finsero, che per più secoli
fosse ancor vivo; ma da s. Prospero di Aquitania fu scoperta la loro frode.
Fu ancora in questo il tempio di Fauno e di Giove Liconio; onde negli atti de'
santi Martiri si disse ancora Isola Liconia.
E' massima comune, esservi stato ancora uno spedale; e perciò gran numero
d'infermi vi concorreva con animo di conseguire la loro guarigione, ed
affinchè i padroni non vi mandassero i loro schiavi ammalati, fu da Claudio
Imperatore dichiarato, che fossero per sempre liberi li schiavi, che ivi
si curassero.
Ponte Cestio
detto di s. Bartolommeo
Per passare al Trastevere fu eretto il secondo ponte, che dal suo fondatore si
disse Cestio, ed ora prende il nome dalla chiesa vicina di s. Bartolommeo,
e nell'una e nell'altra parte si leggono due iscrizioni, che indicano essere stato
rifatto da Valentiniano, Valentino, e Graziano Imperatori.
Anticaglie e mole
da grano attorno all'Isola
A fianco della chiesa di s. Bartolommeo si vede la costruzione della nave con grossi
macigni, ravvisandosi ancora in un sasso scolpito il Serpente di Esculapio.
Dall'altra parte verso la corrente altri macigni si vedono formare la prora
della nave, intorno ai quali fu raccolto, come dicemmo, il corpo di s. Quirino,
e di vari altri ss. Martiri da' Gentili buttati nel Tevere.
Le mole da macinare il grano, sebbene fossero state inventate, ed introdotte da
Bellisario, già in tempo de' Re vi erano in Roma, mentre per tale effetto era stato
aggiunto alla Città il Trastevere, in cui passando ci fermeremo forse con piacere
nella seguente giornata.
Digital text first made available in the net by Istituto Nazionale di Studi Romani.
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