Itinerario istruttivo
per ritrovare con facilità tutte le
Magnificenze di Roma
e di alcune città, e castelli suburbani.
Prima Giornata
Prefazione
Siccome fu mio pensiero d'incidere in rame tutte le parti delle antiche e moderne magnificenze di Roma
divise in X. libri: cioè le porte della Città; le
piazze principali; le
Basiliche; i
Palazzi più cospicui;
i ponti sul
Tevere; le Chiese parrocchiali; i
Conventi e Case di preti; i
Monasterj e Conservatorj di donne; i
Collegj e
Spedali, e le Ville, tanto quelle di dentro,
quanto quelle, che sono fuori della Città; ai quali per maggior
chiarezza de' medesimi, e per dare compito piacere ai Signori Dilettanti delle cose di Roma, aggiunsi una
spiegazione istorica, ricavata dalli Scrittori ed Antiquarj più accreditati, e da monumenti antichi, con
tutte le notizie più interinanti ancora delle cose moderne; così ora, affinchè riesca facile ad ognuno,
che viene a Roma trovare da per se tutte le parti più riguardevoli di quest'Alma Città, senza lasciare
inosservata cola alcuna, che sia di particolare erudizione, ho preso il carico di farne un breve ristretto, e
regolarlo secondo l'indice del gran Prospetto, che medesimamente ho fatto di questa Metropoli,
aggiungendovi una breve relazione delle pitture, e sculture più insigni. E perchè sia di maggior comodo,
e facilità a tutti, l'ho regolato in forma d'itinerario diviso in otto giornate di cammino, ed ho posto il numero
della tavola in ciascun capitolo correlativo ai X. libri, acciò si possa ivi osservare la magnificenza degli
edifizj incisi in rame, e similmente ritrovare le notizie più distese.
Prima però di entrare in questo oceano di cose stupende, memorabili, ed oscure, mi sembra molto
ragionevole di accennare prima d'ogni altra cosa, l'origine, situazione, ed estensione della Città, ed
altresì da quali popoli venne formata e popolata: onde possa il cortese Lettore vedere, sebbene di
passaggio, ed in confuso da quali bassi principi sia ella nata, e poi, come sia giunta a tale e tanta
grandezza, che in tutto il Mondo non ve n'è stata alcun'altra, che la superasse.
Intanto dovendoci trattare di una stupenda farragine di cose in gran parte fondate nella tradizione
de' nostri maggiori, e nelle congetture, talvolta non lungi dal vero: non solamente non ho voluto
allontanarmi da queste, ma nemmeno ho creduto, dovermi opporre senza nuovi e chiari documenti;
ho bensì tralasciato l'antico e consueto sistema di rintracciare la serie delle cose da Rione in Rione,
non per altro motivo, che per fare continuato, e senza salti il nostro cammino. Ho aggiunto poi nell'ultimo
dell'Itinerario una breve Digressione, per ritrovare le cose più memorabili, e celebri di alcune città, e
castelli suburbani, affine di godere ancora le delizie, e magnificenze moderne, che ivi sono: pertanto
se in qualche parte io non avessi corrisposto al purgato gusto ed aspettazione del cortese mio Lettore,
o per disavventura fossi incorso in qualche errore, come di facile può accadere nella moltiplicità delle
cose oscure, ed astruse, non tanto per il continuo cambiamento de'secoli quanto per la variazione
de'moderni Scrittori, talvolta non versati in tali materie; perchè omnis homo mendax, perciò, sebbene
io non meriti un generoso compatimento,almeno lo spero dalla pietosa sofferenza del mio Lettore.
Approvazione
Avendo letto il presente Itinerario Istruttivo, o Giornale per ritrovare con facilità le magnificenze di Roma
non ci ho trovato cosa alcuna contraria alla nostra santa Fede, nè ai buoni costumi. In fede di che
questo dì 7. Febbraio 1761.
Gio. Bottari.
Prima Giornata
Volendo ora intraprendere con buon'ordine il nostro cammino, ed osservare con piacere tutte le
parti di quest'Alma Città, farà cosa molto spediente incominciare dal Tevere, mentre essendo questo
Fiume reale assai celebre nell'Istoria Romana, ci darà grande ajuto a ritrovare e riconoscere il sommo
pregio delle magnificenze di questa Metropoli, tanto più, che da questo Fiume la maggior parte delle
Nazioni dovrà passare prima di entrare in Roma.
Chiamossi ne' primi tempi Albula, per le acque torbide, che portava, com'anche oggidì; poi si
disse Tibris da Tibri Re, o Capitano de' Tuschi, che vi si affogò; ora però dicesi corrottamente
Tevere, ed in latino Tiber. Nasce più in alto, e presso all'Arno nel monte Appennino, e nel corso
intorno a 150 miglia, entrano in esso 42. fiumi: onde gonfio passando di fianco a Roma, la rende
colla sua navigazione non solo deliziosa, ma altresì abbondante di ogni sorta di viveri, e di mercanzie.
Sono in oggi sopra di questo Fiume cinque ponti tutti antichi, il primo de' quali è lungi dalla città
quasi due miglia, e dicesi volgarmente Ponte MolleOr dovendo
da questo principiare il nostro dilettevole viaggio, non bisogna, mio Lettore gentile, mirare solamente
la semplice struttura di esso, ma scorrere più presto col pensiero a rammemorarsi quei tanti Eroi,
che passando per esso vennero a Roma vincitori di Regni, e Provincie le più vaste e lontane; ed
insieme quanti Re e Capitani prigionieri, o pur tributarj, ed officiosi vi possarono per venire a prestare
omaggio al senato e popolo romano. Da Emilio Censore, che lo edificò fu chiamato Ponte Emilio, dipoi
Milvio, ed ora Ponte Molle vien detto. Dell'antico non ritiene altro, che la torre fatta da Bellisario, e i
piloni sopra cui Niccolò V rifece il ponte. Ne' secoli antichi si difendevano fin quì le oscenità del
gentilesimo, perciò era frequentata questa contrada da Nerone. In oggi però dal medesimo ponte
principia a farsi vedere la pietà de' Fedeli, e la santità della nostra Religione, essendo sopra di esso
collocata un'immagine della santissima Vergine, ed al fianco la statua di s. Giovanni Nepomiceno.
Via Flaminia
Da Cajo Flaminio vincitor de' Liguri prese un tal nome la via, che passa sopra questo ponte, perchè
con generosità la lastricò l'anno 533. di Roma fino a Rimini, ove finiva la Gallia cisalpina; né ha mutato
nome, anzi con esso seguita, come anticamente, fino alla piazza di Sciarra, ove si unisce colla Via Lata.
Era in quei tempi come la trionfale ornata di archi, e statue di uomini illustri;
ora però vi sono de' sagri tempj, e sagre immagini: si vede in primo luogo la seguente
Statua di S. Andrea Apostolo
Pochi passi dopo il detto ponte evvi a sinistra la statua di s. Andrea Apostolo alzata sin dall'anno 1462.
da Pio II. in memoria di essere stata ivi per una notte conservata la di lui sagra Testa, quando dal
Peloponneso fu portata a Roma, e però fuvvi eretto un frontespizio, con 4 colonne, e vi fu destinato un
Eremita, che ne avesse cura. E poco dopo evvi la
Chiesa di S. Andrea Apostolo
Giulio III. per una grazia ricevuta dal santo Apostolo mentre era Prelato, crede questa piccola
chiesa con disegno però di Giacomo Barozio da Vignola, e se ne vede in stampa la pianta, lo spaccato,
ed il prospetto.
Casino e Vigna di Papa Giulio
Giulio III. suddetto fece il nobilissimo Casino, che si vede pocoltre la detta chiesa, con disegno di
Baldassare Peruzzi da Siena, e fu poi terminato da s. Carlo Borromeo nel Pontificato di Pio IV. suo zio.
Incontro a questo evvi la famosa Osteria, che porrà il medesimo nome della vigna, ed entrambi spettano
ora alla Ecc. Casa Colonna.
Palazzo della Reverenda Camera Apostolica
Nel vicolo a sinistra dell'accennato casino si vede in lontano il magnifico palazzo fatto dal sopraddetto
Giulio III. ma con disegno del Vignola, e vi sono delle pitture e marmi antichi. A destra di questo
evvi un arco lungo ed oscuro, perchè sopra vi passa ad unirsi una vigna coll'altra, e sotto si
custodisce un immagine della ss. Vergine, di cui tiene cura un Eremita. Dopo non breve cammino
si giunge al fonte della celebre Acqua acetosa buona per mille mali.
Quindi ritornando sulla via Flaminia, dopo alcune ville, e casini si giunge alla
Porta del Popolo
In oggi questa è la Porta principale di Roma, non solamente perchè tra tutte le altre è la più magnifica,
ma ancora perchè la maggior parte delle nazioni entra per essa, e per essa fanno l'ingresso pubblico gli
Ambasciatori, e Cardinali quando vengono la prima volta in Roma, ed ancora i Re, e Regine, l'ultima delle
quali fu Cristina Regina di Svezia in tempo di Alessandro VII. Chiamossi anticamente questa porta col
medesimo nome della via Flaminia; ora però prende il nome dalla chiesa, che le sta accanto, o secondo
altri da' pioppi del mausoleo di Augusto, che fin quì si distendevano, che populi diconsi in latino.
Tutto quel vasto sito, che da una parte è circondato da monti, e dall'altra dal Tevere, dicevasi
anticamente Campo Marzio, perchè da Romolo dedicato a Marte, affinchè in esso si esercitasse la
gioventù nell'arte militare, ed ancora per tenervi i comizi nell'elezione de' Magistrati; e però non era
lecito ad alcuno abitarvi: vi furono bensì eretti fabbriche pubbliche molto magnifiche, cioè Circi,
Naumachie, Teatri, Archi trionfali, Obelischi, Tempj, Portici, e Statue di uomini illustri senza numero:
onde Aureliano, per non lasciar tante magnificenze esposte agl'insulti de' nemici, le incluse entro Roma,
con distendere fin a quella parte le mura della Città. Fu rinnovata questa Porta per ordine di Pio IV.
da Giacomo Barozio, ma con disegno del Buonarroti, e poi vi furono poste le due statue di s. Pietro,
e di s. Paolo fatte dal Mochi; l'architettura però della parte dentro la Città è del Cav. Bernini.
Chiesa di S. Maria del Popolo
Si slarga all'entrare di questa porta una gran piazza, ornata di un maraviglioso Obelisco antico e
di varj tempj, e fontane. A sinistra della detta porta appoggia la chiesa di s. Maria del Popolo, la quale
fu eretta l'anno 1099. da Pasquale II. per cancellare la nefanda memoria di Nerone, le di cui ceneri quivi
negli orti di sua famiglia Domizia stettero sepolte. Ed essendo poi nell'anno 1227. riedificata dal Popolo
Romano, prese di questo il nome; e perchè si continuasse la devozione verso la ss. Vergine
Gregorio IX. riposevi l'immagine della medesima, che stava nella celebre cappella di Santa Sanctorum:
E in forma di basilica a tre navi, e fu data in cura ai Frati Agostiniani della congregazione di Lombardia.
Giulio II. adornolla di pitture e di marmi; ed Alessandro VII. la rinnovò con disegno del Bernini.
Due nobilissime cappelle, oltre quella dell'Altare maggiore, sono in questa chiesa, una a destra del
Card. Cibo, e l'altra a sinistra di Agostino Ghigi; e fra le pitture evvi nella prima cappella a destra la
Natività del Signore fatta dal Pintorecchio; nella seconda poi ornata tutta di marmi e sculture,
evvi sull'altare la ss. Concezione con 4. Santi dipinta da Carlo Maratti, e di laterali sono uno di Monsù
Daniele, e l'altro di Gio. M. Morandi: le pitture però a fresco nella cupola sono di
Luigi Garzi. Il s. Agostino colla ss. Vergine nell'altra cappella è del detto Pintorecchio, e la Visitazione
di s. Elisabetta nell'altra è del Morandi suddetto; l'Angelo però a destra è scultura di Ercole Ferrara,
e l'altro a sinistra di Gio. Antonio Mari. Il s. Tommaso di Villanova nella cappella, che segue, è di
Fabbrizio Chiari, e le pitture nella cupola della chiesa sono del Vanni. Il nobilissimo altare maggiore,
in cui si custodisce l'immagine della ss. Vergine fu fatto da Urbano VIII. con disegno del Cav. Rainaldi,
e i due sepolcri nel coro sono sculture di Andrea Sansovino. Il quadro dell'Assunta nella cappella
che segue, è di Annibale Caracci, e i laterali di Michelangelo da Caravaggio; però le pitture nella volta
sono d'Innocenzo Tacconi, ed il resto di Gio. Batista Novara; le pitture e statue nell'altra cappella sono
di Giulio Mazzoni. L'altro quadro nella crociata è di Bernardino Mei, l'Angelo a destra è scultura del
Raggi, e quello a sinistra del Mari. Le pitture nella cappella che segue sono di un Fiammingo, e quelle
nell'altra di Gio. da s. Giovanni; li depositi però furono fatti col disegno dell'Algardi. Siegue
appresso la celebre cappella fatta da Agostino Ghigi con disegno di Raffaele da Urbino, e con i suoi
contorni fu dipinto il quadro dell'altare da Fra Sebastiano del Piombo; li mosaici nella cupola
furono similmente cavati da' cartoni di Raffaello; le lunette però sono del Vanni.
La statua di Elia e quella di Giona furono scolpite da Lorenzetto con disegno, e direzione di
Raffaello, e però pajono antiche; le altre due e i depositi sono opere del Cav. Bernino; il
paliotto dell'altare con i bassirilievi, e candellieri di metallo sono opere del mentovato Lorenzetto; il
quadro nell'ultima cappella e di Pasqualino de' Rossi, ed il resto di pitture e sculture in varj
altri luoghi della chiesa sono riguardevoli, ma per brevità si tralasciano.
Piazza del Popolo, e Obelisco Egizio
Come la porta, e la chiesa suddetta, così chiamasi questa gran Piazza, in mezzo alla quale si vede il
maraviglioso Obelisco, colla ss. Croce inalberata in legno di nostra santa Religione. Questo smisurato
sasso, fu un opera delle più ammirabili de' Re di Egitto, fatto in tal forma da Semneferteo, che regnò 522.
anni prima della nascita del nostro Redentore. È alto palmi 108, e col piedistallo 145; nel suo
vivo è largo palmi 12. e mezzo, e nelle 4. faccie è lavorato con note e simboli Egizj, cavato in un sol
masso di granito rosso. Da Eliopoli lo condusse in Roma Augusto, e lo eresse nel
Circo
massimo, ove poi giacque con tante altre rarità sotto le rovine fino al Pontificato di Sisto V il quale
nel 1589. quì fecelo trasportare, facendovi collocare nella sua cima il segno della ss. Croce sopra il
Tuo stemma, il tutto fatto di metallo alto palmi 17. e mezzo, sicchè dal piano si contano palmi
162 e mezzo. Il fonte, che adorna il piede di questo, è notabile per la tazza superiore, perchè
ricavata da una base delle colonne, trovate nel giardino Colonnese.
Via del Corso
Tre strade si aprono su questa piazza, divise da due chiese erette ugualmente con magnifica
architettura, onde rendono maestoso e nobile il primo ingresso della Città. La strada di mezzo seguita,
come dicemmo, fino alla piazza di Sciarra col nome di Flammia, ma dopochè vi fu introdotta da Paolo II.
la corsa de' cavalli in tempo di Carnevale, prese ancora il nome di Corso. A destra del quale evvi la
Chiesa di S. Maria di Monte santo
I Frati Carmelitani della provincia di Monte santo in Sicilia possedevano quì preso una piccola chiesa,
ed avendo principiata la nuova sotto Alessandro VII. col disegno simile a quella dell' altra parte del Corso,
per mancanza di danaro, fu poi proseguita dal Cardinale Girolamo Castaldi sotto la direzione del Cavalier
Bernini, quasi simile all'altra . Sono in questa delle cappelle ornate di marmi, pitture, e stucchi dorati.
Fra le pitture sono riguardevoli quelle nella prima cappella a destra del ss. Crocifisso fatte da Salvatore
Rosa, e quelle nella terza di Niccolò Berrettoni. L'Altare maggiore è ornato di marmi e colonne; sonovi
ne' depositi laterali delle sculture e busti di metallo condotte dal Cav. Lucenti. Il quadro nella cappella,
che siegue, e di Carlo Maratti, e i laterali, uno è di Luigi Garzi, e l'altro di Monsù Daniele, ed è degna
di osservazione la sagrestia di quella cappella per le pitture del Baciccio, e del Chiari. Finalmente la
s. Maria Maddalena de' Pazzi nella cappella, che siegue è del Gimignani, e la s. Anna nell'ultima del
Berrettoni suddetto. A sinistra del Corso è la
Chiesa di S. Maria de' Miracoli
Avevano i Frati Riformati del Terz'Ordine di s. Francesco Francesi una piccola chiesa presso al Tevere,
con una immagine della ss. Vergine molto miracolosa; e perchè fosse tenuta con maggior decoro, fu da
Alessandro VII. ordinato, che si facesse quivi una chiesa col disegno del Cav. Rainaldi; ma essendo
mancato il Pontefice, fu proseguita la fabbrica dal suddetto Card. Gastaldi Genovese, con gli avanzi
dello spurgo fatto in tempo del mal contagioso, poco prima sofferto da questa Città, e ne ebbe la
direzione il Cav. Bernini, che ridusse la chiesa in figura ovata con cupola, e portico esteriore.
Sono in questa delle cappelle ornate di pitture e marmi: specialmente l'altare maggiore è
ornato ne' laterali con depositi, le cui statue e putti sono di Antonio Raggi, e i busti di metallo del
Cav. Lucenti. Quindi intraprendendo il cammino per la strada del Corso, si trova in primo luogo a destra
lo spedale e
Chiesa di S. Giacomo degl'Incurabili
Per un Legato del Card. Giacomo Colonna fu eretta quivi la chiesa collo spedale per li
poveri infermi circa l'anno 1338. e se ne vede ancora la porta nel cantone del vicolo
laterale con architettura molto rozza, e collo stemma di Casa Colonna. Si disse da
principio in Augusta per il celebre mausoleo di Augusto, che l'era vicino; ora dicesi
degl' Incurabili, per li morbi di tale specie, che in questo spedale si curano.
Il Card. Antonio Salviati l'anno 1600. essendone protettore, ingrandì lo spedale,
e rifece la chiesa con disegno di Francesco da Volterra, terminata poi da Carlo Maderno,
in figura ovale con cupola, e due campanili. Sono in ella delle pitture, e sculture
riguardevoli; il quadro nella prima cappella a destra è del Roncalli;
il grande bassorilievo in marmo nella seconda, e gli Angioli con altri ornati di
stucco sono opere di Monsù le Gros, e li due quadri laterali sono di Giuseppe
Passeri; il battesimo del Signore nella terza è del Passignani; la
Cena con gli Apostoli nell'altare maggiore, e le pitture nella volta di Gio. Batista Novara,
il quale dipinse ancora il Dio Padre nella cupola. La Natività del Signore nella cappella,
che siegue, è di Anteveduto Grammatica; la statua di s. Giacomo nell'altra è scultura in
marmo del Buzio, ed il quadro nell'ultima è del Zucchi.
E' notabile, che s. Filippo Neri frequentando la visita di questo spedale degl'incurabili, soleva
dire, che se la gioventù dissoluta visitasse questo, ed osservasse la varietà de' mali
causati dalla libidine, non così facilmente viverebbe immersa in quelle laidezze;
in questo medesimo spedale ebbe i principi della sua perfezione s. Cammillo de Lollis, istitutore de' Ministri degl'infermi.
Chiesa di Gesù e Maria
Quasi incontro alla descritta chiesa evvi quella, di cui sono per accennarvi il
pregio, ed il decoro. I Frati riformati di s. Agostino comprarono quivi un palazzo dal
Card. Flavio Orsino, e circa l'anno 1640. vi eressero il convento, e la chiesa in
onore de' ss. nomi di Gesù e Maria con disegno di Carlo Milanese, ma poi fu terminata
la chiesa con magnificenza dal Cav. Rainaldi per mezzo de' grossi soccorsi di Monsig.
Giorgio Bolognetti vescovo di Rieti. Ella è ad una nave con sette altari, ed ornata
tutta di marmi, sculture, pitture, e stucchi dorati, con varj depositi.
Il primo deposito a destra della porta è opera di Domenico Guidi, e quello,
che siegue con i busti de' Sig. Bolognetti è di Francesco Aprile.
Il s. Niccolò nella seconda cappella è pittura di Basilio Francese,
ed il terzo deposito è del Cavallini. La coronazione della ss. Vergine sul magnifico
altare maggiore è di Giacinto Brandi, il quale fece ancora le pitture in alto;
le due statue però ne' laterali sono di Giuseppe Mazzoli, e li due Angioli,
che reggono il globo di Paolo Naldini, e gli altri del suddetto Cavallini,
il quale fece ancora il deposito, che siegue del mentovato Monsig. Bolognetti.
Il quadro della ss. Vergine, e s. Giuseppe nella cappella contigua col
resto delle pitture sono del suddetto Brandi, ed il deposito accanto è opera di
Monsù Michele. Il s. Tommasso di Villanova, e altre pitture nell'ultima
cappella sono di Felice Ottone, e l'ultimo deposito a sinistra della porta è di
Ercole Ferrata. Le statue e putti di stucco, che sono in alto, furono fatti da'
medesimi scultori, e le pitture nella volta sono dell' antidetto Giacinto Brandi.
Monastero e Chiesa delle Orsoline
Proseguendo il cammino per la strada del Corso, ed entrando nel terzo vicolo
dopo la descritta chiesa, si vede a sinistra il monastero dell'oblate Orsoline,
eretto l'an. 1684. da Laura Duchessa di Modena, madre di una Regina d'Inghilterra ,
con una piccola chiesa che è dedicata al Patriarca s. Giuseppe.
Chiesa de' SS. Ambrogio e Carlo al Corso
Sulla strada del Corso è quella chiesa, la quale per la magnificenza meriterebbe
piuttosto il nome di tempio, o di basilica, non vi mancando altro, che un collegio di
Canonici, in vece del convitto de' Preti. Ne tiene cura la nazione Milanese, perchè fin
dall'anno 1471 ebbe quivi una piccola chiesa, che dicevasi s. Niccolò del Toss, la quale
avendo rifatta da' fondamenti nell'anno 1612. la dedicarono al loro protettore, e vescovo
sant' Ambrosio nobile Romano; ma dipoi canonizato che fu s. Carlo Borromeo, colle copiose
limosine di molti Porporati e nazionali, e molto più con i soccorsi del Re Cattolico
allora dominante nel Milanese, vi fu eretto il gran tempio col disegno di Onorio Lunghi,
eseguito poi da Martino suo figliuolo; la cupola però è disegno di Pietro da Cortona.
Si vede sull'altare maggiore il celebre quadro dipinto da Carlo Maratti, e nella
tribuna, negli angoli della cupola, e nella volta le pitture di Giacinto Brandi,
con intorno delli stucchi fatti da Cosimo, e Giacomo Fancelli, tutti messi a oro,
tantochè per accompagnare è stato tutto il resto dipinto ad uso di pietra; appunto
come li pensa di farla a suo tempo. Nelle due navi laterali si vedono varie
pitture a fresco, fra le quali, ve ne sono del Cav. Benesiani, di Giuseppe Chiari
ed altri; le statue nelle nicchie sono del Cavallini, ed il modello nella crociata è
disegno di Paolo Posi, per farlo nell'altare incontro con lavori di marmi.
Unito a questa è lo spedale de' nazionali Milanesi, e dopo poco cammino sulla
medesima strada dei Corso si vede a sinistra la
Chiesa della SS. Trinità in strada Condotti
L'anno 1741. fu edificata quella chiesa con disegno di Emanuele Rodriquez Portughese,
terminata però da D. Giuseppe Ermosiglia spagnuolo, per un legato di D. Diego Arcivescovo
di Lima, e Vice-Re del Perù, affine di stabilire in Roma i Religiosi spagnuoli dell'Ordine
del Riscatto, di cui anche egli era religioso. Perciò terminata che fu, venne dedicata alla
ss. Trinità, e per distinzione dell' altre chiese, porta il nome della strada, a cui
appoggia. E' questa di figura ovale con sette cappelle; nella prima a destra vi è s.
Caterina colla ss. Vergine dipinta da Giuseppe Paladini Messinese; nella seconda vi
dipinse il quadro Lamberto Karhe Fiammingo, e nella terza D. Francesco Preziado spagnuolo.
Il quadro dell'altare maggiore è di Corrado Giacquinto, e i laterali sono di D. Antonio
Valasques spagnuolo, il quale dipinse a fresco anche le pitture in alto. Il quadro
nell'altra cappella è di Gaetano Lapis, e quello nell' ultima del Cav. Benesiani.
Le pitture a fresco nella volta, nel coro, e nella sagrestia sono di Gregorio
Guglielmi; il quadretto però nell’ altare della medesima è del suddetto Preziado, e
le sculture in marmo sono di Gasparo Sibilia. Dall'altra parte del Corso evvi il gran
Palazzo Ruspoli già Gaetani
Con disegno di Bartolommeo Ammannati fu eretto questo magnifico Palazzo della
nobilissima famiglia Gaetani, ed è riguardevole per la scala composta di gradini
di marmo pario, per le statue, e per li busti, e bassirilievi antichi, che sono in esso.
Dopo di questo siegue la piazza con la
Chiesa di S. Lorenzo in Lucina
Due si crede, che possano essere le cagioni, per cui questa chiesa parrocchiale
si dica in Lucina; la prima, si arguisce dal tempio di Giunone Lucina,
che fu ridotto in chiesa da s. Sisto III. e l'altra perché edificata da Lucina
Matrona Romana. Fu poi da Benedetto II., Sergio I., e Adriano I. ristaurata, e
nell'anno 1196. consagrata da Celestino III. Quindi essendosi nuovo riattata dal
Card. Ugo Inglese, e dal Card. Innico Avalos spagnuolo titolari della medesima,
fu poi da Paolo V. conceduta a' Chierici regolari minori l'an. l606. Nelle undici
cappelle della sua nave ornate di pitture, e di sculture, specialmente l'altare
maggiore, fatto con magnifico disegno del Cav. Rainaldi, si vede fra gli altri
il ss. Crocifisso dipinto da Guido Reni, e nella cappella accanto un quadro del
Cav. Benesiani; e nell'ultima uno di Carlo Veneziano: Le pitture però nel soffitto
che rappresentano la Risurrezione del Signore sono di Mommetto Greuter napoletano,
e le altre dello Spadarino, e del Piccione.
E' notabile, che in questa chiesa è sepolto Niccolò Pussino celebre pittore francese:
ed ancora, che cavandosi per fare i fondamenti nella rinnovazione della sagrestia,
furono scoperte buona parte delle guide, e segni dell' orologio solare, che si dimostrava
coll'ombra dell'Obelisco, portato in Roma da Augusto dopo aver conquistato l'Egitto.
Questo ammirabile Trofeo della Romana potenza fu quì presso disotterrato l'anno 1748.,
e fu posto per pubblica curiosità nel vicino cortile del palazzo detto della Vignaccia.
Palazzo di Fiano
A destra della riferita chiesa si vede parte dell'antichissimo palazzo de'
Cardinali Titolari della medesima, che poi fu posseduto dalla famiglia Peretti,
indi de' Ludovisi, ed ora de' Duchi di Fiano Ottoboni. Si legge, che da un Cardinale
Inglese fu fabbricato l'an. 1300. sopra le rovine di un grande edifizio, che dicevasi di
Domiziano. Era appoggiato al medesimo un arco trionfale, che dal volgo fu detto di
Tripoli, forse per i trofei, de' quali fu adorno; o pure per la vittoria di tre città
avuta da quell'Imperatore. Fu detto ancora di Portogallo, da un Cardinale di quella nazione,
che vi abitò. Il Nardini considerando i bassirilievi, che vi erano, lo credette di
Marco Antonio, e stette in piedi fino al pontificato di Alessandro VII. il quale per
rendere libera la strada del Corso, fece demolirlo: pose però nel casamento
incontro una lapide per memoria di esso, e li bassirilievi furono posti in
Campidoglio nel palazzo de' Conservatori. Siegue poco dopo il palazzo Teodoli,
ed incontro quello de' Raggi; accanto però evvi la
Chiesa e Monastero di S. Maria Maddalena
Da Onorio I. fu eretta quivi la chiesa sopra un'altra dedicata a s Lucia: ma essendo
poi nell'an. 1520. da Leone X. conceduta alla Confraternita della Canta, Paolo V.
vi aggiunse un conservatorio per le povere donne penitenti, e però rinnovandosi la chiesa,
fu dedicata a s. Maria Maddalena: ora però vi risiedono Religiose vergini sotto la regola di
sant' Agostino; e nella chiesa vi è un Crocifisso dipinto da Giacinto Brandi, e la s.
Maria Maddalena del Guercino da Cento. Entrando nel vicolo a destra, si vede una piazza,
e la celebre
Chiesa e
Monastero di S. Silvestro in Capite
Nelle rovine delle Terme di Domiziano si crede che sia stata edificata questa chiesa
nell' anno 261. da s. Dionisio Papa, però con quella parsimonia, e segretezza, che si
ricercava in quei primi tempi; ma dipoi da s. Paolo I. fu eretta con somma magnificenza, e
fu insigne collegiata. Vi stettero dopo alcuni Monaci fuggiti dalla Grecia, i quali venuti
meno nell' anno 1286. fu concessa la chiesa, e monastero alle Religiose di s. Chiara.
Queste ora hanno rinnovato il monastero, e la chiesa ancora, ornandola magnificamente con
marmi, stucchi dorati, e pitture diverse. La volta fu dipinta a fresco da Giacinto Brandi,
e la crociata dal Roncalli coll'ajuto di Giuseppe Agellio, e del Consolano suoi allievi;
le pitture però nella tribuna sono del Geminiani. Il s. Antonio nella prima cappella a
destra e i laterali sono di Giuseppe Chiari; il s. Francesco nella seconda è ai Luigi Garzi;
il s. Gregorio nella terza di Giuseppe Ghezzi; la ss. Vergine, san Giuseppe, ed altri
Santi nelle due cappelle, che sieguono sono del sopraddetto Geminiani, ed il ss.
Crocifisso colle pitture laterali nell'ultima è di Francesco Trevisani.
Ritornando poi sulla strada del Corso ci viene avanti il
Palazzo Verospi
Questo per le preziose statue,
e busti antichi merita una visita particolare, e ancora per le pitture a fresco di
Francesco Albani, ed il maraviglioso strumento armonico, ove in un medesimo tempo
suonano diversi strumenti. Accanto a questo evvi il
Palazzo Chigi
Il principale ingresso di questo magnifico palazzo sebbene stia sulla strada del
Corso, il maggior suo prospetto però si distende sulla Piazza Colonna. Fu principiato con
disegno di Giacomo della Porta, seguitato da Carlo Maderno, e poi terminato da Felice della
Greca per nobile abitazione de' nipoti di Alessandro VII. perciò sonovi de' quadri del
Tiziano, del Perugino, del Tintoretto, di Paolo Veronese, del Caracci, dell'Albano, del
Domenichino, del Badano del Guercino, del Pussino, di Guido Reni, di Pietro da Cortona, e
di Carlo Maratti: evvi ancora una scelta libreria con centinaia di codici manoscritti Greci,
e Latini di sommo valore.
Piazza Colonna
Dalla maravigliosa Colonna coclite, che si vede inalzata in quella piazza,
prende essa, e lo Rione il nome; perciò dalla medesima incominceremo il nostro giro.
Fu eretta questa stupenda mole dal Senato, e Popolo Romano, e dall'Imperatore Marco
Aurelio dedicata ad Antonino Pio suo suocero; e perchè questo non aveva fatta alcuna
cosa notabile in guerra, fecevi scolpire le imprese da se medesimo fatte nella guerra
Marcomanna, e nella cima porre la statua di quel pio Imperatore. E' alto questo trofeo
della romana magnificenza palmi cento settantacinque e vi sono incavati 190. scalini con
40. finestrelle, con che si va comodamente alla sua cima circondata da una ringhiera,
ove si gode tutta la Città. Ritrovandosi questa per la sua vecchiezza molto guasta,
Sisto V. nell' anno 1589. la ristaurò, ed invece della statua di quell'Imperatore,
vi pose quella di s. Paolo Apostolo fatta di metallo dorato alta palmi 19. Gregorio XIII.
avendo ornata la piazza colla fontana dell'acqua vergine secondo il disegno di Giacomo
della Porta, il Pontefice Alessandro VII. la ridusse nello stato presente.
Fanno capo in questa i Mercanti, e Curiali, tantopiù, che in essa sono gli ufizj de'
Notari della Reverenda Camera Apostolica, e la residenza del Vicegerente di Roma,
e nella piazza d'appresso evvi la
Curia Innocenziana sul
Monte Citorio
Questo piccolo monte prese il nome di citorio, o citatorio dal citare le Centurie,
che anticamente qui nel Campo Marzio si convocavano, affinchè entrassero ne' septi,
che quivi presso erano, per dare ivi i loro voti nell'elezione de' Magistrati.
Or quivi essendo un grande edifizio principiato nel Pontificato d'Innocenzo X. con
disegno del Cavalier Bernini, il Pontefice Innocenzo XII. colla direzione del Cavalier
Francesco Fontana vi eresse la Curia Romana, che dal suo nome dicesi Innocenziana.
Risiedono in questa il Tesoriere, e l'Auditore della Reverenda Camera Apostolica, con
altri Giudici, e Ministri, e vi sono ancora gli ufizj de' Notari, ed il banco de' Cursori,
onde vi si agitano le cause più importanti, e rimarchevoli.
Il Piedistallo, che si vede
alzato dinanzi a questa Curia fu disotterrato l'anno 1705.,
ove è ora la casa de' Preti della Missione, insieme colla colonna di granito egizio,
che ora sta a giacere al lato destro della Curia. Il Pontefice Clemente XI. allora regnante
pensava di alzarla come stava anticamente: ma trovata la colonna rotta in più luoghi,
fu lasciata l'opera imperfetta; Benedetto XIV. però volendo mettere al pubblico un
monumento sì insigne della Romana antichità inalzò solamente il piedistallo con idea
di porvi sopra una statua di marmo: ma nemmeno ciò ebbe effetto. La iscrizione, che vi si
vede fatta simile all'antica con lettere di metallo, c'insegna, che la colonna fu dedicata
ad Antonino Pio, e li bassirilievi delle tre facciate ci dimostrano l’Apoteosi
fatta al medesimo Imperatore. Facendo poi ritorno in piazza Colonna, si vede a destra
del palazzo del Vicegerente la
Chiesa di S. Bartolomeo de' Bergamaschi
L'anno 1561. fu quivi da una compagnia di pii fedeli eretta la chiesa sotto il
titolo di s. Maria della Pietà, collo spedale per i poveri pazzi; ma poi essendo
questi trasportati alla strada della Lungara, presso lo spedale di s. Spirito,
nel Pontificato di Clemente XI. fu la chiesa, e spedale conceduti alla Confraternita
de' Bergamaschi, la quale rinnovando la chiesa dedicolla a s. Bartolommeo Apostolo,
e s. Alessandro martire, e lo spedale fu stabilito per i suoi nazionali,
con un collegio per li studenti.
Palazzo Spada al Corso
Dopo la descritta chiesa evvi il palazzo Niccolini, e poi dall'altra parte del Corso
ed incontro alla gran colonna, si vede quello della famiglia Spada, che sta sempre alla
disposizione de' nobili forestieri, che vogliono dimorare lungo tempo in Roma. Entrando
poi nel vicolo a destra di esso, si vede la
Chiesa
e Convento di S. Maria in Via
Dal Card. Capocci fu da primi eretta quì una piccola chiesa l’anno 1253. nel
Pontificato d'Innocenzo IV. per un miracolo operato dalla ss. Vergine, mediante una sua
immagine dipinta in una tegola; imperciocchè caduta in un pozzo ivi appresso del palazzo
di quel Cardinale, tanta acqua venne fuori dal pozzo, che accorsi i famigli videro a galla
la santa Immagine, e fattone avvisato il Cardinale, andò egli con tutta la sua corte
devotamente a prenderla, e la collocò nella cappella del proprio palazzo: ma poi facendo
nel medesimo luogo una chiesa, vi incluse anco il pozzo. Quindi Leone X. concedendola a'
Frati Serviti, quelli nel 1594. vi fecero una magnifìca chiesa con disegno di Martin
Lunghi, il prospetto però è del Cav. Rainaldi. Il Card. Baronio essendone Titolare fecevi
il coro, e la volta della chiesa l’anno 1604. Nella prima cappella a destra si custodisce
la miracolosa immagine, ed il pozzo, il quale perchè stava sulla via pubblica, la chiesa fu
detta in via. Fra le pitture, che adornano quella chiesa evvi un laterale nella
cappella di s. Filippo Benizi dipinto dal Caravaggio, col disegno però di Andrea Sacchi,
e nell'ultima cappella la santissima Trinità del Consolano, ed altri del Cav. d'Arpino,
dell'Alberti, del Baglioni, e d'altri.
Nella piazzetta a desta evvi la chiesa di
san Claudio della nazione di Borgogna pochi
anni sono eretta in onore di s. Andrea Ap. e di san Claudio col disegno di Monsù Derisè
Francese, e però vi sono delle pitture fatte da francesi. Finalmente facendo ritorno sulla
strada del Corso dopo la Piazza Colonna siegue la
Piazza e Palazzo di Sciarra
Dal palazzo del Principe di Carbognano della nobilissima famiglia Colonna di
Sciarra prende questa piazza il suo nome, ed è molto frequentata dalla nobiltà; e
cittadinanza per le botteghe del caffè, specialmente per quella del Veneziano, in cui
si trovano oltre l'esquisite bevande calde, e fredde, anco de' canditi, e confetture
particolari.
Il palazzo fu eretto col disegno di Flaminio Ponsio; il portone però è magnifica
architettura di Giacomo Barozzio da Vignola, ed è maraviglioso per li smisurati macigni,
da' quali fu cavato: ed è sommamente notabile, che nel Pontificato di Pio IV. facendosi
i fondamenti di questo, furono trovati alcuni pezzi di bassirilievi col ritratto
dell'Imperatore Claudio; e dipoi l’anno 1641.facendosi un nuovo scavo nella piazza,
alla profondità di palmi 23. fu ritrovato l’antico pavimento della Via Flaminia,
che quì colla Lata si univa, e trovaronsi ancora alcune colonne rotte di marino
affricano, un pezzo di capitello, ed una gran porzione di lapide con iscrizione del
suddetto Claudio, ed altresì una medaglia d'oro del medesimo Imperatore, avendo da
una parte là di lui effigie, e nome, e dall'altra un arco con statua equestre,
le quali cose danno a vedere, che quei marmi furono dell'arco, che secoli fa stava per
l’appunto, dove ora la strada di fontana di Trevi traversa il Corso per andare a
Piazza di Pietra
Negli ultimi secoli dicevasi questa piazza de' Preti, per l'ospizio de' Preti invalidi,
che quivi era sotto Giulio II. indi dal volgo fu cambiato in Piazza di Pietra,
il che ha fatto credere ad alcuni essere derivata una tale denominazione da' marmi,
e pietre in quantità quivi cavate. Si osserva in questa un maraviglioso residuo di
un antico edifizio, e considerandosi da alcuni le undici smisurate colonne striate di
ordine corintio, furono credute del tempio di Marte, da altri di Nettunno: ma trovatesi
poi nel Pontificato di Paolo III. alcune di quelle Provincie Figurate in marmo, che
adornavano il piantato di quelle colonne, ci dimostrarono essere della Basilica di Antonino,
di cui scrive Vittore: Basilica Antoniana, ubi est provinciarum memoria.
E si vedono ora questi marini nel secondo cortile del Palazzo Farnese.
Dal Cav. Francesco Fontana fu adattato questo edifizio per uso della
Dogana di terra d'ordine d'Innocenzo XII. il quale ne assegnò l'affitto all'Ospizio
de' poveri invalidi in san Michele a Ripa grande. Senza fare ritorno alla strada del
Corso, e passando per il vicolo a destra della Dogana, si trova la magnifica
Chiesa di S. Ignazio
Il Card. Lodovico Ludovisi nipote di Gregorio XV. eresse questo vasto tempio l’an.
1626. col disegno del P. Grassi Gesuita, cavato quello del Domenichino, e dell'Algardi,
di questo però è disegno il prospetto. E' notabile, che cavandosi i fondamenti verso la
chiesa di s. Macuto, fu trovata la statua di Minerva, e fu ancora scoperto parte di un
acquedotto, che fu creduto dell'acqua vergine; e perchè era incrostato di marmi, e ornato
di colonne, e di statue, si credette, che ivi facesse la principale sua comparsa.
Fu terminata la chiesa l'anno 1685. ed ornata principalmente nella volta, nella tribuna,
ed altare maggiore colle pitture a fresco del P. Andrea Pozzi Gesuita, il quale dipinse
ancora la cupola finta; ed il P. Pietro Latri similmente Gesuita fece i quadri delle
cappelle, fuor che quello della cappella del Patriarca s. Giuseppe dipinto da Francesco
Trevisani, insieme con un laterale, essendo l’altro di Giuseppe Chiari, e la cupola di
Luigi Garzi; il s. Gioacchino però nella cappella che siegue è di Stefano Pozzi. E'
ammirabile poi la crociata di questa chiesa per li due altari eretti egualmente secondo
il disegno del suddetto P. Pozzi, ed ornati di preziosi marmi, lapislazzoli, e metalli
dorati, specialmente quello , in cui si custodisce il corpo di s. Luigi Gonzaga; essendovi
il grande bassorilievo in marmo fatto da Monsù le Gros Francese, e quello d'incontro colla
ss. Nunziata di Filippo Valle Fiorentino. Similmente è ammirabile il deposito di
Gregorio XV. fatto col disegno del mentovato le Gros, il quale scolpì il ritratto del
Card. Ludovisi, le altre sculture però sono di Monsù Monò.
Chiesa di S. Macuto
A sinistra della divisata chiesa, è quella di s. Macuto, già posseduta da'
Bergamaschi, la quale fu molto celebre, non tanto per la sua antichità, quanto
per gli obelischi egizj, che furono presso di essa. In oggi è unita al
Seminario Romano
L'an. 1565. fu eretto il Seminario da Pio IV. e fu il primo, che fosse fondato
secondo l’intenzione del Concilio di Trento. Si dice Romano, perchè questo è quello,
che spetta al Clero di Roma, e vi si ricevono de' convittori nobili, e civili di
qualunque nazione, che vogliono imparare le lettere, e le scienze umane, e divine.
A destra poi della chiesa di s. Ignazio, e presso la strada del Corso evvi l’
Oratorio di
S. Francesco Saverio detto del P. Caravita
Dal P. Pietro Caravita Gesuita fu eretto quell'Oratorio l'anno 1611.
per esercitarvi alcune opere spirituali specialmente la parola di Dio ogni sera,
e la comunione generale ogni mese. Sonovi nel portico delle Pitture di Lazaro Bardi,
e nell'altare maggiore del Cav. Conca. Ripigliando poi il cammino per la strada del
Corso, si vede a destra il
Palazzo de Carolis
Questo fu eretto con Magnifico disegno di Alessandro Specchi dalla famiglia di Carolis,
che si estinse nel suo nascere. Incontro si vede de quello de' Mellini
già Cesi,
ultimamente stato rimodernato. Accanto a questo evvi la
Chiesa di S. Marcello Papa
Molto antica e celebre è questa chiesa, poichè fu eretta nel luogo, ove il santo Pontefice
fra li strapazzi soffrì il martirio sotto Massenzio. Era prima collegiata ed aveva sotto di
se 17. altre chiese. Ma poi nell'anno 1369. da Urbano V. fu conceduta ai Frati Serviti, che
l’hanno più volte ristaurata; l’ultima però è stata a spese di Monsig. Marc'Antonio
Boncompagni, il quale vi fece il nobile prospetto col disegno del Cav. Francesco Fontana.
E' di somma divozione al .Popolo Romano l’immagine del ss. Crocifisso, che si venera in questa
chiesa, per il miracolo occorso quando bruciandosi la chiesa quella sola immagine restò
illesa. Oltre il segno della ss. Croce si custodiscono sotto l’altare i corpi de' ss.
Giovanni prete, Biagio, e Dionisio, e buona parte del corpo di s. Longino, che trafisse
il costato del nostro Redentore; e nell'altare maggiore vi sono i corpi di s. Marcello e
di s. Foca martiri. Sonovi molte pitture, tra le quali la ss. Nunziata nella prima cappella
a destra dipinta da Lazzaro Bardi; quelle nella terza sono di Gio. Batista Novara, e quelle,
nella cappella del ss. Crocifisso parte sono di Pierin del Vaga, e parte di Daniele da
Volterra. Il s. Pellegrino col resto delle pitture nella quarta è di Aurelio Milani, e
quelle che adornano la tribuna dell'altare maggiore sono del mentovato Novara, il quale
dipinse ancora le istorie intorno alla nave della chiesa. Il s. Filippo Benizi nella
cappella dell'altra parte è del Cav. Gagliardi, ed il s. Paolo in quella, che siegue di
Federico Zuccheri; ma le pitture a fresco sono di Taddeo suo fratello, e le teste di marmo
dell'Algardi. La ss. Vergine addolorata nell'ultima e di Paolo Naldini, e il deposito
presso la porta fu scolpito da Francesco de' Rossi.
Chiesa di S. Maria in Vialata
Porta questa chiesa un tal nome dall'antica Via Lata, in quei tempi molto celebre e
frequentata, perchè essendo fuori della Città, era adorna e fiancheggiata da magnifici
edifizj venali, per uso e comodo de' forestieri, non ammessi ancora alla cittadinanza.
Si crede per antichissima tradizione, che quivi in una di quelle case venisse ad abitare
s. Pietro Apostolo quando capitò la prima volta in Roma insieme con s. Marco, e s.
Marziale, il quale vi eresse un oratorio in cui il Principe degli Apostoli potesse
celebrare i divini misteri, e amministrare i Sagramenti, e per molto tempo fu chiamato
oratorio di s. Marziale. Vi abitarono ancora s. Gio. Evangelista, s. Luca, ed altresì
s. Paolo, che quivi scrisse le sue difese, e buona parte delle sue epistole: onde
sommamente venerabile è questa chiesa, conservandosi sotto di ella la memoria de'
suddetti ss. Apostoli, ed Evangelisti, espressi in un bassorilievo in marmo, ed una
immagine della ss. Vergine fatta in creta cotta da Cosimo Fancelli.
Da s. Sergio Papa fu consagrata l'anno 700. la nuova chiesa, e poi da Innocenzo VIII.
rifatta da' fondamenti. Vi era unito il celebre monastero di monache di s. Ciriaco;
ma essendo poi ridotta in collegiata, è stata più volte ristaurata, e finalmente ornata
tutta di marmi, metalli dorati e pitture, fra le quali vi è nel primo altare un santo
Vescovo con s. Andrea, che viene dal Pomarancio, ed il s. Niccolò nel secondo è di
Cesare Nebbia. Il disegno dell’altare magg. ornato di preziosi marmi e metalli dorati
è disegno di Pietro da Cortona, e le pitture nella tribuna sono del Camassei; quelle
però nel soffitto sono di Giacinto Brandi. Il s. Pietro in atto di battezzare è del
Vasconio; il s. Lorenzo con altri Santi si crede del detto Consolano, ed il s. Michele,
del mentovato Brandi. Il magnifico prospetto è di Pietro da Cortona, il quale fece ancora
il bel portico colle scale, che conducono al sotterraneo suddetto. Dietro quella chiesa
evvi la piazza, che dicesi del,
Collegio Romano
Alla chiesa di s. Ignazio è unito questo magnifico Collegio, eretto col disegno di
Bartolommeo Ammannato da Gregorio XIII. per pubblica utilità de' giovani studiosi.
Perciò vi si insegna da' PP. Gesuiti la lingua latina, l'ebraica, la greca, e tutte
le scienze principiando dall'umanità, rettorica, mattematica, filosofia, e teologia,
e però vi concorrono delli studenti, anche di altri collegj. Oltre una copiosa e scelta
libreria, evvi ancora un museo di cose antiche, e curiose assai celebre.
Chiesa e Monastero di S. Marta
Da s. Ignazio di Lojola fu eretto il monastero, che incontro al collegio si vede,
per collocarvi le povere donne peccatrici, che volevano far penitenza. Ma poi
trasportate queste altrove nel 1561 vi furono introdotte delle vergini anche nobili, e
furono poste sotto la regola di s. Agostino, e però fu rinnovata, ed ornata la chiesa
con marmi, stucchi dorati e pitture. La Trasfigurazione nell' altare a destra è pittura di
Alessandro Grimaldi, il s. Francesco Saverio nell'altra di Paolo Albertoni, e
il s. Gio. Batista, che siegue di Francesco Cozza, Le tre Marie al sepolcro e quelle di
fianco all'altare maggiore sono di Luigi Garzi, l'altro incontro di Fabio Cristofari, e
la s. Maria Maddalena, e s. Marta sono di Guglielmo Cortesi. La ss. Vergine nell'altare,
che siegue è del Geminiani, l’altra col Bambino e s. Agostino è di Giacomo del Po,
il s. Angelo Custode nell'ultimo è di Francesco Rosa, e le pitture nella volta sono del
Baciccio. A destra di questo monastero evvi il gran
Palazzo Panfili
Con magnifica architettura del Barromini fu eretta questa parte del palazzo Panfili,
e se collo stesso disegno fosse stata seguitata l'altra parte, che corrisponde sulla
piazza di Venezia e quella sulla strada del Corso, sarebbe una delle più superbe e
grandi fabbriche di Roma. Sono però in questo molti quadri celebri e rari, e perchè mi
riuscirebbe assai malagevole il solo accennarli in questo breve ragguaglio, rimetto il
Lettore alla diligente narrativa del custode, che con tutta gentilezza ha piacere di
mostrarli.
Accademia di Francia
Sulla strada del Corso ed incontro al divisato palazzo Panfili si vede il
magnifico edifizio eretto da' Duchi di Nivers col disegno del Cav. Rainaldi,
in cui il magnanimo Luigi il Grande Re di Francia istituì uno studio, o per dir
meglio Accademia, affinchè i suoi sudditi apprendessero bene la pittura, la scultura, e
l'architettura; e perchè vi fossero tutti i comodi per disegnare, fece formare in gesso
tutte le statue migliori di Roma, e di tutta l'Italia ancora, colle quali furono ornate
le stanze del piano nobile. Il primo Direttore di quell'Accademia fu il Cav. Bernini pittore,
scultore, ed architetto celebratissimo, colla provvisione di due mila scudi annui; ora
però è sempre Francese. Poco più oltre e quasi incontro evvi il
Palazzo d'Asti
Nel fine della strada del Corso, e sulla piazza di Venezia forma il suo nobile prospetto
questo palazzo edificato col disegno di Gio. Antonio de' Rossi fuorchè il portone,
che fu fatto anni sono senza alcun ornamento. Su questa gran piazza corrisponde medesimamente
il magnifico
Palazzo Bolognetti
Da' Signori Biganzini fu edificato questo palazzo col disegno del Cav. Antonio Canavari
vari Romano; ma poi essendo stato comprato dal Conte Bolognetti, lo ha ultimamente cresciuto
il doppio, però dalla parte posteriore verso la piazza de' ss. Apostoli, col disegno di
Niccolò Giansemoni.
Palazzo di Venezia
La spaziosa piazza in cui termina la strada del Corso, prese il nome dal grandissimo
palazzo, che in essa si vede della serenissima Repubblica di Venezia. Fu questo eretto da
Paolo II. col disegno mezzo gotico di Giuliano da Majano, e prima che fosse fatto quello sul
Quirinale, vi abitarono i Papi in tempo di estate, ed ancora Carlo VIII. Re di Francia
quando venne a Roma. Pio IV. Però lo concedè a quella Repubblica per residenza de' Suoi
Ambasciatori, i quali vi hanno fatto de' riattamenti, specialmente nelle logge del giardino
pensile. Della chiesa di s. Marco, che è unita a questo palazzo, perchè corrisponde
dall'altra parte, ne discorreremo nella seguente giornata, e però proseguendo il nostro
cammino, a destra del palazzo d'Asti osserveremo il terzo
Palazzo Panfili
L'anno 1743. fu edificata questa gran parte del palazzo Panfili col disegno di Paolo Amelj
dal penultimo Principe di questa antichissima famiglia Romana, ora estinta, il quale per la
sola vastità di appartamenti forma un gran palazzo per uso di varj Signori. Siegue dopo di
questo, quello de' Sig. Gottifredo con nobilissima archittettura del Cav. Rainaldi, e poi
evvi il gran
Palazzo Altieri
E’ quello per la sua estensione uno de' più grandi, e principali di Roma, edificato dal
Card. Gio. Batista Altieri, e poi accresciuto e compito dal Card. Paluzzo Altieri nel
Pontificato di Clemente X col disegno di Gio. Antonio de' Rossi. Fra gli ornamenti,
che adornano gli appartamenti, sono notabili le pitture di Guido Reni, di Paolo Veronese,
del Pussino, del Correggio, del Miniano, di Carlo Maratti, e li stucchi di Ercole Ferrata
nel pianterreno.
Chiesa del Gesù
Insigne trofeo è questo gran tempio della pietà di Alessandro Card. Farnese, e la
Casa professa de' PP. Gesuiti, che l’è unita di Odoardo Card. Farnese, i quali uno dopo
l'altro fecero a gara per favorire le imprese del santo Fondatore. Eran quivi due piccole,
chiese, una dove è la casa, dicevasi s. Maria in Astalli, e l'altra dove è la chiesa era
dedicata a s. Andrea Apostolo, le quali ottenne s. Ignazio da Paolo III. onde abbracciando
tutto quel sito nell'anno 1543. gettò i fondamenti della Casa professa, e nel 1568. quelli
della chiesa col disegno di Giacomo Barozio da Vignola; il prospetto però, è di Giacomo della
Porta di lui allievo. E’ ammirabile questa chiesa non solo per la sua vastità, ma molto più
per li ornamenti di pittura, di scultura, di marmi, e stucchi dorati, specialmente per la
gran volta, tribuna, e cupola dipinti egregiamente dal Baciccio, altresì per la preziosissima
cappella di s. Ignazio ricca di marmi preziosi, argenti, e metalli lavorati egregiamente, e
perchè troppo nojoso mi renderei se volessi quì notare tutte le sue parti, accennerò solamente
le cose principali. Il s. Andrea Apostolo con altre pitture nella prima cappella a destra è
del Ciampelli; il s. Francesco Borgia nella seconda è del P. Pozzi Gesuita, e le pitture a
fresco sono del Cav. Celio; i sette Angioli nella terza sono di Federigo Zuccheri ed il
s. Francesco Saverio nella crociata è del Cav. Maratta; l'altare però è nobile disegno di
Pietro da Cortona, e le pitture in alto sono del Carboni: entro l'ovato di metallo sostenuto
da un Angiolo simile si custodisce un braccio del Santo, ed altrove parte del corpo di
s. Francesco Borgia. La cappelletta, che siegue ornata di bellissime colonne è disegno di
Giacomo della Porta, il quale fece ancora il disegno dell'altare maggiore, in cui si vede
il quadro dipinto dal Muziano, e a destra il deposito del Card. Bellarmino fattovi dal
suddetto Card. Odoardo col disegno del Cav. Rinaldi; le statue però sono di Pietro Bernini.
La cappelletta, che siegue è disegno similmente di Giacomo della Porta; ed il grande
altare di s. Ignazio nella crociata è disegno del P. Pozzi Gesuita.
Questo vanta il primato fra tutti gli altari delle chiese di Roma, non solo per le
quattro colonne incrostate di lapislazzoli, statue e bassirilievi di marmo e di metalli
dorati, ma ancora per la grande statua del Santo tutta di argento, e ricoperta di giove,
fatta dal modello di Monsù le Gros, e per l'ammirabile gruppo di statue colla Fede, e
le nazioni barbare, che l'adorano scolpite da Gio. Teudone, e l'altro colla Religione, che
fulmina contro gli Eretici scolpite dal detto Monsù le Gros. Si conserva sotto l'altare
il corpo di s. Ignazio entro un'urna preziosa, ed altrove parte del corpo di s. Ignazio
vescovo e martire di Antiochia. Il quadro della ss. Trinità nella cappella, che siegue è del
Bassano, la creazione degli Angioli del Salimbeni, ed il baccellino di nostro Signore e la
trasfigurazione sul Tabor di Durante Alberti; il Dio Padre però in atto di creare il mondo
è disegno del P. Fiammeri, da altri colorito. Le pitture nel basso della cappella della ss.
Vergine sono del Romanelli, e quelle dalla cornice in su sono di Niccolò Pomarancio; le
statue sono del Fancelli, del Guidi, e di Gio. Lanzoni. L'istoria di s. Pietro nell'ultima
cappella fu dipinta da Francesco Mola, e le pitture nella volta sono del Pomarancio.
E finalmente li stucchi, putti, e statue sul gran cornicione furono fatti con disegni del
Baciccio da Leonardo Reti, ed Antonio Raggi. Nella sagrestia sonovi delle pitture del
Ciampelli; il s. Francesco Saverio però sull'altare è di Annibale Caracci.
Chiesa de SS. Venanzio
ed Ansovino
Incontro alla Casa professa evvi il palazzo Petroni, e a sinistra quello di Astalli, e di
Muti Bussi, e dietro a questo si vede la chiesa de' suddetti santi, anticamente detta
s. Gio: Batista in mercatello, per il mercato, che vi si faceva di cose comestibili,
prima che fosse stabilito quello in Piazza Navona. Nell'anno 1542. questa fu conceduta ad
una Congregazione di Gentiluomini eretta da s. Ignazio di Loyola per istruire i Neofiti, e
Catecumeni; ma poi essendo questi trasportati presso la chiesa di s. Maria a' Monti,
nel 1635. vi succedettero i Monaci Basiliani di Grotta Ferrata, e dopo la Confraternita de'
Marchigiani. Finalmente nel 1674. l'ottennero i Camerinesi, i quali nel rinnovarla la
dedicarono a' Santi loro patroni, che si vedono sull'altare maggiore dipinti da Luigi Garzi,
e vi mantengono la cura delle anime.
Il Fonte, che sta sulla piazzetta fu fatto dal Senato Romano, e la strada fu aperta da Paolo
III. quando venne in Roma l'Imperatore Carlo V. e si chiama capitolina, perchè porta al
Campidoglio. A piedi di questo vi sono fra gli altri palazzi uno di Ruspoli, e l'altro di
Martini, e nel vicolo incontro, che si dice della petacchia, si vede la chiesa di
s. Biagio Vescovo che fu rinnovata nel suo prospetto con disegno del Cav. Carlo Fontana:
ora però si dice della B. Rita. Accanto a quella evvi la grande
Scala e Chiesa di S. Maria in Araceli
Molto cospicua, e celebre è la chiesa, che siamo per osservare; perciò non mancherò di
accennare tutti i suoi pregi. I marmi della altissima scalinata furono presi dalle rovine
del magnifico tempio di Quirino, come diremo a suo luogo; ed il sito della chiesa, si
crede da' più, essere quello, ove stava il famoso tempio di Giove Capitolino, di cui
furono facilmente le molte colonne di granito egizio, che reggono la nave di mezzo,
tanto più, che l'antica denominazione della chiesa ce lo suggerisce, e l'istoria ce
lo dimostra quasi ad evidenza, Poichè essendo il nostro Divino Redentore nato in tempo
di Ottaviano Augusto; questi avutane cognizione, secondo alcuni, da' libri Sibillini,
eresse in quel tempio un' altare col titolo di ARA PRIMOGENITI DEI: e secondochè
riferisce Dione, e Svetonio, essendo in quel tempo il Campidoglio più volte percosso da'
fulmini, Augusto volle ricorrere all'oracolo di Apollo Delfico, il quale per divina
disposizione rispose co' seguenti versi: ' Me Puer hebreus,
Divos Deus ipse gubernans, Cedere fede jubet, tristemque redire sub Orcum ;
Aris ergo de hinc tacitus abscedito nostris.'
dalla cui risposta intimorito l'Imperatore inalzò nel tempio l'altare col suddetto
titolo, e si crede che fosse eretto, ove ora vediamo nella crociata di questa chiesa
l'altare isolato, che da Anacleto Antipapa nell'an. 1130. fu ornato con 4. colonne di
porfido, e poi nel 1603. dal Vescovo Cavalliense gli fu fatta la cupola con 8. colonne di
marmo.
Era quella gran chiesa una delle 20. Badie privilegiate di Roma, e la possedettero per
molto tempo i Monaci di s. Benedetto: ma Innocenzo IV. nell'anno 1253. la concedè ai Frati
di s. Francesco, i quali poi nel 1445. dividendosi tra Conventuali, ed Osservanti,
Eugenio IV. la concedè a quest' ultimi. Il Card. Oliviero Caraffa la ristaurò l'anno
1464. e dipoi il Popolo Romano vi fece il nobilissimo soffitto dorato, per ringraziamento
alla ss. Vergine della vittoria conseguita l'anno 1572. ai 20. di Ottobre dall' armata
Cristiana contro i Turchi, perchè in questa sogliono pigliar possesso i nuovi Conservatori
del Popolo Romano. Sono in questa chiesa varj depositi, e memorie antiche, e moltissime
cappelle ornate di marmi, di sculture, e di pitture antiche, e moderne, fra le quali
sono due quadri del Cav. Benesiani nella cappella di s. Margherita da Cortona, due del
Muziano, due di Pasqualino, ed una Madonna nel coro de' frati, che si crede opera di
Raffaelle da Urbino, gli altri si tralasciano per non più infastidire il Lettore; ma non
già voglio omettere di indicare le pitture a fresco, che sono nel claustro di qualche
merito, e l'iscrizione della terza colonna vicino alla porta della chiesa, in cui si
legge A CUBICULO AUGUSTORUM.
Campidoglio, e suoi Palazzi
Già dicemmo, che questo Colle fu detto Saturnio da Saturno, che da principio lo abitò.
In tempo di Romolo fu chiamato Rocca, o vogliamo dire fortezza; ben è vero però, che come
fra poco diremo, la Rocca fu quella parte, che guarda il Tevere. Si disse ancora
Capitolino per un teschio di corpo umano trovato nel fare i fondamenti del divisato
tempio di Giove. Ora però lo diciamo Campidoglio, e sebbene da prima avesse solamente
l'accesso nel clivo verso mezzo dì, dopo che i Romani passarono ad abitare il campo
Marzio, fu aperto anche il clivo verso tramontana. Il gran Pontefice Paolo III. fu
quello, che dopo aver aperta la strada d'incontro, fece ancora con disegno del
Buonarroti la magnifica scala a cordonata fiancheggiata di balaustri. Le due
Lionesse di marmo egizio, che buttano l'acqua nelle fontane, che sono nel
principio della scala, furono del tempio d'Iside, ed il tronco della statua,
che si vede fatta in porfido, viene creduta una Roma. Li due gran colossi, che si
vedono nel termine della scala rappresentano Castore, e Polluce co' loro cavalli, e li
due gran trofei di marmo uno a destra ed altro a sinistra sono quei di Mario; le due statue
sono di Costantino magno, e le due colonne, una è la migliaria rifatta dall'Imp.
Vespasiano, e quanto all'altra dicesi, che nella sua palla stessero le ceneri di Trajano.
In mezzo alla piazza si vede la statua equestre di metallo corintio rappresentante
Marco Aurelio, che fu trovata nelle vigne presso le Scale Sante in tempo di Pio IV.
e per qualche tempo stette alzata sulla piazza della Basilica Lateranense, ma poi da
Paolo III. quivi fu posta sopra un gran piedistallo fatto dal Buonarroti. Si crede
dagli Antiquarj, quì presso essere stato il celebre Asilo, o rifugio eretto da Romolo
per popolare la sua Città.
I tre palazzi, che circondano questa piazza appartengono al Magistrato Romano,
e furono li due laterali ornati con portici interni ed esterni secondo il disegno del
Buonarroti. Quello a sinistra fu da Clem. XII. destinato per una galleria di statue,
busti, bassirilievi, e altre cose antiche, perciò ora è talmente pieno di marmi rari,
e maravigliosi, che difficilmente potrebbesi qui tutti accennarli. Prima di trapassare
il gran cancello di ferro, si vede in fondo del cortile la statua di Marforio a giacere
per ornamento del fonte, e nelle nicchie laterali due satiri antichi; sotto li portici
sonovi due statue della prima maniera egizia, altre in marmo bianco, ed un tripode
maraviglioso. A piedi delle scale evvi la statua di Pirro, ed una colonna di alabastro
diafano; nelle pareti delle scale si vede distribuita la pianta dell'antica Roma
delineata in marmo, dono prezioso del mio Sovrano il Re delle due Sicilie, ed ora
invittissimo Monarca delle Spagne Carlo III. Salire le scale si vedono altre statue,
bassirilievi, e busti insigni; ma nelle stanze vi si trovano tante, e tante belle maraviglie,
che già ne sono dati alla luce due tomi in foglio con una erudita descrizione, onde
riuscirebbe meglio al mio lettore d'impiegarci una mezza giornata, che dal Custode li
faranno tutte individuate a sufficienza.
Il palazzo di mezzo, in cui risiede il Senatore di Roma, fu architettato da Giacomo del
Duca Siciliano allievo del Buonarroti: di questo è però il disegno della scala a due
branchi, ed il fonte colla statua di Roma a sedere fatta di porfido, e col fiume Nilo,
e Danubio a lato. Nella gran sala si vedono le statue di Carlo d'Angiò Re di Napoli e
Senatore di Roma, quella di Paolo III. e di Greg. XIII. il quale alzò sopra di questo
palazzo la nuova torre con due grosse campane, che a martello danno il segno, una per i
consigli generali, e l’altra per l'udienze del Tribunale Capitolino, perciò nel ballo vi
sono le carceri.
Nel palazzo a destra si raduna, e tiene tribunale il Magistrato Romano, e però le stanze,
che sono sotto i portici furono destinate per radunarvi i Consoli delle arti.
Entrando poi nel cortile di quello, si vede in primo luogo a destra la statua di Giulio
Cesare, e a sinistra quella di Ottaviano Augusto. In fondo del cortile medesimo, e sotto i
portici fatti dal Buonarroti si vede assisa la statua di Roma, e nel suo piedistallo si
ravvisa in bassorilievo la Dacia soggiogata da' Romani; a destra, e a sinistra due Re
prigionieri lavorati mirabilmente in marmo nero più grandi del naturale, e d'intorno al
cortile evvi una testa di marmo, ed altra di metallo, con mani e piedi grandi assai più
del naturale, e varie altre antichità. Nel principio della scala evvi la colonna rostrata,
eretta per trofeo a C. Duillio per aver egli il primo trionfato in guerra navale contro i
Cartaginesi. Vedesi ancora un basso rilievo rappresentante Curzio, che si precipita nella
voragine; dipoi un leone in marmo, ed una statua di Musa, con altre due nel primo riposo.
Si vedono ancora nel cortile pensile li 4. bassirilievi, che erano nel arco di Trajano:
Nell'appartamento poi sonovi delle pitture, e statue di marmo, e di metallo, antiche, e
moderne; onde per non aggravare il mio Lettore lo rimetto al Custode, che gentilmente li
mostrerà tutto. Evvi appresso una galleria di quadri celebri, ed insieme lo studio, o
accademia del disegno, ambedue eretti dal Pontefice Benedetto XIV. in vantaggio delli
studiosi.
Palazzo Caffarelli sulla rupe Tarpea
Accanto al divisato palazzo verso ponente, è quello della nobilissima famiglia Caffarelli,
e per quanto appare siede sulla rupe Tarpeja, poichè in niuno altro luogo si vede segno di
rupe, come in quello riguardante il teatro di Marcello, appunto come si dice da Livio, da
Plutarco, e da tanti altri. Si disse Tarpeja per una vergine Sabinese, che da quella parte
introdusse i nemici nella Rocca: ora si dice monte Caprino, perchè essendo disabitato ne'
secoli andati vi si tenevano le capre; ben è vero però che ciò s'intende per il sito
dall'altra parte verso mezzo dì, in cui sin al Pontificato d'Innocenzo VIII., che fu del
1484 vi si eseguiva la giustizia. Or volendo proseguire il nostro viaggio verso il sito
dell'antica Roma, converrà scendere da questo Colle, e per di dietro al palazzo Senatorio
calare a
Campo Vaccino
Prese un tal nome questo spazioso e celebre luogo dal mercato di bovi, ed altri
animali da macello, che in esso ora si sa, a similitudine, dell'antico foro boario.
Fu però questo il più magnifico e splendido sito in tempo di Roma trionfante, e si ravvisa
ancora dalle copiose, e maravigliose rovine, che vi sono rimaste: onde per osservare tutto,
e con piacere, cominceremo dal mentovato palazzo Senatorio dalla parte però, che guarda il
campo.
Gli archi chiusi entro le mura del medesimo, si crede, che fossero dell'antico
Tabolario, in cui si tenevano le tavole della Legge; le tre colonne quali sepolte nel
clivo, con capitelli e cornici lavorate alla corintia furono del tempio di Giove Tonante
fatto da Ottaviano Augusto per difesa del Campidoglio, e le otto colonne di granito egizio
con capitelli e cornice dorica sono del tempio della Concordia. L'arco, che si vede mezzo
sepolto, lavorato tutto di marmo salino con bassirilievi, e colonne striate fu eretto dal
Senato e Popolo Romano a Settimio Severo, e la gran colonna isolata, che si vede poco
discosto, con capitello corintio, niuno ha saputo trovare di quale edifizio fosse.
Appresso all'arco si vede la
Chiesa di S. Pietro
in Carcere
E' sentimento de' più accreditati Antiquarj, che sotto di questa chiesa sia il
carcere Mamertino fatto da Anco Marzio IV. Re de' Romani, non essendovi stato per
l'addietro altre carceri; e questo fu poi accresciuto da Servio Tullio Re VI onde fu
ancora detto Tulliano. Or qui si venera il luogo in cui per nove mesi stettero prigioni
i ss. Apostoli Pietro e Paolo, e si conserva ancora il miracoloso fonte, con cui il
Principe degli Apostoli battezzò Processo e Martiniano custodi dello stesso carcere,
con altri 47. gentili convertiti alla Fede, i quali furono poi tutti martirizzati;
onde si tiene questo luogo con somma venerazione, essendovi il comodo di potervi
scendere in qualsivoglia tempo.
Chiesa di S. Giuseppe
dei Falegnami
Era custodito il detto santuario dalla vicina chiesa di s. Martina già parrocchiale:
ma poi ottenuto da una compagnia di Falegnami, questi nel 1596. vi edificarono sopra la
chiesa, col disegno di Giacomo della Porta, e la dedicarono al loro protettore s. Giuseppe.
Vi sono de' buoni quadri, ma merita particolare osservazione quello del Presepio,
per essere la prima opera, che desse al pubblico Carlo Maratti. Incontro evvi la
Chiesa di S. Martina
Negli antichi tempi dicevasi questa chiesa in tribus Foris: cioè per il Foro Romano,
che le stava incontro, per il Foro di Cesare, e per quello di Augusto, che le stavano dietro.
Fu quivi un tempio eretto da Augusto a Marte, in cui volle che si congregasse il Senato
quando dovesse trattar di guerra, e perciò fu detto secretario del Senato. Ma poi cessata
l'Idolatria fu consagrato al sommo Iddio in onore di s. Martina. Alessandro IV. avendolo
rinnovato, consagrollo l'anno 1256. assegnandoli due Cardinali, il Tusculano, e il Prenestino:
ma poi nell'anno 1588. essendo conceduta da Sisto V. ad una confraternita di Pittori, e
ritrovatosi nel Pontificato di Urbano VIII., il corpo della suddetta Santa martire, fu
riedificata la chiesa col disegno di Pietro da Cortona, il quale fece a sue spese il
nobilissimo sotterraneo, ove si custodisce il sagro corpo. Si vede nell'altare maggiore
della chiesa il s. Luca Evangelista opera di Raffaello da Urbino, e la statua di s.
Martina a giacere scolpita da Niccolò Menghini; il quadro di s. Lazzaro monaco nella
cappella laterale fu dipinto da Lazzaro Baldi, e l'Assunzione della ss. Vergine con s.
Sebastiano nell' altro è del Cav. Conca. Nelle stanze superiori, ove i Pittori, e Architetti
tengono i loro congressi, si vedono de' quadri, modelli, e disegni molti, ed ancora i ritratti
di moltissimi pittori. A destra di questa chiesa stava ne' tempi passati la statua di Marforio,
di cui la strada ancora ne porta il nome. A sinistra vi è
Chiesa di S. Adriano
Ove vediamo questa chiesa fu secondo alcuni, prima che nascesse Romolo, un altare dedicato
a Saturno, che poi dal Re Tullio Ostilio fu cinto di colonne formandovi un tempio, in cui i
Romani conservavano i loro tesori, credendoli sicuri, ed ancora vi tenevano l'archivio per
registrarvi i nomi di tutti gli Ambasciatori, che venivano a Roma. Incontro a questo tempio
fu posta da Augusto la colonna Migliaria, dalla quale si contavano le miglia, che vi correvano
a tutte le città del dominio Romano, e perciò aveva in cima una palla quasi dimostrante il
Mondo, di cui Roma era capo, e per essere indorata, la dissero il miglio d'oro. Di questa
colonna è parte quel pezzo, che vedemmo sulla salita del Campidoglio. Fu dipoi il tempio
cangiato in chiesa in onore di s. Adriano, e fin dall'anno 600 di nostra salute era diaconia.
Sisto V avendola conceduta ai Frati della Mercede, fu rinnovata col disegno di Martin Lunghi
il giovane. Nel secolo passato furono quivi trovati i corpi de' ss. Papia, Mauro, Domitilla,
Nereo, ed Achilleo martiri, i quali furono trasportati in altre chiese: vi rimasero però fra
l'altre reliquie, quelle de' tre fanciulli di Babilonia. Era quivi la gran porta di metallo,
che ora sta nella basilica Lateranense. E fra i quadri ve ne sono di Carlo Veneziano ed uno si
crede del Guercino. Siegue dopo la
Chiesa di S.
Lorenzo in Miranda
Dalle maravigliose colonne del tempio di Antonino e di Faustina
sua moglie fu detta in Miranda questa chiesa la quale dopo di essere stata collegiata,
nell'anno 1430. fu da Martino V. conceduta al collegio delli Speziali, i quali vi
aggiunsero poi lo spedale per i loro giovani, e si ammira fra gli altri quadri,
che sono in chiesa, il s. Levita dipinto da Pietro da Cortona. Dinanzi a questa
chiesa era l’arco di Fabiano Censore, da cui principiava la celebre Via sagra, e
seguitava per dritta linea fino al Colosseo. Ella ebbe un tal nome, perchè in essa
Romolo e Tazio Re de' Sabini si dettero reciprocamente la fede di amistà. Appresso evvi la
Chiesa de' SS.
Cosimo e Damiano
Similmente celebre e antica è questa chiesa, poichè si crede edificata sopra il
tempio di Romolo, e Remo, circa l’anno 528. e poi da Sergio I. fu ricoperta di lamine di
bronzo; ed essendo da Adriano I. riedificata nell'an. 780. vi aggiunse la porta di
metallo. Il Card. Odoardo Farnese, mentre era Diacono di questa chiesa, osservando,
che ne' marmi del pavimento era delineata la pianta di Roma antica, rifece tutto il
pavimento, e trasportò quei frammenti nel regio palazzo Farnese, ove fino a' nostri
tempi si sono conservati, ma poi dalla somma generosità del Re delle due Sicilie oggi
invittissimo Monarca delle Spagne ne fu fatto dono al Pontefice Benedetto XIV. il quale
li fece collocare, come dicemmo, nelle scale del Museo Capitolino.
Le due colonne antiche, che si vedono accanto a detta chiesa, e appoggiate al nuovo
oratorio de' fratelli della Via Crucis, una col capitello ed altra senza,
ambedue sepolte più della metà, c'insegnano quanto bassa era prima la strada e la
chiesa ancora, nella quale l’anno 1582. furono ritrovati i corpi de' ss. martiri Marco,
Marcellino, e Felice II. Pontefici, i quali insieme con i corpi de' fanti Titolari,
e quei de' loro consobrini Antimio, Leonzio, ed Eutrepio si conservano in essa, e
nell'altare maggiore si custodisce l'immagine della ss. Vergine, che stava nella chiesa
sotrerranea. Li mosaici intorno alla tribuna sono antichi, e le pitture intorno alla chiesa
sono di Marco Tullio. Le maravigliose rovine, che si vedono appresso, sono del
Tempio della Pace
Tre soli arconi spogliati di ogni ornamento rimangono in piedi del celebre e magnifico
tempio della pace, che fu una delle maggiori fabbriche di Roma. Principiollo Claudio
Imperatore e poi terminollo Vespasiano, dopo aver soggiogata la Giudea, e per dargli
quella vastità di sito, che conveniva, atterrò la casa di Giulio Cesare, ed altre fabbriche,
che impedivano la superba idea di quel tempio. In esso conservò tutti i vasi e ornamenti
preziosi, che portò nel suo trionfo dal tempio di Gerusalemme, e oltre le ricchezze delle
provincie lontane, vi si portavano a conservare anco quelle di Roma, e vi erano delle statue
e pitture fatte da' più eccellenti artefici di quei tempi. Per una saetta arse poi tutto quel
tesoro in tempo di Commodo con grave danno de' Romani: onde mai più fu riattato. Una sola
colonna delle otto, che sostenevano la nave di mezzo, rimasta in piedi, da Paolo V. fu
drizzata sulla piazza di s. Maria Maggiore, collocandovi sopra la statua della ss. Vergine di
metallo dorato, e di un tronco di quelle, ne fu formata la maravigliosa statua di Alessandro
Farnese, che si vede in questo salone.
Chiesa di S. Maria
la Nuova
Siegue appresso la celebre ed antica chiesa, eretta nel sito presso il vestibolo della
Casa aura di Nerone, in memoria de' ss. Apostoli Pietro e Paolo, che quivi genuflessi
facendo orazione a Dio, mentre Simon Mago per arte infame facevasi vedere a volo andare
al cielo in presenza del popolo, e di Nerone ancora, ottennero, che vergognosamente
precipitasse e cadesse morto. Perciò da prima fu dedicata ai medesimi santi Apostoli;
ma poi essendo da s. Leone IV. riedificata, fu dedicata alla ss. Vergine, e prese il nome di
nuova. Sono in essa i corpi de' ss. Nemesio, Lucilla, Sinfronio, Olimpio, Essuperia, e
Teodolo suo figliuolo, e davanti all'altare maggiore evvi quello di s. Francesca
Romana entro un nobilissimo sepolcro ornato di marmi, e metalli dorati, col
disegno del Cav. Bernini. A lato dell'altare maggiore evvi il deposito di
Gregorio XI. che l’anno 1377. restituì in Roma la Sede Apostolica stata 70. anni in Avignone.
Fra le pitture vi è la ss. Pietà dipinta da Giacinto Brandi, la s. Francesca Romana è
copia del Guercino, ed il s. Bernardo del Canuti Bolognese.
Il prospetto fu fatto nel Pontificato di Paolo V. da' Monaci Olivetani che l'ufiziano.
Il nicchione doppio, che si vede nell'orto di quel monastero, da alcuni si crede del
tempio del Sole e della Luna, da altri di Venere e Roma, ed ancora d'Iside, e Serapide, ma senza alcun documento. Si vede d'appresso l’
Arco di Tito
Molto sguarnito si ritrova questo celebre arco il quale però dall'iscrizione, che ancor
esiste nella parte verso il Colosseo, e per li bassirilievi con il candelabro del tempio di
Gerusalemme portato in trionfo da Tito, e Vespasiano, ci viene assicurato esser dello.
Altra iscrizione era da questa parte, ma è stata tolta insieme con gli altri ornamenti da'
nemici della verità, e delle belle memorie. Indi per non lasciare inosservata cosa alcuna del
Campo Vaccino, conviene seguitare il giro dall'altra parte verso gli
Orti Farnesiani
Sopra il celebratissimo monte Palatino, o per dir meglio sopra le rovine del palazzo
Imperiale, furono questi deliziosi giardini, eretti da Paolo III. col disegno del
Buonarroti proseguiti da Giacomo Barozio, che vi fece il nobilissimo portone, e poi
terminati da Giacomo della Porta. Tra le fontane, la più magnifica è quella della pioggia,
e tra le statue tiene il primato quella di Agrippina madre di Nerone, lavorata con
tanta arte, che vi si conosce il soprapensiere, e la malinconia di dover morire.
A sinistra di questa delizia evvi la
S. Maria Liberatrice
Fu quivi anticamente una chiesa detta s. Salvatore in lacu
forse dal lago Curzio, che ivi presso alle tre gran colonne si crede essere stato.
Riedificata poi la nuova chiesa, fu dedicata alla ss. Vergine, e vi risedettero
alcune Monache Benedettine, le quali essendo trasferite altrove, nell'anno 1550.
Giulio III. la concedè alle Monache di Tordispecchi, le quali ne hanno cura,
mantenendovi de' cappellani: e vi sono de' quadri moderni, fra' quali la ss.
Vergine, e s. Francesca Romana è opera di Monsù Subleras; ed è molto ricca d'indulgenze.
Le tre gran colonne, che si vedono dinanzi a questa chiesa,
furono vanamente credute del tempio di Giove Statore, ma piuttosto sono di quelle,
che cuoprirono il Conmizio. Presso a questo si crede essere state le colonne,
che ora si conservano nella chiesa della Traspontina, alle quali furono
flagellati i ss. Apostoli Pietro, e Paolo. Le grosse muraglie appoggiate alla detta
chiesa ridotte ad uso di granaj, sono credute essere della Curia Ostilia,
dove il Senato trattava le cose del pubblico, che fu distrutta dal fuoco,
quando vi si abbruciò il cadavere di Publio Clodio Tribuno del popolo,
nella quale poi vi fu fatta la Curia Giulia. Quivi furono i Rostri vecchi, e
tra questi ed il Comizio, il Lupercale, ed il fico ruminale, sotto cui furono
trovati Romolo, e Remo allattati dalla lupa; e però vi fu eretto un tempio, che ora è
dedicato a s. Teodoro martire, come a suo luogo diremo. Da questa chiesa fino a quella di
san Lorenzo in Miranda, e poi dall'Arco di Settimio fino alla chiesa della Consolazione,
fu il celebre Foro Romano, e appresso le tre gran colonne il lago Curzio, in cui per amor
della patria Curzio cavaliere Romano si buttò, secondo che si legge, entro una voragine,
ivi improvvisamente aperta.
Molte altre notizie sarebbero a proposito di quello celebre sito; ma volendo
proseguire solleciti il nostro cammino, le lasceremo per li giorni seguenti.
Non per questo, prima di passare l’Arco di Tito, voglio trascurare di accennare la chiesa
di s. Sebastiano, cognominata in Pallara, già che si vede
nella salita a destra, eretta per conservare la memoria di essere stato ivi
martirizzato; e poco più oltre la Villa Spada con maravigliose rovine del
palazzo Imperiale, e poi la chiesa, e convento di s. Bonaventura.
Quindi ritornando all'Arco di Tito, appena passato questo, si vede l’
Anfiteatro Flavio
Da Flavio Vespasiano fu principiato questo meraviglioso edifizio per solennizzarvi
spettacoli, e feste pubbliche, e poi da Tito suo figliuolo fu terminato, e dedicato
in onore di suo Padre. Era capace di settecentosette migliaja di spettatori, senza che
uno impedisse l'altro, e però vi furono fatte delle feste maravigliose e splendide, e
delli spettacoli molto crudeli, e tal volta a danno de' Cristiani, non pochi de' quali
vi soffrirono il martiri. Si disse Colosseo da un colosso, che vi era alto 120. piedi
rappresentante Nerone. In oggi svanire tutte le superstizioni, e crudeltà de' gentili,
rimbombar si sentono spesso in in mezzo a quelle maravigliose rovine le lodi del
Signore, e della santissima sua Croce, e Passione, poichè per fare onore a' santi
Martiri, vi fu eretta una piccola chiesa, e 13. cappellette, nelle quali li
rappresentano i misterj della passione del nostro Salvatore, ultimamente rinnovate dal
Pontefice Benedetto XIV. ed arricchite delle indulgenze della Via Crucis.
Arco di Costantino e Meta sudante
Su questa piazza eravi anticamente un sasso che dicevasi scelerato;
perchè presso di esso si bandivano, e si flaggellavano i Cristiani. Ora vi si vede
un muro rovinoso, e rotondo, fatto di semplici mattoni, quale è miserabile avanzo
della celebratissima Meta sudante, ed appresso si ammira il magnifico Arco eretto
a Costantino Magno dal Senato, e Popolo Romano, in memoria dell'insigne vittoria
riportata in virtù della ss. Croce contro Massenzio Tiranno, come diremo, appresso
ponte Molle. E' questo costrutto tutto di marmi con colonne, e bassirilievi
molto preziosi, fuor che quelli da basso, perciò dicono, che quelli fossero
levati dall'Arco di Trajano, e queste fatte in tempo di Costantino, quando
le belle arti erano in gran decadenza. Gli archi, che si vedono in lontano
sono dell'acquedotto, che portava l'acqua sul monte Palatino, e la
chiesa più oltre è quella di s. Gregorio Magno,
come in appresso diremo, eretta sulla propria casa. Indi ripigliando il nostro cammino
intorno al Colosseo, vedrete, che di esso solamente resta in piedi quella parte,
verso levante, e che una volta servì per uso di spedale. Si apre quivi una bellissima
strada ornata di casini, e giardini molti, e dopo l'ospizio eretto dal
P. Angelo
per li convalescenti, evvi la
Chiesa di S. Clemente
PapaE' questa una delle chiese più antiche di Roma, mentre si legge,
che nella casa paterna di detto Santo fosse eretta, e che vi avesse alloggiato s.
Barnaba Ap. quando venne in Roma; perciò è stata sempre tenuta con decoro, come si
osserva dall'antico presbiterio con gli amboni, cioè pulpiti di marmo, e leggj, ne'
quali si leggeva al popolo l'Epistola, e l'Evangelo nel tempo della Messa.
Clemente XI. senza rimuovere cosa alcuna, della venerabile antichità, ristaurò ed
ornò la chiesa di pitture, e sofitto dorato. Le pittture nella nave maggiore, che
rappresenta s. Flavia, e s. Domitilla sono del Cav. Conca; il Santo Titolare col
miracolo dell'acqua, di Antonio Gregorini; lo stesso Santo coll'ancora, di
Giovanni Odazzi; la trasiazione del medesimo, e la morte di s. Servolo, di Tommaso Chiari;
il s. Ignazio martire, del Piastrini; il medesimo nell'Anfiteatro, del Cav. Ghezzi,
ed il s. Clemente nel soffitto, di Giuseppe Chiari.
La ss. Vergine, e s. Servolo sono del Rosini, e le pitture nella cappella della
passione sono del Massaccio stimatissime, per essere del tempo prima di Raffaello.
Sono in questa chiesa i corpi di s. Ignazio vescovo e martire del B. Cirillo, e del
B. Servolo paralitico, di cui si leggono a piè della porta gli elogi fatti da san
Gregorio il grande. Si osserva similmente d' antico il piccolo portico esteriore,
ed il convento de' Frati Domenicani. Prima di passare più oltre, e bene di salire sul
monte Celio per osservare le antiche, e profane memorie, che vi si conservano, ridotte
poi al sagro culto di Dio.
Chiesa de' SS. Quattro Coronati
Incontro alla riferita chiesa, e sull'alto del colle si vede quella de' ss. Quattro Coronati,
eretta da Onorio I. che fu del 630. nel luogo, ove i ss. Fratelli soffersero il martirio.
Da san Leone IV. furono collocati in questa chiesa i corpi de' detti Santi con altri
cinque corpi di ss. Martiri, e Pasquale II. vi aggiunse un gran palazzo, in cui per
qualche tempo abitarono i sommi Pontefici; ma poi da Pio IV. vi fu adattato un
conservatorio per le povere zittelle orfane, e vi si mantengono sotto la cura di
alcune religiose Agostiniane, fino a tanto che prendano stato. Nel portico evvi una
piccola chiesa dedicata a s. Silvestro Papa, che dalle pitture e memorie, che vi si
osservano, sembra assai antica. La chiesa poi fu riattata ed ornata di pitture dal Card.
Mellino Vicario di Urbano VIII. Prima di entrare in chiesa, sonovi alcune pitture a fresco
credute di Raffaello da Reggio; nel primo altare a destra si vede la natività del Signore
stimata del Naldini, e le pitture nell'altare del Crocifisso sono di persona ignota;
quelle però nella tribuna con diversi santi Martiri sono belle opere di Giovanni da s.
Giovanni. Il s. Sebastiano dall' altra parte è del Cav. Baglioni, e la ss. Annunziata,
del suddetto Giovanni. Dopo di questa siegue la piccola chiesa di s. Maria Imperatrice;
ma voltando a destra, e camminando sempre presso l’acquedotto dell'acqua Claudia, detto
ancora Neroniano, si trova a sinistra la
Chiesa di S. Stefano Rotondo
Prese un tal nome questa chiesa dalla rotondità del tempio, da alcuni creduto di
Claudio. Simplicio I. che fu del 470. lo consagrò al sommo Iddio in onore del santo
Titolare, ed era superbamente ornato di marmi, e di mosaici; ma ridotto poi quasi
rovinato da Niccolò V. fu ristaurato; e da Gregorio XIII. fu, unito al collegio Germanico
presso s. Apollinare. Le pitture, che si vedono d'intorno, furono fatte da Niccolò
Pomarancio, e da Antonio Tempesta; ma poi essendo per l'umido patite, furono tutte ritoccate.
Quindi voltando a sinistra, si vede un prato, ed in mezzo una navicella fatta di marmo,
ed incontro la
Chiesa di S. Maria in Domnica
Nel più alto sito del monte Celio, ove furono gli alloggiamenti de' soldati pellegrini,
siede questa chiesa, detta dalli Scrittori ecclesiastici in Domnica o in Ciriaca
da quella Matrona romana, che come diremo fra poco, dette sepoltura a s. Lorenzo,
la quale quì aveva una casa, che fu consagrata in chiesa, e secondo alcuni,
fu diaconia del santo Martire Fu rifatta da Pasquale I., e poi da Leone X. con disegno
di Raffaelle da Urbino, e vi dipinsero il fregio Giulio Romano, e Pierin del Vaga,
ma ora tutto è andato male: e per quella piccola nave di marmo, che sta innanzi la chiesa,
si dice alla navicella. A sinistra di questa, appunto incontro alla via,
che va verso il Colosseo, si vede la nobilissima porta dell'antichissima chiesa di
san Tommaso in Formis. fatta di marmi, e mosaici da s. Gio: di
Mata fondatore dell'Ordine del riscatto delli schiavi, nella quale egli morì,
e per molto tempo vi stette il di lui corpo: ma poi essendo abbandonata da quei frati,
fu ridotta in commenda, e dipoi unita al Capitolo di s. Pietro da Bonifazio IX. l'anno 1395.
Si conserva però la memoria della chiesa sotto l'arco, che si
trapassa, in una piccola cappella, ove il.giorno del s. Apostolo viene ad ufiziare
il suddetto Capitolo. Si disse in formis per le forme, o archi dell'acquedotto
dell'acqua Claudia, che rovinate vi si vedono. Seguitando poco più oltre il cammino
per quel vicolo, si vede la magnifica e antica
Chiesa de' SS. Giovanni e Paolo
Nella propria casa furono martirizati questi nobilissimi due santi fratelli sotto
Giuliano Apostata, la quale poi fu ridotta in chiesa, e vi fu unito un monastero da
s. Pammachio monaco, onde fu un seminario di santi. Niccolò V. la concedè a' Gesuati;
Clemente X. a' Domenicani Ibernesi, e finalmente Clemente XI. la donò a' religiosi
Missionarj, i quali vi hanno stabilito il loro noviziato. Il Cardinal Fabbrizio
Paolucci, essendone titolare, la ristaurò col disegno del Cav. Antonio Canevari,
lasciando, per quanto si potea, in vista le nobili colonne antiche, ed il pavimento
tassellato, nel quale si vede un marmo cinto di ferri, su cui dicesi, che i Santi
Titolari furono decapitati, i corpi de' quali, con quello di s. Saturnino martire,
e dodici altri santi martiri, li conservano sotto l'altare maggiore. Nella parte sinistra
di quella si vedono sotto il gran campanile alcune rovine, credute della Curia Ostilia,
la seconda, e a destra alcuni archi, che diconsi dell'antica pescheria.
Corrisponde quivi il portone della
Villa Mattei
L' ingresso principale di questa celebre delizia retta a destra della suddetta
chiesa di santa Maria in Domnica, e fu eretta con magnificenza dal Duca Ciriaco
Mattei circa l'anno 1572. nella nella quale sono colonne, statue, busti, e teste di
sommo pregio; ed ancora un obelisco egizio drizzato in mezzo ad un delizioso prato
disposto in forma degli antichi Circi, nel quale fra le altre antichità, che vi sono,
è notabile un'urna con le nove Muse lavorate di tutto rilievo; e fra i divertimenti,
che vi si fanno, succede che nel giovedì grasso d'ogni anno con sommo applauso, e
concorso fin di sei mila persone, si fa la visita delle sette chiese, e qui con canti,
e suoni fanno la refezione, data loro da' Preti della Congregazione dell'Oratorio di
s. Filippo Neri.
Or prima di partire da questo colle, che porta il suo nome da Celio capitano de' Toscani,
perchè in esso venne ad alloggiare per dare ajuto a Romolo, è bene dare uno sguardo agli
Acquedotti dell'Acqua Claudia
Vi è chi pretende, che questi antichi, e cadenti acquedotti, che quivi si vedono,
siano stati fatti da Nerone, e per quelle lettere formate di mattoni presso al passaggio
verso la divisata chiesa di s. Tommaso in formis, ristorati ancora da
Antonino Caracalla, ma non è vero, perchè da Claudio furono per questa parte indrizzate
le acque, affìne di rendere delizioso il Palatino, e la sua Mica aurea, ch'egli aveva,
ove vedemmo la villa Mattei. Facendo ora ritorno alla piccola chiesa di
s. Maria Liberatrice, faremo in essa solamente menzione della divozione, che
s. Gregorio Magno portava a quella santa Immagine, facendovi spesso orazione, e
dipoi seguitando il nostro cammino, ci viene a destra la
Chiesa di S. Andrea e Spedale per gli uomini
Due grandi spedali, uno per gli uomini, l'altro per le donne, sono uniti a quella piccola
chiesa, la quale per maggior comodo degli Infermi mantiene il ss. Sagramento.
Quello degli uomini fu eretto l'an. 1216. dal Card. Gio: Colonna, e quello per le
donne fu accresciuto da fabbriche da Alessandro VI. ed amendue stanno sotto
la cura dell'Archiconfraternita del ss. Salvatore.
Obelisco Egizio sulla Piazza di S. Giovanni in Laterano
Molto celebre, e maraviglioso è il grande obelisco, che si vede inalzato in mezzo a questa
vastissima piazza, poichè da Ramise Re di Egitto era stato eretto in Tebe entro un vastissimo
tempio in onore del Sole, e dipoi da Cambise fu sottratto dalle rovine di quella Città con
grande industria, per conservare la sua mole, che come Ammiano dimostra, era assai maggiore di
quella, che è oggidì; perciò Augusto considerando la di lui eccessiva grandezza non ebbe
coraggio di rimuoverlo: ma Costantino Magno levandolo dal proprio sito, per il Nilo lo fece
condurre ad Alessandria, e mentre preparava una nave di 300. remi per condurlo a Roma, egli
morì prima di effettuare la sua impresa, che poi da Costanzo suo figliuolo fu compita
felicemente; indi portato per il Tevere fu introdotto in Roma per la porta Ostiense, e poi
nel mezzo del Circo massimo fu alzato. E quello di granito rosso ornato tutto di segni
egizj, ed è lungo 115. piedi in circa senza la base, e piedistallo, ed è largo nel suo
piantato piedi nove e mezzo da un lato, e dall'altro piedi otto. Il Pontefice Sisto V.
l'anno 1588. lo fece disotterrare dalle rovine del detto Circo massimo, nel quale giaceva
14. palmi sotterra, insieme con quello, che poi il medesimo Pontefice drizzò, come dicemmo,
nella piazza del Popolo. E perchè era rotto in tre pezzi, fecelo raggiustare, e quivi
incontro al portico della benedizione, e al palazzo, che egli aveva fatti fabbricare con
disegno del Cav. Domenico Fontana, a' 10. di Agosto fu drizzato in onore di Gesù Cristo
vero Sole di giustizia, ponendovi in cuna il segno della ss. Croce di metallo, alta
palmi 9: e mezzo: sicchè dal piano della piazza fino alla sommità della Croce è alto
palmi dugento quattro. A piè di questo maravigliosa sasso fu poi fatto un fonte di
acqua perenne. Prima di passare ad osservare le rarità della Basilica Lateranense,
farà contento il cortese Lettore di camminare un poco per lo stradone, che resta incontro
al descritto Obelisco, e vedremo in primo luogo a sinistra l'antichissima
Chiesa de' SS. Pietro e Marcellino
Ne' primi secoli della Chiesa fu questa eretta, e poi da Gregorio III. rifatta; come
pure da Alessandro IV., e finalmente da Clemente XI. fu conceduta a' monaci Siriaci di
sant' Antonio. Il Pontefice Benedetto XIV. la rifece da' fondamenti col disegno del
Marchese Teodoli e poi la concedè alle religiose di santa Teresa, che stavano presso
s. Lucia alle botteghe oscure, dette le Ginnasie, le quali vi hanno fatto un ampio
monastero, ed hanno ornata la chiesa con quadri moderni. Camminando più oltre, si trova
a destra la
Chiesa di S. Matteo in Merulana
Molto celebre è questa chiesa, poichè si legge di essa, che s. Cleto Papa, avendo ridotto
il numero de' titoli cardinalizj a 25. vi pose questo, dove ebbe la sua casa, ed appresso
vi fece uno Spedale per li pellegrini che venivano a Roma. Pasquale II. avendola ristaurata,
la consagrò di nuovo, ponendovi molte reliquie, e Sisto IV. la concedè ai frati
Eremitani di S. Agostino, che in oggi l'ufiziano. Quindi facendo ritorno al nostro cammino,
osserveremo la
Basilica Lateranense
Costantiniana, e Aurea fu detta questa sacrosanta Basilica, perchè dall'Imperatore
Costantino fu eretta con magnificenza, insieme coll'abitazione del Sommo Pontefice; e
Lateranense sì dice, perchè edificata sul palazzo di tale famiglia nobile, che poi era
passato in domino di Costantino suddetto. Da S. Silvestro fu consagrata con rito solenne
a' 9. di Novembre intorno all'anno 320. di nostra salute, in onore del ss. Salvatore,
e per decreto Papale, ed Imperiale fu dichiarata Capo di tutte le altre chiese del
Mondo Cattolico, come ne fanno testimonianza i versi seguenti, i quali erano intagliati
intorno intorno alla medesima.
‘ apud Panv. sept. Ecc. p.137.
Aula Dei hac similis Synai sacra jussa ferenti,
Ut lex demonstrat, hic qua fuit edita quondam,
Lex hinc exivit, mentes qua ducit ab imis
Et vulgata dedit lumen per climata Sacli.
Flavius Constantinus,felix, victor, magister
utriusque militia, Patricius, & Consul
Ordinarius, & Padusia Illustris
famina ejus uxor voti compotes
de proprio fecerunt.
Fonte Battesimale
Intanto volendo noi con brevità, e con puntualità ancora osservare le antiche, e moderne cose,
che appartengono a questa Basilica, bisogna cominciare dal Battisterio, o vogliamo dire
Fonte battesimale. Siccome gli antichi Padri ebbero somma cura nell'amministrare i Sagramenti,
così il Pontefice s. Silvestro, veduta stabilita la pace alla Chiesa, pensò di edificare
presso alla basilica Costantiniana un magnifico Fonte, che per la liberalità di Costantino
fu guarnito tutto di porfido, e da ogni banda fu ricoperto di tre mila e otto libbre di
argento; in mezzo al Fonte si alzava un vaso di cinquanta libbre di oro, in una lucerna
con li stoppini di amianto sì abbruciava balsamo; vi era un agnello di trenta libbre di
oro, che gettava acqua, alla cui destra era una statua di cento settanta libbre di argento
rappresentante il ss. Salvatore alta cinque piedi, ed altra simile di s. Gio: Battista con
in mano l'iscrizione:
ECCE AGNUS DEI, ECCE QUI TOLLIT PECCATA MUNDI
Vi erano ancora sette cervi ciascuno di libbre ottanta di argento,
che spargevano acqua; ed un vaso da profumi di dieci libbre di oro, guarnito da
circa 42. tra smeraldi, e zaffiri. I1 Medesimo Costantino aveva fatto condurre in Roma
alquante maravigliose colonne di porfido per adornare il fonte: ma non essendo state
messe in opera, e restando pel corso di tanti secoli devastate, e derelitte quelle
magnificenze, Sisto IV. ne drizzò otto, e sono quelle, che ora reggono la cupoletta
ottangolare, nella quale si vedono i bei quadri dipinti da Andrea Sacchi. Vi si conservano
le due cappellette, una di s. Gio: Evangelista, e l'altra di s. Gio: Battista in memoria
dell'oratorio, che da s. Ilario Papa vi era stato fatto, e sono ornate di mosaici e statue di
metallo. Nel giro d'intorno sonovi delle pitture a fresco, fra le quali, quella , in cui si
rovinano gl' Idoli, è la prima pittura a fresco fatta da Carlo Maratti. Sieguono due
celebri cappelle, una eretta l’anno 1253. da Anastasio IV. dedicata alle ss. Ruffina, e
Seconda, nella. quale sono i corpi delle ss. Titolari, e di altri Martiri, e vi si vedono
quattro grosse colonne di porfido con alcune anticaglie; l'altra eretta fu l’anno 640. da
Giovanni IV. per collocarvi il corpo di s. Venanzio con altri santi Martiri, che si vedono
rappresentati nel mosaico della tribuna; in oggi evvi un nobilissimo altare dedicato alla ss.
Vergine, ornato con depositi di marmi, e di sculture secondo il disegno del Cav. Algardi.
Ora passando alla sagrosanta Basilica; osserveremo il nobilissimo portico, che è da questa
parte, non già il principale, ma bensì il laterale, ornato di stucchi dorati, di pitture, e
di una magnifica statua di metallo fatta dal Rino Capitolo in memoria di Enrico IV. Re di
Francia benefattore di questa Basilica. Sofferse questa un grande incendio l’anno 1308.
risedendo in Avignone Clemente V. e rimanendo abbruciata la chiesa, il palazzo, e la
canonica, il medesimo Pontefice ordinò, che sì rifacesse la chiesa, il palazzo, e la
canonica in una forma più sa e più bella. Gregorio XI. avendo riportata la Sede Apostolica
in Roma aprì questa porta laterale, e poi Martino V. fece il gran pavimento intarsiato di
pietre dure, e fece dipingere le pareti da Pietro Pisano; Pio IV. alzò i due campanili,
e Sisto V. fece il divisato portico per dare la benedizione al popolo nelle feste principali,
ed il magnifico palazzo latrale, ornato di pitture e stucchi dorati, che ora è adattato
per conservatorio delle povere zittelle orfane.
Nell'entrare da questa parte si vede in primo luogo l’altare papale fatto da Urbano V.
con marmi alla dorica, sopra del quale fra le molte reliquie collocò le teste de' ss.
Apostoli Pietro e Paolo, che si mostrano in diversi tempi dell'anno. Sotto l’altare si
custodisce quello, sopra di cui celebrò s. Pietro, e anche i primi santi Pontefici fino a
s. Silvestro. Nella tribuna si vedono i mosaici fatti da Niccolò IV. il quale fece ancora
il gran soffitto dorato; le pitture a fresco, e i lavori di marmi furono fatti da Clemente
VIII. avendovi dipinto il Baglioni, il Nebbia, il Pomaranci, ed il Nogari; fece il medesimo
Pontefice l'altare del ss. Sagramento ornato di metalli e pietre preziose, ed un gran
bassorilievo di argento massiccio rappresentante la Cena del Signore, fatta da Curzio Vanni;
le 4. maravigliose colonne di metallo dorato furono, secondo alcuni, fatte de' rostri delle
navi Cartaginesi vinti da' Romani, e poste nel tempio di Giove Capitolino; altri dicono
essere state portate da Vespasiano con altre spoglie trionfali dalla Giudea, e ora sono
piene di terra santa portata in Roma da Gerusalemme; gli angioli di metallo dorato, e le
statue di marmo sono di varj autori, ed il Padre Eterno dipinto nel frontespizio di metallo
è opera del Cav. d'Arpino. La cappella contigua della Casa Colonna, che resta per
uso del coro in tempo d'inverno, è ornatissima di pitture, di marmi, e di metalli dorati;
nel semicircolo dietro alla tribuna ornato di marmi, e di sculture, fra le altre sagre
memorie, vi si conserva la tavola, sopra cui il nostro Salvatore fece l’ultima cena con gli
Apostoli. Quivi corrisponde la sagrestia ornata di diverse pitture, fra le quali una
rappresentante la ss. Nunziata è opera del Buonarroti, e li due busti di metallo, uno di
Clemente VIII. e l'altro di PaoloV. sono del Corrieti; tornando poi in chiesa si vede nella
cappella dall'altra parte la natività del Signore con altre pitture fatte da Niccolò da Pesaro,
ed appresso sopra la porta, da cui entrammo, il maraviglioso organo fatto dal mentovato
Clemente VIII. per opera di Gio. Batista Montani.
Innocenzo X. fece ristaurare e adornare le cinque navi del tempio col disegno del Cav.
Borromini, il quale cuoprendo le antiche colonne, che lo reggevano, con grandi pilastri e
nicchie ornate di marmi e colonne di verde antico formò una sagra galleria; nella parte
superiore vi furono rappresentati diversi misterj della passione del Signore in bassorilievo,
e nelle nicchie li XII. Apostoli alti palmi 18. Furono questi fatti per ordine di Clemente XI.
il s. Pietro, ed il s. Paolo da Stefano Monò Borgognone, quelle di s. Andrea, di s. Giovanni,
di s. Giacomo maggiore, e di s. Matteo da Cammillo Rusconi; quelle di s. Tommaso, e di s.
Bartolommeo da Pietro le Gros parigino; quella di san Giacomo minore da Angelo de' Rossi
Genovese; il s. Filippo da Giuseppe Mazzoli Senese; quella di s. Simone da Giuseppe Moratti
Padovano, e quella di s. Taddeo da Lorenzo Ottone. Ordinò il medesimo Pontefice i quadri
negli ovati ai migliori pittori di quel tempo, e vi sono rappresentati alcuni antichi Profeti.
Nelle cappelle laterali il s. Gio. Evangelista è di Lazzaro Baldi; il s. Agostino di
Guglielmo Borgognone; ed il s. Giovanni Nepomiceno è del Cav. Conca. Vedesi similmente
sopra un pilastro una pittura fatta dal Giotto, ch'era nell'antico portico; ed in
mezzo alla nave maggiore il deposito di Martino V. in metallo.
Al destro lato del tempio vedesi ancora il chiostro dell'antico monastero de' Canonici
Regolari di s. Agostino, fattovi da s. Gelasio I. circa l'anno 493. e vi si conservano
alcune memorie de' luoghi santi di Gerusalemme con iscrizioni ebraiche, greche, e latine,
fra le quali una colonna del palazzo di Pilato, e due sedie di porfido prese dagli antichi
bagni: ora quivi appresso è stato fatto dal Pontefice Clemente XII. un convento per li frati
Osservanti di s. Francesco, che sono penitenzieri della Basilica.
Prospetto della
Basilica Lateranense
Dette final compimento a questo gran tempio il Pontefice Clemente XII.
facendo il magnifico prospetto verso levante, e la nobilissima cappella ornata di statue,
marmi, stucchi, e metalli dorati fatti col disegno di Alessandro Galilei. La statua del
Papa fatta in metallo fu modellata da Pietro Bracci, e la maravigliosa urna di porfido
stava nel portico del Panteon; la statua di marmo, che sta incontro è del Card. Corsini
fratello del Papa, ed il s. Andrea Corsini fatto in mosaico è cavato dall'originale di
Guido Reni; le altre statue nelle nicchie sono di vari scultori, e la
cancellata è un'opera superba fatta la maggior parte di metalli dorati.
Si vede nel nuovo portico la Porta santa che si apre l'anno del Giubbileo, e una
statua antica dell'Imperarore Costantino fondatore della Basilica, trovata nelle sue
Terme a monte cavallo; i bassirilievi, che sono sopra le porte, sono sculture moderne.
Uscendo da quello magnifico portico, si vede una sa ed amena campagna; e a sinistra la
Scala Santa
Santa si dice questa Scala, perchè essendo stata del palazzo di Pilato,
più volte vi salì il nostro Redentore in tempo della sua passione. Quando fu portata a Roma,
fu collocata presso la basilica Lateranense; ma poi da Sisto V. essendo in quel medesimo
luogo edificato il palazzo Pontificio, eresse poco discosto un gran portico con cinque
scale, ed in mezzo collocò la Santa, ad effetto che con devozione si salisse in ginocchio,
e poi si scendesse dalle altre 4. laterali. Questa costa di 28. gradini di marmo greco,
i quali per il continuo salire del popolo Cristiano, son tutti incavati, per lo che furono
coperti di grosse tavole. In capo a questa collocò le reliquie dell'antichissima cappella
segreta del Papa, detta Sancta Sanctorum coll'immagine del ss. Salvatore, nella
quale non è lecito ad alcuno di entrare. Si osservano nella porta a sinistra li stipiti di
marmo, e si crede esser quelli del mentovato palazzo di Pilato.
Triclinio
di S. Leone
Appresso al detto santuario fu eretto questo da Benedetto XIV. per conservare la
memoria del celebre Triclinio di Leone IV. colla medesima forma de' mosaici, come si
vide fino ai nostri tempi, atterrato per dar luogo alla gran piazza, nella quale
volevasi alzare dal Pontefice Clemente XII. l'obelisco, che ora giace qui presso,
trovato nella villa Ludovisi, e creduto degli orti di Salustio.
Porta S. Giovanni
Si vedono a destra le antiche mura di Roma, e la Porta della Città,
che dalla vicina basilica si dice di s. Giovanni, dalla quale esce la via Campania,
che ora conduce a Napoli. Si vedono di lontano antichissime rovine di acquedotti,
parte rimessi in uso, e parte rimasti in abbandono.
Teatro Castrense
Camminando poi appresso le mura, poco dopo la divisata porta di s. Giovanni,
evvi una piccola cappelletta in cui si fa memoria di s.
Margherita, e pochi passi dopo si vede dalla parte esterna delle medesime mura il
teatro Castrense fatto di puri mattoni, e corrisponde nel giardino del monastero della
Basilica di S. Croce in Gerusalemme
Fu questa eretta dall'Imperatore Costantino ad istanza di s. Elena sua madre nel suo
palazzo Sessoriano per collocarvi il legno della ss. Croce, che aveva portato da
Gerusalemme, e però ne prese il titolo ed il nome. Dopo molti riattamenti fu ultimamente
rinnovata dal Pontefice Benedetto XIV. col disegno del Cav. Passalacqua Messinese, ed è
ornata con pitture, e stucchi dorati; quelle nella volta, nella crociata, e i due laterali a
fresco fatti nella tribuna sono di Corrado Giaquinto; il quadro nella prima cappella a
destra è di Gio. Bonatti, quello nella seconda di Carlo Maratti, e nella terza dipinse
il Cav. Vanni. Il ritrovamento della ss. Croce dipinto nella tribuna sembra maniera di
Pietro Perugino. Dalla porticella a destra si scende ad una devota cappella divisa in due,
una dedicata alla ss. Pietà, e l'altra alla s. Imperatrice, nella quale ella aveva fatto
riporre della terra portata da' luoghi santi di Gerusalemme: perciò non è lecito di
entrarvi le donne, ed è ornata di mosaici e di marmi. I quadri ne' tre altari sono di
Pietro Paolo Rubens, e le pitture a fresco del Pomaranci. Il bassorilievo della Pietà è
opera di autore incerto, ed il deposito del Cardinal Besozzi è d'Innocenzo Spinazzi.
Tornando poi in chiesa, il quadro del primo altare è di Luigi Garzi, ed il s. Tommaso nell'
ultima è di Giuseppe Passeri. È questa una delle sette chiese, ed è ufiziata da' monaci
Cisterciensi. Lo stradone d'incontro, che porta alla basilica di s. Maria Maggiore,
fu fatto da Sisto V. e quello a sinistra, che va al Laterano, dal mentovato Benedetto XIV.
Nella vigna a destra si vedono delle rovine, e li credono essere del
tempio di Venere, e Cupido. Indi camminando per la strada verso queste si giunge alla
Porta Maggiore, ove faremo il nostro primo riposo.
Digital text first made available in the net by Istituto Nazionale di Studi Romani.
|